21 marzo 2013 Stefano PAPETTI

Sala del Ridotto.
In occasione delle giornate del FAI di primavera, con il patrocinio del Comune di Cagli e con la partecipazione del FAI provinciale:




"Un protagonista del Seicento europeo, Carlo Maratta".
Come è diventata ormai consuetudine l'UNILIT di Cagli anche quest'anno anticipa le Giornate del FAI di primavera ospitando nella Sala del Ridotto del Teatro Comunale il Prof. Stefano Papetti, storico dell'arte nonché direttore della Pinacoteca di Ascoli Piceno, notoriamente legato al FAI. L'occasione sarà per un approfondimento su Carlo Maratta, pittore cameranese, del quale si vuole celebrare il terzo centenario della morte, avvenuta a Roma nel 1713, con la mostra di  prossima presentazione ad Osimo dal 29 giugno al 15 dicembre intitolata "Da Rubens a Maratta".

18 marzo 2013 Alessandro MARCHI

Rinascimento adriatico: le Arti del Quattrocento fra Marche e Dalmazia.

Ascolta le registrazioni:


Stefano COTRONEO




Nato a Roma, attualmente resiede a Corridonia (Macerata). Laureato in Economia e Commercio all'Università di Napoli, è stato per undici anni impiegato alla Banca dell'Agricoltura di Firenze. Poi ha iniziato l'attività di antiquariato come esperto di oreficerie antiche. Successivamente titolare di agenzia di viaggi a Firenze, specializzata in viaggi storico artistici, con gruppi da lui costituiti ed accompagnati. Dal 1988 ha insegnato storia dell'arredamento, storia dell'arte e storia in generale alle libere Università di San Severino, San Ginesio, Porto San Giorgio, Tolentino, Macerata, Cagli, Fermignano ed Ancona dove è titolare della cattedra di storia dell'arredamento da 21 anni. Attualmente è incaricato dell'inventario dei beni mobili del Comune di Corridonia .

 

11 marzo 2013 Stefano COTRONEO

I tesori dell'UNESCO: le residenze reali dei Savoia.

