3 febbraio 2011 Stefano ORAZI

L’unificazione politica e amministrativa delle Marche nello Stato unitario.

Ancor oggi sono numerosi gli aspetti dell’unificazione delle provincie delle Marche nello Stato unitario rimasti nell’ombra, nonostante si sia entrati nel vivo delle celebrazioni del centocinquantesimo dell’unificazione nazionale. Si intendono qui approfondire i nodi principali di quel particolare momento storico ripercorrendo le vicende più significative per l’individuazione delle questioni caratterizzanti gli elementi politici ed amministrativi della nostra regione nei mesi successivi alla battaglia di Castelfidardo.
STEFANO ORAZI (Cagli, 1964), laureato in Lettere Moderne ed in Filosofia presso l’Università degli Studi di Urbino, dal 1992 è presidente del Comitato di Pesaro e Urbino dell’Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano. È inoltre socio della Deputazione di Storia Patria per le Marche. Insegna Filosofia e Storia al Liceo Classico “Raffaello” di Urbino. E’ autore di due biografie: Angelo Celli (1857-1814), Roma, Bulzoni, 1993 e Paolo Cappa (1888-1956), Urbino, Quattroventi, 1995 e di numerosi altri studi sempre legati alla storia politica e sociale delle Marche.
Per il Comitato di Pesaro e Urbino dell’Istituto per la Storia del Risorgimento italiano ha curato i volumi: Miscellanea di studi per il bicentenario della nascita di Giuseppe Mazzini (2006), con altri, I mille volti di Garibaldi (2007) e Ripensare Garibaldi. Studi dal bicentenario della nascita (2009).

31 gennaio 2011 Salvatore STROCCHIA

"Gli anni del drago".
Le attività dell'Arma dei Carabinieri per la tutela del patrimonio culturale.

Nelle Marche, dal 19 giugno 2006, è attivo il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Ancona che ha come competenza areale l’intera Regione.
Il reparto è ubicato in via Pio II, palazzo Bonarelli, nel cuore del centro storico del capoluogo marchigiano ed è significativamente prospiciente l’Anfiteatro Romano.
Fino a tale data le Marche rientravano nella competenza territoriale del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Bologna ma l’importanza archeologica, storica ed artistica della Regione, le sue immense ricchezze culturali e l’esigenza di contrastare, in maniera più adeguata, i reati ai danni dello specifico settore, hanno spinto il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, in sinergia col Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ad istituire un nuovo presidio dell’organizzazione specializzata dell’Arma a cui è affidata la tutela del patrimonio culturale.
Il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Ancona si è aggiunto agli altri 11 Nuclei territoriali alle dipendenze del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale con sede in Roma.
Il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Ancona ha una consistenza organica di dieci militari, alle dipendenze di un Ufficiale, ed opera in stretto collegamento ed interazione con le Soprintendenze del Mi.B.A.C. presenti sul territorio marchigiano.
Le attività di competenza del Nucleo consistono in indagini su furti di beni culturali (ai danni di edifici pubblici, istituti religiosi ed abitazioni private) controllo di siti archeologici terrestri e marini; controllo di beni paesaggistici; controlli amministrativi agli esercizi antiquariati, fiere e mercatini di antiquariato; attività di contrasto alla commercializzazione di opere d’arte contraffatte; consultazione ed aggiornamento della Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti.
Il Nucleo CC. T.P.C. di Ancona, come tutte le articolazioni del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, opera in stretto collegamento ed interazione con gli organi periferici del Mi.B.A.C., vale a dire la Direzione Regionale e le Soprintendenze locali. Fondamentale è la collaborazione con l'organizzazione territoriale dell'Arma dei Carabinieri che, grazie alla sua peculiare capillarità, rafforza le capacità info-operative del Nucleo su tutto il territorio regionale. Non meno importante è la collaborazione con il Nucleo Elicotteri Carabinieri, nella prevenzione e repressione dei trafugamenti di reperti dai siti archeologici e nel controllo dei beni paesaggistici. Di grande rilievo sono inoltre i rapporti con le Autorità Ecclesiastiche, in virtù della ricchezza del patrimonio culturale posseduto dagli istituti religiosi.
Assolutamente degna di nota è la Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti, prevista dall'art. 65 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, denominata Sistema Leonardo e gestita dalla Sezione Elaborazione Dati. Tale strumento, di elevatissimo valore tecnologico, rappresenta, infatti, un avanzato sistema di catalogazione dei beni culturali sottratti nonchè di analisi degli specifici fenomeni criminosi. Il Sistema Leonardo, un cui estratto è raggiungibile anche attraverso il sito www.carabinieri.it, è costantemente alimentato dal flusso di informazioni raccolte dalle Forze di Polizia - nazionali ed estere - raggruppate in tre categorie principali: eventi, beni culturali e persone. Il Comando, con l’apporto dell’Istituto Centrale del Catalogo e della Documentazione e in conformità agli standard UNESCO, ha realizzato una scheda preventiva denominata "Documento dell’opera d’arte - OBJECT ID", che il cittadino può utilizzare per costruirsi un archivio fotografico privato fondamentale in caso di furto, infatti un’opera rubata, preventivamente catalogata e fotografata, può essere recuperata più facilmente rispetto ad un oggetto sconosciuto.
Cap. Salvatore STROCCHIA (*)
(*) Il Capitano Salvatore STROCCHIA, è i Comandante del Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) di Ancona.

27 gennaio 2011 LEONE PANTALEONI

LE MAGIE LUDOLINGUISTICHE DI 'LEONE DA CAGLI'
Tradizionale appuntamento con il celebre concittadino enigmista

Carducci permettendo, può capovolgersi il noto incipit in 't'odio empia vacca'? Può stravolgersi la nota avvertenza in 'se il sintomo persiste insultare il medico'? Davvero i romani erano divisi fra patrizi e playboy? Non è curioso che a riposizionare vocali e consonanti, da Sabrina Ferilli s'ottiene 'rifarsi bellina' e da Fausto Bertinotti 'si è fatto bruttino'? Abracadabra, effervescentemente, irrigidibilissimi, contropropongono e cuccurucù non sono lunghe parole, eppure ciascuna formata da un solo tipo di vocale? E se anche Ebe, Ada, Anna e Otto godono di tale peculiarità, non è forse vero che Gualtiero, Aurelio, Eustachio, Gaudenzio e Piergustavo le vocali le hanno invece tutte? Si direbbe mai che 'Alle carte t'alleni nella tetra cella' è frase che si legge allo stesso modo anche all'incontrario proprio come 'E poi Martina lavava l'anitra miope' e 'I topi non avevano nipoti'? Prendete la frase inglese 'The quick brown fox jumps over the lazy dog' (la svelta volpe bruna salta sopra il cane prigro). Avreste sospettato che essa contiene tutte e 26 le lettere dell'alfabeto, al punto che è universalmente usata per il controllo delle tastiere? Ora pigliate il brano simil-poetico 'Se speri, stolto sognator sarai, / somaro stimerannoti se studi; / sol sarai saggio, se sonanti scudi / sagace, sempre, spendere saprai (specie se sùbito)'. Quanti secondi vi ci sono voluti per accorgervi che è composto di 22 parole che cominciano tutte e 22 per esse?
In tale Eden di giochi di parole, non è forse un caso, allora, che le lettere dello pseudonimo 'Leone da Cagli' si ridispongano in un paradisiaco 'Angelica lode'.


