28 gennaio 2013 Gabriele GERBONI


L'astronomia dei Maja. Il lungo conto Maja (con esperimenti).


(IN ATTESA DEL SUNTO DELLA LEZIONE DI GABRIELE GERBONI, VI INVITIAMO A VISITARE QUESTO SITO MOLTO INTERESSANTE SULLA CULTURA MAJA)

seguito di Edoardo VIRGILI - IV




Mnemotecniche

• Le mnemotecniche sono delle tecniche utilizzate per aumentare la capacità di memorizzazione. Il temine mnemotecnica deriva dal nome della dea greca Mnemosine, la madre di tutte le muse, generatrice di creatività e conoscenza. Per tutto l’arco del medioevo e del rinascimento l’arte della memoria ebbe una grande importanza, la sua padronanza veniva considerata segno di cultura ed intelligenza.

• I greci già usavano delle tecniche di memorizzazione, secondo Cicerone fu Simone di Cheo (555 a.c.- 467 a.c.) a inventare l’arte della memoria basata sul ricordo visivo, di immagini.

Cicerone stesso memorizzava tutte le sue orazioni associandole

alle immagini di luoghi conosciuti. Egli spiega questa tecnica

nel suo trattato De Oratione.

Questa mnemotecnica che consiste nel collegare le cose da ricordare con immagini visive note, come la nostra casa, la città in cui viviamo è chiamata Tecnica dei Loci, dei luoghi.

E’ da questa tecnica che deriva il modo di dire comune, usato quando si fanno dei discorsi: in primo luogo, in secondo luogo.

Grandi personaggi del passato hanno utilizzato tale tecnica mostrando capacità di memorizzazione diventate leggendarie, o scrivendo opere sull’arte della memoria:



Raimondo Lullo (1235-1315): filosofo catalano, le sue idee influenzarono Cartesio, Leibniz e contribuirono alla nascita della scienza moderna.

Nella sua opera Ars magna primitiva (1274) espone degli insegnamenti sulla memorizzazione: servendosi di schemi e figure, si potevano collegare tutti i concetti fondamentali in modo di arrivare a un sapere universale, a una enciclopedia totale. Questa tecnica poteva anche essere utilizzata come una forma di mnemotecnica, in quanto facilitava la memorizzazione delle nozioni.



Nel rinascimento si sviluppò il concetto dei Teatri della memoria: si utilizzò l’immagine del teatro con tutti i suoi particolari (ordini di palchi, posti a sedere, ecc.) per favorire la memorizzazione.



Giulio Camillo Delminio (1480-1544) umanista e filosofo concepì l’idea di un teatro ligneo destinato a conservare tutta la conoscenza universale, codificata e organizzata attraverso schemi di memoria associativa.



Pico della Mirandola (1463-1494): filosofo umanista difensore della dignità e della libertà umana, noto soprattutto per la sua prodigiosa memoria, si dice che sapesse recitare tutta la Divina Commedia al contrario.



Giordano Bruno (Nola 1548-Roma 1600): frate dominicano grande filosofo e scrittore condannato al rogo dall’inquisizione.

Giordano Bruno fu anche uno studioso delle tecniche di memoria, le sue opere sull’arte della memoria e le sue dimostrazioni contribuirono molto alla sua notorietà, gli valsero le accoglienze calorose sia del re di Francia Enrico III come della regina d’Inghilterra Elisabetta I.

Il libro principale dove espose le sue arti di memoria è De umbris idearum: le ombre delle idee (Parigi 1582) dove espone il suo pensiero sullo stato"umbratile" del sapere e della condizione umana, cioè sui limiti della condizione umana. In tale libro c’è una sezione intitolata l’Ars Memoriae, in cui Giordano Bruno presenta le sue tecniche di memoria basate sul ricordo di immagini: ruote di memoria da lui costruite.



Giordano Bruno: ruote di memoria



Menemotecnica dei Loci (diversi studi hanno evidenziato la sue efficacia su studenti adulti, ma anche su anziani: De Beni et al., 1992; De Beni, 1995)



1.Prima di tutto si richiama alla mente un luogo, un ambiente che conosciamo molto bene che è ricchissimo di particolari: la nostra abitazione, il posto in cui lavoriamo, la nostra via. Si devono collegare le nuove informazioni a queste immagine molto consolidate, indelebili.



2. Attraverso una parola chiave dobbiamo associare ad ogni parte del testo da ricordare un luogo noto: esempio, si deve ricordare un testo che inizia parlando di mass media, a questa parola chiave associo l’immagine della televisione nel salotto. Questa parte del testo viene tutta associata a particolari visivi del mio salotto. Poi cambio argomento, questa nuova parte del testo la associo ad altre parole chiave che fanno riferimento ai particolari di un’altra stanza. Percorriamo mentalmente tutte le stanze della nostra casa memorizziamo l’intero testo.



Mnemotecnica della parola chiave

• Si è dimostrata particolarmente adatta ed efficace nell’apprendimento di termini in una lingua straniera (Levin e Pressley, 1985). Consiste nel trovare nella nostra lingua una parola fonologicamente simile a quella da imparare nella nuova lingua, poi creare una immagine interattiva che colleghi la parola chiave (nella nostra lingua) con quella nuova ricordare.

• Devo imparare la parola horse (cavallo), cerco una parola italiana che ha lo stesso suono e che è facilmente immaginabile è orso (parola chiave). Ora associo in un immagine le due parole e immagino un orso con un cavallo in groppa.



Ricerche sull’uso delle immagini mentali per memorizzare

• Questo fenomeno è stato studiato in modo sistematico da Paivio (1971; 1986). Questo autore ha rilevato che i nomi concreti vengono ricordati meglio dei nomi astratti. Secondo Paivio i nomi concreti si ricordano meglio perché sono oggetto di una doppia codifica: verbale ed immaginativa.

• Numerose ricerche sperimentali in cui si chiedeva di immaginare materiale verbale hanno mostrato l’efficacia di questa tecnica sul ricordo (Richardson, 1980).

• Tutte le persone possono trarre vantaggio dall’uso delle immagini mentali. In particolare, numerosi studi hanno mostrato che l’immaginazione può potenziare il ricordo anche di categorie specifiche di soggetti: bambini e anziani, soggetti con difficoltà di apprendimento o con danno cerebrale (De Beni e Cornoldi, 1985).

• Le immagini mentali non solo portano ad un ricordo migliore, ma anche più duraturo. (Erderly et al., 1976).

• Cosa immaginare per ricordare meglio: una prima distinzione, utile nello studio della memoria, è quella tra immagini singole e interattive. L’immagine singola è quella in cui un unico oggetto viene rappresentato, mentre nell’immagine interattiva due o più oggetti sono posti in relazione tra loro. Immagini interattive sono più utili di immagini singole nel promuovere il ricordo di liste di parole (Richardson, 1980).

• Ad esempio, se il compito consiste nel ricordo ordinato di una lunga lista di parole come “cane, pavimento, ciliegie, lampadario”, potrò evocare l’immagine di un cane, disteso su un pavimento, intento a sgranocchiare ciliege sotto la luce di un lampadario.

