19 marzo 2009 FABIANA GRILLI

“La Cooperazione Decentrata”Che cos’è lo sviluppo umano sostenibile?
Lo sviluppo è il processo sociale attraverso il quale le comunità umane organizzate cercano di dare risposta ai propri bisogni. Si qualifica come ‘umano’ se ha come obiettivo la soddisfazione equilibrata dei diversi bisogni di tutte le persone; e come ‘sostenibile’ se la soddisfazione di oggi non pregiudica quella di domani.

La cooperazione allo sviluppo
La cooperazione allo sviluppo può costituire uno strumento per mettere a punto le soluzioni innovative che devono accompagnare i processi di umanizzazione dello sviluppo. Per fare questo, però, essa deve superare i limiti che l’affliggono e che sono riconducibili ad un difetto di partecipazione effettiva della maggior parte della gente ai processi di sviluppo, difetto di partecipazione che si manifesta attraverso:
il centralismo: tutte le decisioni importanti che riguardano un gran numero di persone che vivono in aree diverse tra loro vengono prese in pochissime sedi centrali senza il coinvolgimento dei soggetti locali;
l’assistenzialismo: sono stati promossi interventi che, invece di formare capacità, alimentano la dipendenza e la passività dei beneficiari.

La cooperazione decentrata

Per cooperazione decentrata si intende un’azione di cooperazione allo sviluppo svolta dalle Autonomie locali (Regioni, Province, Comuni), singolarmente o in consorzio tra loro, attraverso il concorso delle risorse della società civile organizzata presente sul territorio (università, sindacati, ASL, associazioni, piccole e medie imprese….). Questa azione di cooperazione si realizza attraverso una sorta di partenariato con un ente omologo del Sud del mondo, vale a dire che due o più enti locali (al Nord e al Sud del mondo) concertano tra loro per la definizione e la realizzazione di un progetto di sviluppo locale. Si tratta di una forma di cooperazione che mira al coinvolgimento della società civile, tanto quella del “Nord” quanto quella del “Sud”, nelle fasi di ideazione, progettazione ed esecuzione dei progetti di sviluppo.
Più in particolare gli obiettivi perseguiti dalla cooperazione decentrata sono:
* mobilitare le popolazioni e tener conto maggiormente dei loro bisogni e delle loro priorità;
* rafforzare il ruolo e la posizione della società civile nei processi di sviluppo;
* favorire lo sviluppo economico e sociale – duraturo ed equo - attraverso la partecipazione.
La cooperazione decentrata, prevedendo la partecipazione diretta degli individui, sia quelli dei paesi donatori che quelli dei paesi beneficiati, riconosce l’esistenza di una molteplicità di soggetti dello sviluppo.
I programmi decentrati, per il loro carattere ristretto, sono più controllabili e proprio il fatto di aver puntato sullo sviluppo locale costituisce una garanzia di sostenibilità dell’intervento, ossia la sua capacità di sostenersi nel tempo attraverso le risorse umane, tecniche ed istituzionali locali, attraverso una capacità di gestione locale.

Un modello di cooperazione – Associazione “SottoSopra” o.n.l.u.s.

L’Associazione Socio-Culturale “SottoSopra” o.n.l.u.s. opera prevalentemente nel distretto di Thyolo, a sud del Malawi-Africa con progetti in ambito sanitario e sociale, collabora con i comitati locali eletti dai villaggi; finanzia solo i progetti da essi segnalati come prioritari, rispettando tempi, procedure, tecniche della tradizione locale; dopo un periodo di gestione mista le strutture e i mezzi passano alle comunità dei villaggi.

Con la convinzione che la carta vincente della cooperazione sta nel contatto diretto con le realtà del posto, i suoi partner in Malawi sono oggi Comitati di Gestione, rappresentativi di nove villaggi dei distretti di Thyolo e Mulanje.


I Comitati amministrano i fondi inviati dall’Associazione ‘SottoSopra’; controllano il funzionamento delle strutture; tengono i contatti periodici con l’Associazione in Italia o con il suo rappresentante in Malawi.


Tale metodo operativo di continuo confronto e coinvolgimento dei partner locali, rende la comunità parte attiva nell’assunzione di responsabilità riguardo alla realizzazione del progetto.


Per l’Associazione, un mediatore culturale italo-malawiano, si reca periodicamente in quel paese a verificare lo stato dei lavori, è lui il ponte che ha permesso nel tempo di entrare in un contatto sempre più profondo di fiducia con gli abitanti locali, di superare le inevitabili incomprensioni, di confrontarsi serenamente per individuare soluzioni condivise.


Cenni BibliograficiA.A.V.V. Cooperazione: inganno dei poveri. Emi, Bologna 1993
A.A.V.V. Dossier: Nuovi percorsi e nuovi assetti del volontariato Internazionale.
In volontari e Terzo Mondo, 1995 n 1-2
Bobbio N. Stato, Governo, società. Einaudi, Torino 1985
Chevalliker B. L’Abbé Pierre. Città Nuova Editrice, Roma 1980
Sen A. La diseguaglianza, Il Mulino, Bologna 1994
U.Co.De.P La cooperazione Decentrata Dossier, 1994
CESVOL - U.Co.De.P Attori e strumenti della cooperazione decentrata
Grafiche Sabbioni, Trestina (Pg) 2006
Zupi M. Sottosopra – La globalizzazione vista dal Sud del mondo Laterza, 2004


16 marzo 2009 PIO BRACCO

La Repubblica di Platone: una lettura attuale

La "REPUBBLICA" è l'opera in cui affiorano maggiormente tutti i temi di Platone:è un libro composto a sua volta da 10 dialoghi dove in particolare emerge il pensiero politico platoniano; Platone era rimasto molto deluso dalla politica della sua città che aveva condannato il suo uomo più giusto e per lui lo stato ideale è quello in cui l'uomo giusto può trovare il suo collocamento senza essere tormentato;molto deluso era anche rimasto dall'incontro con il tiranno di Siracusa e si accorge quindi che il suo concetto di stato è inattuabile,puramente ideale:come ogni altra idea,anche quella di stato va imitata,sebbene sia impossibile riuscirvi totalmente. Si dice spesso che lo stato platoniano sia una utopia,vale a dire un qualcosa che non sta da nessuna parte.

Raffaello - La Scuola di Atene

Netta pare la distinzione tra il primo "libro" della Repubblica, probabilmente scritto in gioventù, e gli altri: è il dialogo tra Socrate ed un sofista, che dà una definizione di giustizia: essa per lui è il diritto del più forte; egli sostiene, come molti altri sofisti, che gli uomini per natura nascono diversi, chi più forte e chi più debole, ed è solo la legge che li fa uguali: per lui la legge non è nient'altro che un'ingiustizia dei più deboli nei confronti dei più forti, che dovrebbero dominare per natura. Per il sofista il modello d'uomo ideale è il tiranno, colui che ha fatto valere la sua superiorità sui più deboli: il tiranno è l'uomo più felice e potente. Il primo libro termina con la confutazione di Socrate delle tesi del sofista:per lui ci deve essre per forza una giustizia,in quanto l'ingiustizia che predicava il sofista non può esserci,perchè tende ad eliminarsi da sè: Socrate porta l'esempio dei briganti,ingiusti per eccellenza;anche dopo che hanno commesso ingiustizie rubando,per dividersi il bottino dovranno pur applicare qualche norma.