Leone Pantaleoni, nominato nel febbraio scorso Cagliese dell'anno 2010, e, tre mesi dopo, annoverato tra i premiati del Circolo della Stampa Pesarese.

24 gennaio 2011 CARLO MIGANI

(pagina in costruzione)
La fine di un regno: aspetti della cultura e della società napoletana nel 1861.

20 gennaio 2011 PAOLO ERCOLANI

La società dello spettacolo. L'uomo e la tecnica nell'epoca di internet.
L’incontro verterà sulla nuova epoca, una vera e propria rivoluzione, aperta dall’avvento della “Società in Rete”. In particolar modo si discuteranno gli effetti che le nuove tecnologie hanno prodotto sull’uomo, sulla democrazia e sulla società in genere. A partire dalle fascinose e profetiche intuizioni messe su carta da Guy Debord in quel capolavoro che è stato “La società dello spettacolo”, si cercherà di comprendere cosa è cambiato per il mondo umano con l’avvento di un’epoca che sembra mettere la tecnica al centro del proprio sistema, quanto gli individui siano più liberi e più informati o quanto invece possano essere più facilmente manipolabili e dirigibili.
Fino alla tesi finale, la più forte e provocatoria: Internet è il nuovo Dio, il sogno realizzato da parte dell’uomo di essere egli stesso artefice di una divinità terrena e perfettamente controllabile, che gli concede finalmente quell’onnipotenza cui, da essere finito e limitato, ha sempre aspirato. Una sorta di Ybris dei giorni nostri, dagli effetti molteplici e tuttora imprevedibili. Anche perché, questo è il nerbo della questione, bisogna capire quanto effettivamente questo “nuovo” Dio sia nelle mani dell’uomo o, invece, si sia reso indipendente e stia trasformando l’essere umano in uno strumento per la sua evoluzione incessante volta alla creazione di un mondo in cui l’uomo smetterà di essere il centro pulsante.
In tutto questo, bisognerà capire il ruolo giocato dal vero “ospite inquietante” della nostra epoca: l’economia. Mai come oggi in grado di invadere e pervadere ogni aspetto dell’essere umano e, proprio grazie alle nuove tecnologie medianiche, persino quella sfera intima e domestica che, diceva McLuhan, neppure i regimi totalitari di Hitler e Stalin erano stati in grado di raggiungere e manipolare.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

G. Debord: la società dello spettacolo
M. McLuhan: Gli strumenti del comunicare
M. Castells: La nascita della società in rete
J. Rifkin: L’era dell’accesso
P. Wallace: La psicologia di Internet
I. Kant: Critica della ragion pura
G. Le Bon: Psicologia delle folle
S. Freud: Il disagio della civiltà
K. Marx: Grundrisse
G. Anders: L’uomo è antiquato I e II
P. Ercolani: System Error
C. Formenti: CybersovietU. Eco: Apocalittici e integrati
Paolo Ercolani (Roma, 1972). Allievo di Domenico Losurdo, svolge attività di ricerca ed insegna materie filosofiche e sociologiche presso l’Università di Urbino “Carlo Bo”. Da anni si occupa di storia contemporanea, di confronto tra le principali tradizioni filosofico-politiche e di teoria dei nuovi media. E’ autore di volumi che hanno suscitato un vivace dibattito in ambito nazionale e internazionale su Hayek (“Il Novecento negato”), su Tocqueville (“Un ateo liberale”) e sull’età di Internet (“System Error. La morte dell’uomo nell’era dei media”), oltre a numerosissimi saggi sulle principali riviste scientifiche di ambito filosofico. E’ iscritto all’Ordine nazionale dei giornalisti ed è redattore di “Critica liberale” e “Critica marxista”. E’ di ritorno da un tour nelle principali Università europee in cui ha avuto modo di confrontarsi con alcuni dei massimi studiosi sulla nuova epoca aperta dalla nascita della “Società in Rete”.

17 gennaio 2011 GIACINTA CHIAPPINI

(pagina in costruzione)

"Il quartiere Coppedè, un'isola di originalità architettonica nella Roma del primo novecento".
E’ una Roma insolita quella di cui andremo oggi alla scoperta, una Roma poco conosciuta, ma, non per questo, meno affascinante.Faremo un percorso nel Liberty romano per ammirare le più significative testimonianze di questo stile.
Villino Ximenes
In particolare visiteremo il “Villino XIMENES”, la “Casina delle Civette”, e il “Quartiere Coppedé”, definito un quartiere da favola, la Disneyland primo ‘900, un gigantesco castello di sabbia in cemento.
Casina delle civette
E’, comunque, veramente un’isola di originalità architettonica, forse discutibile, ma da vedere e da coglierne l’aspetto fiabesco e onirico.

Giacinta Chiappini è nata a Civitanova Marche (MC). A seguito della prematura perdita del padre, alla tenera età di due anni, assieme a sua madre, venne a vivere a Cagli, dove lo zio, Achille Chiappini, all’epoca, prestava servizio nella locale Caserma dei Carabinieri con il grado di maresciallo. Andò ad abitare nella casa di Maria Vivani, soprannominata “Maria del Disegno” perché disegnava corredi, capi di abbigliamento, ecc. Così divenne cagliese, ed ancora abita la stessa casa che Maria Vivani, in seguito, le lasciò in eredità.A Cagli ha frequentato le scuole elementari e medie, poi è andata in Urbino per frequentare l’Istituto Magistrale; lì ha alloggiato presso il collegio “Laura Battiferri” gestito dalle suore “Maestre Pie Venerini” e nel 1962 si è diplomata.
Per guadagnare qualcosa e, soprattutto, per poter preparare l’esame di concorso seguendo le lezioni di un professore pesarese, andò a lavorare come istruttrice nel collegio “Zandonai” di Padre Damiani a Pesaro. Furono tre anni duri, difficili ma anche proficui, perché finalmente, nel 1967, vinse il concorso magistrale ed entrò di ruolo.
Ha insegnato per alcuni anni in frazioni dei Comuni di Cagli e di Acqualagna, poi, dal 1979, a Cagli capoluogo, fino al 1999, quando è andata in pensione.
Cattolica praticante ed impegnata in parrocchia, da anni è catechista e fa parte di alcune associazioni di volontariato. E’ anche “priora” del “Terz’ordine domenicano” di Cagli.
Ha molti hobby (troppi, dice lei). Soprattutto ama leggere e viaggiare; ha visitato tantissime nazioni europee ed extraeuropee. Adora i paesi del Medio Oriente che descrive“caldi, con le loro atmosfere, la loro confusione, i loro colori; Israele, la Giordania, la Libia, il Marocco, la Tunisia, mi sono entrati veramente nel cuore, per non parlare dell’Egitto con la sua affascinante civiltà”. Forse è una questione di geni, di DNA, essendo sua madre nata a Tunisi da genitori siciliani.
La città che comunque ama di più è Roma dove risiedono le sue due nipoti che lei definisce “splendide”, che ama molto e di cui è orgogliosa. La grande, Guglielmina, insegnante di lettere in un istituto tecnico; l’altra, Maria Grazia, medico, dirige il reparto di emodialisi presso l’Ospedale “Fate bene fratelli”, sull’Isola Tiberina. Con loro, o qualche volta da sola, va sempre in giro per Roma alla ricerca di luoghi “insoliti”, “particolari”, poco conosciuti, lontani dai consueti giri turistici.
Da quando è in pensione frequenta l’UNILIT e collabora molto attivamente.