• Una seconda distinzione considerata tradizionalmente importante per la memoria è quella tra immagini comuni e bizzarre. Le immagini bizzarre sono immagini di cose impossibili da vedere nella realtà. Poniamo di voler mettere in relazione in un’unica immagine bizzarra gli item fantino e cavallo. Si potrebbe immaginare che un cavallo, con tanto di pantaloni alla cavallerizza e caschetto in testa, cavalchi un uomo. L’utilizzo di immagini bizzarre per migliorare il ricordo è stato vivamente raccomandato fin da tempi molto antichi, e anche Cicerone ne fa menzione.

• In realtà la ricerca sperimentale ha notevolmente ridimensionato questa credenza, dimostrando che la maggiore efficacia mnestica di immagini bizzarre a confronto di immagini comuni è piuttosto dipendente da una serie di variabili: esempio, l’efficacia aumenta quando il soggetto è lasciato libero di creare un’immagine bizzarra particolarmente congeniale, in quanto ciò che è bizzarro per uno non lo è per altri (Cornoldi et al., 1988).

• Dimensioni delle immagini; generica vs specifica; personale vs impersonale:

generica vs specifica: devo ricordare la parola ombrello posso formare l’immagine generica del classico ombrello nero o quella specifica di un ombrello pieghevole giallo a fiori con il manico non ricurvo.

Dimensione personale vs impersonale: essenzialmente data dai riferimenti autobiografici dell’oggetto immaginato. Ad esempio devo ricordare la parola cane, posso immaginare l’immagine del mio cane o quella di un altro cane.



Ricerca di Helstrup, Cornoldi e De Beni (1997), i soggetti partecipanti avevano in modo spontaneo evocato e quindi classificato le loro immagini in base ai parametri: generale-specifico e personale-impersonale, le immagini che portavano ad un migliore ricordo dei nomi erano state valutate significativamente come più specifiche e personali.



Savant Syndrome (www.savantacademy.org )

La sindrome del Savant è una condizione rara, ma straordinaria per cui alcune persone con gravi disabilità mentali, soprattutto con disturbo autistico, o disturbi simili, come la sindrome di Asperger hanno delle isole "di genialità", cioè dei talenti speciali nel campo dell’arte (disegno, scultura), della musica, della matematica. Inoltre hanno una memoria prodigiosa.



In media il 10% delle persone con autismo presenta delle abilità notevoli di vario livello. Ma la sindrome del Savant si verifica anche in seguito a danni cerebrali, a ritardo mentale, 1 persona su 2000 con ritardo mentale o danni cerebrali presenta questa condizione. Questa situazione interessa soprattutto i maschi, in una proporzione sei volte superiore a quella delle femmine. Nel mondo ci sono circa 50 Savant con doti eccezionali.

• Tali capacità settoriali straordinarie sono in contrasto con la generale condizione di handicap, queste persone infatti non sono autonome, spesso hanno problemi di linguaggio, di relazioni sociali, rimangono immaturi, bambini. Il loro handicap, dovuto prevalente a danni cerebrali, è anche all’origine del loro specifico talento.



Memoria dei Savant: è prodigiosa ma è ristretta nell’ambito del loro specifico talento. Diversi autori la descrivono come automatica, esagerata dall’abitudine. Mishkin e Petri (1984) la definiscono come inconscia, non consapevole. Essi ipotizzano che sia una memoria non semantica, non mediata dai circuiti superiori cortico-limbici, ma una memoria di tipo implicito mediata da circuiti neurali più primitivi, cortico-striatali (nuclei della base: putamen, globo pallido, ecc.).



Ipotesi sull’origine delle speciali abilità dei Savant

Disfunzione dell’emisfero sinistro: la teoria più plausibile circa l’origine delle abilità dei Savant, ipotizza che tale sindrome sia dovuta a lesioni cerebrali dell’emisfero sinistro che determinano una compensazione a livello dell’emisfero destro. Questa ipotesi deriva da diverse osservazioni empiriche.



1. I Savant sviluppano abilità che sono mediate soprattutto dall’emisfero destro: abilità artistiche, di natura spaziale e visiva, pittura, scultura, musica.

2.Lateralizzazione cerebrale: (Geschwind e Galaburda, 1987) neurologi dell’Università di Boston hanno fornito una spiegazione secondo la quale, tale condizione sarebbe dovuta al fatto che l’emisfero sinistro del feto maschile durante la gravidanza può essere sottoposto all’azione di livelli troppo elevati di testosterone che ne rallentano lo sviluppo e le funzioni, pertanto si ha una compensazione e l’emisfero destro diventa dominate con un potenziamento di tutte le sue funzioni.

3.Studi di neuroimmagine: ricerca di Hauser , DeLong e Rosman, (1975) 15 pazienti con autismo, 4 con abilità da Savant, tramite tecniche encefalografiche ha evidenziato anomalie nell’emisfero sinistro. Una ricerca di DeLong (1995) con PET, ha evidenziato in soggetti con autismo bassi livelli dell’attività serotoninergica nell’emisfero sinistro. Un’altra ricerca (Boddaert, 2003) ha studiato la percezione di suoni in 5 autistici e in 8 bambini normali. Maggiore attivazione dell’emisfero destro nei bambini autistici, nei bambini normali una maggiore attivazione dell’emisfero sinistro.

4.Persone normali che hanno sviluppato successivamente abilità da Savant, in seguito a danni cerebrali provocati da incidenti e malattie. Una ricerca di Brink (1980) caso di un bambino di 9 anni che era normale, dopo un colpo di pistola accidentale che lo aveva ferito all’emisfero sinistro era diventato muto, sordo e paralizzato. Questo bambino aveva sviluppato grandi abilità spaziali, meccaniche. Ricerca di Bruce Miller (1998) dell'Università della California ha esaminato 5 pazienti anziani affetti da una forma di demenza frontotemporale sinistro (FTD). Costoro avevano sviluppato doti artistiche con l'instaurarsi e la progressione della malattia: erano diventati capaci di eseguire copie precise di opere d'arte e di dipingere splendidamente. La PET dimostrò che le loro lesioni si concentravano per lo più nell'emisfero cerebrale sinistro. Questi fenomeni suscitano grandi interrogativi sulle potenzialità nascoste del cervello.



5.Studi condotti con TMS (stimolazione magnetica transcranica): alterando artificialmente le funzioni dell’emisfero sinistro di persone normali dovrebbero emergere le abilità tipiche dei Savant, mediate dall’emisfero destro. La disattivazione dell’emisfero sinistro, secondo Snyder e Mitchell (1999), provocherebbe la cessazione momentanea della sua più sofisticata cognizione concettuale, logica e l’accesso ai livelli più bassi dei processi cognitivi



Young e colleghi (2004), uso della TMS su 22 volontari sottoposti a test per verificare le abilità tipiche dei Savant, solo in 5 dei 17 partecipanti durante la TMS sono migliorate queste abilità. Anche nella realtà, solo 1 soggetto autistico su 10 mostra abilità particolari. Quindi lo studio conclude che si devono fare altre ricerche per riuscire a capire perché succede questo.



