Comunicazione come esperienza.
Linguaggio e comunicazione: nuove modalità
Noi tutti, più o meno avveduti nei confronti di quanto sta avvenendo nei nostri giorni, constatiamo di essere attori - o alle volte, troppe volte soltanto spettatori – di un esodo epocale quale l'intero pianeta Terra non ha mai vissuto prima d'oggi.
La decantata "accelerazione esistenziale" impressa dal secolo appena concluso, specialmente dalla "rivoluzione industriale" del primo novecento e poi dal processo produzione-consumo dopo la seconda guerra mondiale, ha mutato notevolmente i nostri ritmi esistenziali, i nostri rapporti con l' ambiente e le sue risorse, le interazioni sociali, le condizioni economiche, gli accordi internazionali, le relazioni religiose e interreligiose. L'accresciuto individualismo ha prodotto una dilagante indifferenza e conseguentemente una paura dell'altro che non è più considerato un interlocutore con cui dialogare ma un avversario da rimuovere, se non da abbattere. La "paura dell'altro" e soprattutto del "diverso" ha inquinato o addirittura interrotto ogni rapporto di ascolto e di condivisione. La comunicazione è stata posta in crisi e con essa le società e le culture. Scrive Marco Gallizioli: "Tutte le società e le culture elaborano delle modalità che rendono possibile rinsaldare i legami tra le persone che le compongono e che le promuovono. Ciascun gruppo organizzato, infatti, deve trovare al suo interno la forza simbolica necessaria per continuare a definirsi tale, pena il rapido sfaldarsi a causa di conflittualità più o meno accese ed evidenti". La crisi attuale, ponendo appunto in discussione le modalità culturali tradizionali, crea difficoltà nuove di rapporti, con conseguenti situazioni di conflittualità.
Protagonista emergente di dette difficoltà di comunicazione è il nuovo linguaggio, oggi divenuto primariamente strumento di informazione che diventa decisiva e performativa.
Anzitutto, grazie ai nuovi e sempre più sofisticati mezzi di comunicazione, si sperimenta la possibilità di una separazione tra mittente e destinatario: tra loro si pone una distanza geografica e antropologica che mette in rapporto i dialoganti da contesti vitali diversi. Ciò modifica il modo di pensare, di conoscere e di giudicare.
Se in passato la verità "orale" era garantita dalla trasmissione degli anziani, nutrita dallo loro storia ben localizzata, oggi il "media" opera su tutti indistintamente: informando ma non formando, abbattendo i criteri necessari per sottoporre a giudizio l'informazione. Di conseguenza il "valore" non sta più nel trasmettere il senso della vita.
Sappiamo dalla grande storia dell'umanità quale esodo epocale abbia prodotto l'invenzione della scrittura (ca.1200 a.C.) e quali conseguenze culturali abbia determinato. Oggi si parla di superamento della cultura della scrittura, grazie alla presenza telematica del computer e di internet. Ciò è sottoposto a considerazioni diverse: ritorno in parte all'oralità; una moltiplicazione delle prospettive; conoscenza di punti di vista diversi; illusione di agire, di muoversi senza muoversi; delirio di onnipotenza: senza muoversi si vede molto; mancanza di autolimite, dunque scomparsa del senso del limite quale regolatore fondamentale dell'esistere; conseguente difficoltà di accettare il reale.
Tutto ciò interroga e sollecita la nostra attenzione sottoponendo ad analisi i nostri principi di comunicazione. Essa è fondamentalmente il rapporto tra una cellula e il suo ambiente. L' organismo ha bisogno dell’ambiente che comporta anche possibilità negative da cui difendersi (acquisizione di criteri di giudizio). La nostra identità è determinata anche dall'ambiente che condividiamo: senza ambiente condiviso non c' è comunicabilità. Possiamo comunicare con l'altro (in senso ampio) secondo come ci muoviamo nello spazio e ne condividiamo le emozioni, scambiandole.