Platone


A partire dal 2° libro Socrate imposta il suo discorso cambiando prospettiva, sostenendo che il modo migliore per esaminare l'uomo giusto sia vedere le cose più in grande: dov'è che esiste più in grande il concetto di giustizia? Certamente nello stato; Socrate mirerà a dimostrare l'opposto del sofista: per lui l'uomo ingiusto non è il più felice. Socrate aveva già più volte affermato che la giustizia rende automaticamente felici: nel libro 10° della Repubblica Platone ci spiega attraverso un mito escatologico che la giustizia conduce alla felicità anche nel mondo ultraterreno.
Dei sistemi di governo.
Socrate imposta così il suo discorso tratteggiando lo stato ideale,partendo da zero: uno stato nasce secondo lui da esigenze materiali e per soddisfare dei bisogni; dal momento che ci sono diverse tecniche per soddisfarli, occorre selezionarle. A suo parere uno stato per funzionare deve avere tre classi sociali: 1) i governanti. 2) i difensori. 3) i produttori. Ogni classe deve svolgere le sue funzioni, che non sono però di ugual livello, sebbene siano tutte fondamentali; è una chiara prospettiva aristocratica. In realtà la classe dei governanti si costituisce tramite la selezione di difensori che maturando diventano governanti: la forza fisica cede il passo a quella intellettuale e morale. Questa tripartizione ebbe enorme successo nella storia: nel Medioevo, per esempio, la società era suddivisa in oratores, bellatores e laboratores. E le donne che funzione avevano? Platone è stato il primo ad affermare che non ci siano propriamente lavori maschili e lavori femminili; tuttavia era convinto che in ogni campo gli uomini fossero superiori e riuscissero meglio. La città ideale di Platone è aristocratica, cioè governata da coloro che risultano essere i migliori ed i più idonei a svolgere tale compito; i migliori vengono selezionati in base al loro talento e non al fatto che i loro genitori potessero essere governanti; tuttavia egli ammette che ci sia una sorta di ereditarietà: ciò non significa che i giovani venissero selezionati per la loro discendenza, ma è un dato di fatto che coloro che mostrano maggiori attitudini per il governo sono proprio i figli dei governanti. Per selezionare occorre effettuare 2 lavori: 1) la selezione vera e propria, 2) sviluppare le propensioni dei selezionati. In realtà lo stato delineato da Platone è lo stato spartano idealizzato: a quei tempi presso gli aristocratici era visto come il top dell'organizzazione. Ma Platone tratteggia anche le possibili degenerazioni statali e proprio tra queste ci sarà lo stato spartano che era in realtà dominato non da aristocratici, ma da militari e proprietari terrieri. Secondo Platone ad ogni classe sociale spetta una virtù; poi ce n'è una comune a tutti e tre i gruppi: in tutto sono 4 le virtù (anche nel Cristianesimo ci sono le virtù, 4 cardinali e 3 teologali: le 4 cardinali l'uomo le possiede per natura, le 3 teologali deriverebbero dalla divinità e sono fede, carità e speranza) e si suddividono così:1) sapere 2) coraggio 3) temperanza 4) giustizia.
I governanti,come abbiamo già detto,devono essere filosofi e quindi la loro virtù è il sapere; quella dei difensori è il coraggio che serve loro per difendere strenuamente lo stato; i produttori devono invece essere dotati della temperanza, devono cioè sapere che vi è chi governa e chi lavora; è una virtù che in realtà appartiene un pò a tutti,ma soprattutto a loro che devono obbedire.In termini moderni la temperanza è il consenso: se non c'è una diffusa convinzione del fatto che ci sia chi governa e chi lavora lo stato non può reggere.
Bisogna tenere a mente che Platone sta sì parlando per bocca di Socrate per delineare la giustizia statale ideale ma solo per tratteggiare l'uomo giusto: si serve dello stato per poter operare su un modello più grande. La "Repubblica" viene spesso letta solo in chiave politica sebbene la politica sia in secondo piano: il tema centrale è proprio l'uomo giusto e la sua formazione. Per esempio descrive le degenerazioni statali per delineare parallelamente quelle umane; a sostenere la tesi che sia un libro il cui fulcro è l'uomo, è il 10° libro che con un mito escatologico spiega che ne sarà dell'uomo giusto nell'aldilà. Nella "Repubblica" Platone ripropone la tripartizione dell'anima che corrisponde esattamente a quella statale, dettata dal fatto che non in tutti gli uomini prevale la stessa parte dell'anima: quella razionale (l'auriga) dominerà nei governanti, i quali ricercano il sapere razionale; quella irascibile (il cavallo bianco) prevale nei difensori, che agiscono mossi da orgoglio; quella concubiscibile (il cavallo nero) avrà la meglio sui produttori. Possiamo così comprendere perchè Platone la chiami temperanza: le varie parti dell'anima capiscono che bisogna tenere a bada, temperare, quella concubiscibile. Platone definisce un uomo più forte di se stesso quando la parte razionale tiene a freno le altre, vale a dire quando l'auriga ha la meglio.
La giustizia è la 4° virtù: si ha giustizia quando ciascuno svolge le proprie mansioni e non pretende di svolgere ruoli che non gli spettano. Sparta era una oligarchia militare e quindi era ingiusta in quanto svolgevano le mansioni di governanti persone non idonee e a detenere il potere non sono necessariamente i migliori. Atene, città democratica, era anche messa peggio: era retta dalla 3° classe, i produttori; Platone definisce la democrazia il governo degli incompetenti, dove bisogna ascoltare il parere di qualsiasi stolto e dove ciascuno pensa solo a se stesso. Lo stesso vale per l'uomo: l'uomo giusto non si lascia trascinare dai piaceri (tanto meno da quelli fisici) ed è felice perchè la giustizia stessa fornisce un piacevole senso di benessere; la parte irascibile (cavallo bianco), vincolata dall'orgoglio, si vergogna dei piaceri e aiuta l'auriga a tenerne l'anima distante. Per Platone il tiranno è schiavo della parte peggiore di se stesso, del cavallo nero: è quindi ingiusto perchè nel contesto dell'anima non spetta al cavallo nero di comandare ed infelice perchè privo di giustizia. Un dubbio che può sorgere è come si ottiene il consenso o temperanza che dir si voglia: Platone dà una spiegazione tramite un mito, che può quindi anche rivestire una funzione politica: per convincere afferma che gli uomini siano stati forgiati con 3 diversi metalli (oro, argento, ferro): ci sono quindi differenze naturali tra gli uomini e quindi la tripartizione è necessaria e giustificata. Si ha consenso quando si ha una ideologia diffusa: la parola ideologia ha una lieve sfumatura negativa, come se si affermasse qualcosa non proprio corretto ma fatto passare per buono: è proprio il caso del mito platonico con valenza politica; Platone parla anche in questo caso di menzogne buone e necessarie per il consenso. Per lui,comunque, quando lo stato è felice, allora anche tutti i gruppi lo sono. Secondo le concezioni liberali e moderne è l'opposto: quando i singoli stanno bene, anche lo stato procede felicemente. Platone, per motivare quanto detto, si serve di una concezione "organicista": se il nostro organismo sta bene, allora ogni singolo membro sta bene. Dire concezione organicista, non significa che le singole parti debbano per forza essere subordinate alla totalità: Platone dice che da un lato conta il tutto, ma che dall'altro se il tutto è felice anche le parti lo sono. Come possono essere esse felici? Platone non si limita alla precedente argomentazione organicista; egli pone dei limiti allo stato: non deve essere troppo ampio perchè uno stato è tale solo quando i suoi abitanti hanno la consapevolezza di formarlo; uno stato troppo esteso è anche difficilmente controllabile.
Platone vedeva lo stato come una grande famiglia basata sull'armonia e sulla solidarietà: per creare questa situazione bisogna a suo avviso eliminare la famiglia naturale in modo che gli abitanti dello stato considerino propri familiari gli altri abitanti; bisogna poi eliminare la proprietà che frammenta la società. E' un comunismo radicale ed estremista dove bisogna addirittura vivere insieme; lo scopo è far sì che i cittadini concepiscano un forte senso di solidarietà: ciascuno lavorerà e difenderà lo stato come farebbe con la propria famiglia. Probabilmente Platone prese spunto dalla società spartana arcaica e militare improntata sul governo oligarchico-militare. Questo comunismo per Platone deve riguardare solo alle due classi superiori, che devono governare. Bisogna eliminare gli interessi personali in modo tale da evitare che i governanti tutelino i propri interessi accecati dalla smania di denaro, tralasciando quelli altrui. L'obiezione di fondo che solitamente si muove, al di là dell'estremismo, è che i governanti, condannati ad una scelta così rigida, condurrebbero una vita tristissima. La società è fortemente gerarchizzata e sul piano materiale sono avvantaggiati i produttori, che vivono normalmente e possono arricchirsi. Quindi può sembrare che i ceti superiori siano infelici; in realtà i governanti ed i guardiani che poi lo diverranno hanno un talento naturale e sono già stati selezionati ed educati dallo stato; da questa educazione trarranno enormi vantaggi e saranno poi chiamati a governare, sebbene contro la loro volontà: infatti vengono educati alla sapienza e alla conoscenza, che comprenderanno essere le cose più importanti ed utili di tutte; dello stato non gliene importa nulla, così come non gli importa delle ricchezze materiali: la sapienza rappresenta una ricchezza morale molto più importante e duratura. Verranno però poi chiamati a governare proprio perchè non vogliono! Secondo Platone infatti lo stato va amministrato da chi non vuole farlo, da chi ha raggiunto un alto livello di educazione e ha compreso che ciò che più conta è il sapere, e non da chi vuole amministrarlo, in quanto lo farebbe solo per interessi personali. Vivranno quindi la maggior parte della loro vita dedicandosi alla cultura,ma saranno poi costretti a governare per un pò: lo devono allo stato che li ha allevati e mantenuti negli studi. E' un dovere morale.
Guardiamo ora alle singole classi sociali. I governanti (ed i difensori) nel complesso fanno ciò che desiderano, svolgono cioè la loro vita dedicandosi al sapere (il periodo in cui governano, come abbiamo detto, è breve); ai produttori non interessa il sapere e sono felici di arricchirsi materialmente e perseguire questi strumenti inferiori di felicità. Quindi è una società (ideale) felice anche nelle sue singole parti. Platone viene anche criticato per aver creato uno stato totalitario, che vuole organizzare totalmente la vita dei singoli, la cui vita non conta nulla di per sè, se non in funzione dello stato: si può portare come esempio il caso che Platone cita in uno dei 10 libri: l' eugenetica (dal Greco eu,bene,+gignomai,nasco,=nascere bene); lo stato sceglie gli individui da far accoppiare in modo tale da avere una discendenza perfetta. Un filosofo di posizioni liberali, Isocrate ; per Platone la vera retorica è quella che si fonda sulla piena conoscenza della verità e delle persone cui ci si rivolge, non come la intendevano tutti i suoi contemporanei: per Isocrate e tutti gli altri essa consisteva invece nel formulare discorsi eleganti ma privi di verità.
Dell’arte.Platone critica anche la poesia: Socrate stesso diceva che essa non è un vero sapere, ma una forma di conoscenza infusa dalla divinità: il poeta infatti quando componeva era divinamente ispirato, la divinità si serviva di lui per comunicare (basti pensare ad Omero, che parlava ammaestrato dalla Musa). Platone era appassionato di etimologia e si divertiva a dare interpretazioni sull'origine e la derivazione delle parole, che per lo più erano errate; una di queste, però, era corretta: Platone fece derivare la parola "mantica" dal termine greco "mania",follia. Infatti quando si davano responsi si era come se fuori di sè: a parlare era la divinità. Non significa comunque che la poesia non valga nulla (Platone stesso può essere considerato poeta).
Platone nella "Repubblica" fa considerazioni più articolate e complesse rispetto a quelle di Socrate , attaccando l'arte su due piani differenti: 1) morale e più banale rispetto all'altro: Platone, come già Senofane, sostiene che l'arte ci presenta gli dei o gli eroi con caratteristiche fortemente negative e che assumono atteggiamenti meschini e di basso valore morale (basti pensare all'ira di Achille); lo stesso vale anche per la musica, di cui Platone era esperto (si racconta che ormai in fin di vita, sentendo una fanciulla che suonava il flauto, le ultime parole che pronunciò prima di morire furono di rimprovero perchè ella aveva stonato): a quell'epoca vi erano diversi stili ben canonizzati e definiti, ognuno dei quali stimolava determinati sentimenti, positivi e negativi. Secondo Platone la musica che stimola sentimenti negativi va assolutamente censurata; al giorno d'oggi abbiamo criteri di giudizio differenti: un brano musicale o ci piace o non ci piace, indistintamente dal suo valore morale: per noi bello e brutto sono su un livello totalmente differente da buono e cattivo. Prendiamo per esempio i Carmina Burana di Orf, di orientamento filo-nazista: si possono apprezzare pur non essendo filo-nazisti. Presso di noi vige l'autonomia dell'arte, che Platone non ha riconosciuto: bello-brutto è diverso da buono-cattivo e da vero-falso: in un libro di storia ricerco la verità, in un romanzo la bellezza...Platone era senz'altro molto attratto dalla questione del bello, che per lui aveva a che fare con la natura e non con l'arte: parla infatti di begli uomini, belle piante, belle azioni... Il suo giudizio è puramente morale: se un'opera è cattiva sul piano morale, anche se bella va censurata, il che rientra bene nella concezione di stato totalitario platonico. Bisogna comunque dire che era un concetto molto diffuso presso i Greci, che lo riassumevano nella "calogazia": non c'era differenza tra bello e buono. Abbiamo anche tirato in ballo la coppia vero-falso, di valenza gnosologica; abbiamo già detto a riguardo delle idee che il piano ontologico e quello gnosologico corrispondono: vero e falso si identifica con essere e non essere; di conseguenza il falso va censurato. 2) metafisico e di più alto livello: in un primo momento Platone afferma dunque che le opere d'arte pericolose vanno allontanate; successivamente, non soddisfatto di quanto detto, sostiene che vadano censurate tutte dalla prima all'ultima. Quando un artista raffigura un corpo, secondo Platone, imita un corpo esistente in natura; ma abbiamo detto che per Platone le cose sono imitazioni delle idee. Le opere d'arte sono quindi a suo avviso imitazioni di imitazioni: se già le cose sensibili sono inferiori alle idee, figuriamoci le opere d'arte: sono un gradino più distanti e contengono un tasso di verità addirittura inferiore a quello delle cose: le opere d'arte impediscono all'uomo ancora di più rispetto alle cose sensibili di conoscere le idee e vanno dunque bandite. L'arte diventa quindi negativa a prescindere dal fatto che stimoli buoni o cattivi sentimenti: il piano morale non conta più. Sono affermazioni piuttosto strane, soprattutto se consideriamo che Platone stesso era un artista e dedicò dialoghi al bello naturale, come il "Fedro" o il "Simposio". Chiaramente aveva ben presente le capacità persuasive dell'arte. Tuttavia in epoche successive si sono usate queste stesse affermazioni platoniche per giustificare l'arte: essa non imita la realtà empirica, ma le idee stesse ed è strano che Platone non se ne sia accorto in quanto aveva tutti gli strumenti: i ritratti stessi (presso i Greci ancora di più i busti) sono idealizzati; l'artista sfrutta il volto di chi deve ritrarre per poi passare all'idea vera e propria (è lo stesso del triangolo disegnato che serve per ragionare sull'idea di triangolo). Probabilmente per noi è più facile capirlo perchè possediamo la macchina fotografica; è facile per tutti capire la differenza tra un ritratto e una foto. Da notare, poi, che dalla scoperta della macchina fotografica in poi i pittori hanno cominciato a fare ritratti sempre più astratti e meno realistici. Gorgia aveva dato grande importanza all'arte sganciandola dal piano ontologico: secondo lui dal momento che la verità non esiste, ci si può creare un mondo proprio, dato che non c'è un vero mondo: non si hanno vincoli imitativi; per Gorgia l'artista è tanto più bravo tanto più riesce ad ingannare. Gli artisti secondo Platone, invece, con le loro "copie" precludono agli uomini la possibilità di conoscere. Altro motivo della condanna da parte di Platone è che l'arte corrompe i giovani perchè rappresenta l'uomo in preda alle passioni; vengono indotti a considerare normale una vita in balia delle passioni, dell'odio, dell'invidia...l'arte stessa sviluppa le passioni. Lo stesso Omero (che veniva anche definito "la bibbia dei Greci" dal momento che nelle sue opere si trovava un pò di tutto: verità religiose, tecniche militari...) ha rappresentato i più grandi eroi in preda a passioni. Platone nella sua condanna risparmia solo la musica e le poesie patriottiche che elevano l'uomo al grande dovere di sacrificio per la patria, ispirandosi al modello spartano, dove la musica patriottica aveva avuto importanza sul piano educativo. Tuttavia in altri dialoghi dà un giudizio positivo rivalutandola completamente (egli stesso era un grande poeta).
Della conoscenza.
Platone, come detto, si occupa dell'educazione dei futuri governanti, recuperando alcuni aspetti della "paideia" tradizionale; il percorso da seguire è lungo e difficile e si può suddividere in varie tappe: nel periodo della giovane età l'educazione viene improntata sulla musica e sulla ginnastica; Platone è convinto che nella prima fase dell'educazione non si possa forzare sul piano teoretico. La musica aveva a che fare con il ritmo e più che musica come la intendiamo noi, era educazione ad ogni tipo di ritmo: era quindi educazione dell'anima. La ginnastica aveva la funzione di creare uno stato di armonia sia nel corpo sia nell'anima, e di conseguenza era una forma di educazione tanto relativa al corpo quanto all'anima. Si può dire che l'intero percorso educativo miri all'armonia dell'anima: in poche parole l'uomo giusto è l'uomo armonico. Prima di entrare nella fase vera e propria dello studio teoretico secondo Platone bisogna dunque impartire un'armonia psico-fisica tramite queste due attività. Lo studio vero e proprio si articola nello studio della matematica e della filosofia: il culmine consiste nel raggiungimento dell'idea di bene; è un itinerario lungo e selettivo: quando lo si completerà si avranno ormai circa 50 anni per poi essere pronti a governare lo stato, anche se controvoglia.
E' interessante il fatto che nelle "Leggi" Platone parli di un'educazione prenatale: a suo avviso grazie a tecniche particolari (modi di cullare, per esempio) si può dare una prima educazione all'armonia; ai giorni nostri si è scoperto che ciò ha davvero una sua influenza; è quindi un'interessante intuizione platonica, che sapeva bene che l'educazione non è solo razionale. La dimensione conoscitiva è legata ancora una volta alla gerarchia ontologica; Platone per esprimere meglio questa idea si serve di un'efficace immagine e di un mito (il celebre mito della caverna): la prima è la celebre immagine della "linea":
La conoscenza stabile è quella basata sull'episteme, quella mutevole ed opinabile sulla doxa. Ancora una volta riscontriamo una chiara influenza pitagorica: i Pitagorici infatti individuarono il numero come principio della realtà e crearono una "piramide" di principi che partiva dalla coppia finiti-infinito e da lì si generavano tutte le altre coppie. Per il momento diciamo che i livelli platonici sono 4 (anche se quelli fondamentali restano 2). L'eikasia ha a che fare con la radice eik- di somiglianza, apparenza: è opportuno tradurla con "immaginazione", ma va depurata da tutti i significati che le attribuiamo noi; è la capacità di cogliere le immagini; si tratta di verità addirittura inferiori a quelle del mondo sensibile e possiamo in parte identificarle con le opere d'arte, ma anche con i riflessi delle cose, come gli specchi o le superfici di laghi o fiumi: Platone aveva in mente tutte le riproduzioni del mondo sensibile; ma molti studiosi hanno anche sostenuto che nella capacità di immaginazione si possa vedere anche un primitivo atteggiamento conoscitivo: si tratta della pura e semplice sensazione; quando prendiamo in mano un quaderno abbiamo dapprima una pura e semplice percezione sensuale: notiamo la forma, il colore... Conoscere realmente un quaderno significa mettere insieme le sensazioni e sfruttarle; forse per capire meglio basterebbe chiudere gli occhi e stringere un libro: lo si percepirebbe con il tasto e si potrebbe immaginare cosa si vedrebbe ad occhi aperti; verso la fine del '600 si cominciarono ad effettuare i primi interventi di cataratta e si fecero vedere per la prima volta persone che non avevano mai visto: quando costoro riferirono le loro impressioni si scoprirono cose interessanti; per esempio non riuscirono ad identificare con la vista ciò che per anni avevano toccato; chiaramente è molto differente da ciò che intendeva Platone, ma ci permette comunque di capire che l'oggetto della conoscenza (sebbene la conoscenza empirica sia inferiore a quella intellegibile) è il risultato di operazioni complesse: si associano esperienze visive con esperienze tattili; tuttavia non siamo per niente sicuri che Platone ci sia davvero arrivato. La pistis, che possiamo tradurre con "credenza"è il soggetto conoscitivo degli oggetti sensibili. Della episteme abbiamo già parlato: i suoi oggetti sono intellegibili, ma non necessariamente idee; o meglio, ci sono sì le idee, ma anche gli enti matematici che possiamo suddividere in a) geometria, b) musica, vista come rapporti matematici, c) stereometria, che è la geometria dei corpi solidi, d) astronomia, vista come scienza del movimento dei solidi: erano le arti del "quadrivio", diremmo oggi le materie scientifiche che già all'epoca si contrapponevano a quelle umanistiche. Dunque la dianoia corrisponde alla matematica in generale, la noesis alle idee; Platone era molto interessato di matematica (anche qui possiamo riscontrare un'influenza pitagorica) e proprio sull'entrata dell'Accademia (i cui resti si possono vedere qui sotto)
c'era scritto "Non entri chi non conosce la matematica": essa per Platone aveva una valenza propedeutica e di ginnastica mentale. Per un verso assomiglia alla filosofia perchè ha oggetti stabili, permanenti e non sensibili (uso sì disegni, ma per dimostrare su idee) per un altro presenta grandi limiti: si pensa sì ad idee, ma si lavora pur sempre su cose sensibili: occorre sempre l'appoggio del piano sensibile; la filosofia invece è un percorso mentale tutto interno alle idee. La matematica ha poi bisogno di ipotesi: si parte da postulati e da definizioni: cose che vengono accettate senza venir dimostrate; la filosofia ha invece un carattere critico: non si accetta mai nessuna cosa per data e si tende a mettere sempre in discussione fino ad arrivare alla conoscenza. Bisogna infatti risalire tutte le ipotesi fino ad arrivare ad una ipotesi indiscutibile da cui derivano tutte le altre. Va poi ricordato che gli oggetti matematici sono su un piano intermedio: hanno caratteristiche di idee (l'immutabilità) ma anche di enti empirici (la molteplicità): molteplicità e immutabilità sono proprio 2 dei principali aspetti che differenziano il mondo sensibile da quello intellegibile; il numero 3, ad esempio, è immutabile ma in un'espressione matematica lo si può scrivere più volte. Dianoia e noesis hanno entrambe la radice di "nous", intelletto: la noesis è la versione pura e senza aggiunte e si può tradurre con "intellezione"; dianoia è più complessa perchè compare la radice "dià", attraverso-mediante, che implica il passaggio da qualcosa a qualcos'altro e si può tradurre con "ragionamento discorsivo": in un'espressione ci sono diversi passaggi e si passa di continuo da mondo empirico a mondo intellegibile. La noesis è l'intellezione, la contemplazione delle idee. La diversa lunghezza dei segmenti nel disegno di prima suggerisce una chiara gerarchizzazione: un segmento più è lungo e più è conoscibile, vale a dire che contiene un maggior tasso di essere. Il punto di arrivo della conoscenza è il bene in sè, l'idea di bene, cui Platone allude qua e là nei suoi dialoghi, sempre velatamente, chiamandola "misura", "uno", "bellezza"... Si tratta del più alto livello di argomentazione platonica: ce ne parla però in maniera molto indiretta e sfumata e doveva rientrare nelle dottrine non scritte; Platone stesso ci dice che lui non ne parlerà usando una strana metafora, che si può definire "bancaria": dice che parlerà "del figlio e non del padre", termini che in greco significano anche "interesse" e "capitale": quindi si può intendere "vi parlerò dell'interesse e non del capitale". Si serve poi di un'efficace metafora "solare": il bene sta al mondo delle idee come il sole sta a quello sensibile. Con bene in sè, idea di bene si intende un bene assoluto e non relativo ad altre cose come le idee (l'idea di forza, ad esempio, è un bene relativo perchè può essere un bene come un male: dipende dall'uso e dalle circostanze). Il bene in sè è la conoscenza suprema e sublime a cui sono chiamati i filosofi-re, che devono seguire il lungo percorso di studi: esso è il top del percorso educativo: quando si ottiene la conoscenza del bene in sè si è chiamati a governare la città; ciò che porta ad orientare ogni cosa verso il bene, a renderla buona è proprio la conoscenza del bene in sè. Per molti aspetti esso coincide con l'idea del bello: la bellezza è il modo in cui si esterna il bene interno: è una concezione ampiamente diffusa in tutto il mondo greco. Secondo Platone il sole è la "ratio essendi" (la ragione di essere) e la "ratio cognoscendi" (la ragione di conoscere) nel mondo sensibile: è infatti grazie al sole che riusciamo a vedere il mondo sensibile; in sua assenza vediamo molto male ed è grazie a lui che conosciamo la realtà sensibile. Il sole consente poi la vita: dove non c'è il sole non c'è vita. Il bene riveste le stesse funzioni del sole, però nel mondo intellegibile delle idee, che in un certo senso sono anch'esse "ratio cognoscendi" e "ratio essendi": l'idea fa sì che un cavallo sia tale e che lo si riconosca. Come detto, l'idea ha anche valenza assiologica (i cavalli mirano ad imitare l'idea di cavallo) ed è bene aggiungere di "unità della molteplicità": i cavalli sono tantissimi, ma l'idea di cavallo è unica e la si può definire "stampo" dei cavalli. Il bene in sè, oltre a quelle del sole, svolge le funzioni anche delle idee: risulta quindi inesatto definirlo idea: è una idea delle idee, una super-idea che si trova ad un livello superiore delle idee e che riveste funzioni analoghe a quelle delle idee sul mondo sensibile, ma sulle idee a stesse. Le idee sono unità della molteplicità, ma tuttavia sono tante: quindi si può fare lo stesso discorso che facevamo per le funzioni delle idee sul mondo sensibile; esse dovranno avere qualcosa in comune tra di loro. Esse rappresentano il bene per ciascuna categoria, il punto cui devono mirare i componenti di ogni "classe": le idee tendono ad essere il bene per la loro categoria: l'idea di uomo è il punto cui tutti miriamo: le idee fanno quindi riferimento al bene in sè, che è quindi un principio supremo, una super-idea. Esso svolge le stesse funzioni che le idee svolgono nel mondo sensibile, ma sulle idee stesse: ce le renderà conoscibili (conosco un'idea perchè è il bene della sua categoria), le farà esistere ( esistono nella misura in cui sono il bene della loro categoria, partecipano al bene). L'idea del bene sarà anche l'unità della molteplicità delle idee, che sono innumerevoli, pur essendo il solo modello per ogni categoria. Abbiamo detto che a volte, al posto di bene in sè, troviamo "uno", "misura"... Abbiamo anche già parlato di quella volta che Platone tenne la conferenza sul bene parlando di matematica: dunque l' "uno" ben si riallaccia. Ma che cos'era il bene in sè? Per Platone esso è unità, armonia, ordine, misura, unità... In altri dialoghi parla del bene in sè, del vertice della realtà, come coppia di principi, o meglio come principio bipolare: al vertice della realtà ci sarebbero dunque l' "uno" e la "diade indefinita". L'"uno" è l'unità, la diade fa riferimento al 2, quasi all'idea di 2: Platone col 2 vuole chiaramente indicare la negazione dell'unità, suggerendo il principio della molteplicità o almeno un primo passo verso di essa. Con il bene in sè (in greco "katà auton") sta pian piano rivelandoci l'esistenza di un 5° livello, principio supremo della realtà. La dottrina delle idee serve a spiegare perchè, in fin dei conti, le cose sono buone, o meglio le idee sono buone: il mondo sensibile cerca di imitare la bontà delle idee, ma con scarsi risultati. Abbiamo fin'ora detto che le imitazioni risultano imperfette: è un'ipotesi molto vaga. E' il momento di spoiegare perchè le cose non sono perfettamente buone:bisogna o ammettere un altro principio o ammettere la bipolarità del principio: accanto all' "uno" (il bene vero e proprio) c'è la diade, la molteplicità concettuale che crea disordine. Cerchiamo di ritracciare lo schema già trattato in precedenza, però più corretto:
E' una gerarchia ontologica: più si sale e più cresce il tasso di essere perchè si ha esistenza sempre più forte: l'idea di cavallo non muore, il cavallo sì. Il punto di partenza, puramente teorico, addirittura sotto il livello delle immagini-imitazioni, è il non essere, poi troviamo l'essere pieno delle idee; il bene in sè, però, per Platone è per "dignità e per potenza" superiore all'essere: se le idee sono l'essere ciò che le motiva (il bene in sè) non può essere essere. Di fronte a questa affermazione di Socrate (ricordiamoci che a parlare è lui, con parole platoniche) l'interlocutore del dialogo esclama con stupore "Oddio!". In realtà esclama "per Apollo". Un interprete ha avanzato un'ipotesi: dato che è un pezzo di dialogo particolarmente allusivo egli ha ritenuto che sotto l'espressione "Apollo" (la divinità del sole, già qui ci può essere un collegamento alla proporzione precedente) si possa leggere "a" (alfa privativa) e "pollos", che significherebbe non molteplice. Effettuando questa affermazione non ci dice tanto ciò che il principio supremo è, quanto piuttosto ciò che non è (molteplice). Il bene risulta quindi coglibile con qualcosa che sta oltre alla conoscenza: se i livelli della conoscenza corrispondono all'essere e il non essere non è conoscibile, man mano che cresce il tasso di essere cresce il tasso di conoscibilità: ma il bene in sè è sopra, al di là dell'essere e quindi ha una conoscibilità totalmente fuori dal normale. Platone stesso ci dice che è una conoscenza extra-razionale. Schematizziamola in un grafico:
la conoscenza non è nient'altro che un tentativo del soggetto di arrivare all'oggetto o dell'oggetto di arrivare al soggetto: limitiamoci a dire che è un tentativo di unione tra soggetto ed oggetto. Se si sale dalla parte del soggetto, di pari passo si sale da quella dell'oggetto: crescono di pari passo. Paradossalmente, però, l'identificazione tra soggetto e oggetto implica l'inconoscibilità: per conoscere ci deve essere un soggetto che compie l'azione ed un oggetto che viene conosciuto: se vengono a mancare, manca di conseguenza anche la conoscibilità. Il bene in sè si trova esattamente nel punto di incontro tra soggetto ed oggetto: Platone afferma che la conoscenza del bene in sè sia un'esperienza mistica dove però è indispensabile la ragione; la si potrebbe tranquillamente definire una mistica di superamento della ragione.