6.Attività cerebrale di persone non autistiche con doti eccezionali: ricerca di Pesenti e colleghi (2001) tramite la PET ha monitorato il funzionamento del cervello in un soggetto normale (non autistico) eccezionale nel calcolo a mente e quello di persone con normali abilità matematiche. Nei calcoli non complessi sia il soggetto dotato che i normali hanno usato le stesse aree cerebrali bilaterali, ma prevalentemente dell’emisfero sinistro. Nei calcoli più complessi, in cui il soggetto dotato era velocissimo, la PET ha evidenziato che egli, a differenza dei controlli, ha reclutato anche parti dell’emisfero destro come l’area frontale mediale e paraippocampale. Pertanto lo studio evidenzia che anche soggetti normali superdotati utilizzano nelle loro performance eccezionali, aree dell’emisfero destro come i Savants.



Altre ipotesi circa l’origine della sindrome Savant

1. La Weak Central Coherence theory- La teoria della debole coerenza centrale (Frith, 1989; Happe, 1999), secondo cui queste circoscritte aree di competenza nell’autismo sono dovute al fatto che tali soggetti hanno uno stile cognitivo locale, focalizzato sulle caratteristiche, sui dettagli e non sulla percezione globale gestaltica. Pertanto tali soggetti hanno dei vantaggi nei compiti basati sul ricordo di particolari.



• Alcuni studi di Baron-Cohen e colleghi (1998, 2009) sulla percezione visiva hanno evidenziato che i soggetti con autismo hanno una iperattenzione per i dettagli e una accresciuta sensibilità sensoriale per i dettagli. I soggetti con autismo hanno difficoltà a riconoscere le caratteristiche comuni degli stimoli, caratteristiche che portano a categorizzare gli stimoli. E’ come se vedessero il mondo, come realmente è, senza i filtri delle persone normali che sono portate a percepire la realtà attraverso categorie pregresse, script per semplificare la sua complessità.


Belmonte e colleghi (2004) analizzando i risultati di diversi studi hanno rilevato un maggiore livello di connessioni neurali locali nelle aree sensoriali posteriori della corteccia. Le popolazioni locali di neuroni sono fortemente connesse, ma non ben differenziate e soprattutto mancano le connessioni a lungo raggio che permettono l’integrazione e la percezione delle caratteristiche globali.


 
Kim Peek, americano di 57 anni ha ispirato il film Rain Man, in cui è interpretato da Dustin Hoffman (Raymond). Questo bianco americano ha una memoria eccezionale, ha imparato a memoria oltre 12000 libri e ha una conoscenza enciclopedica di geografia, musica, letteratura, storia, sport, e in altri settori. Ha anche una conoscenza incredibile del calendario. Di particolare interesse è la sua capacità di leggere con estrema rapidità, allo stesso tempo una pagina con l'occhio sinistro, l'altra pagina con il destro. Ma non ha la minima autonomia, viene ancora accudito dal padre. Una MRI mostra l’assenza del corpo calloso con altri danni cerebrali all’emisfero sinistro.



Stephen Wiltshire: la telecamera vivente, artista autistico inglese, nato a Londra nel 1974. Riesce a memorizzare l’immagine di una città dall'alto, senza averla mai visitata e senza averne mai studiato in precedenza le caratteristiche, per poi riprodurla graficamente con i suoi disegni con una precisione fuori dell’ordinario.



Nel disegno sottostante è rappresentato il suo disegno generale di New York e un particolare.






La memoria degli anziani



• Intelligenza fluida e cristallizzata: l’intelligenza fluida riguarda la capacità di risolvere problemi nuovi non legati a conoscenze precedenti (alla cultura), è legata alla biologia e anche all’età: agilità mentale, velocità di elaborazione, ragionamento induttivo e deduttivo, l’efficienza della memoria di lavoro. L’intelligenza cristallizzata dipende dalla cultura e dalla esperienza personale: l’anziano conserva la capacità di risolvere problemi e questioni che ha già incontrato, legati all’esperienza. L’anziano ha un declino dell’intelligenza fluida ma conserva e aumenta l’intelligenza cristallizzata: l’istruzione è un fattore che può compensare la diminuzione dell’intelligenza fluida.



Fattori biologici, cognitivi e sociali del declino della memoria

le ricerche evidenziano che le prestazioni della memoria umana declinano con l’età. Quali sono le cause ?
• Cause biologiche: modifica del tessuto cerebrale, riduzione del numero dei neuroni, riduzione della funzionalità dei neuroni e della loro efficacia comunicativa (deficit dei neurotrasmettitori)

• Cause cognitive e metacognitive: difficoltà percettive, ridotta capacità di esaminare gli stimoli, calo delle risorse attentive e di concentrazione, difficoltà di codifica. L’anziano è meno efficace nel codificare le informazione, cioè nell’elaborazione e nell’uso di strategie valide per memorizzare. Il declino riguarda più la memoria esplicita cioè consapevole che richiede uno sforzo cognitivo che la memorizzazione implicita e automatica cioè non consapevole.



Fattori di tipo emotivo e motivazionale

• Minori richieste di impegno nella vita quotidiana: minore impegno mentale.

• Idea della vecchiaia come periodo di riposo e quindi di passività che determina un calo di motivazione e di autostima.

• Consapevolezza che con l’età senile c’è una perdita di efficienza.
• Irrealistica valutazione o supervalutazione dei deficit mnestici.

• Se la persona anziana è in salute è capace di valide prestazioni cognitive e mnestiche.



Sistemi di memoria che risentono maggiormente dell’età

• Più colpite: memoria di lavoro, memoria episodica (recenti memorizzazioni, soprattutto prospettica).

• Meno colpite: la memoria semantica (enciclopedica) e la memoria implicita (procedurale), la memoria a breve termine.

Training di Memoria



Esercizi di allenamento della memoria hanno evidenziato di aumentare le capacità mnestiche degli anziani. Le attività di questi allenamenti consistono nel:



1. Riattivare le capacità attentive e di concentrazione riscoprendo l’interesse per le cose che ci circondano (aumento interesse e motivazione).
2. Esercitarsi a selezionare e cogliere gli elementi salienti delle informazioni: migliorare la rapidità di analisi delle informazioni.
3. Imparare ed utilizzare strategie di memorizzazione: migliorare la codifica.
4. Migliorare l’autostima e l’autoefficacia attraverso la consapevolezza dei miglioramenti raggiunti.
5. Continuare le attività anche dopo il training



Come conservare o migliorare la memoria?



• Mantenendosi in uno stato di salute fisica: il movimento, la buona alimentazione, il riposo, la cura della propria salute permettono di avere una buona circolazione e quindi un buon afflusso di sangue al cervello, un buon apporto di sostanze antiossidanti (vitamine C, E, B12, ecc.)
• Mantenendo un buono stato di benessere mentale: le ricerche hanno evidenziato nelle persone con disturbi mentali schizofrenia, depressione, ansia generalizzata un calo delle prestazioni mnestiche.
• Mantenersi attivi mentalmente: la lettura, lo studio, il gioco delle carte, gli scacchi, la dama, le parole crociate, brain training, computer, gli hobbies mantengono la mente allenata.
• Avere una appagante vita sociale, una rete di relazioni sociali, avere intersessi.





"Dove vien meno l'interesse, vien meno anche la memoria".
Johann Wolfgang Goethe, Massime e riflessioni, 1833





"Il vantaggio della cattiva memoria è che si gode parecchie volte delle stesse cose per la prima volta".
Friedrich Nietzsche, Umano, troppo umano, 1878.