Ora come porre questo "scambio" nel tempo di internet? (M.Aime-A.Cossetta, Il dono al tempo di internet, Einaudi, Torino 2010).La simultaneità del dare e del ricevere e la compresenza dei soggetti coinvolti (persone e ambiente) non sono più caratteristiche essenziali, perche, grazie alla rete, persone che si trovano distanti nello spazio (e quindi nell ' ambiente) possono interagire in tempo reale, creando ugualmente relazioni significative. Osserva ancora Marco Gallizioli che esistono luoghi virtuali in cui molti individui, legati solo da un interesse comune, possono ritrovarsi per dialogare a distanza, creando così una sorta di comunità che si basa sullo scambio senza condividere la stessa territorialità.
Anche la mia esperienza del gruppo che chiamiamo "Vite condivise" permette di creare relazioni importanti, condivisioni di problematiche, scambi di suggerimenti e supporti che costituiscono di fatto una comunità di riferimento anche per chi non ne trova nel proprio territorio grazie alla crisi pastorale in atto nella Chiesa, il cui linguaggio è sempre meno percepibile soprattutto dai giovani.
Quindi, nelle sue molteplici forme, la rete favorisce "...la formazione spontanea di gruppi latenti di individui" (Ib., p.83), rendendo possibile il concretizzare il sempre più forte bisogno di comunità che caratterizza uomini e donne del nostro tempo.
Viviamo in contesti definiti "liquidi", vale adire in una contemporaneità incerta e indefinibile, conseguenza di un processo che ci ha resi sempre più soli e sempre più sganciati dai grandi catalizzatori di opinioni, quali le ideologie e le religioni. Perciò gli individui mostrano una sempre maggiore nostalgia per una forma ideale di comunità intesa come un gruppo di riferimento che contenga e sciolga le ansie personali.
Significativo è il detto fenomeno quasi generale nel mondo giovanile, sempre meno reso disponibile al dialogo nell'ambito familiare, e sempre meno attratto da atteggiamenti obsoleti della Chiesa il cui linguaggio appare incomprensibile se non è direttamente coinvolto e coinvolgente nella concretezza esistenziale, storica, progettuale proprio dell'età giovanile.
I giovani in particolare (ma non loro soltanto) aderiscono a questa/e comunità virtuale/i, immaginaria/e i cui contatti rimangono filtrati (non garantiti) dalla rete stessa, indubbiamente capace di moltiplicare simboli e di creare una sorta di identità nella quale i singoli membri si possono riconoscere. Certamente questi sono in buona parte consapevoli della differenza che intercorre tra una relazione faccia a faccia, occhi negli occhi, e una conoscenza su internet. Ciò nonostante possono nascere relazioni che incidono sulla vita di chi le sperimenta: ampio è il panorama, positivo e negativo.
Ciò che rende le relazioni virtuali ancora inferiori rispetto a quelle viso a viso è il fatto che mancano di tutta una serie di quei codici corporei a cui accennavo sopra, che spesso rendono la comunicazione tradizionale più forte emotivamente, con quel maggior valore di espressività che offrono i sensi, dallo sguardo al tatto, dall'olfatto alla vista, cioè la così dette "sensazioni di pelle" (M.Aime-A.Cossetta). Sappiamo quante informazioni possiamo ricevere da un contatto visivo, particolarmente per quanto riguarda la fiducia nell'interlocutore. Del resto il decidere se dare o meno fiducia è il risultato di una valutazione in cui giocano anche le sensazioni istintive.
Per questo le comunità virtuali sembrano essere destinate a permettere di intessere relazioni superficiali. Aime e Cossetta osservano che ogni persona vive a più livelli, perche "la nostra esistenza è fatta anche di una certa dose di superficialità", per cui anche i rapporti non profondi risultano positivi nella percezione di una buona qualità della vita.
Concludo con Marco Gallizioli il quale afferma che i legami costruiti attraverso la rete costruiscono comunità meno "dense" ma non per questo meno utili a formare un' etica di condivisione.