Platone dice poi di voler descrivere la nostra situazione di uomini, di come siamo e di come il nostro destino può cambiare. Si serve qui del celeberrimo mito della caverna, forse il più famoso mito platonico, dove emerge tutta la sua filosofia:
Descrive una caverna profonda stretta ed in pendenza, simile ad un vicolo cieco. Sul fondo ci sono gli uomini, che sono nati e hanno sempre vissuto lì; essi sono seduti ed incatenati, rivolti verso la parete della caverna: non possono liberarsi nè uscire nè vedere quel che succede all'esterno. Fuori dalla caverna vi è un mondo normalissimo: piante, alberi, laghi, il sole, le stelle... Però prima di tutto questo, proprio all'entrata della caverna, c'è un muro dietro il quale ci sono persone che portano oggetti sulla testa: da dietro il muro spuntano solo gli oggetti che trasportano e non le persone: è un pò come il teatro dei burattini, come afferma Platone stesso. Poi c'è un gran fuoco, che fornisce un'illuminazione differente rispetto a quella del sole. Questa è l'immagine di cui si serve Platone per descrivere la nostra situazione e per comprendere occorre osservare una proporzione di tipo A : B = B : C. La caverna sta al mondo esterno (i fiori,gli alberi...) così come nella realtà il mondo esterno sta al mondo delle idee: nell'immagine il mondo esterno rappresenta però quello ideale tant'è che le cose riflesse nel lago rappresentano i numeri e non le immagini empiriche riflesse. Si vuole illustrare la differenza di vita nel mondo sensibile rispetto a quella nel mondo intellegibile. Noi siamo come questi uomini nella caverna, costretti a fissare lo sguardo sul fondo, che svolge la funzioni di schermo: su di esso si proiettano le immagini degli oggetti portati dietro il muro. La luce del fuoco, meno potente di quella solare, illumina e proietta questo mondo semi-vero. Gli uomini della caverna scambieranno le ombre proiettate sul fondo per verità, così come le voci degli uomini dietro il muro: in realtà è solo l'eco delle voci reali. Gli uomini della caverna avranno un sapere basato su immagini e passeranno il tempo a misurarsi a chi è più bravo nel cogliere le ombre riflesse, nell'indovinare quale sarà la sequenza: è l'unica forma di sapere a loro disposizione ed il più bravo sarà colui il quale riuscirà a riconoscere tutte le ombre. Supponiamo che uno degli uomini incatenati riesca a liberarsi: subito si volterebbe e comincerebbe a vedere fuori gli oggetti portati da dietro il muro non più riflessi sul fondo della caverna. Poi comincerà ad uscire ma sarà piuttosto riluttante perchè infastidito dalla luce alla quale era desueto: quando finalmente uscirà si sentirà completamente smarrito e disorientato. Comincerà a guardare indirettamente la luce solare: ad esempio la osserverà riflessa su uno specchio d'acqua. Man mano che la vista si abitua guarda gli oggetti veri: gli alberi,i fiori... In un secondo tempo le stelle e poi riuscirà perfino a vedere il sole. Chiaramente vi sono chiare allusioni a varie dottrine platoniche: evidente risulta l'allusione ai 5 livelli di conoscenza; le immagini proiettate sul fondo della caverna sono l'eikasia la capacità di cogliere le realtà empiriche riflesse,grazie al fuoco che rende visibili questi oggetti "artificiali". Gli oggetti artificiali che portano dietro il muro sono la pistis,il mondo sensibile vero e proprio. Curioso è che l'atto di voltarsi da parte degli uomini nella caverna venga espresso con la parola "convertirsi": è l'atto fondamentale per il cambiamento della propria prospettiva esistenziale. Le cose dietro il muro riflesse nello specchio d'acqua rappresentano la dianoia, gli enti matematici; gli alberi ed i fiori sono invece le idee vere e proprie, la noesis. Il sole,invece, è il bene in sè. Le stelle sono le idee più elevate (i numeri ideali...). L'uomo che è fuggito dalla caverna e ha visto tutto si trova in una situazione piuttosto ambigua: da un lato vorrebbe rimanere all'aperto, dall'altro sente il bisogno di far uscire anche i suoi amici incatenati; alla fine decide di calarsi nella caverna e quando arriva in fondo non vede più niente, è come se accecato. Sostiene di essere tornato per condurli in un'altra realtà, ma essi lo deridono perchè non riesce più neppure a vedere le ombre riflesse sul fondo. Lui però continua a parlar loro del mondo esterno ma i suoi "amici" lo deridono e si arrabbiano e lo picchiano perfino. In realtà Platone vuole qui descrivere la storia di Socrate, un uomo che ha visto realtà superiori e ha cercato di farle conoscere agli altri che non hanno però accettato. Per quel che riguarda il fatto che l'uomo tornato nella caverna non riesca più a cogliere le realtà sensibili, possiamo portare ad esempio la vicenda del filosofo Talete, che guardando le stelle cadeva nei pozzi e veniva deriso per il fatto che voleva vedere le stelle lui che non vedeva neppure cosa c'era per terra. La liberazione dalle catene avviene (come la reminescenza) o per caso o grazie all'intervento di qualcuno. Comunque il mito rievoca pure il compito dei governanti,che una volta raggiunto il sapere devono per forza tornare nel mondo sensibile per governare. La fuoriuscita dalla caverna può anche essere metafora del lungo percorso educativo dei filosofi-re. Si può quindi definire correttamente il mito della caverna come una sorta di riassunto della filosofia platonica.
Ancora dei sistemi di governo.
Platone passa poi alla descrizione delle "decadenze" statali: a suo avviso la miglior forma di governo è quella dello stato ideale da lui tratteggiato, che è però inattuabile: essa potremmo identificarla con l'aristocrazia, dove a detenere il potere sono coloro che risultano essere i più idonei. Tra gli stati attuabili Platone attribuisce il secondo posto (se non contiamo lo "stato secondo" delle "Leggi") alla Timocrazia, vale a dire il governo basato sul senso dell'onore corrispondente allo stato spartano nel suo periodo migliore. A lungo si è pensato che Platone avesse effettuato questa graduatoria di forme di governo a seconda del numero di governanti: più ce n'è peggio è. In realtà la differenza tra un governo e l'altro è solo la capacità dei governanti. La repubblica ideale di Platone è un'aristocrazia idealizzata che non si distingue solo per il numero esiguo di persone preposte al governo, ma anche per le loro abilità: la sequenza delle decadenze statali va vista in parallelo con quella delle decadenze umane: infatti si ha aristocrazia quando nell'anima prevale la parte razionale (l'auriga). Nella Timocrazia, invece, prevale la parte irascibile (il cavallo bianco), desideroso di farsi onore. Subito sotto alla Timocrazia troviamo l'oligarchia, il governo dei pochi che però non sono i migliori: si servono del loro potere per arricchirsi, accecati dalla cupidigia. Ad un livello al di sotto troviamo la democrazia, che si viene ad instaurare quando la massa degli ignoranti diventa gelosa delle ricchezze degli oligarchici: il "demos"volge a suo favore i beni che prima erano dell'oligarchia. Ai tempi di Platone la democrazia corrispondeva grosso modo con l'anarchia dove ciascuno faceva ciò che voleva e vigeva la maleducazione totale. Subito sotto troviamo la tirannide: dalla democrazia si passa alla tirannide quando la massa ignorante si fa abbindolare dai demagoghi che promettono sempre maggiore libertà. Essi dicono che tutti ce l'hanno con loro e che per dare al popolo la libertà promessa han bisogno di guardie del corpo e così nasce la tirannide.
Della reincarnazione.Platone arriva a dimostrare che il destino dell'uomo giusto sono la felicità e la giustizia. Egli è felice nella vita terrena perchè la giustizia lo appaga e gli rende l'anima sana. Nel libro 10° della "Repubblica" Platone afferma che dopo la morte per i giusti ci sarà ulteriore felicità, per gli ingiusti altra infelicità. Pur avendo già dimostrato che l'anima è eterna in modo razionale, Platone si serve poi di un mito, il celebre mito di Er , un guerriero della Panfilia morto in battaglia. Il suo corpo viene raccolto e portato sul rogo (era un'usanza greca): proprio prima che gli diano fuoco si risveglia e racconta ciò che ha visto nell'aldilà, affermando che gli dei gli han concesso di ritornare sulla terra per raccontare agli altri uomini ciò che ha visto. Dice di aver visto 4 passaggi attraverso i quali le anime salgono nella dimensione ultraterrena, da un passaggio le buone, dall'altro le malvagie, e tramite i quali ritornano sulla terra. Infatti, dice, le anime buone finivano in una sorta di Paradiso dove godevano, le cattive in una sorta di Purgatorio (l'Inferno era un fatto raro, destinato solo ai più malvagi). I giusti ricevono premi per 1000 anni, i malvagi soffrono. Dopo questi 1000 anni le anime buone e quelle cattive si devono reincarnare. Esse si recano al cospetto delle 3 Moire che devono stabilire il loro destino. Le anime vengono radunate da una specie di araldo che distribuisce a caso dei numeri, seguendo una prassi che può ricordarci quella dei supermercati; infatti prende i numeri e li getta per aria ed ogni anima prende quello che le è caduto più vicino (questo sottolinea come nella nostra vita ci sia comunque una componente di casualità). Il numero serve per dare un ordine alle anime che devono scegliere in chi reincarnarsi; chiaramente chi ha il numero 1 è avvantaggiato perchè ha una scelta maggiore, ma deve comunque saper scegliere bene. Dunque c'è sì una componente di casualità, ma in fin dei conti la nostra vita ce la scegliamo noi: è vero che per chi nasce, per esempio, in una famiglia agiata è più facile essere onesti rispetto a chi nasce in una famiglia povera, oppure chi nasce in una famiglia onesta è avvantaggiato rispetto a chi nasce in una famiglia disonesta, ma tuttavia la nostra vita ce la scegliamo noi. Ma quelli che hanno numeri sfavorevoli non sono necessariamente svantaggiati perchè scelgono dopo: in primo luogo le possibilità di scelta che gli restano sono sempre tantissime, in secondo luogo chi è primo non sempre effettua buone scelte; Er racconta che nel suo caso chi scelse per primo scelse la tirannide che gli aveva fatto una buona impressione (infatti lassù si vedono le cose sotto forma di oggetti: forse la tirannide aveva dei bei colori, chi lo sa?). Costui, non appena si era accorto di ciò che comportava l'essere tiranno, non voleva più esserlo, ma era troppo tardi: le Moire gli danno l'incarico di tiranno e lo lanciano sulla terra, dopo averlo immerso nel fiume Lete perchè dimentichi (Er chiaramente non è stato immerso). Er dice che per ultima era arrivata l'anima di Ulisse e che, stanca della passata vita "movimentata", scelse la vita di un comune cittadino. Platone fa notare che di solito chi veniva dal Paradiso tendeva ad effettuare scelte sbagliate, mentre chi veniva dal Purgatorio e aveva sofferto sceglieva bene. Infatti chi aveva vissuto per 1000 anni di beatitudine si era scordato di che cosa fosse la sofferenza. Quindi chi ha sofferto sceglie bene e sceglie una buona vita che lo porterà al Paradiso, mentre chi ha goduto sceglie male e dopo che ri-morirà finirà in Purgatorio. Pare quindi un circolo vizioso, ma in realtà Platone dice che il motivo per cui si sceglie una vita buona o una cattiva può derivare da doti naturali: ci sono infatti persone portate a comportarsi bene per inclinazione naturale: vi è anche chi ha conoscenze basate sulla doxa (l'opinione) e che può cogliere alte realtà, ma solo casualmente, senza riuscire a fornire motivazioni: costoro, che conducono una vita buona per caso, non radicata nella coscienza, si smontano facilmente nel Paradiso quando godono e finiranno per scegliere male. Chi ha invece raggiunto il bene in sè, la super-idea del bene, non cadrà mai nel male.