Edoardo Virgili



seguito di Edoardo VIRGILI III




Cause dei deficit di memoria episodica


Lesioni al lobo temporale mediale:



Rimozioni chirurgiche (tumori)



Encefalite erpetica



Anossia (intossicazione da ossido di carbonio)



Ictus cerebrale (bilaterale)



Lesioni del diencefalo:



Sindrome di Korsakoff



Infarto talamico.



Lesioni dell’area frontale:

aneurisma

Correlati neuroanatomici della memoria semantica

Le strutture implicate nella mediazione della memoria semantica sono diverse da quelle relative alla memoria episodica: pazienti con danni all’aera ippocampale evidenziano deficit di memoria episodica ma conservano la memoria semantica.



Aree del lobo temporale: area infero-temporale e polo anteriore del lobo temporale.


Deficit di memoria semantica



I soggetti con questa amnesia perdono la conoscenza del significato delle parole, perdono la conoscenza enciclopedica (chi è il presidente della repubblica, la formula dell’acqua, la capitale di, ecc.), mentre si ricordano gli eventi (conservano la memoria episodica).



Legge di Ribot: nelle amnesie di solito i soggetti conservano meglio i ricordi più lontani che quelli recenti



Cause dei deficit di memoria semantica:



Encefalite erpetica



Demenza senile



Sindrome di Alzheimer



Correlati neuroanatomici della memoria implicita

Memoria procedurale: area supplementare motoria del cervelletto e gangli della base. Il cervelletto e gangli della base (cinque nuclei sottocorticali: nucleo caudato, putamen, globo pallido, nucleo subtalamico, sostanza nera) sono implicati nell’apprendimento motorio (lesioni in queste aree determinano difficoltà a ricordare e apprendere comportamenti motori). Ma non provocano deficit di memoria dichiarativa.






Cause dei deficit di memoria implicita



Morbo di Parkinson: degenerazione della sostanza nera, difficoltà motorie e di apprendimento motorio.



Lesioni cerebellari: difficoltà nei compiti procedurali.



Corea di Huntington: malattia ereditaria degenerativa, determina una distruzione del nucleo caudato, disturbi motori e di apprendimento motorio.

Sintesi: teorie sulla memoria



• Modello standard: la formazione ippocampale è un sistema che serve a consolidare le memorie, nell’ippocampo i ricordi diventano permanenti, questi memorie permanenti sono trasferite in altre sedi, probabilmente depositati negli stessi circuiti corticali responsabili delle loro acquisizione cioè nelle cortecce sensoriali secondarie e associative (ricordi tattili: corteccia somatosensoriale; ricordi visivi: corteccia visiva secondaria-area temporale; ricordi spaziali: area parietale posteriore). Secondo questa teoria un danno all’ippocampo fa perdere sono i ricordi recenti: ultimi mesi (non ancora consolidati: moderata amnesia retrograda) e non permette l’acquisizione di nuovi ricordi (grave amnesia anterograda). I ricordi consolidati, permanenti rimangono intatti.
• Memoria procedurale: area supplementare motoria del cervelletto e gangli della base.



Teoria della traccia multipla



Questa teoria è più recente nasce dal fatto che un attento esame dei pazienti con lesioni all’ippocampo ha evidenziato che essi presentano non non solo deficit nei ricordi recenti ma anche deficit nei ricordi più lontani. Pertanto si ipotizza che l’ippocampo non sia implicato solo nel consolidamento dei ricordi, ma che esso sia coinvolto anche nel recupero dei ricordi, in particolare avrebbe anche la funzione di riattivare la traccia mnestica attraverso la ricostruzione del contesto in cui un certo ricordo si è verificato.



Memoria ed emozioni



La memoria è legata alle emozioni. I nostri ricordi autobiografici più vividi sono quelli relativi ad eventi che hanno avuto su di noi un forte impatto emotivo.
Gli studi sulle relazioni tra memoria ed emozioni si sono focalizzati su due aspetti legati all’esperienza emotiva: arousal (attivazione) e la valenza.



Per arousal si intende il livello di attivazione emotiva, il livello di eccitazione (calma vs agitazione).



Per valenza si intende il tono, il colore dell’emozione (positiva vs negativa).



Livello di attivazione e memoria

Un livello di attivazione più elevato aumenta l’attenzione e la concentrazione e quindi favorisce la codifica. Ma l’attenzione è selettiva, l’attenzione si focalizza sugli stimoli che hanno aumentato l’attivazione emotiva mentre gli altri stimoli perdono importanza. Pertanto gli stimoli rilevanti vengono codificati meglio, mentre gli stimoli non rilevanti tendono ad essere dimenticati.
Esempio: weapon focus (concentrazione sull’arma). Le persone che hanno assistito a scene violente in cui è stata usata un’arma, ricordano bene i particolari legati all’arma, perché la loro l’attenzione si è concentrata sull’arma che è la fonte del pericolo, mentre dimenticano gli altri dettagli della scena (Loftus,1982; Loftus e Messo, 1987).
• Oltre ai suoi effetti durante la fase di codifica, l’ eccitazione emotiva sembra aumentare il consolidamento della memoria (il processo di creazione di una registrazione permanente delle informazioni codificate). Una serie di studi ha dimostrato che nel corso del tempo, il ricordo di stimoli neutri (che non provocano attivazione emotiva) diminuisce, mentre il ricordo di stimoli che suscitano eccitazione tende a migliorare (Baddeley,1982; LaBar e Phelps,1998).



Flashbulb memories

Un fenomeno sempre legato al rapporto tra la memoria e l’intensità delle emozioni è quello delle flashbulb memories. Il termine flashbulb indica l’apparecchio della macchina fotografica che provoca il flash. Il fenomeno delle flashbulb memories sta indicare il ricordo particolarmente vivido di eventi emotivamente salienti, come se si fosse fotografato l’istante in cui l’evento è accaduto. In uno studio americano (Brown e Kulk, 1977) e’ stato chiesto ad un campione di 80 persone cosa si ricordavano del momento in cui avevano appreso dell’assassinio del presidente Kennedy, 79 di essi ricordavano dove si trovavano e con chi erano. Questi ricordi sono molto vividi e dettagliati. Io mi ricordo perfettamente dove ero quando ho appreso dell’attentato delle torri gemelle. E’ stato ipotizzato che esista un meccanismo neurale “ Now Print” che “stampa” nella memoria permanete in maniera dettagliata indelebile gli eventi che determinano una forte eccitazione emotiva.
Alcuni studi smentiscono parzialmente questa ipotesi . Uno studio di Neisser e Harsch (1992) ha evidenziato che le flashbulb memories sono ricordi molto vividi, ma spesso tali ricordi non sono precisi, quindi le flashbulb memories sono labili. Il fenomeno è stato un po’ ridimensionato, ma comunque alcune flashbulb memories sono realmente persistenti, questa persistenza dipende sia dal significato emotivo che l’evento ha per ciascun soggetto (McCloskey, Wiblo, Cohen 1988; Neisser 1996) ma anche dalla ripetizione dell’evento nel tempo.