  Borgo Castello di La Mandria

                         Castello di Agliè

                     Castello di Govone

               Castello di Moncallieri

                  Castello di Racconigi

                         Castello di Rivoli

  Palazzina di caccia di Stupinigi

                     Reggia di Valcasotto

                                Venaria Reale

                          Villa della Regina

14 marzo 2013 dom Salvatore FRIGERIO

L'etica in Genesi 1 – 3


Gli esuli in Babilonia
Nel 598 a.C. Nabucodonosor decise di punire severamente Joaqim che si era ribellato alla signoria babilonese e assediò Gerusalemme. La città fu presa e il re deportato a Babilonia con la famiglia, il seguito e i più alti funzionari. Il tesoro del tempio fu preso come bottino, come pure gli altri oggetti di valore che si trovavano a Gerusalemme. Anche gli artigiani di Gerusalemme e l'aristocrazia militare del paese furono deportati (2Re 24,12-16).
A Babilonia già vivevano i Giudei deportati nel 598 e 597 a.C., i quali rimasero uniti fra loro e fedeli alle tradizioni del proprio passato, a eccezione di alcuni elementi isolati che furono assorbiti dal nuovo ambiente. Le numerose notizie che possediamo sul gruppo babilonese mostrano che esso continuò a coltivare le tradizioni dei padri.
Dal libro di Ezechiele apprendiamo alcune notizie sulla vita dei deportati a Babilonia durante il primo periodo dell'esilio. Il profeta fu condotto a Babilonia nella seconda deportazione del 587 a.C. e il suo libro fu scritto in quella particolare situazione di cui subì l'influsso. Esso costituisce una fonte d'informazione sul modo di vivere dei deportati, non considerati "prigionieri" ma sudditi trasferiti per forza. Essi avevano libertà d'azione nella vita quotidiana, pur essendo sottoposti a lavori obbligatori. Avevano le loro borgate, nella quali "abitavano" (Ez 3,15); potevano costruire case, piantare giardini e mangiarne i frutti, sposarsi e sposare i propri figli (Ger 29,5s.). Il libro di Ezechiele riguarda soprattutto i deportati che vivevano nella regione del "fiume Kebar" (Ez 1, 1.3), uno dei canali che attraversavano il terreno alluvionale del corso inferiore dell'Eufrate e del Tigri, irrigandone il fertile suolo. Si trattava di quelle "acque [o fiumi] di Babilonia" ricordate nel Salmo 137 (136 nella Vulgata).
1 deportati potevano tenere adunanze e lo facevano volentieri, quando qualcuno di loro voleva comunicare qualcosa, magari cantando (cfr. Ez 33,30-33). Essi si sentivano degli estranei in quel nuovo paese che era per loro una terra "straniera" (Sal 137,4), una terra "impura" (cfr. Ez 4,13), dove cioè non potevano praticare il loro culto che, secondo la legge deuteronomica, era legato all'antica patria e in modo particolare al luogo santo di Gerusalemme. Perciò i loro pensieri si volgevano con nostalgia a quella città che non potevano dimenticare (Sal 137,5s.).
Per gli esuli, che non potevano celebrare le feste religiose, acquistarono allora importanza certe usanze tradizionali che divennero un simbolo della loro unione con il passato e con le tribù rimaste nell'antica patria e, nello stesso tempo, un segno distintivo della loro comune origine. Tali usanze non erano legate a un culto vero e proprio, solennemente e rigidamente organizzato, e fino allora erano state praticate senza attribuir loro una particolare importanza. L'osservanza del sabato, cioè di un giorno di riposo (di festa) ogni sette, era un uso antichissimo del quale non conosciamo esattamente l'origine e il primitivo significato. Per i deportati quell'osservanza significò fare professione dell'antica fede e distinguersi dagli stranieri che li circondavano. Infatti il sabato non era per se stesso un giorno di festa da celebrare con cerimonie religiose, ma un "giorno tabù" qualsiasi che si poteva onorare anche senza funzioni religiose. Il libro di Ezechiele parla ripetutamente dei "sabati di Jhw" come "segno (dell'unità) tra Jhw e i suoi fedeli"; segni che si doveva "considerarli sacri" e non "profanarli" (20,12ss.; 22,8.26; 23,38).
In quella situazione acquistò un'analoga importanza anche l'uso della circoncisione, che tuttavia non è menzionato nel libro di Ezechiele e perciò divenne importante solo più tardi. Nel mondo siro­palestinese, come pure in Egitto, la circoncisione era una consuetudine generale, solo i Filistei erano considerati stranieri nei paesi dell'antico Israele perché "incirconcisi". Dunque la circoncisione non poteva essere un segno distintivo. In Mesopotamia questo uso era invece completamente sconosciuto e perciò poteva e doveva diventare un "segno del patto fra me (Jhw) e voi" (Gen 17,11). Quindi la circoncisione, non una pratica cultuale in senso stretto e non legata a un particolare luogo di culto, acquistò per i deportati quel significato che in seguito ebbe anche fuori dalla loro cerchia. Con il tempo il gruppo esiliato esercitò anche in questo un notevole influsso di grande valore per l'intero Israele.