L’Amm. Pio Bracco è nato a Roma. Dopo il conseguimento della Maturità Classica entra nell’Accademia Navale di Livorno da cui esce nel 1969 con il grado Guardiamarina di S.M.
Svolge servizio a bordo di Fregate ed Incrociatori come Ufficiale addetto alla lotta Antisom e come Capo Servizio Operazioni (1969 - 1981).
Svolge tre turni di Comando Navale su Nave Brenta (1977-1978), Nave Sagittario (1986-1987), Nave San Marco (1992-1993).
Dal 1981 al 2000 presta servizio in vari incarichi a terra presso il Comando in Capo della Squadra Navale come responsabile dell’Addestramento Antisommergibile, presso lo Stato Maggiore Marina nel settore Studi Armi e Mezzi Antisom, nel settore delle infrastrutture della N.A.T.O. , della Pianificazione Logistica e della Pianificazione delle Forze Anfibie. Dal 1994 al 1996 ha lavorato presso l’O.N.U. e presso lo Stato Maggiore della Difesa come Vice Presidente dell’Istituto Superiore di Stato Maggiore Interforze. Dal 1996 al 1999 è stato Addetto Navale presso le Ambasciate D’Italia a Mosca e a Varsavia. Dal 1999 al 2000 ha ricoperto l’incarico di Capo Reparto del Servizio Fari e Fanali nazionale.
Ha frequentato L’Istituto di Guerra Marittima di Livorno, ed il Naval Command Course di Newport (R.I.) negli U.S.A..
Ha conseguito la laurea in Scienze Marittime e Navali presso l’Università di Pisa, parla l’inglese, lo spagnolo ed il russo.
Si è ritirato dal servizio attivo nel settembre 2000 con il grado di Contrammiraglio, vive a Smirra, frazione di Cagli ( P.U.) dove gestisce un Bed & Breakfast di sua proprietà.