Valenza emotiva e memoria



• Un secondo aspetto studiato è il rapporto tra memoria e valenza emotiva. E’ stato rilevato l’effetto della congruenza emotiva : il ricordo è più facile quando c’è corrispondenza tra lo stato emotivo che avevamo durante la codifica e quello che abbiamo durante la rievocazione. Se una persona ha codificato una conoscenza quando era in uno stato di felicità, rievocherà più facilmente quel ricordo quando è felice. I pazienti depressi tendono a ricordare più facilmente i ricordi tristi (Hertel, 2004).
• Legge di Yerkes e Dodson



Emozione ed oblio



Le emozioni non favoriscono solo il ricordo ma anche l’oblio. Alcuni studi hanno evidenziato che eventi che provocano un’eccitazione emotiva determinano amnesia retrograda per gli stimoli che precedono l’evento e amnesia anterograda per gli stimoli che seguono l’evento (Strange, Hurlemann e Dolan, 2003; Hurlemann et al. 2005).

Meccanismi molecolari della memoria



Numerosi studi condotti su svariati modelli animali, hanno chiarito quali sono i meccanismi molecolari delle due diverse forme di memoria, "a breve termine" e "a lungo termine"
La MBT comporta una modificazione transitoria dell'attività sinaptica (potenziamento a breve termine), ottenuta grazie alla modificazione delle proteine preesistenti.
La MLT è determinata da una modificazione duratura dell’attività sinaptica che è dovuta alla formazione di nuove connessioni sinaptiche o da una loro diversa organizzazione, tale processo richiede l'attivazione di geni e la sintesi di nuove proteine.



Studi sulle basi molecolari della memoria

Eric Richard Kandel, neuroscienziato di origine austriaca che ha lavorato negli USA, premio Nobel nel 2000 per la medicina per i suoi studi sui processi biochimici implicati nella memoria. Egli ha studiato questi processi in un mollusco gasteropode marino chiamato Aplysia Californica che ha un sistema nervoso centrale molto semplice formato da 20.000 neuroni, di cui alcuni sono molto grandi, quindi molto idonei per effettuare lo studio dei meccanismi che determinano la memorizzazione.
Kandel e Hawkins (1992) hanno individuato i processi che determinano l’apprendimento implicito dell’Aplysia in risposta a certi stimoli. Questo mollusco ha il riflesso di retrazione della branchia che si verifica quando un lieve stimolo viene applicato in un'altra parte del corpo, come ad esempio sul mantello o sul sifone. I ricercatori hanno analizzato i meccanismi che determinano: l'assuefazione, la facilitazione breve termine (MBT) e quella a lungo termine (MLT) della retrazione della branchia.
I neuroni sensoriali del mantello e del sifone dell’Aplysia, neuroni pre-sinaptici, sono collegati tramite sinapsi ai neuroni motori post-sinaptici dei muscoli retrattori della branchia. Se viene stimolato il sifone (con un tocco) il mollusco ritira la branchia perché il neurone sensoriale del sifone secerne nella sinapsi un neurotrasmettitore eccitatore (aceticolina) che attiva il neurone postsinaptico motorio che fa contrarre il muscolo e ritrarre la branchia.
Potenziamento a breve termine: il mollusco viene stimolato con uno stimolo debole (o condizionato) corrispondente ad un sottile flusso d'acqua sul sifone, a tale stimolo viene fatto seguire uno stimolo forte (sensibilizzante o non condizionato) come una scarica elettrica sulla parte terminale (coda) del piede muscolare dell'animale. Normalmente lo stimolo debole (sul sifone) provoca una debole retrazione della branchia, mentre lo stimolo elettrico forte sulla coda determina una forte retrazione della branchia. L’animale associa allo stimolo debole lo stimolo forte (apprendimento, memorizzazione) per cui basta somministrare lo stimolo debole per avere una forte retrazione della branchia. Un solo stimolo forte determina nell'animale un potenziamento transitorio della sinapsi (facilitazione a breve termine) che induce una forma semplice di memoria a breve termine, cioè un'archiviazione di breve durata delle informazioni (qualche ora).
Potenziamento a breve termine: in particolare lo stimolo forte (attraverso i neuroni sensitivi delle coda) attiva sulla membrana del neurone sensitivo del sifone dei recettori serotoninergici, questi recettori fanno aumentare il livello di cAMP (AMP ciclico) un importante messaggero cellulare che determina una cascata di eventi biochimici che provocano un aumento del rilascio del neurotrasmettitore (acetilcolina) da parte del neurone sensitivo grazie alla modificazione delle proteine sinaptiche preesistenti.
Approfondimento potenziamento a breve termine: recettori serotoninergici (stimolati dalla serotonina dei neuroni sensitivi della coda che fanno sinapsi sul neurone sensoriale del sifone) attivano all’interno del neurone presinaptico l'enzima adenilciclasi che trasforma l’ATP (adenosina trifosfato) in cAMP (adenosina monofosfato ciclico) aumentandone il livello citoplasmatico, il cAMP provoca l'attivazione dell'enzima proteinchinasi A (PKA) che, a sua volta, determina un aumento del rilascio del neurotrasmettitore (acetilcolina) da parte del neurone sensitivo. Tutto questo grazie alla "modificazione" delle proteine sinaptiche preesistenti.
Potenziamento a lungo termine: un solo stimolo forte provoca nell'animale un potenziamento transitorio della sinapsi (facilitazione a breve termine), cioè l’animale quando viene stimolato al sifone ritrae con forza la branchia, dopo qualche ora se stimolato al sifone reagisce normalmente (con una debole retrazione della branchia), ha dimenticato. Mentre se l'animale viene sottoposto a ripetute scosse elettriche al piede, la sensibilizzazione si protrae nel tempo, persistendo per settimane (dopo alcune settimane dalle scosse elettriche ripetute se viene stimolato il sifone l’animale reagisce ancora con una forte ritrazione delle branchia, ciò significa che si è verificato un apprendimento a lungo termine, che si è formata una MLT ).



Meccanismo del potenziamento a lungo termine (PLT):



Se l’animale è sollecitato più volte attraverso lo stimolo elettrico alla coda del piede, rimane sensibilizzato per settimane e ciò significa che c’è stato un apprendimento a lungo termine (MLT). Tale apprendimento è dovuto ad un potenziamento permanente (potenziamento a lungo termine) delle connessioni sinaptiche tra il neurone sensitivo pre-sinaptico e quello motorio post-sinaptico. Tra i due neuroni si sono formate nuove sinapsi e ciò è dovuto al fatto che le proteine che abbiamo visto prima (nel potenziamento a breve termine), come la proteinchinasi A (PKA) entrano all’interno del nucleo del neurone sensitivo pre-sinaptico dove attivano proteine denominate CREB (1 e 2) che a loro volta attivano dei geni nel DNA nel nucleo del neurone, i geni attivati codificano per la sintesi di nuove proteine che servono a costruire nuove connessioni sinaptiche tra il neurone sensoriale e quello motorio.