La mia attenzione si sofferma proprio su questo argomento e su come cogliere l' etica di un nuovo modo di comunicare, modo che ci apre a un rapporto antropologico, e di conseguenza filosofico, assolutamente nuovo di fronte al quale non possiamo puntare il dito accusatore, come spesso, se non sempre, avviene di fronte alle nuove provocazioni della storia.Nuova attenzione dobbiamo prestare soprattutto ai giovani che spesso pretendiamo di educare senza ascoltare. Ora dobbiamo ascoltarli per comprenderli nel loro nuovo linguaggio, per imparare da loro quei valori etici che vanno emergendo esattamente da quella "rete" che proprio in questi giorni sta creando nuovi spazi per progetti di dignità, di libertà, di condivisione. E' quanto mai significativo il fatto che proprio dai giovani stiano partendo, grazie alla comunicazione virtuale, questi movimenti intesi a contestare o addirittura a rovesciare metodi e sistemi di poteri e di culture non più condivisibili.
Noi tutti, più o meno avveduti nei confronti di quanto sta avvenendo nei nostri giorni, constatiamo di essere attori - o alle volte, troppe volte soltanto spettatori – di un esodo epocale quale l'intero pianeta Terra non ha mai vissuto prima d'oggi.
La decantata "accelerazione esistenziale" impressa dal secolo appena concluso, specialmente dalla "rivoluzione industriale" del primo novecento e poi dal processo produzione-consumo dopo la seconda guerra mondiale, ha mutato notevolmente i nostri ritmi esistenziali, i nostri rapporti con l' ambiente e le sue risorse, le interazioni sociali, le condizioni economiche, gli accordi internazionali, le relazioni religiose e interreligiose. L'accresciuto individualismo ha prodotto una dilagante indifferenza e conseguentemente una paura dell'altro che non è più considerato un interlocutore con cui dialogare ma un avversario da rimuovere, se non da abbattere. La "paura dell'altro" e soprattutto del "diverso" ha inquinato o addirittura interrotto ogni rapporto di ascolto e di condivisione. La comunicazione è stata posta in crisi e con essa le società e le culture. Scrive Marco Gallizioli: "Tutte le società e le culture elaborano delle modalità che rendono possibile rinsaldare i legami tra le persone che le compongono e che le promuovono. Ciascun gruppo organizzato, infatti, deve trovare al suo interno la forza simbolica necessaria per continuare a definirsi tale, pena il rapido sfaldarsi a causa di conflittualità più o meno accese ed evidenti". La crisi attuale, ponendo appunto in discussione le modalità culturali tradizionali, crea difficoltà nuove di rapporti, con conseguenti situazioni di conflittualità.
Protagonista emergente di dette difficoltà di comunicazione è il nuovo linguaggio, oggi divenuto primariamente strumento di informazione che diventa decisiva e performativa.
Anzitutto, grazie ai nuovi e sempre più sofisticati mezzi di comunicazione, si sperimenta la possibilità di una separazione tra mittente e destinatario: tra loro si pone una distanza geografica e antropologica che mette in rapporto i dialoganti da contesti vitali diversi. Ciò modifica il modo di pensare, di conoscere e di giudicare.
Se in passato la verità "orale" era garantita dalla trasmissione degli anziani, nutrita dallo loro storia ben localizzata, oggi il "media" opera su tutti indistintamente: informando ma non formando, abbattendo i criteri necessari per sottoporre a giudizio l'informazione. Di conseguenza il "valore" non sta più nel trasmettere il senso della vita.
Sappiamo dalla grande storia dell'umanità quale esodo epocale abbia prodotto l'invenzione della scrittura (ca.1200 a.C.) e quali conseguenze culturali abbia determinato. Oggi si parla di superamento della cultura della scrittura, grazie alla presenza telematica del computer e di internet. Ciò è sottoposto a considerazioni diverse: ritorno in parte all'oralità; una moltiplicazione delle prospettive; conoscenza di punti di vista diversi; illusione di agire, di muoversi senza muoversi; delirio di onnipotenza: senza muoversi si vede molto; mancanza di autolimite, dunque scomparsa del senso del limite quale regolatore fondamentale dell'esistere; conseguente difficoltà di accettare il reale.
Tutto ciò interroga e sollecita la nostra attenzione sottoponendo ad analisi i nostri principi di comunicazione. Essa è fondamentalmente il rapporto tra una cellula e il suo ambiente. L' organismo ha bisogno dell’ambiente che comporta anche possibilità negative da cui difendersi (acquisizione di criteri di giudizio). La nostra identità è determinata anche dall'ambiente che condividiamo: senza ambiente condiviso non c' è comunicabilità. Possiamo comunicare con l'altro (in senso ampio) secondo come ci muoviamo nello spazio e ne condividiamo le emozioni, scambiandole.