"Sabato" e "circoncisione" diventeranno nella parte più recente ed elaborata del Pentateuco, vale a dire nel "Codice sacerdotale" o più significativamente "Codice babilonese", segni messi in relazione con la "creazione" (il primo in Gn 2,3) e con la "Alleanza" fra Jhw e Abramo (il secondo in Gn17,1 1), fondamentali per la storia d'Israele.
Inoltre altre riflessioni profetiche elaborate in quella condizione di deportazione e di spogliazione da tutte le strutture sacrali del Tempio, approfondirono il rapporto con Jhw, con la sua identità e con quella dello stesso Israele.
Il profeta Ezechiele (10,18-22; 11,1-25) in una pagina fondamentale del suo libro *'racconta" la sua grande intuizione: la Schekinà, la Presenza del Dio d'Israele abbandonava il Tempio uscendo "dalla porta verso oriente". Jhw si liberava dal monopolio del Tempio che lo teneva "rinchiuso" e seguiva il suo popolo deportato in Oriente. Dio tornò a essere nomade come nel deserto del Sinai, addirittura "deportato" con il suo popolo: non era dunque legato alla terra ed era presente dove risiedeva il popolo che lo invocava. Per invocarlo lontano dalla terra e dal Tempio di Gerusalemme non c'èra più bisogno di avere con sé il classico sacchetto della propria terra: Egli era ovunque lo si invocasse. Possiamo affermare che in quella situazione di "spogliazione" fu posto il germe della sinagoga", dove si ascolta la Parola, si invoca, si loda, si ringrazia il Santo d'Israele senza bisogno di immolazioni e di sacerdoti che immolano animali. Assai significativo è il canto di Azaria in Dan 3,34-40: "...Ora non abbiamo più né principe, né capo, né profeta, né olocausto, né sacrificio, né oblazione né incenso, né luogo per presentarti le primizie e trovare misericordia: Ricevici dunque col cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausto di arieti e di tori, come migliaia di grassi agnelli. Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te, e sia gradito al tuo cospetto perché non rimangano confusi quelli che confidano in Te..."
Altra intuizione, che possiamo definire la più importante per tutta la storia d'Israele, è quella riguardante l'identità stessa del Santo (Kadosh) d'Israele. Il ritorno suddetto alle antiche tradizioni e in particolare a quelle Orali permise di constatare che ogni intervento del Santo era un atto creativo, sia per quanto riguardava le singole persone, sia per quanto coinvolgeva il popolo. Il Pentateuco fisserà nelle sue pagine questa attività creatrice del Santo d'Israele: cambio dei nomi ai Patriarchi (significava ricreare la persona nella sua identità: Gen 17,5.15; 32,29; cfr.41,45), intervento su un manipolo di schiavi fuggiti dall'Egitto per crearne un popolo (Es da 14,15ss) ... Se dunque l'agire del Santo era il creare, significava che Egli non poteva più essere considerato un "figlio" del Demiurgo creatore, ma il Creatore stesso, l'Elohim ( il Nome è plurale di hel che significa "forza vitale").
Ciò comportò a sua volta altre considerazioni fondanti l'identità d'Israele. Anzitutto si chiesero per quale motivo avveniva questo nuovo modo di rivelarsi di Dio proprio a un popolo che non era più tale come nazione, disperso tra una potenza straniera e soprattutto pagana, vittima di un'assoluta impotenza. Quale "vocazione" poteva sottendere quella "rivelazione"? Ez 39 afferma che tutti i popoli, guardando e considerando la storia d'Israele "vedranno al giustizia compiuta" da Dio, il quale dimostrerà la sua santità al cospetto della moltitudine dei popoli. La vocazione di Israele stava dunque nella sua storia intesa quale archetipo della storia universale, rivelatrice della signoria di Dio su tutta la creazione. Di conseguenza la "preistoria d'Israele" non partì più dalla Tradizione Orale di Abramo, riletta dai sapienti di Salomone, ma venne fatta risalire alla Creazione stessa: lì erano le radici dell'umanità e le radici di Israele. Lì la storia d'Israele è diventata "tipo" della storia umana.
La tradizione antica, riletta anche con gli strumenti culturali acquisiti dalla lunga permanenza in Babilonia, e dall'insegnamento dei profeti anche pre-esilici dei quali era vivo il ricordo, viene organizzata letterariamente con la metodologia midrashica del trasmettere i messaggi per mezzo dell'efficacia delle immagini il cui compito è quello di interpretare, di investigare, di interrogare.