Approfondimento potenziamento a lungo termine:



Dopo le ripetute e intervallate stimolazioni elettriche (oppure in vitro applicazioni di serotonina al neurone pre sinaptico sensitivi), vengono attivati gli enzimi proteinchinasi A (PKA) e proteinchinasi attivata dai mitogeni (MAPK) , queste proteine attivate traslocano nel nucleo delle cellula del neurone sensitivo, dove modulano (cioè regolano) l'espressione genica ]. Nei neuroni, come in tutte le altre cellule dell'animale, l'attività dei geni è regolata da una complessa serie di enzimi, i fattori di trascrizione che controllano il livello di espressione dei singoli geni. Nel nucleo la PKA e la MAPK attivano alcuni fattori di trascrizione, ovvero delle molecole proteiche denominate CREB (cAMP Responsive Element Bilding Protein). In particolare la PKA e la MAPK attivavano rispettivamente i fattori di trascrizione CREB1 e CREB2, dando inizio alla trascrizione di vari geni.. L'attivazione della proteina CREB1a è l'evento chiave per l'induzione della facilitazione a lungo termine. La CREB 1 da inizio alla trascrizione di alcuni geni che codificano per la produzione delle proteine richieste per la crescita strutturale del neurone sensitivo sia per la formazione di nuove connessioni sinaptiche tra il neurone sensitivo e quello motore.



Ricerche sui mammiferi:

Studi effettuati sui topi (Tsien, 2000) hanno evidenziato dei meccanismi di memoria molto simili a quelli riscontrati nell’Aplysia. I Mammiferi e, in particolare l'uomo, hanno un cervello strutturalmente e funzionalmente molto evoluto, sono capaci di forme di apprendimento più complesse tramite l’apprendimento esplicito operante a livello del complesso dell'ippocampo. Sono stati rilevati nei mammiferi fenomeni di potenziamento a lungo termine nell’ippocampo (che ha il ruolo di consolidare i ricordi, cioè di renderli permanenti) e anche in altre aree cerebrali.
Potenziamento a lungo termine nei mammiferi: è stato studiato nell’ippocampo che è la sede dove vengono formate le memorie permanenti esplicite, in particolare è stata esaminata la connessione sinaptica tra i neuroni pre-sinaptici dell’area CA1 dell’ippocampo e quelli post-sinaptici dell’area CA3. I neuroni dell’area CA1 se stimolati secernono un neurotrasmettitore chiamato glutammato. Tale neurotrasmettitore si lega ai recettori AMPA del neurone post-sinaptico che fa entrare ioni positivi (Na) nella membrana post-sinaptica e la depolarizza. La depolarizzazione della membrana post-sinaptica attiva una altro tipo di recettore per il glutammato detto NMDA che consente l'ingresso degli ioni calcio. L'entrata in massa degli ioni calcio avvia, nel neurone post-sinaptico, una cascata di reazioni molecolari: l’attivazione di proteine chinasi che determinano un potenziamento a breve termine della trasmissione sinaptica (attraverso probabilmente la produzione un messaggero retrogrado che va agire sul neurone pre-sinaptico).


Una sola stimolazione del neurone pre-sinaptico dell’ippocampo determina un potenziamento transitorio della sinapsi (MBT), se invece si effettuano più stimolazioni consecutive del neurone pre-sinaptico con scariche elettriche si ha un potenziamento duraturo dovuto alla produzione di nuove proteine. Le chinasi entrano nel nucleo attivano fattori di trascrizione tipo CREB che a loro volata attivano dei particolari geni che codificano la produzione di nuove proteine le quali andranno a formare nuovi contatti sinaptici tra le cellule ippocampali e quindi a determinare una memoria permanente.
L'apprendimento esplicito, rispetto a quello implicito descritto per Aplysia, prevede la produzione di un segnale retrogrado che, liberato dal neurone postsinaptico, ha come bersaglio la terminazione presinaptica al fine di mantenere la secrezione del glutammato. Il neurone post-sinaptico libera un messaggero (probabilmente l’ossido nitrico e il monossido di carbonio) che va ad agire sul neurone pre-sinaptico intensificano la liberazione del glutammato e in tal modo mantenendo il potenziamento a lungo termine.
Sulla base di questi studi sono stati prodotti topi transgenici (Tsien, 2000) nei quali è stato introdotto un gene che ha potenziato i recettori NMDA. Lo straordinario risultato è stato che i recettori NMDA dei topi geneticamente modificati (Doogie) potevano rimanere aperti per un tempo quasi doppio rispetto a quello dei topi normali, ciò determinava un rapido potenziamento della connessione tra le sinapsi e quindi la formazione più rapida e duratura della memoria. Dai test è risultato che questi topi ricordavano le cose per un tempo di lungo 5 volte rispetto ai topi normali. Lo studio ha anche evidenziato che in diversi specie di animali negli individui giovani i recettori NMDA restano aperti per un tempo maggiore, pertanto essi memorizzano in modo più efficace.
Perché succede questo fenomeno? Tsien (2000) ritiene che sia un processo di adattamento evolutivo, riduce la possibilità che individui vecchi (che presumibilmente si sono già riprodotti) competano con successo con quelli più giovani per le risorse di cibo.
Naturalmente questi studi aprono la strada anche a ricerche sull’uomo, infatti il potenziamento dei recettori NMDA (in particolare la sub-unità NR2B) potrebbe rappresentare un nuovo bersaglio farmacologico per diversi disturbi della memoria legati all'età.






seguito di Edoardo VIRGILI - II

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La memoria di lavoro (working memory)


• Il concetto di memoria a breve termine è stato sostituito con quello di memoria di lavoro (working memory).
• La working memory ha la funzione di mantenere temporaneamente le informazioni e allo stesso tempo di elaborale per svolgere un compito cognitivo.
• La working memory, a differenza della MBT, non è un magazziono unitario ma è costituita da diverse componenti con funzioni diverse.
• Il primo modello di working memory è quello di Baddeley e Hitch (1974).



Modello di Baddeley



• Questo Modello fu presentato in una prima versione da Baddeley e Hitch (1974); Baddeley (1986) precisò meglio le caratteristiche delle sue componenti; Baddeley (2000) inserì nel modello una quarta componente: il buffer episodico.
• Originariamente il modello prevedeva 3 componenti:



1. Loop Fonologico (phonological loop): sistema adibito al mantenimento temporaneo delle informazioni linguistiche;



2. Taccuino Visuo-Spaziale (visuo-spatial sketchpad): sistema adibito al mantenimento temporaneo delle informazioni visive e spaziali;



3. Esecutivo Centrale (central executive): sistema attenzionale di controllo con capacità limitate che coordina e supervisiona il funzionamento degli altri sotto-sistemi.



Modello tripartito di Baddeley e Hitch (1974)



ESECUTIVO                             
CENTRALE
                                              LOOP FONOLOGICO
                                                                                 MAGAZZINO
                                                                                 FONOLOGICO
                                                                                                           PROCESSO
                                                                                                           ARTICOLATORIO

TACCUINO
VISUOSPAZIALE


Modello di Baddeley (2000)
• Il buffer episodico è una quarta componente che è stata introdotta da Baddely (2000) perché il modello tripartito della Working Memory (Baddeley e Hitch, 1974) non riusciva a spiegare nuovi dati raccolti su soggetti normali (Baddeley et al., 1987; Chincotta et al., 1999; Logie et al, 2000; Baddely e Andrade, 2000) e su soggetti con patologia (Vallar e Baddeley, 1984).
• Il buffer episodico è un magazzino temporaneo a capacità limitata dove avviene l’integrazione delle informazioni dei due sottosistemi a breve termine e il recupero e l’integrazione delle conoscenze della MLT.