13 gennaio 2011 NINEL DONINI

LA CASA DENTRO: DIFFICOLTA' DI SVINCOLO


In un ambiente sociale, piccolo e grande che sia, troppo spesso invaso dalla forza organizzata e aggressiva delle corporazioni, tra le cui volontà si barcamena uno Stato non sempre accorto, i giovani si scoprono sempre di più un soggetto debole, senza protezione né punti di riferimento, al di fuori di quelli famigliari (per chi ha la fortuna di disporne). Parlano di se stessi come di "dimenticati". E a ragione, perché sentono, confusamente, ma sentono, che non appena si esce dalla cerchia ristretta della famiglia, qualcosa si è spezzato nel legame "naturale" fra le generazioni, sotto la pressione di ondate di egoismo sociale, convergenti solo verso la compe­tizione esasperata e lacerante fra gruppi e categorie, senza altri orizzonti al di là della tutela e dell'accrescimento di vantaggi immediati. E un pericolo li sovrasta: che essi interpretino il legame generazionale come una specie di vincolo di categoria e che al pari degli adulti che hanno di fronte, si considerino come corporazione fra le tante in lotta, alla ricerca di vantaggi contingenti: prove più facili, studi meno severi, picco­li automatismi di privilegi e di carriera.
E’ una trappola pericolosa, è necessario raf­forzare i legami sociali, elevare lo spirito di solidarietà e tolleranza, favo­rire la crescita democratica, la lealtà verso le istituzioni, stimolare i pro­cessi di integrazione personale e sociale.
L’uscita dalla scuola rappresenta poi per i giovani un momento di cambiamento radicale verso l’autonomia e l’indipendenza dalla famiglia. Questo incide profondamente nell’organizzazione della vita quotidiana, sia che essi scelgano di inserirsi immediatamente nell’ambiente lavorativo, sia che decidano prima di intraprendere un percorso di studi universitari. In questo periodo i giovani si trovano a dover effettuare delle scelte sempre più selettive, che andranno progressivamente a definire l’assetto del loro futuro.
I giovani che entrano nel mondo del lavoro si inseriscono in un ambiente complicato, con molte sfaccettature e spesso privo di tutele. Per questo risulta fondamentale la trasmissione di informazioni necessarie che permettano di operare scelte libere e consapevoli per la loro carriera, tramite la divulgazione delle regole che disciplinano il settore lavorativo.
La carriera universitaria per altro verso, oltre a essere un validissimo strumento di preparazione al futuro lavorativo del giovane, è anche soprattutto un’occasione di partecipazione e di arricchimento personale, purtroppo frequentemente sottovalutata nella sua portata formativa perché non conosciuta a fondo.
L’ingresso all’università, comporta spesso per gli studenti la prima esperienza di vita autonoma dalla famiglia. Lo stesso avviene per i giovani lavoratori che, acquisendo un’indipendenza economica, presto o tardi si allontaneranno dalla famiglia d’origine. I giovani si confrontano così per la prima volta con i vari aspetti della quotidianità: l’affitto di una casa e l’acquisto di beni di prima e seconda necessità, di cui prima si occupavano i genitori.
Sempre più frequente è poi il caso degli studenti che lavorano part-time per potersi pagare gli studi o soddisfare altre esigenze personali.
I giovani sono soggetti sociali deboli a causa della loro scarsità di esperienze; d’altra parte sono anche coloro che permettono alla società di svilupparsi, che apportano innovazione ed entusiasmo se inseriti nell’ambito giusto. Non bisogna disperdere quest’energia, ma al contrario incentivarla ed indirizzarla nella miglior direzione, fornendo le conoscenze necessarie per tutelare la loro posizione svantaggiata, sviluppare le loro potenzialità ed incoraggiare una partecipazione sociale attiva.
Il percorso di autonomia che i giovani debbono attuare per diventare adulti, è quindi un processo lungo e difficile e possono avvenire incidenti di percorso, cioè i giovani possono dovere affrontare situazioni di disagio. I genitori debbono aiutare i figli a raggiungere l'obbiettivo dell'autonomia. E' difficile anche per i genitori "separarsi" dai figli, la psicoterapia sistemica offre un aiuto.


Ninel Donini, cagliese, è stata docente di Lettere per molti anni presso gli Istituti superiori di I e II grado fino al primo settembre 2003.
Laureata in Psicologia, si è recentemente specializzata in Psicoterapia Sistemico-Relazionale.
Coltiva un appassionato interesse per la politica. Ha ricoperto numerosi incarichi istituzionali. E’ stata Consigliere provinciale della Provincia di Pesaro e Urbino e Capogruppo dal 1975 al 1990, Assessore provinciale alla Sanità dal 1978 al 1980, Consigliere regionale e Capogruppo dal 1995 al 2000.
Organizza eventi di poesie e come critico letterario ha recensito numerosi testi di poesie ed ha presentato nuovi e famosi poeti.
E’ impegnata come relatrice in numerose iniziative culturali.
Nel 2003 ha pubblicato un libro di poesie “Note a margine”.

10 gennaio 2011 SERGIO CASTELLUCCI

Bioetica e persona. Nuove problematiche dei nostri giorni.

La Bioetica, disciplina nata circa 4 decenni fa per mettere in dialogo la scienza con l’etica e la fede, ha gradualmente catalizzato il dibattito della cultura contemporanea.


Le tecno-scienze, anche quelle più avanzate, devono costruirsi su solidi fondamenti morali. Soltanto un sapere che costruisca il suo valore sulla persona risponde in modo autentico e duraturo ai desideri più profondi dell’uomo. Aver colto che esistono le leggi fondamentali della natura è per l’intelligenza umana un motivo di orgoglio, ma deve rimanere principalmente la chiave di lettura per interpretare correttamente il libro del mondo scritto dal creatore.


Tali problematiche hanno come sfondo la vita e si muovo intorno all’uomo, alla sua dignità nella salute e nella malattia. I malati ripongono nella medicina molte speranze, che non sono un utopia, né l’attesa di un futuro irraggiungibile, bensì il presente di un futuro che fa paura, una paura che diventa un compagno quotidiano, che significa fragilità, la coscienza di perdere l’efficienza fisica, una funzione vitale o la stessa vita. Lo scienziato deve nutrire questa speranza, ma non promettere panacee, né illusorie guarigioni.