12 marzo 2009 ALESSANDRO PAZZAGLIA

CONIUGI E CONVIVENTI: DIRITTI E DOVERI A RAFFRONTO.

PROFILI GIURIDICI DELLA C.D. FAMIGLIA DI FATTO ( CONVIVENZA )

C’è chi traccia un parallelo non solo in termini sociali ma anche in termini giuridici fra famiglia legittima e c.d. famiglia di fatto, fenomeno quest’ultimo assai antico, un tempo indicato con il termine concubinato ovvero con l’espressione convivenza more uxorio.
Il fenomeno consiste, sostanzialmente in questo: un uomo e una donna ( il legame omosessuale, almeno secondo i più, non è ancora socialmente stabilizzato ), liberi o già sposati con terzi, ma separati legalmente o divorziati, vivono e si comportano anche esternamente come coniugi senza essere tra di loro sposati. Il problema che si pone al giurista è come sono regolati i rapporti all’interno di questo nucleo, caratterizzato soprattutto dalla precarietà ( che non significa però, secondo la giurisprudenza, occasionalità o mera coabitazione ) , potendo esso venir meno in ogni momento senza alcuna formalità e senza le garanzie costituite dal controllo giurisdizionale ?
Dal punto di vista dell’impostazione di fondo, c’è chi, in dottrina, trascurando il ruolo di esclusività che è riservato dalla Costituzione alla famiglia legittima, sostiene che anche la famiglia di fatto , pur senza essere fondata sul matrimonio, ben possa qualificarsi come famiglia in senso tecnico-giuridico e quindi possa essere disciplinata, per analogia, dalla normativa sulla famiglia legittima, con l’unica diversità derivante dalla mancanza dell’atto di matrimonio, che renderebbe inapplicabili tutte le disposizioni, in qualche modo, ricollegate a tale formalità.
A noi interessa, maggiormente, analizzare la posizione della giurisprudenza, la quale nega tale potenziale equiparazione e va alla ricerca, caso per caso, di criteri e soluzioni che possano offrire una qualche forma di tutela. Dunque la disciplina giurisprudenziale, come è nella sua natura, si caratterizza per la frammentarietà.
Da questo punto di vista pare necessario distinguere tre aspetti del problema: i rapporti con i figli naturali, i rapporti fra i conviventi, i rapporti con i terzi.

Rapporti con i figli naturali.La filiazione naturale, è, dal nostro ordinamento, pressoché equiparata, sul piano della concreta disciplina, alla filiazione legittima ( es. diritti nei confronti dei genitori, compresi i diritti successori ), anche se non può parlarsi di status familiare per inesistenza di una famiglia in senso stretto ( in particolare il figlio naturale, secondo l’opinione prevalente, stabilisce un rapporto giuridico solo con il genitore che lo riconosce, non anche con i parenti di quest’ultimo ).
La rilevanza della filiazione naturale ex art. 30 Cost. non significa dunque rilevanza della famiglia di fatto. Né tale rilevanza è presupposta dall’art. 317 bis c.c., che disciplina la potestà dei genitori sul figlio naturale, perché anche in tal caso, la norma non regola i rapporti familiari ma unicamente il rapporto di filiazione, stabilendo che la potestà è esercitata , se conviventi, da entrambi i genitori.
La convivenza di cui parla l’art. 317 bis , non è la convivenza fra i genitori, ma la convivenza con il figlio, cosicché se i genitori convivono ma il figlio non convive con loro la potestà sarà esercitata dal primo dei genitori che ha operato il riconoscimento, secondo quanto detta lo stesso art. 317 bis al co. 2.
Non è dunque possibile fare riferimento all’art. 317 bis per dimostrare che il legislatore ha inteso dare rilevanza alla famiglia di fatto come tale. Del resto la difficoltà di sostenere questa tesi è dimostrata anche dalla circostanza che parte della dottrina ipotizza l’esistenza di tale ( pseudo ) famiglia solo in presenza di figli e fino a quando costoro siano minorenni.

Rapporti tra conviventi.Ma il vero nocciolo del problema sta nel verificare se sussistano diritti e obblighi fra i conviventi, nei loro reciproci rapporti.
Per quanto riguarda i rapporti successori, la Corte costituzionale ( CC 89/310 e CC 98/2) ha negato che il partner possa essere assimilato, ex art. 3 Cost., al coniuge. Infatti riconoscere la convivenza more uxorio come titolo di vocazione legittima all’eredità, da un lato, contrasterebbe con le ragioni del diritto successorio, il quale esige che le categorie dei successibili siano individuate in base a rapporti giuridici certi e incontestabili ( qual è il rapporto di coniugio ), dall’altro per le conseguenze che comporterebbe nei rapporti fra i due partners ( non solo l’obbligazione alimentare, ma anche qualcosa di simile all’obbligo di fedeltà ) , contraddirebbe alla stessa natura della convivenza, che è un rapporto di fatto per definizione rifuggente da qualificazioni giuridiche di diritti e obblighi reciproci. Inoltre, è ben vero che la famiglia di fatto può essere ricompressa nella previsione di cui all’art. 2 Cost. ( che riconosce e tutela i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità ), ma è anche vero che il diritto a succedere mortis causa non rientra fra quelli inviolabili ( come emerge dall’art. 42 co. 4 Cost. secondo cui la legge stabilisce norme e limiti alla successione legittima e testamentaria ).
Quanto al diritto all’abitazione della casa paraconiugale, di proprietà del partner defunto, attribuito al coniuge superstite dall’art. 540 c.c., la stessa Corte lo ha negato al convivente superstite, essenzialmente perché , oggetto della tutela della norma non è il diritto all’alloggio ma sono altri interessi di natura non patrimoniale, riconoscibili solo in testa all’erede, quali la conservazione della memoria del coniuge scomparso, il mantenimento del tenore di vita, delle relazioni sociali e degli status symbols goduti durante il matrimonio. Peraltro la Corte afferma che spetta al legislatore ordinario il potere di decidere se tutelare l’interesse del convivente superstite in altra forma, scegliendo, in caso positivo, tra le due forme del diritto reale di abitazione vita natural durante e del diritto personale di godimento temporalmente circoscritto.
La tesi della Corte merita di essere criticata perché non può negarsi che l’interesse primario tutelato dalla norma sia quello all’alloggio, mentre quelli di carattere non patrimoniale restano semmai sullo sfondo, cosicché non si ravvisa alcuna diversità di ratio rispetto all’ipotesi di successione nel contratto di locazione, successione assicurata dalla stessa Corte con altra sentenza di cui si dirà.
Per quanto riguarda invece, i rapporti inter vivos, si tratta di stabilire se tra i nostri conviventi sussistano, durante il ménage, l’obbligo di mantenimento, e, in seguito alla sua cessazione, l’obbligo di corrispondere un assegno alimentare.
Dal primo punto di vista, la giurisprudenza, dopo una lunga evoluzione, configura ormai l’obbligo di mantenimento ( analogo a quello fra coniugi ex art. 143 c.c. ) come una obbligazione naturale ( il cui regime si sintetizza nell’espressione nec actio nec repetitio ), in base all’indubbia valenza sociale e anche morale riconosciute oggi alla convivenza come coniugi: Tale qualifica, invece, viene negata all’elargizione di gioielli, da considerarsi, a seconda dei casi, donazione o liberalità d’uso.
Dal secondo punto di vista, invece, nessun rapporto è configurabile, nemmeno se la rottura della convivenza è ingiustificata, non costituendo tale comportamento un illecito civile ex art. 2043 c.c. per il principio volenti non fit iniuria ( si ravvisa, cioè un consenso dell’avente diritto alla lesione ). Il partner non proprietario o non titolare del diritto di godimento sulla casa paraconiugale, se scacciato, non avrà pertanto alcun diritto all’abitazione, discutendosi solo se possa far valere una situazione possessoria ( la giurisprudenza prevalente lo nega , assimilando il partner a un ospite ).
Peraltro la durata della convivenza come coniugi, se poi segue il matrimonio, potrebbe essere considerata ai fini della fissazione dell’assegno divorzile ( art. 5 co. 6 L.D. ) . Egualmente dovrebbe dirsi per le circostanze, cui rinvia l’art. 156 co. 2 c.c. per la fissazione dell’assegno di separazione.
Taluni hanno tentato di configurare una sorta di arricchimento senza causa che il convivente casalingo ( di regola la donna ) potrebbe far valere nei confronti dell’altro, una volta abbandonato senza giusto motivo. La tesi non convince perché l’apporto del convivente casalingo è bilanciato dal mantenimento che riceve dall’altro.

Rapporti con i terzi.
Nei rapporti con i terzi, viceversa, ciò che può rilevare non è tanto l’esistenza di una famiglia di fatto quanto il fatto della convivenza.
Così, in materia di revisione dell’assegno di separazione o divorzile, se convivente è l’obbligato a corrispondere l’assegno dovrà tenersi conto di quanto egli versa in sede di contribuzione al ménage paraconiugale; se invece, convivente è che riceve l’assegno , dovrà tenersi conto, anche con possibile sospensione, dell’aiuto che costui eventualmente riceve dal partner.
Rileva dunque il fatto dell’aiuto economico dato o ricevuto e non già il rapporto paraconiugale in sé, tanto è vero che analoga rilevanza assume , in questo contesto, l’aiuto dato o ricevuto in modo continuativo dai familiari pur al di fuori di ogni obbligo di legge.
Parimenti l’ uccisione del partner dà sempre diritto al risarcimento del danno morale ex art. 2059 c.c., mentre per quello patrimoniale il convivente superstite deve dare la prova della stabilità delle contribuzioni ricevute in vita dal defunto, salvo ritenere che il danno sia in re ipsa , come esito della lesione di un diritto assoluto di libertà, che si manifesta ex art. 2 Cost., nella convivenza di fatto.
Il convivente more uxorio succede nel contratto di locazione ex art. 6 L. 78/392 se il partner- locatario muore, considerato che tale norma prevede la successione anche di estranei, quale può essere l’erede testamentario; se invece il partner abbandona la residenza per rottura del ménage, la successione è subordinata al fatto che al convivente stesso siano affidati i figli naturali.Tale ultima regola valle anche per la successione nell’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. La tutela del diritto sociale al godimento dell’immobile e della filiazione, anche naturale, e non già l’assimilazione al coniuge, è alla base di queste statuizioni.