La memoria a lungo termine

• La MLT è la memoria permanente in cui le informazioni possono permanere per tutta la vita, essa ha una capacità illimitata. Anche nella MLT sono stati individuati dei sottosistemi.

 
  Memoria esplicita (dichiarativa)
  e memoria implicita (non dichiarativa)
               
La memoria dichiarativa si riferisce alla conoscenza esplicita, siamo consapevoli che stiamo ricordando (esplicita): definizione di una parola, nozione, la capitale di una nazione, ricordo della data del matrimonio e di che c’era. E’ un tipo di conoscenza esprimibile a parole (dichiarativa)

 

La memoria implicita è quel tipo di memoria in cui non siamo consapevoli di ricordare (implicita); è una memoria tacita non esprimibile a parole (non dichiarativa). Esempi: andare in bicicletta, guidare una macchina, leggere. Sono di comportamenti appresi e automatizzati che attuiamo con poco sforzo cognitivo. Non solo comportamenti motori, ma anche compiti cognitivi: risolvere un problema, un docente di matematica lo risolve automaticamente, quasi senza sforzo.



Memoria episodica e memoria semantica
Questa distinzione è stata proposta da Tulving (1972)



• Memoria episodica: alla memoria episodica è associato il massimo livello di consapevolezza, di coscienza (memoria autonoetica). Siamo consapevoli di ricordare e ricordiamo anche quando abbiamo appreso e il contesto di apprendimento. Si riferisce a specifici eventi ed esperienze della nostra vita. Contiene informazioni spazio-temporali che specificano dove e quando si è verificato l’evento:



Cosa avete mangiato a pranzo domenica.
Che tempo faceva il giorno in cui vi siete sposati, o vi siete laureati.
Dove vi trovavate nel momento in cui avete saputo del crollo delle torri gemelle? Chi era con voi.



Memoria semantica
• La memoria semantica è noetica, prevede cioè un certo grado di consapevolezza. Noi siamo consapevoli di ricordare, ma non ci ricordiamo più quando abbiamo appreso tale conoscenza (le condizioni temporali, il contesto). Si riferisce a conoscenze astratte e generali, riguarda la nostra conoscenza enciclopedica, la conoscenza del linguaggio. E’ organizzata in modo tassonomico e associativo:
La definizione di turlupinare.
Il presidente degli Stati Uniti.
Il monte più alto del mondo.
Il nome dei primi cinque mammiferi che vi vengono in mente.
Come inizia il primo canto della Divina Commedia




Modello gerarchico della memoria semantica di Collins e Quillian e (1969)
• Il modello di Collins e Quillian e rappresenta la memoria semantica nei termini di una rete gerarchica di concetti associati.
• La rete è costituita da tre tipi di elementi:

– unità = si riferiscono a insiemi di oggetti e costituiscono i nodi della rete; i nodi sono etichettati con sostantivi;



– proprietà = descrivono le unità e sono etichettati da aggettivi o da verbi;



– puntatori = specificano le relazioni fra unità diverse e le relazioni tra le unità e le proprietà.






• Anderson (1984) ha studiato il fenomeno della propagazione dell’attivazione nella memoria semantica.
• Per ricercare una conoscenza nella memoria semantica si ha una’attivazione della rete che si propaga da un nodo agli altri nodi connessi. Tanto maggiore è l’attivazione di un nodo tanto più facilmente la sua informazione può essere recuperata.
• Esistono dei nodi che si attivano più facilmente che sono fortemente associati. Esempio: se dico 2 e 5 che numeri si attivano. Esempio: ditemi il nome di 4 animali. Chiaramente il concetto di animale attiva altri nodi, prima quelli più connessi e attivabili.
• Una strategia didattica molto efficace si basa proprio su questa conformazione a rete della conoscenza semantica. E’ il metodo delle mappe concettuali (Novak e Gowin 1984; 1998).



Mappa concettuale



• È la rappresentazione con una rete gerarchica di un ambito di conoscenza, è costituita da nodi concettuali, ciascuno dei quali rappresenta un concetto elementare e viene descritto con un'etichetta apposta ad una forma geometrica.
• I nodi concettuali sono collegati mediante delle relazioni associative: in genere vengono rappresentate come frecce orientate e dotate di un‘etichetta descrittiva (in genere un verbo).
• La struttura complessiva è di tipo reticolare e gerarchica (c’è un punto di partenza e diramazioni che vanno dai concetti di ordine superiore a quelli di ordine inferiore)
• La mappa concettuale nasce dal concetto dell’apprendimento significativo nel senso che c’è un apprendimento migliore più stabile se le nuove informazioni sono collegate con le conoscenze precedenti. Più una nuova conoscenza è collegata con la rete di conoscenze precedenti più stabile è l’apprendimento.
• Didatticamente si procede facendo la mappa concettuale dell’alunno verificando le sue conoscenze pregresse su un certo argomento (mappa ingenua). Si costruisce la mappa concettuale completa (mappa esperto) alla quale deve arrivare l’alunno. L’azione didattica consiste nell’allargare via via la mappa ingenua fino a portarla a quella completa.
• Tutto un ambito di conoscenza viene organizzato in una mappa (schema) che aiuta lo studente a collegare, associare le conoscenze e quindi favorisce l’apprendimento.






Memoria implicita (non dichiarativa)


• E’una memoria anoetica, priva di consapevolezza. Noi non siamo consapevoli che stiamo ricordando. Il ricordo è evidenziato da un comportamento che noi mettiamo in atto in maniera automatica. E’ un saper fare le cose.
• Esistono tre tipi di memoria implicita:
• La memoria procedurale.
• Il condizionamento
• Il priming (facilitazione)



La memoria procedurale



E’ un saper fare, un comportamento appreso, automatizzato. Può essere un apprendimento di tipo percettivo. Esempio: l’apprendimento di un alfabeto diverso dal nostro (greco), all’inizio ci sembra difficile, poi man mano che passa il tempo ci abituiamo a questi nuovi simboli che ci diventano familiari. Un apprendimento motorio: il guidare la macchina (all’inizio dobbiamo pensare ad ogni cosa che facciamo, poi l’esecuzione diventa automatica e non ci richiede più un impegno). Un apprendimento cognitivo: apprendimento di un videogame, capacità di risolvere velocemente dei problemi di matematica (un insegnate li risolve automaticamente).



Priming (facilitazione)

Manifestazione di un apprendimento di cui non siamo consapevoli attraverso l’esposizione a stimoli facilitanti. Può essere di tipo percettivo o semantico.

Priming percettivo: viene fatta leggere ad un soggetto una lista di parole, dopo un lungo periodo di tempo (alcune ore) egli deve ripetere la lista, coscientemente il soggetto non ricorda le parole. Se però lo sperimentatore gli mostra alcune lettere di una parola che egli deve completare, egli tenderà a completare la parola utilizzando le parole della lista letta (anche se non ne è consapevole). Esempio: --N--M--N-- (INUMANO), ma il soggetto comporrà la parola (ANEMONE) perché era presenta nella lista, anche se è una parola di bassissima frequenza.