Da tutto questo, dopo il ritorno dall'esilio, sono nati i libri del "Pentateuco" che insieme al precedente Deuteronomio, hanno costituito la vera e propria Torah, la raccolta dei cinque Libri considerati "la Legge" di Israele, la Torah.
I "racconti" della Creazione
Rientrato Israele nella sua Terra (dal 538 a.C.) per merito del Persiano Ciro il Grande che aveva conquistato Babilonia e il suo regno nel 539 a.C., si dedicò alla riorganizzazione dalla vita secondo l'uso persiano. Pochissime sono le notizie sulla storia d'Israele per il mezzo secolo successivo alla consacrazione del nuovo tempio. Fu un lungo periodo di difficoltà che risultano dai libri di Esdra e di Neemia. La ricostituzione del sacerdozio non portò a un rinnovamento efficace della decaduta organizzazione dell'antico Israele, o a una sua sostituzione con nuovi ordinamenti. Fondamentalmente era ancora in vigore la legge deuteronomica, però essa non era una legge dello stato ma un patto vincolante fra Dio e il popolo, indipendente dai mutamenti politici. Ci fu un progetto di riorganizzazione che venne ideato nella cerchia dei primi ritornati da Babilonia, fatto che è stato annesso al libro del profeta Ezechiele, redatto un quella cerchia (Ez 40-48).
Comunque la situazione era ben poco lieta, come dimostra la raccolta di profezie che è stata tramandata sotto il nome improprio di "Malachia" e che si fa risalire al periodo che intercorre fra il compimento del tempio e la comparsa non contemporanea di Esdra e Neemia.
Neemia, coppiere del re babilonese Artaserse I, fu inviato da questi a Gerusalemme con l'incarico di Governatore per avviare l'opera di organizzazione sociale e politica di Israele. Solo più tardi, verso la fine del regno di Artaserse, giunse a Gerusalemme il sacerdote Esdra con l'incarico di redigere le leggi necessarie per ridare al popolo una nuova struttura religiosa rigorosa, tale da preservare Israele da nuove tendenze idolatriche.
Fu dunque proprio dai deportati a Babilonia che venne l'impulso verso una riorganizzazione della vita. Essi, nell'ambiente straniero, come abbiamo visto, avevano continuato ad attenersi alla tradizione dei loro padri con maggior rigore delle tribù rimaste in patria senza un ordinamento efficace.
La tradizione orale dell'esodo dall'Egitto e la stessa crisi babilonese sono divenute i due poli del "racconto" della storia umana. Israele era stato "creato" come popolo nel deserto sinaitico; era stato posto in una terra "dove scorre latte e miele"; lì ha incontrato il mito cananeo del Giovane Dio della fertilità, rappresentato dall'immagine fallica del "serpente"; lungo la sua permanenza in quella terra, Israele è caduto nell'idolatria di quel Bahal, dimenticando la legge mosaica che fungeva anche da collante sociale e politico, oltre che religioso, e divenne facile preda dell'Egizio, dell'Assiro e infine del Babilonese che lo condusse "fuori" dalla Terra "dove scorre latte e miele", cacciato tra "triboli e spine". Tutto questo, arricchito dall'insegnamento dei profeti pre-esilici e di quelli partecipi della deportazione, è diventato il "racconto" simbolico, midrashico, della Creazione. Esso si compone di due "codici" detti "Sacerdotale"o "Babilonese" il primo (Gn 1-2,3) e "Codice Jawista" il secondo (Gn 2,4-3,24). La loro denominazione deriva appunto dalle culture condivise o comunque incontrate lungo il cammino storico percorso dall'anfizionia a Babilonia, passando dall'Egitto e dalle tradizioni dei popoli situ-palestinesi coinvolti dal regno davidico-salomonico. Miti e riti appresi dall'incontro con quelle culture vennero considerati parte del cammino di un'unica storia tesa al compimento di se stessa secondo il progetto del Creatore. Perciò incontriamo quelle "immagini" quali "racconti" della storia d'Israele, una storia che tutte le raccoglie e le orienta verso la "Gerusalemme messianica". Significativo il testo di Zaccaria (8,20-23):"Così dice il Signore delle Schiere: "Avverrà che popoli e abitanti di numerose città si raduneranno e si diranno a vicenda: orsù andiamo a supplicare la faccia del Signore, ... , così popoli numerosi e nazioni potenti verranno a Gerusalemme a consultare il Signore delle Schiere, ..., In quei giorni dieci uomini di tutte le lingue e di tutte le genti s'attaccheranno al talet del giudeo e gli diranno: Vogliamo venire con voi, perché abbiamo compreso che Dio è con voi". Siamo nell'anno secondo del regno di Dario, nel 520 a.C. Quando la riflessione teologica di Israele sta elaborando i libri che costituiranno il Pentateuco.