Conclusioni.In conclusione possiamo osservare che secondo noi un intervento legislativo in questa materia sarebbe inopportuno perché condurrebbe a teorizzare a fianco della famiglia legittima una famiglia deminuta , con un proprio statuto di serie b, che varrebbe solo ad alimentare la confusione che regna. Così accadrebbe se fossero approvati i ddl a più riprese presentati in Parlamento, che intenderebbero regolamentare i rapporti patrimoniali tra i conviventi durante e dopo la convivenza.
I conviventi possono invece risolvere in piena autonomia, utilizzando lo strumento del contratto atipico ( art. 1322 c.c. ) , i problemi di carattere patrimoniale, soprattutto quello di definire i rapporti di natura economica una volta cessata la convivenza per accordo o per rottura più o meno ingiustificata.
Solo lo strumento dell’autonomia garantisce infatti ai conviventi che sarà mantenuta sul piano della libertà una scelta che si affida al giorno per giorno e non intende guardare al futuro, una scelta che non può essere punita con l’imposizione di regole imperative, in nome di una pretesa tutela del partner più debole. Visione, questa, arcaica, che guarda al passato e alla condizione della c.d. concubina, ma che non si attaglia al momento attuale, in cui la convivenza more uxorio costituisce una libera scelta anche per la donna ed anzi proprio per la donna, per quella donna che vede nella convivenza extramatrimoniale un ulteriore riflesso della sostanziale parità tra i sessi, non invocata a parole ma vissuta nei fatti e nelle scelte quotidiane.
I l D o t t . A l e s s a n d r o P a z z a g l i a r i s i e d e a C a g l i .

N e l 1 9 9 3 h a c o n s e g u i t o l a m a t u r i t à p r e s s o i l L i c e o S c i e n t i f i c o S t a t a l e G . T o r e l l i d i F a n o ( P U ) c o n i l v o t o d i 6 0 / 6 0 ( l i n g u a s t r a n i e r a : f r a n c e s e ) o l t r e a l d i p l o m a d i l i n g u a i n g l e s e , l i v e l l o e l e m e n t a r y , c o n s e g u i t o c o n v o t i m a s s i m i p r e s s o l a E s s e x U n i v e r s i t y d i C o l c h e s t e r ( U . K . ) a s e g u i t o d i c o r s o b i - s e t t i m a n a l e .

A N N O 2 0 0 0 :
- d i p l o m a d i l a u r e a i n g i u r i s p r u d e n z a , c o n s e g u i t o i n d a t a 2 4 / 1 0 c o n i l v o t o d i 1 1 0 / 1 1 0 e l o d e p r e s s o l 'U n i v e r s i t à d e g l i S t u d i d i P e r u g i a . T e s i i n d i r i t t o c i v i l e s u l t e m a L a n e g o z i a l i t à d i c o n t e n u t o p a t r i m o n i a l e f r a c o n i u g i i n c r i s i , r e l a t o r e P r o f . A n t o n i o P a l a z z o ;
- i n i z i o d e l l a c o l l a b o r a z i o n e c o n l a C a t t e d r a d i I s t i t u z i o n i d i d i r i t t o p r i v a t o ( P r o f . A n t o n i o P a l a z z o p o i P r o f . A n d r e a S a s s i ) e d i D i r i t t o d i f a m i g l i a ( P r o f . R o b e r t o P r e l a t i ) a n c o r a i n a t t o : t u t o r a t o s t u d e n t i , p a r t e c i p a z i o n e a c o m m i s s i o n i d i e s a m e , p u b b l i c a z i o n i s c i e n t i f i c h e . S a g g i o d a l t i t o l o R i f l e s s i o n i s u g l i a c c o r d i e c o n o m i c i p r e v e n t i v i d i d i v o r z i o c o n f l u i t o n e l l a r i v i s t a V i t a n o t a r i l e n . 2 / 0 1 e n o t a a T r i b u n a l e d i T e r n i L a f i n z i o n e d i a v v e r a m e n t o d e l l a c o n d i z i o n e : a l c u n i l i m i t i a l l a s u a a p p l i c a z i o n e i n u n c a s o c l a s s i c o c o n f l u i t a n e l l a r i v i s t a R a s s e g n a g i u r i d i c a u m b r a n . 1 - 2 / 0 1 .

A N N O 2 0 0 1 :
- c o n t r i b u t o , c o n c e r n e n t e l a s i t u a z i o n e i n g l e s e , a l l a r i c e r c a c o n d o t t a d a l P r o f . A . P a l a z z o s u T u t e l a d e l c o n s u m a t o r e e r e s p o n s a b i l i t à c i v i l e d e l p r o d u t t o r e e d e l d i s t r i b u t o r e d i a l i m e n t i i n E u r o p a e n e g l i S t a t i U n i t i ( c o n f l u i t a n e l l a r i v i s t a E u r o p a e D i r i t t o p r i v a t o n . 3 / 2 0 0 1 , p . 6 8 5 e s s . ) ;
- d i p l o m a d i i n g l e s e g e n e r a l e P i t m a n L e v . U p p e r - i n t e r m e d i a t e c o n s e g u i t o c o n v o t o m a s s i m o ( f i r s t c l a s s ) a s e g u i t o d i c o r s o t r i m e s t r a l e ( g e n n a i o - m a r z o ) o r g a n i z z a t o d a l K i n g s C o l l e g e d i L o n d r a ;
- d i p l o m a d i i n g l e s e l e g a l e E S B L e v . A d v a n c e d - 1 c o n s e g u i t o c o n v o t o g o o d p a s s a s e g u i t o d i c o r s o t r i m e s t r a l e ( g e n n a i o - m a r z o ) o r g a n i z z a t o d a l K i n g s C o l l e g e d i L o n d r a ;
d i p l o m a T O E F L c o n s e g u i t o i n d a t a 0 9 / 0 5 a R o m a c o n i l v o t o d i 2 1 0 / 3 0 0 ;
i n s e g n a m e n t o d i l i n g u a e c o n v e r s a z i o n e i t a l i a n a a s t r a n i e r i p r e s s o i l C e n t r o S t u d i I t a l i a n i d i U r b a n i a ( P U ) d i r e t t o d a l P r o f . A . P a s o t t o ( m e s e d i a g o s t o ) .
p a r t e c i p a z i o n e a l c o r s o d i p r e p a r a z i o n e a l c o n c o r s o i n m a g i s t r a t u r a t e n u t o d a l d o t t . R o c c o G a l l i i n R o m a ( m e s i d i s e t t e m b r e e o t t o b r e ) ;

A N N O 2 0 0 2 :
- i n i z i o , i n d a t a 1 3 / 0 9 , d e l l a p r a t i c a f o r e n s e p r e s s o l o s t u d i o l e g a l e e t r i b u t a r i o a s s o c i a t o C a l a n d r i n i G u a z z a r o n i - M o n t e s i - P a i n e l l i s i t o i n C a g l i e i n P e s a r o ( P U ) ;
- i n i z i o , i n p a r i d a t a , d e l l a f r e q u e n t a z i o n e d e l l a S c u o l a f o r e n s e , i s t i t u i t a d a g l i O r d i n i d e g l i A v v o c a t i d i A n c o n a e U r b i n o p e r l a p r e p a r a z i o n e a l l e s a m e d i a b i l i t a z i o n e .

A N N O 2 0 0 4 :
- u l t i m a z i o n e , i n d a t a 1 3 / 0 9 , d e l b i e n n i o d i p r a t i c a l e g a l e e d i s c u o l a f o r e n s e ;
- v i n c i t o r e d i p u b b l i c o c o n c o r s o ( p o s i z . n . 6 n e l l a g r a d u a t o r i a f i n a l e d i m e r i t o d e l l a R e g i o n e M a r c h e ) , e a s s u n z i o n e p r e s s o l A g e n z i a d e l l e E n t r a t e , U f f i c i o l o c a l e d i F a n o ( P U ) c o n l a q u a l i f i c a d i f u n z i o n a r i o A I I I F I a n c o r a i n a t t o .

A N N O 2 0 0 5 :

- p a r t e c i p a z i o n e a l c o r s o L a d i f e s a d u f f i c i o , d i 2 4 0 r e , o r g a n i z z a t o d a l l O r d i n e d e g l i A v v o c a t i d i P e s a r o e d a l l a C a s a e d i t r i c e I P S O A ( P e s a r o , 1 8 / 2 - 0 8 / 0 4 ) ;
- c o n s e g u i m e n t o d e l l a b i l i t a z i o n e a l l e s e r c i z i o d e l l a p r o f e s s i o n e f o r e n s e ( t i t o l o d i a v v o c a t o ) ( 2 6 s e t t e m b r e ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e a l c o r s o a d i s t a n z a d i s p e c i a l i z z a z i o n e i n d i r i t t o c i v i l e , p e n a l e e a m m i n i s t r a t i v o , o r g a n i z z a t o d a D i r e k t a . s . r . l . d i R o m a p e r l a p r e p a r a z i o n e a l c o n c o r s o i n m a g i s t r a t u r a p e r u n t o t a l e d i 6 0 o r e ( 2 4 / 0 9 - 1 6 / 1 2 ) .
- p a r t e c i p a z i o n e a l s e m i n a r i o d i q u a t t r o o r e d i d i r i t t o d e l m e r c a t o f i n a n z i a r i o t e n u t o d a l P r o f . S t e f a n o V i n c e n z i d e l l U n i v e r s i t à d i U r b i n o s u d i s c i p l i n a d e i p r o s p e t t i e s o l l e c i t a z i o n e d e l p u b b l i c o r i s p a r m i o ( U r b i n o , d i c e m b r e ) ;

A N N O 2 0 0 6 :
- s v o l g i m e n t o d e l l a p r a t i c a n o t a r i l e ( m e s i 1 8 ) p r e s s o l o s t u d i o d e l n o t a i o R o b e r t o R i z z i i n C a g l i ( P U ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , c o m e u d i t o r e , a l c o n v e g n o P r o s p e t t i v e d i r i f o r m a d e l l i b r o I V d e l c o d i c e c i v i l e o r g a n i z z a t o p e r i 5 0 a n n i d e l l a R i v i s t a d i d i r i t t o c i v i l e e d i t a d a C e d a m ( T r e v i s o , 2 3 - 2 4 - 2 5 m a r z o ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e a l s e m i n a r i o d i q u a t t r o o r e ( 7 e 8 a p r i l e ) d i d i r i t t o d e l m e r c a t o f i n a n z i a r i o t e n u t o d a l P r o f . S t e f a n o V i n c e n z i d e l l U n i v e r s i t à d i U r b i n o s u d i s c i p l i n a d e l m a r k e t a b u s e e t u t e l a d e l r i s p a r m i o ;
- r e l a t o r e a l s e m i n a r i o o r g a n i z z a t o d a l l a A s s o c i a z i o n e c u l t u r a l e B u s i l l i s d i S a n G i u s t i n o ( P G ) s u l t e m a L a d i s c u s s a v a l i d i t à d e g l i a c c o r d i e c o n o m i c i p r e v e n t i v i d i d i v o r z i o ( 1 0 g i u g n o ) ;
- v i n c i t o r e d i p u b b l i c o c o n c o r s o p e r l a m m i s s i o n e a l C o r s o d i d o t t o r a t o d i r i c e r c a i n D i r i t t o d e i c o n t r a t t i ( p o s . n . 3 n e l l a g r a d u a t o r i a f i n a l e d i m e r i t o , p u n t e g g i o 4 8 / 6 0 ) p r e s s o l U n i v e r s i t à d e g l i S t u d i d i M a c e r a t a ( 0 3 o t t o b r e ) . T e m a d i r i c e r c a a s s e g n a t o : I l p a t t o d i f a m i g l i a , f r a p a s s a t o , p r e s e n t e e f u t u r o d e l l a s u c c e s s i o n e n e l l i m p r e s a d i f a m i g l i a ( t u t o r P r o f . E n r i c o D e l P r a t o ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l l a p r o l u s i o n e d e l P r o f . P i e t r o P e r l i n g e r i t e n u t a p r e s s o l a S c u o l a d i s p e c i a l i z z a z i o n e p e r l e p r o f e s s i o n i l e g a l i d e l l U n i v e r s i t à d i P e r u g i a , d a l t e m a I l d i r i t t o c i v i l e n e l l a l e g a l i t à c o s t i t u z i o n a l e ( 1 9 g e n n a i o ) ;

- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l c o n v e g n o o r g a n i z z a t o d a l l a S I S D I C ( S o c i e t à i t a l i a n a s t u d i o s i d i d i r i t t o c i v i l e ) s u l t e m a L i n t e r p r e t a z i o n e d e i r a p p o r t i c i v i l i s t i c i i n 5 0 a n n i d i a t t i v i t à d e l l a C o r t e C o s t i t u z i o n a l e ( C a p r i , 1 8 - 2 0 a p r i l e 2 0 0 6 ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l c o n v e g n o o r g a n i z z a t o d a l C o n s i g l i o n o t a r i l e d i P e s a r o e U r b i n o s u I l p a t t o d i f a m i g l i a ( 1 1 m a g g i o ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l c o n v e g n o o r g a n i z z a t o d a l C o n s i g l i o n o t a r i l e d i P e s a r o e U r b i n o s u M o d i f i c h e a l p r o c e s s o e s e c u t i v o ( P e s a r o , 1 5 g i u g n o ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l l a l e z i o n e t e n u t a d a l P r o f . A d o l f o D i M a j o s u L a c c o r d o n e l c o n t r a t t o ( P e r u g i a , 4 o t t o b r e ) ;

- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a g l i i n c o n t r i d i s t u d i o t e n u t i p r e s s o i l C o n s i g l i o n o t a r i l e d i P e s a r o e U r b i n o s u C i v i l l a w - C o m m o n l a w , u n c o n n u b i o p o s s i b i l e ? e L a r e s p o n s a b i l i t à p r e c o n t r a t t u a l e i n C o m m o n l a w ( P e s a r o , 1 1 o t t o b r e ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l l a l e z i o n e t e n u t a d a l P r o f . A u r e l i o G e n t i l i s u L a f o r m a d e l c o n t r a t t o ( P e r u g i a , 2 4 o t t o b r e ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l l a l e z i o n e t e n u t a d a l P r o f . R o b e r t o P a r d o l e s i s u I r i m e d i i n m a t e r i a c o n t r a t t u a l e ( P e r u g i a , 2 1 n o v e m b r e ) ;

- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l l a l e z i o n e t e n u t a d a l P r o f . G i o v a n n i B a t t i s t a F e r r i s u L a c a u s a d e l c o n t r a t t o ( P e r u g i a , 5 d i c e m b r e ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e a l c o r s o o n l i n e 2 0 0 6 t e n u t o d a A l t a l e x e d i r e t t o d a l P r o f . P a o l o F r a n c e s c h e t t i p e r l a p r e p a r a z i o n e a l c o n c o r s o i n m a g i s t r a t u r a ;
A N N O 2 0 0 7 :
- i n i z i o d e l c o n g e d o s t r a o r d i n a r i o p e r m o t i v i d i s t u d i o d a l l ' A g e n z i a d e l l e E n t r a t e , a n c o r a i n a t t o ( 1 7 g e n n a i o ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l l a p r o l u s i o n e d e l P r o f . F r a n c e s c o P a o l o L u i s o t e n u t a p r e s s o l a s c u o l a d i s p e c i a l i z z a z i o n e p e r l e p r o f e s s i o n i l e g a l i d e l l U n i v e r s i t à d i P e r u g i a , d a l t e m a L a v o l o n t a r i a g i u r i s d i z i o n e n e l s i s t e m a d e l l a t u t e l a d e i d i r i t t i ( P e r u g i a , 1 7 g e n n a i o ) ;
- l e z i o n e t e n u t a n e l l a m b i t o d e l c o r s o d i I s t i t u z i o n i d i d i r i t t o p r i v a t o d e l l a F a c o l t à d i g i u r i s p r u d e n z a d e l l U n i v e r s i t à d i P e r u g i a s u l t e m a L a v i s e x p a n s i v a d e l l a b u o n a f e d e o g g e t t i v a ( P e r u g i a , 1 7 m a g g i o ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l c o n v e g n o o r g a n i z z a t o d a l l U n i v e r s i t à L u i s s G u i d o C a r l i d i R o m a s u l t e m a L a t u t e l a d e l l a c o n c o r r e n z a , f r a p o t e r i r e g o l a t i v i d e l l e A u t o r i t à i n d i p e n d e n t i e c o n t r o l l i g i u r i s d i z i o n a l i ( R o m a , 1 9 g e n n a i o ) ;

- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l c o n v e g n o o r g a n i z z a t o d a l C o n s i g l i o n o t a r i l e d i G e n o v a e C h i a v a r i e d a l l a F a c o l t à d i g i u r i s p r u d e n z a d i G e n o v a s u L a c o n t r a t t u a l i z z a z i o n e d e l d i r i t t o d i f a m i g l i a ( G e n o v a , 2 e 3 f e b b r a i o ) ;

- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l I I C o n g r e s s o g i u r i d i c o d i a g g i o r n a m e n t o f o r e n s e o r g a n i z z a t o d a l C N F i n R o m a ( R o m a , 1 5 , 1 6 e 1 7 m a r z o ) ;

- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l c o n v e g n o o r g a n i z z a t o d a l l U n i v e r s i t à d i P e r u g i a s u L a f i l i a z i o n e ( i n o c c a s i o n e d e l l a p r e s e n t a z i o n e d e l v o l u m e L a f i l i a z i o n e d i A . P a l a z z o ) e a l l a l e z i o n e s u L e c l a u s o l e g e n e r a l i t e n u t a d a l P r o f . S t e f a n o R o d o t à ( P e r u g i a , 1 7 a p r i l e ) ;

- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l l a c o n f e r e n z a t e n u t a p r e s s o l U n i v e r s i t à d i P e r u g i a d a l P r o f . G i o v a n n i F i a n d a c a s u L ‘ a s s o c i a z i o n e d i t i p o m a f i o s o e i l c . d . c o n c o r s o e s t e r n o ( P e r u g i a , 1 9 a p r i l e ) ;

- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l c o n v e g n o o r g a n i z z a t o d a l C o n s i g l i o n o t a r i l e d i A n c o n a s u F a m i g l i a & I m p r e s a ( A n c o n a , 1 2 m a g g i o ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l c o n v e g n o o r g a n i z z a t o d a l l U n i v e s i t à d i R o m a I I I s u L a f i l i a z i o n e ( i n o c c a s i o n e d e l l a p r e s e n t a z i o n e d e l v o l u m e L a f i l i a z i o n e d i A . P a l a z z o ) ( R o m a , 1 4 m a g g i o ) ;
- l e z i o n e t e n u t a n e l l a m b i t o d e l c o r s o d i E l e m e n t i d i d i r i t t o d e l l a F a c o l t à d i S c i e n z e m o t o r i e d e l l U n i v e r s i t à d i P e r u g i a s u l t e m a L a r e s p o n s a b i l i t à d a f a t t o i l l e c i t o ( 1 3 n o v e m b r e ) ;

- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l c o n v e g n o o r g a n i z z a t o i n R o m a d a l C o n s i g l i e r e R o b e r t o G a r o f o l i s u I l c o d i c e d e i c o n t r a t t i p u b b l i c i a l l a l u c e d e l l e m o d i f i c h e i n t e r v e n u t e e d i q u e l l e i n g e s t a z i o n e ( R o m a , 2 4 m a g g i o ) ;

- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l 1 3 ° G e n e r a l M e e t i n g d i T h e c o m m o n c o r e o f e u r o p e a n p r i v a t e l a w ( T r e n t o p r o j e c t ) , ( T o r i n o , 6 e 7 l u g l i o ) .

- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l l a s e c o n d a s e t t i m a n a d i s t u d i o s u l D i r i t t o p r i v a t o c o m u n i t a r i o , ( C a m e r i n o , 3 , 4 , 5 e 6 s e t t e m b r e ) ;

- f r u i z i o n e d e l c o r s o o n l i n e i n t e n s i v o p e r l a p r e p a r a z i o n e a l c o n c o r s o i n m a g i s t r a t u r a d i r e t t o d a i C o n s i g l i e r i F . C a r i n g e l l a e G . G i o v a g n o l i ( m a r z o - s e t t e m b r e ) ;

- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l c o n v e g n o o r g a n i z z a t o d a l l U n i v e r s i t à d i U r b i n o , F a c o l t à d i G i u r i s p r u d e n z a , i n c o l l a b o r a z i o n e c o n i l C e n t r o i n t e r n a z i o n a l e d i s t u d i p e r u n P r o c e s s o P e n a l e E u r o p e o e l A s s o c i a z i o n e n a z i o n a l e m a g i s t r a t i S e z i o n e r e g i o n a l e M a r c h e , d a l t i t o l o M a g i s t r a t i i n E u r o p a . I n d i p e n d e n z a , p r o f e s s i o n a l i t à , r e s p o n s a b i l i t à ( U r b i n o , 9 e 1 0 n o v e m b r e ) ;

- g i u d i z i o d i i d o n e i t à , e s p r e s s o d a l c o l l e g i o d o c e n t i , a l l a p r o s e c u z i o n e d e l d o t t o r a t o d i r i c e r c a ( M a c e r a t a , 3 0 n o v e m b r e ) .
A N N O 2 0 0 8 .
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l c o n v e g n o o r g a n i z z a t o d a l l U n i v e r s i t à d i U r b i n o e d a l l O r d i n e d e g l i a v v o c a t i d i U r b i n o , s u l t e m a D a l l u d i e n z a p r e l i m i n a r e a l l u d i e n z a d i c o n c l u s i o n e d e l l e i n d a g i n i , r e l a t o r e P r o f . G i u s e p p e R i c c i o ( P r e s i d e n t e d e l l a c o m m i s s i o n e m i n i s t e r i a l e d i r i f o r m a d e l c o d i c e d i p r o c e d u r a p e n a l e ) , ( U r b i n o , 2 2 f e b b r a i o ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l l i n c o n t r o d i s t u d i o o r g a n i z z a t o d a l C o n s i g l i o n o t a r i l e d i P e s a r o e U r b i n o s u l t e m a F o r m a l i t à c i v i l i s t i c h e e f i s c a l i r e l a t i v e a l c o n t r a t t o p r e l i m i n a r e a l l a l u c e d e l l a l e g g e B e r s a n i ( r e l a t o r i : N o t . L . R a g a z z i n i , N o t . C . L i c i n i , N o t . M . S p i n a z z o l a ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l s e m i n a r i o , t e n u t o n e l l a m b i t o d e l d o t t o r a t o i n T u t e l a g i u r i s d i z i o n a l e d e l l e s i t u a z i o n i g i u r i d i c h e s o g g e t t i v e d e l l U n i v e r s i t à d i P e r u g i a , d a l t i t o l o I l d i a l o g o f r a l e a l t e C o r t i : C o r t e C o s t i t u z i o n a l e , C o r t e d i G i u s t i z i a C o m u n i t a r i a e C o r t e E u r o p e a d e i d i r i t t i d e l l u o m o ( r e l a t o r i P r o f . S o r r e n t i n o U n i v . L a S a p i e n z a d i R o m a ; P r o f . M a s t r o i a n n i U n i v . F e d e r i c o I I d i N a p o l i ) ( P e r u g i a , 2 7 m a r z o ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l c o n v e g n o o r g a n i z z a t o d a l C o m i t a t o u n i v e r s i t a r i o d i b i o e t i c a d e l l a t e n e o p e r u g i n o d a l t i t o l o B i o e t i c a e d i r i t t o ( R e l t o r i : p r o f f . A . P a l a z z o , A . B e l l e l l i , V . R i z z o ) ( P e r u g i a , 1 1 a p r i l e ) ;
- l e z i o n e t e n u t a n e l l a m b i t o d e l c o r s o d i D i r i t t o d i f a m i g l i a d e l l a F a c o l t à d i g i u r i s p r u d e n z a d e l l U n i v e r s i t à d i P e r u g i a s u l t e m a I l d i v o r z i o ( P e r u g i a , 1 6 a p r i l e ) ;
- l e z i o n e t e n u t a n e l l a m b i t o d e l c o r s o d i D i r i t t o d i f a m i g l i a d e l l a F a c o l t à d i g i u r i s p r u d e n z a d e l l U n i v e r s i t à d i P e r u g i a s u l t e m a G l i a c c o r d i e c o n o m i c i p r e v e n t i v i d i d i v o r z i o ( 1 7 a p r i l e ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l c o n v e g n o i n t e r n a z i o n a l e o r g a n i z z a t o d a l l ' U n i v e r s i t à d i U r b i n o , F a c o l t à d i g i u r i s p r u d e n z a , d a l t i t o l o V i o l e n z a d i g e n e r e , l e s o l u z i o n i p o s s i b i l i . I l m o d e l l o s p a g n o l o c o m p a r a t o ( U r b i n o , 1 4 m a g g i o ) ;
- p a r t e c i p a z i o n e , i n q u a l i t à d i u d i t o r e , a l c o n f e r i m e n t o d e l l a l a u r e a h o n o r i s c a u s a i n t e o r i a e t e c n i c h e d e l l a n o r m a z i o n e g i u r i d i c a a l p r o f . P i e t r o R e s c i g n o , d a p a r t e d e l l ' U n i v e r s i t à d i M a c e r a t a . L e c t i o d o c t o r a l i s s u D i r i t t o p r i v a t o e s o c i e t à p l u r a l i s t a ( M a c e r a t a , 2 1 m a g g i o ).