Priming semantico: facilitazione basata sul significato. Si fa leggere ad un soggetto una lista contenete nomi di animali tra cui: armadillo, ornitorinco, bradipo. Dopo alcune ore si chiede al soggetto di ricordare gli animali della lista, egli non li ricorda consapevolmente. Poi si chiede al soggetto di dire il nome dei primi animali che gli vengono in mente, egli tenderà a dire il nome degli animali presenti nella lista (armadillo, ornitorinco, bradipo) che sono animali rari, senza un apprendimento di cui non è consapevole avrebbe detto il nome di animali più comuni (cane, cavallo, leone). Il priming permette di attivare un ricordo del quale non siamo più consapevoli.

Il condizionamento: può essere il condizionamento classico e il condizionamento valutativo. Il condizionamento classico è una forma di apprendimento notissima (esperimento di Pavlov con i cani). Nell’uomo è stato condizionato il riflesso di ammiccamento: ad un soggetto viene fatto sentire il suono di un campanello, dopo di che gli viene soffiata dell’aria su un occhio, quindi egli tenderà a chiudere le palpebre. Dopo un po’ di presentazioni al solo sentire il suono del campanello l’uomo tende a chiudere gli occhi (è un riflesso automatico).



Condizionamento valutativo: sentiamo la prima volta la musica cinese, essendo una musica nuova e diversa ne diamo un giudizio negativo. Ci viene fatta ascoltare più volte il nostro giudizio valutativo migliora. Gli amnesici dicono di non avere mai sentito questa musica, ma anch’essi migliorano il loro giudizio.



Memoria retrospettiva e prospettica



La memoria episodica: cioè la memoria caratterizzata dalla massima consapevolezza, ricordiamo anche gli aspetti temporali e spaziali (quando e dove), il ricordo degli eventi della nostra vita, tale memoria presenta due sottosistemi:



La memoria retrospettiva: è la memoria rivolta al passato. Ricordare le cose passate.



La memoria prospettica: è la memoria rivolta al futuro, ricordare le cose che devo fare in futuro: ricordarsi che devo prendere il figlio a scuola; ricordarsi di fare la spesa e le cose che devo comprare.



La memoria autobiografica



E’ la memoria riferita alle vicende della nostra vita. La memoria autobiografica ha degli aspetti episodici: ricordarsi il giorno, l’ora in cui mi sono laureato, com’era il tempo.
Ma ha anche degli aspetti semantici: come si chiamava il professore di matematica? Quale era il nome del liceo dove mi sono diplomato?



Un fenomeno interessante legato alla memoria autobiografica è l’amnesia infantile: le persone non ricordano gli avvenimenti successi nei primi anni tre anni di vita. Freud interpreta questo fenomeno attraverso un meccanismo di difesa: la rimozione. Non ricordiamo questi avvenimenti perché sono emotivamente traumatici, legati al complesso di Edipo: sentimenti di odio e morte nei confronti del padre che compete con il bambino per l’amore materno, paura del padre. Non ci sono prove a favore di questa ipotesi, si ipotizza invece che il bambino piccolo, non riesce a codificare, ha una forma di pensiero concreta non riesce a fare le associazioni, categorizzazioni. Non essendoci una codifica efficace non ci può essere recupero.



Correlati neurali della M.L.T.



• Lo studio delle basi neuroanatomiche dei sistemi di memoria si basa essenzialmente su due filoni di ricerca:
1. Studio di pazienti amnesici (con amnesia retrograda e/o anterograda), si analizzano i loro deficit e si mettono in relazione con le strutture cerebrali danneggiate.
2. Studio di neuroimmagine (PET, fMRI, NIRS) su soggetti normali che indicano quali sono le aree cerebrali che si attivano nei diversi compiti di memoria (soprattutto per la M.B.T.).



• Sono state rilevate dissociazioni tra memoria episodica e semantica, sono stati riscontrati casi di soggetti colpiti da traumi o malattie cerebrali che presentano deficit di memoria episodica (senza problemi di memoria semantica) e viceversa (soggetti con deficit di memoria semantica).



• Sono stati individuate dissociazioni tra memoria esplicita e implicita: soggetti amnesici che presentano deficit di memoria episodica e/o semantica che non hanno deficit di memoria implicita.

• Questi studi dimostrano che questi sistemi di M.L.T. sono mediati da strutture cerebrali diverse



Correlati neuroanatomici della memoria episodica

1. La struttura fondamentale è rappresentata dal lobo temporale mediale: formazione ippocampale che è essenziale per il consolidamento dei ricordi.
2. Strutture diencefaliche: talamo e corpi mamillari dell’ipotalamo.

3. Regioni frontali basali (setto) e corteccia prefrontale. La corteccia prefrontale è implicata nel processo di recupero dei ricordi.



Corpi
mamillari
ipotalamo
Corteccia
prefrontale
Talamo
dorso-mediale
Corteccia
del
cingolo
Talamo
anteriore
Formazione
 ippocampale
(ippocampo, corteccia
rinale, paraippocampo)
Corteccia
associativa
 Processo di memoria episodica





Corpi
mamillari
ipotalamo
Corteccia
prefrontale
Talamo
dorso-mediale
Corteccia
del
cingolo
Talamo
anteriore
Formazione
 ippocampale
(ippocampo, corteccia
rinale, paraippocampo)
Corteccia
associativa
 Processo di memoria episodica




Deficit della memoria episodica: amnesia globale
Caratteristiche:



1. Amnesia anterograda: incapacità di formare nuovi ricordi dopo l’insorge della patologia.
2. Amnesia retrograda: perdita dei ricordi immediatamente antecedenti l’insorgere della patologia.
3. Il linguaggio è conservato, la MBT è intatta, l’intelligenza è nella norma.
4. La memoria implicita è conservata: i soggetti possono apprendere nuovi compiti motori, conservano le procedure acquisite: andare in bicicletta, suonare il piano.
5. I soggetti evidenziano altri due aspetti: confabulazioni (false memorie, ricordi inventati), anosognosia (non sono consapevoli di essere malati)



Caso famoso: H. M. (Henry Molaison)



Di origine canadese, vissuto negli USA, in seguito ad una caduta dalla bicicletta da bambino (10 anni) sviluppò una grave forma di epilessia per questo motivo fu operato nel 1957 a 16 anni ai lobi temporali e gli furono asportati bilateralmente i 3/4 della formazione ippocampale e l’amigdala. Il paziente ha sviluppato una grave amnesia anterograda non riusciva più a memorizzare le nuove informazioni. Ha conservato il linguaggio, ma non riusciva a imparare parole nuove; la dottoressa che lo ha seguito per 50 anni si doveva ripresentare ogni giorno perché non la riconosceva. Sviluppò anche una amnesia retrograda, non grave come quella anterograda, caratterizzata dalla perdita dei ricordi più recenti relativi al tempo immediatamente antecedente l’operazione e da una maggiore difficoltà a recuperare anche i ricordi più lontani dei 10 anni precedenti l’operazione (soprattutto ricordi personali: memoria episodica). La memoria procedurale era intatta: apprendeva comportamenti motori ma non era consapevole di averli appresi.