Iniziamo la lettura del "Codice Presbiterale" o "Babilonese" (Codice P).
Genesi 1,1-31 : "Bereshjtbarà Elohim etashamajmWeetxeres" 
1 Ha principiato Elohim a creare i cieli e la terra.
2 E la terra era nel caos, e la tenebra ricopriva l'abisso,ma il respiro di Elohjm [il Creatore] fecondava le acque.
3 Elohjm ha parlato: "Vi sia la luce E la luce esiste.
4 Elohim ammira la luce e grida.- quale bellezza!
5 Elohjm separa la luce dalla tenebra: grida alla  Luce: "giorno!". Alla tenebra aveva gridato: "notte/". Ed è sera ed è mattina: primo giorno.
6 Elohjm ha parlato: "vi sarà un firmamento tra le acque per separare le acque dalle acque
7 Elohjm ha fatto il firmamento. Esso separa le acque che sono sotto il firmamento da quelle che sono sopra il firmamento. E così avviene.
8 Elohjm grida al firmamento: "cieli! Ed è sera ed è mattina: secondo giorno.
9 Elohjm ha parlato: "le acque sopra i cieli si raccoglieranno in un solo luogo e apparirà l'asciutto E così avviene.
10 Elohim grida all'asciutto: "terra! al raggruppamento delle acque aveva gridato.- "mari! Elohim ammira e grida: quale bellezza!
11 Elohjm ha parlato: " la terra produrrà germogli, erbe che semineranno semi, alberi fruttiferi di varie specie che produrranno frutti dai quali verranno semi sulla terra
12 E così avviene.
Elohim ammira e grida.- quale bellezza!
13 Ed è sera ed è mattina: terzo giorno.
14 Elohim ha parlato: "vi saranno luci nel firmamento dei cieli, per separare il giorno dalla notte.
Essi sono i segni per le feste religiose, i giorni e gli anni.
15 Sono luci nel firmamento dei cieli per illuminare la terra. E così avviene.
16 Elohjm crea i due grandi luminari,
i1 grande luminare per governare il giorno,
il piccolo luminare per governare la notte e le stelle.
17 Elohjm li dona al firmamento dei cieli per illuminare la terra,
18 per governare il giorno e la notte, e per separare la luce dalle tenebre. Elohjm ammira e grida: quale bellezza!
19   Ed è sera ed è mattina: quarto giorno.
20 Elohjm ha parlato: "Le acque brulicheranno d'esseri viventi, volatili voleranno sulla terra, davanti al firmamento dei cielC.
21 Elohjm ha creato i grandi cetacei, tutti gli esseri viventi di cui brulicano le acque, secondo le loro specie, e tutti i volatili secondo la loro specie.
Elohjm ammira: quale bellezza!
22 Elohjm li benedice dicendo:
"Siate fecondi, moltiplicatevi, popolate le acque dei mari, i volatili si moltiplicheranno sulla terra".
23 Ed è sera ed è mattina: quinto giorno.
24 Elohjm ha parlato: "La terra farà sortire ogni essere vivente secondo la sua specie, armento e rettile, ogni essere vivente secondo la sua specie
E così avviene.
25 Elohjm ha fatto ogni vivente dalla terra secondo la propria specie,
il bestiame secondo la propria specie e ogni rettile della terra secondo la propria specie. Elohjm ammira e grida: quale bellezza!
26 Elohjm ha parlato: "Noi faremo Adam,
a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza.
Essi governeranno i pesci del mare, i volatili dei cieli,
gli armenti, tutta la terra, tutti i rettili che strisciano sulla terra 27Elohjm ha creato l'Adam a sua immagine,
a immagine di Elohim lo ha creato,
maschio e femmina li ha creati.
28 Elohjm ha pronunciato su di loro la benedizione e ha detto: "Siate fecondi, moltiplicatevi, riempite la terra, percorretela. Governate i pesci del mare, i volatili dei cieli, tutti gli esseri che strisciano sulla terra ".
29 Elohjm ha parlato: "Ecco, io vi ho donato
tutta l'erba che produce seme sulla faccia della terra
e ogni albero con il suo frutto che produce seme
sarà il vostro cibo.
30 Per tutti gli animali della terra, per tutti i volatili dei cieli, per tutti i rettili sulla terra con principio di vita,
ogni verdura sarà loro cibo
E così avviene.
31 Elohjm ammira tutto ciò che ha fatto e grida: quale intensa bellezza! E fu sera e fu mattina: sesto giorno.
Gen 2, 1-3
1 Sono così completati i cieli, la terra e tutte le loro schiere.
Elohjm completa nel settimo giorno l'opera che ha fatto
e festeggia (completa), il settimo giorno, tutto il lavoro che ha fatto.
3  Elohjm benedice il settimo giorno e lo consacra: sì, in esso egli festeggia (completa) tutto il lavoro fatto per creare.