9 marzo 2009 AMEDEO PAPI

Efficienza energetica in architettura.
Cosa significa “edificio a basso consumo energetico”?

Gli edifici a basso consumo energetico, coniugano comfort abitativo a risparmio energetico, collocandosi all’interno di una specifica classe energetica in base a quanto combustibile consumano all'anno per ogni metro quadro di superficie riscaldata.
La classificazione energetica degli edifici consente pertanto di attribuire alle abitazioni una classe, dalla più virtuosa energeticamente, e quindi economicamente, alla più dispendiosa come mostrato di seguito:
CASA PASSIVA :meno di 15 Kwh/mq.annuo = meno di 1,5 litri gasolio/mq annuo
Classe energetica A: meno di 30 Kwh/mq annuo = meno di 3 litri gasolio/mq annuo
Classe energetica B: tra 31-50 Kwh/mq annuo = 3,1-5 litri gasolio/mq annuo

Classe energetica C: tra 51-70 Kwh/mq annuo = 5,1-7 litri gasolio/mq annuo
Classe energetica D: tra 71-90 Kwh/mq annuo = 7,1-9 litri gasolio/mq annuo
Classe energetica E: tra 91-120 Kwh/mq annuo = 9,1-12 litri gasolio/mq annuo
Classe energetica F:tra 121-160 Kwh/mq annuo = 12,1-16 litri gasolio/mq annuo
Classe energetica G: > 160 Kwh/mq annuo = > 16 litri gasolio/mq annuo
La certificazione energetica degli edifici prevede una sezione per la classe di isolamento termico ed una per la qualità dell’impiantistica ad alta efficienza energetica. La certificazione energetica degli edifici è uno strumento di informazione per l'acquirente o il conduttore sulla prestazione energetica ed il grado di efficienza di abitazioni e fabbricati e contribuisce a rivalutarne l’immagine e ad incrementarne il valore di mercato. Come tale, a garanzia della sua attendibilità, la certificazione energetica dovrà essere rilasciata da esperti o organismi terzi estranei alla proprietà, dei quale dovranno essere garantiti la qualificazione e l'indipendenza. Ottenuta la certificazione, viene rilasciata la targhetta energetica da esporre sulla facciata degli edifici a basso consumo energetico in classe B, A e passivi come segno tangibile e riconoscibile della classe energetica di appartenenza. Attualmente, in Italia, siamo in attesa dell’emanazione delle linee guida nazionali e dei decreti ministeriali che fissino i criteri ed i requisiti professionali per l'individuazione degli esperti o degli organismi cui affidare la certificazione energetica. Fintantoché non siano state emanate le norme regolamentari di cui sopra, la certificazione energetica degli edifici è sostituita a tutti gli effetti (e quindi anche agli effetti dell'allegazione agli atti traslativi e della consegna in caso di locazione) dall'attestato di qualificazione energetica o da una equivalente procedura di certificazione energetica stabilita dal Comune.

Il decreto legge 133 (entrato in vigore il 21 agosto 2008) ha eliminato l'obbligo di allegare all'atto di compravendita o locazione di un appartamento l'Attestato di Certificazione Energetica (ACE) e la sanzione relativa che prevedeva l'annullamento in caso di mancata presentazione. Ma l'obbligo di produrre la Certificazione Energetica sulle case nuove e nel caso di compravendita o locazione degli edifici rimane inalterato nei tempi e con le scadenze previste dal decreto legge 311 che disciplina le caratteristiche energetiche degli edifici in Italia.

Quindi, anche nel caso di singola unità immobiliare (vecchio appartamento), dal 1 luglio 2009 la Certificazione Energetica andrà comunque presentata dal venditore o dal locatore e il compratore o conduttore mantiene il diritto di farne richiesta per decide di acquistare o locare, prima della firma del contratto. Le modifiche apportate al decreto dal nuovo governo aprono però problemi con le normative regionali e, soprattutto, con la Direttiva Comunitaria (2002/91/CE).Alcune Regioni (come il Piemonte) hanno previsto in caso di inadempienza sanzioni amministrative pecuniarie a carico del venditore, altre, (come Liguria e Lombardia) hanno previsto la nullità del contratto. In quest'ultimo caso, dopo l'abrogazione della sanzione nella legge nazionale, le Regioni dovranno rivedere il sistema sanzionatorio in quanto le norme di diritto privato debordano dalle competenze regionali. Il rischio che si corre è che l'assenza dell'obbligatorietà di allegare la certificazione al contratto unita al fatto che le Regioni non dispongono di mezzi materiali per controllare che la certificazione venga fatta, indebolisca il processo di miglioramento dell'efficienza energetica nell'edilizia esistente.La Direttiva Europea (art.7 comma1) prevedeva inoltre che “Gli Stati membri provvedono a che, in fase di costruzione, compravendita o locazione di un edificio, l'attestato di certificazione energetica sia messo a disposizione del proprietario o che questi lo metta a disposizione del futuro acquirente o locatario, a seconda dei casi". La norma italiana, invece, rimane monca, in quanto non ha previsto alcuna modalità alternativa di “messa a disposizione” del futuro acquirente dell’attestato di certificazione energetica. Insomma, si indebolisce la possibilità del compratore di pretendere il suo buon diritto: rimane infatti in vigore solo l'obbligo (art. 1490 del Codice civile) da parte del venditore/locatore a completare l'atto di vendita. L'attestato va quindi preteso in ogni caso: conviene ed è un buon diritto, ma se il compratore/conduttore non lo sa o non rivendica il suo diritto non c'è modo di sanzionare gli inadempienti.Legambiente chiede che il Governo faccia presto chiarezza sulle modalità, i tempi, l'evidenza pubblica dell'Attestato di certificazione energetica, ancora non specificate dal nuovo decreto, e che introduca al più presto sanzioni onerose per chi non rispetti l'obbligo o risarcimenti alla parte lesa (compratore o conduttore). In attesa che corregga il pasticcio che ha creato, Legambiente sta studiando un ricorso alla Comunità europea perché obblighi l'Italia ad applicare compiutamente la norma europea! Se non colmato per tempo questo vuoto normativo rischia di rallentare il processo di miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici, che oggi incide per il 40% sui consumi energetici nazionali! nell'interesse di chi le case le abitata per tutta la vita e non solo di chi le costruisce male, le compra e vende realizzando spesso profitti immotivati.
Un edificio abitativo completamente ristrutturato può passare da una bassa classe energetica alla classe energetica A.
Vediamo come:
1 - Diagnosi energetica
Attraverso adeguati strumenti di misura è necessario determinare quali sono i punti deboli dell'edificio su cui viene richiesto l'intervento.
2 - Isolamento delle pareti e della copertura
L'isolamento dei muri perimetrali può essere realizzato in due modi: dall'esterno o dall'interno. Nel primo caso si ha l'eliminazione di tutti i punti freddi e si aumenta la capacità di accumulo termico dell'edificio mentre l'isolamento delle pareti interne consente di scaldare più rapidamente le stanze non appena si accende l'impianto di riscaldamento.L'isolamento della copertura può essere considerato il più conveniente e il più importante intervento per un'abitazione da ristrutturare poiché aiuta a migliorare le condizioni estive dell'ambiente evitando il surriscaldamento degli ambienti e il conseguente utilizzo di condizionatori energivori. Gli interventi possibili sono diversi a seconda della situazione infatti, se ho un tetto a falda la coibentazione può essere fatta sotto le tegole o all'interno della falda, a seconda delle condizioni della copertura presente. In caso di terrazze i pannelli possono invece essere posizionati sopra la vecchia pavimentazione.
3 - Isolamento delle finestre
Le finestre sono tra le principali cause di dispersione di calore e ingresso di rumori esterni. Se il serramento è vecchio, infatti, diventa necessario sostituirlo con uno dai valori di trasmittanza molto bassi. E' infine necessario predisporre adeguati sistemi di schermatura per ridurre l'irradiazione estiva.
4 - Isolamento dei vetri
La sostituzione della parte vetrata del serramento con l'installazione di vetri stratificati comporta benefici notevoli a livello di comfort. Infatti la sostituzione del vetro limita le dispersioni di calore ed abbatte notevolmente i consumi.
5 - Ventilazione Meccanica Controllata
Per assicurare continuamente la presenza nell'abitazione di aria salubre, è necessario installare un sistema di ventilazione meccanica controllata. Questo, che dev'essere appositamente progettato in base al numero di persone che generalmente abita nell'edificio, necessita di un sistema di estrazione continuo che assicuri il cambio d'aria in ogni ambiente.
Amedeo Papi, nato a Cagli nel 1977, è dottore in architettura.


Nel marzo 2008 si laurea con lode presso la Facoltà di Architettura “Biagio Rossetti” di Ferrara con una tesi dal titolo “Riqualificazione energetica: procedure integrate ottimizzate di acquisizione, elaborazione e gestione di dati per la valutazione dell’efficienza del patrimonio edilizio e architettonico” (relatori Prof. Arch. M. Balzani, Prof. Ing. G. Bizzarri).
Durante il percorso di studi partecipa a due workshop, di cui uno di rilevanza internazionale tenuto dall’arch. Luigi Snozzi, su progettazione e riqualificazione a scala architettonica e urbana; collabora con il DIAPrEM (Centro Dipartimentale per lo Sviluppo di Procedure Automatiche Integrate per il Restauro dei Monumenti della Facoltà di Architettura di Ferrara) al rilievo tridimensionale avanzato tramite laser scanner terrestre dei Fori Imperiali di Pompei; collabora inoltre con il Consorzio Ferrara Ricerche al progetto di riqualificazione della mensa delle Officine Dalmine e alla sua rifunzionalizzazione a nuova biblioteca civica; lavora come grafico per studi professionali e imprese di costruzione; vince la borsa di studio Leonardo per tirocini all’estero (categoria laureandi), effettuando lo stage semestrale presso la sede centrale londinese dello studio internazionale di progettazione e design Claudio Silvestrin Architects.
Dal 2008 collabora alle attività di ricerca, didattica universitaria e divulgazione scientifica del DIAPrEM (quale membro del gruppo “Diagnostica e analisi energetica”) e del Centro Architettura Energia (quale membro del gruppo “Architettura”), entrambi afferenti alla Facoltà di Architettura di Ferrara. I settori di competenza includono: analisi energetica (legislazione, normativa, termografia, termoflussimetria), rilievo architettonico tradizionale ed avanzato (morfometrico 3D mediante laser scanning supportato da stazione totale), modellazione e visualizzazione architettonica, sperimentazione di metodologie per l’integrazione di dati utili all’efficienza energetica.
Partecipa, in qualità di relatore, a convegni di rilevanza nazionale (SAIE, Salone del Restauro di Ferrara, EuroPA, EcoCasa&Impresa) e pubblica articoli su riviste specializzate in progettazione e tecniche per l’architettura (Paesaggio Urbano, Ufficio Tecnico, Architetti, Recupero e Conservazione).