Come avrete avuto modo di leggere le poche note, a prefazione di questa mia lettura, avrete capito che ci troviamo di fronte a delle problematiche molto importanti e nello stesso tempo difficili da valutare. Perché sono molto importanti? lo sono perché riguardano tanti aspetti della nostra vita, del nostro esistere: del nascere, del vivere, del morire. Sono nello stesso tempo molto difficili da trattare, perché ci troviamo di fronte a tante sensibilità ed ognuno, si può porre nei confronti delle problematiche in maniera differente, con orientamenti diversi tanto che anche governi, varie associazioni mondiali, si sono sentite in dovere di legiferare in materia, dare delle precise direttive, sui tanti temi considerati eticamente sensibili. Noi che ci professiamo cattolici, abbiamo un importante faro che può guidarci nel pensiero della chiesa, che sarà naturalmente presente nelle mie valutazioni anche con citazioni di diverse encicliche papali, pur sapendo, come dicevo prima che in materia ci sono sensibilità e comportamenti differenti, sempre rispettabili. E’ proprio per alcune peculiarità della materia, sono stato molto incerto se parlarne oggi insieme a voi, ma poi, visto che si tratta per lo più dei problemi dell’uomo d’oggi, ho pensato che sia importante chiarire certi concetti, rendere accessibili a tutti alcune definizioni, come poi vedremo. Il mondo scientifico, in questo secolo, detto secolo breve per la densità dei suoi avvenimenti, delle molteplici scoperte, a posto l’umanità di fronte a problematiche nuove. L’utopia dogmatica di una scienza senza vincoli morali, che deve rendere conto unicamente a se stessa ed in cui tutto ciò è tecnicamente possibile, può essere attuato, è entrata profondamente in crisi. Dopo anni di indiscutibili successi e conquiste, la medicina si è arrogata un delirio di quasi onnipotenza che, negando la finitudine e la morte, ha ingenerato sentimenti controversi suscitando al contempo speranze, inquietudine e sgomento. In questo contensto culturale è nata negli anni 70 un nuova disciplina, la BIOETICA.
Come vedremo sono nate diverse scuole bioetiche che fanno riferimento a orientamenti filosofici diversi. Comunque soprattutto per noi cattolici, l’unica bioetica è quella centrata sulla persona, che certo pur non rinnegando le qualità della vita, ne afferma nello stesso tempo la sua inviolabilità e indisponibilità. Ad ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, và riconosciuta la dignità di persona quindi, persona e bioetica devono rappresentare un binomio inscindibile in grado di superare i pregiudizi, i particolarismi, i confini ideologici, culturali,religiosi. Vediamo prima di tutto come si è passati dall’etica medica alla bioetica. Il giuramento di Ippocrate formulato nel 430 a.C (per noi è il fondatore della medicina) è divenuto un riferimento insostituibile per la corretta gestione della salute, fino ai nostri giorni. Con Ippocrate, l’azione medica è diventata un vero e proprio ministero che impegna a curare, purificando e santificando, con animo pieno di misericordia e umanità. Il cristianesimo conferì universalità all’etica Ippocratica. Esemplare fu l’atteggiamento di Gesù nei confronti dei malati (quante guarigioni miracolose ci raccontano i vangeli). Eloquente la parabola del buon samaritano in cui primeggia la compassione, la solidarietà disponibile a soccorrere tutte le esigenze dell’uomo ferito e bisognoso di aiuto. Il cristianesimo portò quindi una significativa svolta della professione medica invitando a impostarla verso il prossimo, con uno sguardo attento alle esigenze integrali del paziente, con un atteggiamento di profonda carità e condivisione. Fu poi determinante per lo sviluppo della scienza medica il contributo scientifico degli arabi, vi sembrerà strano ma è cosi. Il persiano Avicenna (anno 1000 circa) con la sua celebre opera “ Il canone della medicina” fu il riferimento medico fino al 1700. In Italia fu la scuola di Salerno, definita la più nota corrente di pensiero scientifico e di formazione medica del medioevo. Poi nella professione medica si affermarono nuovi concetti, come lo spirito liberale che invitò sempre più apertamente, a vedere nel malato una persona, pienamente autonoma, atta a decidere della sua salute e della sua vita, fino al socialismo, che rifiutando l’esaltazione dell’individualismo, esigeva la creazione di un sistema statale gratuito, capace di garantire ad ogni cittadino l’integrale assistenza sanitaria. Questa indicazione fu accolta dalla quasi totalità dei paesi europei dai primi decenni del secolo scorso. L’assisenza sanitaria diventò sempre più un diritto esigibile dallo stato, investito del ruolo di galante della salute e del benessere pubblico ed entrarono così in funzione i cosiddetti servizi sanitari nazionali. Purtroppo un limite a questo orientamento, era dato dalle effettive disponibilità dello stato. Negli ultimi decenni con il continuo sviluppo della tecnica medica, prolungando la vita dei malati cronici, si ebbe un esplosione dei costi sanitari e cominciarono, politici ed economisti, a prestare particolare attenzione al rispetto della proporzione costi-benefici. Proprio in rapporto alle norme sviluppo delle conoscenze in campo scientifico, soprattutto della biologia, è comparso negli anni 70 per la prima volta il termine bioetica cioè, la nascita di una nuova scienza, che facesse da ponte tra il sapere biologico (bio) ed i valori umani (etica). Voglio ricordare solo alcune delle pietre miliari che hanno segnato i progressi della medicina dopo la seconda guerra mondiale.
1953
scoperta della struttura a doppia elica del DNA che consente di raggiungere le radici della propria identità biologica. Il DNA è diventato cosi la propria carta di identità biologica, una diversa dall’altra.
1954
esordio delle tecniche di rianimazione attraverso le quali si modifica il decorso di alcune malattie, rendendo in qualche modo più labile il confine tra la vita e la morte.
1955
primo lavoro scientifico sui trapianti di rene.
1959
primi tentativi riusciti di fecondazione animale in vitro.
1960
sperimentazione allargata della pillola anticoncezionale su 3000 donne portoricane. Pensate come questa scoperta, una semplice pillola, abbiamo modificato i comportamenti sessuali delle persone come la programmazione delle nascite.
1967
primo trapianto di cuore umano.
E’ di quest’anno vedremo poi le applicazioni, il premio nobel per la medicina al dottor Ewards che ha reso possibile la fecondazione umana in provetta e pensate che con questa tecnica sono nati oltre 4 milioni di bimbi. La bioetica diventa così un progetto normativo per un buon uso delle scienze della vita o meglio lo studio sistematico della condotta umana nell’ambito delle scienze sulla vita e della salute esaminata alla luce di valori e principi morali. Emergono così 4 ambiti di competenza della bioetica:
1) problemi etici legati alle professioni sanitarie
2) quelli emergenti nell’ambito delle ricerche sull’uomo
3) problemi sociali correlati alle politiche sanitarie
4) problemi relativi all’intervento sulla vita degli altri essere umani.