Credo sia necessario, prima di soffermarci su singoli versetti di questo Codice Sacerdotale, considerare il testo nel suo insieme, notevolmente diverso dal successivo Codice Jahwista.
Lo facciamo riferendoci soprattutto al testo di Gerhard Von Rad (Teologia dell'Antico Testamento, Paideia Brescia, 1972).
In apertura del testo è posta l'affermazione onnicomprensiva che Elohjm ha "creato" il mondo. Il verbo barà appartiene alla terminologia teologica sacerdotale ed è usato esclusivamente per indicare la creazione divina.
A partire dalle singole opere elencate secondo la successione in ordine settenario, la creazione viene presentata come effetto della Parola imperativa del Creatore, e tale concezione domina il racconto fino al v.24 (creazione degli animali terrestri) per cedere poi il posto a qualcosa di nuovo.
L'idea che la creazione avvenga mediante la Parola è da intendere come un'interpretazione del barà iniziale. Essa è basata sull'assoluta gratuità e fecondità dell'azione creatrice di Elohjm. E' bastata la semplice espressione della sua volontà a far esistere il mondo (Elohjm ha parlato e la luce esiste). Ma se il mondo è effetto della Parola creatrice, risulta per ciò stesso ontologicamente distinto dal Creatore; esso non è né un'emanazione, né un'autorappresentazione mitica dell'essere divino e delle sue forze. L'unico elemento di rapporto fra il Creatore e la sua opera è dato dalla Parola. Inoltre se il mondo esiste in virtù della libera volontà di Elohjm, esso è suo possesso assoluto ed egli ne è il Signore. A proposito K.Barth scrive: "La creatura nella sua totalità viene quindi legata a questa viva persona divina, fatta dipendere totalmente da essa per quanto riguardava la sua esistenza e il suo essere... Divenne l'opera della parola divina, il corrispondente del suo dettato. In forma tanto primigenia, tanto intima essa fu disposta per la grazia divina. E tanto poco ebbe un luogo, dal quale potesse legittimamente sottrarsi alla grazia di Dio. Così come le si farà incontro la parola della grazia, le si farà incontro appunto la sapienza, la bontà, la forza, senza di che quella parola non sarebbe neppure. Facendosi incontro alla creatura, davvero la parola entra in ciò che è suo" ( Kirghliche Dogmatik 111/ 1).
Il rapporto in cui le singole opere della creazione si trovano con il Creatore è molto variamente graduato, cioè non è per tutte immediato in egual misura. Alla massima distanza da Elohjm, e in un rapporto teologico piuttosto imprecisabile, si trova il caos informe, baratro tenebroso invaso dalle acque. Dato il v.I, che precede, non si può dire ch'esso sia increato, preesistente all'opera del Creatore. D'altronde anche l'idea di un caos creato è difficile da precisare, poiché ciò che è creato non è caotico. Eppure la funzione teologica del v.2 nella struttura dell'insieme è particolarmente importante, perché il caos è la minaccia che grava sulla creazione. E' questa affermazione frutto dell'esperienza primordiale dell'uomo, e su di essa doveva sempre misurarsi la validità di ogni enunciato sulla dottrina della creazione: Dio ha creato il mondo dall'informe e incessantemente lo tiene sul suo stesso baratro.
Anche il giorno e la notte sono posti su piani diversi. La notte è un resto delle tenebre caotiche, simbolo di ogni crisi seppur portatrice di opportunità; il giorno, invece, è luce, parte di quella prima luce che fu la prima opera creata. Le piante si trovano con Elohjm in un rapporto quanto mai mediato, perché nascono dalla terra alla quale Elohjm ha affidato l'incarico di cooperare alla creazione. Anche gli animali sono legati direttamente alla terra, ma hanno ricevuto una benedizione speciale, che garantisce loro la fecondità per il mantenimento della specie.
Al vertice della piramide della creazione vi è l'adam, che si trova in un rapporto immediato con Elohjm, rapporto che anzi, per il suo tramite, trova anche il mondo stesso, ordinato in vista dell'adam. Egli non è stato creato, come le restanti creature, mediante la parola, ma da una particolare e solenne decisione di Elohjm, presa nella profondità del suo "cuore". Non c'è altra creatura che con tanta immediatezza richiami il Creatore stesso.
L'espressione che Elohjm abbia creato l'adam a sua immagine non chiarisce in cosa consista tale somiglianza, mentre precisa piuttosto a qual fine essa sia stata data all'adam. Ma la difficoltà per noi sta appunto in ciò, che il testo consideri sufficiente ed univoca la semplice affermazione della somiglianza divina. Si possono fare due considerazioni: le parole selem ("figura", "statua", "scultura") e dmut ("uguaglianza", "un po'come") sono riferite all'uomo intero, in quanto la seconda sottolinea l'idea della corrispondenza, della somiglianza. Perciò sono riferite all'uomo intero, seppur alludendo anche al suo essere spirituale. Il pensiero ebraico dell'adam inteso nella sua completezza di persona, allude dunque in primo luogo allo splendore della sua forma fisica, che è segno di "ornamento" "nobiltà", "maestà", "kabot" di cui il Creatore lo ha dotato. In forma più immediata Ez 28,12 parla della "bellezza perfetta" dell'adam uscito dal cuore di Dio. Per questa sua somiglianza divina l'adam è posto al di sopra di ogni altra creatura, con il compito di "governarle". Anche i grandi monarchi terreni fanno erigere la propria effige come simbolo della loro sovranità (i deportati in Babilonia avevano visto quelle "immagini e somiglianze della divinità regale" del Grande Re babilonese); i questo senso Israele ha concepito l'adam come mandatario di Dio. Essenziale alla somiglianza divina dell'adam è la sua funzione nei confronti del mondo creato: grazie a essa funzione la creazione è posta con Dio, dal quale trae origine, in un particolare rapporto di subordinazione. Tale diritto di sovranità, però, non implica ancora quello di uccidere e macellare. Nella volontà creatrice di Elohjm il nutrimento degli uomini e degli animali doveva essere vegetale. E questa è l'allusione del Codice Sacerdotale a uno stato di armonia, e dunque di pace nel mondo progettato e creato da Elohjm.
Secondo Gen 5,3 Adamo generò Set "a sua somiglianza, secondo la sua immagine". Ciò significa che l'agire dell'adam è un segno evidente dell'agire del Creatore, anche dopo il suo rifiuto edenico. Certo la storia della caduta narrerà di gravi turbamenti della natura creaturale dell'adam, ma come essi si debbano pensare in rapporto alla somiglianza divina, il P.T. non dice mai.
A questo punto viene detto esplicitamente che Elohjm ha "compiuto", ossia terminato, la sua opera creativa (Gen 2,1s.). Viene così fatta netta distinzione fra l'opera della creazione e quella di tutela con cui il Creatore mantiene e salva la sua creazione. Tuttavia egli ha completato la sua creazione col "riposo" (festa) del settimo giorno. Parlare qui di una "istituzione del sabbato" fraintenderebbe il senso del passo: infatti non vi è il minimo accenno all'obbligo di trasmettere o imporre all'uomo quel riposo. D'altro lato si tratta di cosa che non riguarda solo la divinità, che sin d'ora ha un recondito rapporto col mondo e cogli uomini, rapporto che però solo più tardi apparirà del tutto manifesto. Se Elohjm ha benedetto quel giorno di festa, esso si trova come intermedio fra lui e il mondo, come un bene salvifico di cui Israele a suo tempo godrà (si riveda quanto già detto alla pag.29). Si tratta dunque di un atto arcano, segno della benigna attenzione del Creatore verso il creato (cfr. Sir 24,5-7).
S'intende, annota Von Rad, che questa storia della creazione è strettamente legata alle nozioni cosmologiche del tempo. Non conviene, tuttavia, che l'esegeta cristiano astragga da quelle nozioni in quanto superate, come se il teologo avesse a che vedere solo con proposizioni di fede, e non con le teorie naturalistiche di Gen I. E' infatti indubbio che il resoconto della redazione intenda comunicare dottrine non solamente teologiche, ma anche riguardanti la natura. Singolare, e per noi difficile da capire, è che qui scienze naturali e teologia siano fuse armonicamente fra loro. I due discorsi non solo procedono parallelamente, ma si intersecano fra loro a tal segno, che in nessun punto di Gen 1 è possibile dire se una proposizione sia meramente scientifica (e quindi per noi irrilevante) oppure soltanto teologica. Nelle scienze naturali di allora la teologia aveva trovato appunto uno strumento perfettamente adeguato, di cui poteva giovarsi per sviluppare scientificamente certi temi – in questo caso la fede nella creazione.