Quindi la bioetica si è affermata come disciplina accademica. La prima cattedra di bioetica istituita in Spagna (1975) poi in Francia, Belgio e Londra. Nel 1983 si è costituita in Italia la prima cattedra di bioetica affidata ad un nostro conterraneo (Don Elio Sgreccia) ora nominato cardinale nell’ultimo concistoro presso l’università cattolica di Roma, la cui bioetica è caratterizzata da un pensiero filosofico che riconosce il valore centrale della persona umana quale punto di riferimento essenziale per rispondere alle nuove problematiche emerse nel contesto del progresso scientifico-tecnologico. Voglio sottolineare questa definizione che sta alla base della bioetica dal punto di vista cattolico che si differenza da altri approcci che fanno riferimento a principi diversi. Uno è l’approccio UTILITARISTA che garantisce rispetto e tutela alla vita solo nella misura in cui il soggetto abbia una esperienza di vita più piacevole che spiacevole per cui se la vita diventa insopportabile si può anche toglierla. C’è poi la versione detta CONTRATTUALISTICA, che pone dei limiti nel essere soggetti morali, per cui ci si potrebbe infatti trovare nella situazione di chi non fa ancora parte della comunità morale civile (embrione) o in quella di chi non fa più parte della stessa (cerebro leso) cioè pazienti in coma per trauma cranico o per accidenti cardiovascolari. La differenza essenziale tra questi orientamenti e quello della chiesa cattolica, è che per la chiesa, c’è identità tra persona ed essere umano:concetto che va applicato a tutte le fasi della vita umana, dal concepimento alla morte celebrale totale. L’essere umano è persona in virtù della sua natura razionale, non diventa persona o cessa di esserlo in forza del possesso attuale o della perdita di certe proprietà. Ripeto per tanto, dai principi che guidano la bioetica ne derivano scelte diverse per cui per esempio secondo una bioetica contrattualistica la tutela della vita non è garantita come dicevo prima a chi non fa ancora parte (embrione) o non fa più parte (cerebro leso) della comunità morale civile. Vediamo appunto l’apporto del magistero cattolico alla bioetica. Anche se come detto precedentemente, il termine bioetica è comparso negli anni 70, già Pio XII ebbe ad esprimersi in maniera meravigliosa come risposta da dare agli interrogativi sollevati dalle applicazioni tecnologiche in campo biomedico. A nessuna categoria Pio XII ha rivolto la sua parola ed il suo insegnamento quanto ai medici. Pensate che negli ultimi mesi della sua vita rivolse ad esse 4 discorsi e questo certamente perché comprese il valore e la funzione che i medici hanno per l’individuo, per la famiglia, per la società. Volendo rintracciare un filo conduttore in Pio XII, possiamo identificarlo nella LEGGE NATURALE quale riflesso della legge divina: l’uomo deve cercare in se stesso, nella sua natura le indicazioni per l’agire morale, ed in questa ricerca l’uomo ritrova il riflesso del disegno di Dio sull’umanità. I discorsi ai medici di Pio XII costituisco ancora oggi una autorevole “ Summa” della dottrina cristiana specialmente della morale applicata alla medicina alla chirurgia ed altre discipline collaterali. Pio XII penetrò nell’animo dei medici con metodologia che ha del prodigioso cioè quella di mettersi nel loro piano tecnico-scientifico, nei più svariati settori della medicina e della chirurgia fino a possedere, non sol tanto l’esattezza nell’impostazione dei problemi di fondo, ma anche nell’uso della terminologia più moderna e progredita. Basta rileggere l’insegnamento morale e religioso sul metodo del parto indolore, le risposte ai quesiti posti dagli anestesisti sulla possibilità dell’uso degli antidolorifici, sulla leicità di usare i narcotici per l’attenuazione del dolore sapendo che il loro uso probabilmente si accompagna con l’accorciamento della vita, le risposte esaurienti e precise circa la reanimazione. Paolo VI con l’enciclica “ Humane vitae” documento fondamentale sulla procreazione responsabile e Papa Giovanni Paolo II con l’enciclica “ Evangelium vitae” sono intervenute un maniera esplicativa sull’insegnamento in materia di bioetica e sempre richiamando i comportamenti etici, come rispetto assoluto ed incondizionato della persona umana, della sua dignità e dei sui diritti, dal concepimento della vita alla sua fine naturale. Come vi sarete accorti ricorre spesso questo concetto fondamentale a cui fa riferimento la bioetica cristiana, ma tenetelo ben presente come si differenzia da altre valutazioni che conducono poi, a ben diversi comportamenti.
Vediamo ora le diverse problematiche in cui la bioetica è necessariamente coinvolta cominciando da quelle di inizio della vita.
La scienza offre chiare indicazioni su quando un organismo umano inizia ad esistere e si sviluppa. E’ parere unanime dei biologi che la cellula fecondata è già caratterizzata da un distintivo patrimonio genetico umano che è capace, attraverso una continua e graduale attività molecolare a costituire un organismo umano completo ed è parere unanime dei biologi che la cellula fecondata appartiene alla natura umana, per via delle caratteristiche del suo DNA, che resterà identico per tutta la durata del progressivo viluppo biologico di quell’organismo. Nel documento del 1987 dell’allora cardinal Ratzinger ora papa, “Donum vitae” nel primo capitolo dedicato al rispetto dovuto all’embrione umano riferendosi ai dati della biologia prima enunciati, sostiene che l’essere umano va rispettato e trattato come una persona, fin dal suo concepimento e per tanto da quello stesso momento gli si devono riconoscere i diritti della persona tra i quali anzi tutto il diritto inviolabile di ogni essere umano innocente, alla vita. Ma alcuni autori, tralasciando i dati della biologia, hanno concentrato la loro attenzione sull’inserimento sociale del nuovo individuo. L’embrione, in questo contesto non è ritenuto un valore in sé, ma acquista dignità grazie all’accoglienza delle persone che lo desiderano ed accolgono (ricordate la teoria contrattualistica della bioetica cui accennavamo prima). Ed in questo contesto, i vari stati hanno legiferato, non attribuendo all’embrione dignità di persona e quindi consentendo legalmente la possibilità di abortire. La legislazione italiana presenta una situazione direi un po’ paradossale. La famosa 194 “Norme per la tutela sociale della maternità e sulla interruzione volontaria della gravidanza” recita all’articolo 1: “Lo stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità, e tutela la vita umana dal suo inizio, ma indica successivamente molti casi in cui è possibile abortire. Quindi come potete intuire ragioni più disparate consento l’interruzione volontaria della gravidanza e ciò è naturalmente la conseguenza del diverso valore attribuito all’embrione umano. Secondo la chiese invece c’è il dovere morale di trattare l’embrione umano sin dalla fecondazione con lo stesso rispetto e tutela, che si devono adottare nei confronti degli individui umani, cui si attribuisce comunemente la caratteristica di persone. In questi ultimi tempi avrete anche voi sentito parlare dell’introduzione dell’aborto chimico, con l’utilizzo della pillola RU486, un potente antiormone che interrompe l’annidamento dell’embrione nell’utero. Dopo 3 giorni, si somministra una seconda sostanza (misoprostol) che induce le contrazioni e provoca l’espulsione dell’embrione. Poiché la procedura, non è esente da complicanze, la somministrazione dovrebbe avvenire in ambiente ospedaliero. Non pochi comunque vorrebbero che l’aborto chimico per ridurre i costi potesse essere sganciato dalla struttura ospedaliera, e lasciare sempre più la donna sola con il suo aborto. Comunque la si pensi, l’atto abortivo può diventare una strada apparentemente facile ma di fatto impervia e dannosa che mina profondamente la società, ammettendo pericolose e non responsabili scorciatoie anziché favorire l’impegno ad una corretta educazione alla sessualità, alla prevenzione delle patologie e dalla costante assistenza sanitaria nei casi difficili. Abbiamo detto come la tecnica ai nostri giorni abbia fatto passi da gigante, a invaso tutti gli ambiti della civiltà e nel suo procedere sembra voler riformare e modificare le condizioni generali del’esistenza. Emblematico segno di queste novità, è l’ingegneria genetica. Mendel (monaco agostiniano e biologo vissuto nel 1822) osservando i piselli che coltivava nel suo orto a Brno, scopri i segreti dell’ereditarietà ma solo molti anni dopo si comprese che costituivano le leggi fondamentali della genetica. Nel 1956 