Roberto MANTOVANI

Laureato  in fisica nel 1986 presso l'Università di Modena, con la tesi, "Giovanni Battista Amici e il progresso della microscopia".
Iscritto al Gruppo Nazionale del CNR di Storia Fisica (ancora membro).
1987-1988 Docente di "Storia della Fisica" presso l'Università di Bologna in un Corso per "operatori culturali" specializzati in attività museali.
1987-1989 Collaborazione con l'Istituto di Fisica e Bioingegneria (ora Istituto di Fisica) dell'Università di Urbino nel campo dell'automazione industriale e della ricerca applicata.
1988-1993 Insegnante di "Fisica sperimentale I" presso la Facoltà di Geologia all'Università di Urbino.
1989 - 1996 Registrato con l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per la realizzazione del LVD (Large Volume Detector) esperimento condotto presso i Laboratori Nazionali di "Gran Sasso".
1989-1998 Insegnante di "Laboratorio di Fisica" in una Scuola Speciale per Tecnici di Laboratorio di Analisi Biomediche (quest'anno trasformato in corso di laurea breve) all'Università di Urbino.
1991, 1993, 1996 Insegnante  di "Storia degli strumenti scientifici nei secoli 18 e 19" per un corso di specializzazione post-laurea in "techiques catalogazione e il restauro delle attrezzature tecniche dei secoli XVIII e XIX", tenutasi all'Università di Urbino.
1991-1992 Visitatore Accademico nel Dip. di Storia e Filosofia della Scienza, Università di Cambridge (UK).
1992-1994 Insegnante su "L'educazione logica e matematica" per un polivalente biennio organizzato dal Ministero Italiano della Pubblica Istruzione.
1997 Visiting Scholar presso l'Istituto Dibner per la Storia della Scienza, MIT (Cambridge), Stati Uniti d'America.
Dal 2001 Ricercatore presso il "Gabinetto di Fisica" dell'Università di Urbino

7 marzo 2013 Roberto MANTOVANI

Visita guidata al Gabinetto di fisica presso il Museo Urbinate della Scienza e della Tecnica. Le meraviglie dell'ingegno tra il XVIII e il XIX sec.

Gli strumenti dello studiolo di Federico da Montefeltro


                         ricostruzione dell'astrolabio


 Lo sviluppo delle scienze fisiche a Urbino dalle origini alla fine del XIX secolo

 ricostruzione dell'orologio meccanico a pesi

Una realtà dimenticata: il Gabinetto di Fisica dell’Università di Urbino

                          ricostruzione del clavicordo 







   macchina pneumatica a due stantuffi