si individuarono i 46 cromosomi umani, che sono la struttura portante del materiale genetico. Negli anni 70 si provvide alla mappatura del genoma umano. Ora detto in maniera semplice queste scoperte, permetteranno di intervenire sulle cellule somatiche (costitutive del corpo di un organismo) sulle cellule germinali (cioè gamete maschile e femminile) sulle cellule embrionali e voi non potete immaginare quante sperimentazioni si portano avanti, tanto che comitati a livello internazionale come anche l ‘Unesco hanno sentito il dovere di mettere dei paletti alle sperimentazioni selvagge, seguendo severe linee guida, con la convinzione che il patrimonio genetico umano non possa essere alterato per soddisfare il desiderio di coppie smaniose di avere figli con determinate caratteristiche somatiche o per assecondare progetti fantascientifici di creazioni del superuomo o dell’essere sub-umano (incrocio uomo animale) da sfruttare per le potenziali capacità lavorative. E’ invece lecito compiere interventi, finalizzati a curare malattie genetiche umane, perché la finalità di questi interventi non è quello di alterare il patrimonio genetico del soggetto ma anzi di ripristinarne la piena integrità ed in questi termini si è espresso il documento DONUM VITAE della congregazione per la dottrina della fede. Avrete seguito il mese scorso, la maratona televisiva che si rinnova da diversi anni per raccogliere fondi da devolvere alla ricerca sulle malattie genetiche (theleton) si per prevenire certe malattie che curale ed in quest’ottica la ricerca è importantissima e da promuovere con ogni mezzo.
Veniamo alla sperimentazione sugli embrioni umani. E’ lecita la sperimentazione pur che si verificano 3 condizioni:
1) certezza di non nuocere all’integrità dell’embrione
2) consenso informato e libero dei genitori
3) finalità scientifiche altrimenti non raggiungibili per il vero bene dell’embrione stesso.
Sarebbe possibile per esempio sostituire un gene malato con uno sano. La diagnosi prenatale può essere effettuata su embrione e feto, al fine di evidenziare patologie di natura genetiche e mal formativa. Per esempio madri che hanno già partorito un figlio con la sindrome di DOWN (mongoloide) e altre malattie genetiche che non sto ad elencarvi. E’ di alcune settimane fa, la notizia, che negli Stati Uniti, un istituto di ricerca ha avviato la prima sperimentazione sull’uomo, con l’utilizzo di cellule staminali provenienti da embrioni. Gli scienziati sperano di riuscire a far camminare persone bloccate su di una sedia a rotelle a causa di un trauma della colonna vertebrale. Se uno di questi pazienti si alzerà dalla carrozzina e camminerà, come affronteremo questo evento dal punto di vista etico? E’ giusto utilizzare le cellule staminali embrionali per tentare di curare malattie come l’Alzheimer il Parkinson o la Paraplegia? Tali cellule andrebbero prelevate da embrioni esistenti congelati nelle cliniche per l’infertilità e che magari forse non saranno mai utilizzati. Siamo ancora alle prime fasi della sperimentazione ma pensate quale problema etico si pone se attribuiamo all’embrione la dignità di persona. Comunque a tutt’oggi poi si pensa che anche cellule non provenienti per forza da embrioni, possono essere impiegate come eccellenti risultati (come quelle prelevate dal sangue del cordone ombelicale o a anche da cellule somatiche). La legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita, all’art. 13, permette la ricerca clinica sull’embrione, solo con finalità terapeutiche e diagnostiche ma vieta ogni forma di manipolazione ed alterazione del patrimonio genetico e dal’altra parte oggi la scienze offre diverse indagini per la diagnosi prenatale dal più semplice meno invasivo esame come l’ecografia, al dosaggio nel serio materno di 3 marcatori biochimici fino ad esami più complessi ed invasivi ma pericolosi per il feto, tanto da determinarne l’aborto. Che fare nel momento in cui si evidenzia un feto con gravi anomalie. Per esempio i tribunali nord americani, hanno più volte ratificato, che mettere al mondo un figlio, con insoddisfacente qualità di vita, significa fargli un torto. Allo stesso modo la pesano i tribunali francesi. Da noi, importante è che i genitori siano edotti sulle effettive capacità del nascituro, spettando poi a loro, la decisione di interrompere una gravidanza non desiderata a causa delle patologie riscontrabili nel concepito. Particolarmente vantaggiosa poi sembra essere la diagnosi prematrimoniale, per evitare il rischio che 2 portatori di patologie geniche possono procreare figli con la malattia conclamata. Un campo importante è quando l’analisi genetica è applicata per esempio per l’attribuzione della paternità ed in ambito forense, per individuare il colpevole analizzando le tracce del DNA lasciate sul luogo del delitto (diritto falcone). Un altro argomento oggi molto di moda in cui la bioetica deve esprimersi chiaramente è la procreazione medicalmente assistita.Sappiamo come non poter aver figli determini nella coppia vere difficoltà in quanto il problema è spesso vissuto con un frustante senso di fallimento ed è fonte di logoranti tensioni. Oggi la medicina tecniche chirurgiche di microchirurgia facilitano a risolvere il problema per il 70% dei casi. Al restante 30% si suggerisce spesso il ricorso alla fecondazione artificiale e qui i ginecologi si sono sbizzarriti: pensate ci sono 25 tecniche diverse. Vi dico semplicemente che l’inseminazione artificiale prevede prima l’induzione e il monitoraggio dell’ovulazione nella donna, la raccolta dello sperma, ed il suo trasferimento nelle vie genitali femminili. Può essere omologa cioè con gameti provenienti dalla coppia, o eterologa cioè con almeno un gamete proveniente da un donatore. Secondo Don Sgreccia, l’omologa non presenta in generale, controindicazioni o difficoltà di ordine morale, finché si tratta di un aiuto terapeutico o integrativo a far sì che l’atto coniugale completo in tutte le sue componenti, possono avere effetto procreativo. In Italia la legge 40 vieta il ricorso a tecniche di tipo eterologo, impedisce il congelamento e la soppressione degli embrioni, limita la possibilità di sottoporsi alla procreazione assistita, alle coppie maggiorenni, di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertili, entrambi viventi, con l’illeicità dell’impianto in utero di un numero di embrioni superiore a 3 e questo in riferimento al metodo oggi molto noto denominato FIVET (fertilizzazione in provetta) che appunto prevede il prelievo dei gameti, che potrebbero essere anche al di fuori della coppia, la conservazione degli embrioni in liquido di cultura per 24-60 ore e il loro conseguente trasferimento nel corpo della madre. Questo metodo si può usare anche in donne in cui la capacità produttiva è molto ridotta (abbiamo sentito parlare delle nonne madri, è recente il caso della rock star Nannini che ha avuto una bimba a 54 anni). Fare riferimento all’utero in affitto (Elton John). Comunque in alcuni paesi il metodo è consentito, si possono congelare embrioni, ed utilizzarli per scopi di ricerca come se fossero semplice materiale biologico. Tutto questo contrasta con i nostri principi di bioetica cristiana che ci ricorda come il reciproco dono d’amore sponsale, di un uomo e di una donna rappresenti l’unico contesto degno, per il costituirsi di una nuova vita. Ma recentemente, come avevo detto è stato conferito il premio nobel per la medicina al prof Edwards, inventore della fecondazione assistita. Le tecniche per far nascere un bimbo in provetta, servono ad una coppia con problemi di sterilità, ma permettono anche di individuare alcune malattie fin dai primi stadi dello sviluppo dell’embrione, prima del suo impianto nel’utero materno. Pur sottolineando il concetto di bellezza e priorità di una gravidanza naturale, si potrebbe immaginare, dico per assurdo, che un giorno, gli esseri umani si orienteranno in massa verso una riproduzione in provetta, per avere la certezza di mettere al mondo dei figli sani. In questo caso per ora diciamo ipotetico,l’atto sessuale potrebbe progressivamente essere del tutto separato dalla procreazione. Immaginate a pensare solamente questa eventualità e quindi comprenderete come siano importanti i principi della bioetica cristiana, valori che la chiesa definisce non negoziabili come appunto il rispetto della vita dal suo nascere al sua fine naturale.
Parliamo ora di un'altra possibilità tecnica oggi possibile, cioè della clonazione. Il termine deriva dal greco “klon” che significa germoglio. In biologia la clonazione, è la possibilità di duplicare il patrimonio genetico di una struttura molecolare, creando due individualità biologiche identiche, senza ricorrere all’incontro e dalla fusione di cellule germinali maschili e femminili. La clonazione di vegetali ed animali risulta accettabile, se finalizzata al benessere dell’uomo. Cosi si potrebbe favorire l’abbattimento dei costi di produzione, il miglioramento delle qualità ortofrutticole, la riproduzione di razze pregiate d’allevamento ed evitare l’estinzione di razze rare. Il 27 febbraio del 1997 si è ARRIVATI come molti di voi ricorderanno, per clonazione alla famosa pecora Dolly. Naturalmente i biologi hanno pensato, manco a dirlo, alla clonazione umana (film i ragazzi venuti dal brasile) ma è chiaro che come stabilito nella dichiarazione delle nazioni unite sulla clonazione anche l’enciclica Donum Vitae si prestò ad affermare che “i tentativi o le ipotesi volte a ottenere un essere umano senza alcuna connessione con la sessualità sono da considerare contrarie alla morale in quanto contrastano con la dignità sia della procreazione umana, sia dell’unione coniugale”. E poi al dilà dei concetti etici la clonazione umana, potrebbe veramente mettere in crisi gli equilibri fondati sulla diversità biologica provocando conseguenze molto pericolose per le generazioni future.
Altro campo importante in cui si evidenziano problemi etici è quello dei trapianti d’organo. Il termine trapianto, come sapete, indica l’operazione chirurgica con la quale si inserisce nell’organismo di un paziente, un organo o un tessuto prelevato da un cadavere o da un donatore vivente. Si è sperimentato anche il trapianto da animale, quando nel 1984 fu trapiantato ad una bambina un cuore di scimmia: purtroppo l’altissimo rischi di rigetto a fatto abbandonare questo tipo di sperimentazione. Oggi è possibile la donazione di organi (per es: rene, cuore, polmoni, ) di tessuti ( osso, pelle, sangue) di cellule ( midollo osseo, staminali) .Ecco alcune date storiche della trapiantologia:1900 si scoprirono i gruppi sanguigni1902 un chirurgo francese (Cattel) adotto una tecnica capace di collegare con una sutura i vasi sanguigni. Iniziarono cosi i primi trapianti sugli animali. Durante la seconda guerra mondiale in Inghilterra fecero la prima sperimentazione di innesti cutanei su alcune persone gravemente ustionate durante i bombardamenti di Londra.1946 primo trapianto di rene ad una donna affetta da insufficienza renale acuta e per la prima volta il rene venne sistemato, come si fa ancora oggi nella fossa iliaca.Negli anni 60 si dimostrò che il fallimento dei trapianti era di origine immunologica cioè l’organismo non riconosce l’organo trapiantato e dopo un po lo rigetta. 1963 primo trapianto di fegato (in Colorado) da donatore cadavere su di un bambino di 3 anni e attuale mento questo tipo di trapianto è condotto anche da donatore vivente, perché si è scoperto che è sufficiente trapiantare una parte di organo (normalmente la parte) che in breve tempo si rigenererà, ricostituendo l’organo intero. (supplizio di Tantalo). 1963 primo trapianto di polmone 1967 Barnard in Sud Africa esegui il primo trapianto di cuore 1979 si introdusse la ciclosporina (che poi è un antibiotico) capace di controllare il rigetto dell’organo estraneo, che cosi rivoluzionò la storia dei trapianti aumentando il successo ed il numero degli interventi.C’è chi ha proposto la donazione con ricompensa (attualmente è legale in Brasile, Egitto, India) notando che l’incentivo favorisce la disponibilità d’organi, ma si possono avanzare diverse critiche morali. Preoccupa la tendenza a mercificare il corpo, e sembra negativo lo sfruttamento dei poveri, facili donatori per contingenze economiche. La donazione degli organi, secondo la chiesa è meritoria ed in Italia è regolata da particolari leggi sia il trapianto da cadavere e da vivente. I trapianti da vivente, sono atti grandemente meritori, legittimati dal principio di solidarietà che unisce gli esseri umani e dalla carità che dispone al dono, verso i fratelli sofferenti. Ma se la donazione del sangue (altamente riconosciuta la validità dell’associazione AVIS) , del midollo osseo, non pongono problemi, per altre donazioni (vedi rene) debbono esserci particolari requisiti. La lesione che subisce il donatore, deve essere tollerabile e ragionevole. Si dovrà accertare una discreta possibilità di riuscita dell’intervento, affinché il danno subito dal donatore, sia proporzionato al vantaggio reale sulla vita del beneficiario. Il gesto della donazione deve scaturire dalla libera scelta del donatore e la cessione di un organo deve avvenire a titolo gratuito, evitando qualsiasi forma di speculazione. Non sarebbero eticamente giustificati, trapianti di cervello, di organi genitali, in quanto il ricevente mettiamo che ciò fosse possibile manterrebbe l’identità del donare (diventerebbe un'altra persona). Anche per il trapianto di mani, va valutata la psicologia del paziente, per capire se potrà vivere serenamente con le mani di un’altra persona. Le percezioni tattili, vengono elaborate dal nostro cervello, che non riconosce quelle di un'altra mano per cui l’arto trapiantato ha più che altro un valore estetico meglio di una protesi. Il primo trapianto di mano avvenne nel 1998 ed ebbe successo ma il ricevente si fece togliere l’arto poco dopo perché evidentemente non sentiva quella mano sua. Per il trapianto da cadavere c’è tutta una procedura complessa che vi risparmio rimanendo comunque sa tutti accettato il criterio secondo cui la morte si identifica con l’assenza di riposte agli stimoli, di respirazione spontanea come elettroencefalogramma piatto.In alcuni comuni come Roma nelle nuove carte di identità verrà scritto se uno accetta a donare i proprio organi in caso di morte improvvisa. Ora per legge vuole il consenso dei familiari ( fare riferimento al caso Fulvi deceduto a 48 anni).
Ma il momento per cui la vita volge al termine ha imposto un pressante dibattito sulle questioni bioetiche della medicina. Il progresso scientifico e tecnologico ed il conseguente utilizzo di farmaci efficaci e di apparecchiature sempre più complesse, permettono di dare speranza e vita nei casi più critici. (fare riferimento a Borgonovo) Per tanto si aprono scenari inquietanti in cui ci sono stati vegetativi persistenti e la bioetica di fine vita coinvolge inevitabilmente tutte le scelte mediche, che vanno dall’accanimento, all’abbandono terapeutico, dall’eutanasia, alle cure palliative, suscitando dilemmi etici deontologici, e clamorosa risonanza mediatica (vedi caso Englaro, Welby).Accanimento terapeutico. Il codice di deontologia medica, definisce l’accanimento terapeutico come l’ostinazione in trattamenti da cui non si possa fondatamente ottenere un beneficio per il paziente o un miglioramento della qualità di vita. Si è quindi in presenza di accanimento, quando si vuole prolungare la vita con ogni mezzo, senza che ci sia una speranza concreta di guarigione anche se per i familiari la speranza è l’ultima a morire. Due parole sull’eutanasia. Oggi si sta consolidando il principio di autonomia del singolo individuo che spesso rifiuta la spiritualità e la trascendenza, e che pensa non possibile vivere la morte e dare significato al dolore. Il termine eutanasia deriva dal greco ( Eu = bene, buono. Thanatos = morte) per cui assume il significato di morte dolce lieve. Quindi nell’accezione corrente per eutanasia si intende un’azione o omissione che di natura sua o nelle intenzioni procura la morte allo scopo di eliminare il dolore, o ancora l’uccisone diretta e volontaria di un paziente terminale o su sua richiesta. Olanda, Belgio ed altri paesi hanno approvato una legge che permette la legalizzazione dell’eutanasia. Il kit eutanasico è in vendita per una manciata di euro in farmacia dietro semplice prescrizione medica. Per noi è un aberrazione, ma tant’è in una società in cui impera la medicina dei desideri, che promette sicuro benessere fisico, psichico e sociale è sempre più vivo il tabu della morte: tutto ciò che crea dolore deve essere nascosto, annullato e rimosso. L’etica medica, impone invece di valorizzare le cure palliative che si pongono tra l’accanimento terapeutico e l’eutanasia. Nella medicina moderna, scrive Giovanni Paolo II vanno acquistando rilievo particolare le cosiddette cure palliative , destinate a rendere più sopportabile la sofferenza nella fase finale della malattia e ad assicurare al tempo stesso al paziente un adeguato accompagnamento umano. Anche quando la scienza, non può più nulla non significa abbandonare il malato e in questi casi si fa appunto riferimento al termine latino “pallium” cioè mantello volendo significare che anche in questa fase occorre avvolgere il malato di tutto l’amore, l’accompagnamento e le cure necessarie. Quindi per cure palliative si intendono quei trattamenti a favore dei pazienti affetti da malattie ritenute inguaribili, finalizzati al controllo dei sintomi specialmente il dolore più che alla patologia di base. E’ chiaro che per questo occorre tutta una organizzazione supportata da un equipe naturalmente multidisciplinare, composta cioè da medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali, sacerdoti, ma anche volontari, quindi le cure palliative, costituiscono una espressione profonda nel percorso di umanizzazione della medicina, come risposta ad una richiesta drammatica e sempre crescente di eutanasia e dobbiamo dire che l’eutanasia legalizzata è un sistema per sfuggire all’approccio delle cure palliative che richiedono mezzi economici, personale specializzato, tempo e formazione adeguata. Due parole per un altro ed ultimo argomento di cui sentiamo parlare spesso: il testamento biologico. E’ chiaro che la scienza medica, le nuove tecnologie se da un lato hanno prolungato le aspettative di vita, dall’altro hanno generato problematiche relative alla cronicizzazione delle malattie, e da questioni inerenti alle fasi cosiddette “terminali” dell’esistenza ed in quest’ottica si è sentita l’esigenza di disciplinare adeguatamente le condizioni “estreme” della vita proprio per evitare i pericoli dell’accanimento terapeutico, che l’incalzante sviluppo tecnologico rende sempre più possibile. Il caso di Eluana Englaro e di Welby hanno ulteriormente favorito la discussione sul testamento biologico che si identifica in un documento con il quale una persona dotata di piena capacità, esprime la sua volontà circa i trattamenti ai quali desidererebbe essere sottoposta nel caso in cui nel decorso di una malattia o a causa di traumi improvvisi non fosse più in grado di esprimere il proprio consenso o il proprio dissenso informato. Ha una durata di 3-5 anni dopo di che deve essere nuovamente confermato. L’interessato, nomina un tutore, come interprete della sua volontà circa le cure accettate o le eventuali modalità della propria morte.Il testamento biologico è regolato da apposite leggi in diversi paesi ma la sua promozione viene quasi sempre fatta dai sostenitori dell’eutanasia. Il codice di deontologia medica all’art 17 invita il medico a non assecondare disposizioni del malato atte a favorirne la morte. Va da sé che la dottrina cattolica, in merito è una guida per la bioetica e per gli operatori sanitari, e nel evangelium vitae, Giovanni Paolo II ribadisce che l’eutanasia è una grave violazione alla legge di Dio, in quanto uccisione deliberata, moralmente inaccettabile di una vita umana.Vedete quanto il problema sia grande e coinvolga le coscienze. In questi giorni anche il governo Italiano dovrà esprimersi su questi temi.
Sulla bioetica si sono scritti volumi e volumi, si sono estituite cattedre universitarie e io ho cercato di semplificare al massimo i vari momenti in cui la bioetica deve intervenire e di rendere più comprensibili a tutti certe problematiche ma credetemi, non è stato facile. E’ chiaro che per formazione il sottoscritto si sente vicino all’insegnamento della chiesa ma questo non significa che non ci siano opinioni ed interpretazioni diverse vedi per esempio sui metodi anticoncezionali, sull’aborto, sulla fecondazione assistita, o su altre problematiche come sulla fine della vita. Tanti paesi hanno interpretato la bioetica e legiferato in modo da consentire alcune scelte, altre invece no. I problemi sono tanti interessano alla vita di ognuno di noi e siccome l’uomo è nato libero ognuno fa le sue scelte pur rimanendo logicamente all’interno della legalità.
Ma per concludere consentitemi una divagazione in certo senso poetica, ma che comunque ha un preciso riferimento con una delle cose accennate in questa relazione (coma celebrale) non so chi di voi ha letto il bellissimo libro di Socci: Caterina-Diario di un padre nella tempesta. Chi è Socci. Chi è Caterina. Caduta in coma celebrale dopo un arresto cardiaco a 10 giorni dalla discussione della tesi in architettura il 22 settembre 1999. L’arresto cardiaco si è protratto per più di un ora con conseguenze devastanti per il suo cervello. Dopo mesi primi segni di risveglio. Ricoverata nella casa di risveglio di Bologna i genitori le fanno ascoltare la registrazione di una canzone che Caterina cantava come voce solista nel coro dell’università di Firenze nel corso di una novena alla Madonna, si intitola Oios de cielo (occhi di cielo). C’è come il presagio di quello che sarebbe accaduto e il grido di Caterina che sia la vergine a risvegliarla e riportarla alla vita. Sentendo la sua voce Caterina sorride quindi comprende e migliora continuamente. Ecco in questi versi direi concludendo davvero c’è la fede e la speranza con cui noi tutti dovremmo guardare la nostra vita perché nonostante le tante brutture che ci propina come diceva Benigni “la vita è bella”.
Sergio Castellucci
Il dott. Sergio Castellucci, originario di Piobbico, vive a Cagli da quando iniziò ed esercitare la professione di medico nel lontano 1963. Laureatosi a Perugia nel 1962, ha conseguito, sempre a Perugia, la specializzazione in chirurgia generale nel 1969; in seguito, nel 1971 a Bologna, si è specializzato in urologia. Contemporaneamente, dal 1963, operava presso il nostro Ospedale Civile “A. Celli”, al fianco del compianto dott. Serse Pieretti, prima come assistente ed in seguito come “aiuto”. Conseguita nel 1973 l’idoneità nazionale di primario di chirurgia, nel 1975 ne assunse l’incarico presso l’ospedale di Cagli, esercitando ininterrottamente fino al 2004. Ben ventimila sono gli interventi effettuati dal dott. Castellucci durante la sua attività che gli ha procurato profonda stima e sincera riconoscenza da parte dei pazienti, dei collaboratori e di tutta la cittadinanza. Merito del dott. Castellucci è anche la creazione, nell’ambito del reparto di chirurgia dell’ospedale “A. Celli”, del modulo di urologia, diretto dal dott. Paolo Salsiccia, a servizio del bacino comprendente gli ospedali di Cagli, Sassocorvaro e Urbino. E’ autore di numerose pubblicazioni di chirurgia generale apparse in diverse riviste specializzate.