Ora come porre questo "scambio" nel tempo di internet? (M.Aime-A.Cossetta, Il dono al tempo di internet, Einaudi, Torino 2010).La simultaneità del dare e del ricevere e la compresenza dei soggetti coinvolti (persone e ambiente) non sono più caratteristiche essenziali, perche, grazie alla rete, persone che si trovano distanti nello spazio (e quindi nell ' ambiente) possono interagire in tempo reale, creando ugualmente relazioni significative. Osserva ancora Marco Gallizioli che esistono luoghi virtuali in cui molti individui, legati solo da un interesse comune, possono ritrovarsi per dialogare a distanza, creando così una sorta di comunità che si basa sullo scambio senza condividere la stessa territorialità.
Anche la mia esperienza del gruppo che chiamiamo "Vite condivise" permette di creare relazioni importanti, condivisioni di problematiche, scambi di suggerimenti e supporti che costituiscono di fatto una comunità di riferimento anche per chi non ne trova nel proprio territorio grazie alla crisi pastorale in atto nella Chiesa, il cui linguaggio è sempre meno percepibile soprattutto dai giovani.
Quindi, nelle sue molteplici forme, la rete favorisce "...la formazione spontanea di gruppi latenti di individui" (Ib., p.83), rendendo possibile il concretizzare il sempre più forte bisogno di comunità che caratterizza uomini e donne del nostro tempo.
Viviamo in contesti definiti "liquidi", vale adire in una contemporaneità incerta e indefinibile, conseguenza di un processo che ci ha resi sempre più soli e sempre più sganciati dai grandi catalizzatori di opinioni, quali le ideologie e le religioni. Perciò gli individui mostrano una sempre maggiore nostalgia per una forma ideale di comunità intesa come un gruppo di riferimento che contenga e sciolga le ansie personali.
Significativo è il detto fenomeno quasi generale nel mondo giovanile, sempre meno reso disponibile al dialogo nell'ambito familiare, e sempre meno attratto da atteggiamenti obsoleti della Chiesa il cui linguaggio appare incomprensibile se non è direttamente coinvolto e coinvolgente nella concretezza esistenziale, storica, progettuale proprio dell'età giovanile.
I giovani in particolare (ma non loro soltanto) aderiscono a questa/e comunità virtuale/i, immaginaria/e i cui contatti rimangono filtrati (non garantiti) dalla rete stessa, indubbiamente capace di moltiplicare simboli e di creare una sorta di identità nella quale i singoli membri si possono riconoscere. Certamente questi sono in buona parte consapevoli della differenza che intercorre tra una relazione faccia a faccia, occhi negli occhi, e una conoscenza su internet. Ciò nonostante possono nascere relazioni che incidono sulla vita di chi le sperimenta: ampio è il panorama, positivo e negativo.
Ciò che rende le relazioni virtuali ancora inferiori rispetto a quelle viso a viso è il fatto che mancano di tutta una serie di quei codici corporei a cui accennavo sopra, che spesso rendono la comunicazione tradizionale più forte emotivamente, con quel maggior valore di espressività che offrono i sensi, dallo sguardo al tatto, dall'olfatto alla vista, cioè la così dette "sensazioni di pelle" (M.Aime-A.Cossetta). Sappiamo quante informazioni possiamo ricevere da un contatto visivo, particolarmente per quanto riguarda la fiducia nell'interlocutore. Del resto il decidere se dare o meno fiducia è il risultato di una valutazione in cui giocano anche le sensazioni istintive.
Per questo le comunità virtuali sembrano essere destinate a permettere di intessere relazioni superficiali. Aime e Cossetta osservano che ogni persona vive a più livelli, perche "la nostra esistenza è fatta anche di una certa dose di superficialità", per cui anche i rapporti non profondi risultano positivi nella percezione di una buona qualità della vita.
Concludo con Marco Gallizioli il quale afferma che i legami costruiti attraverso la rete costruiscono comunità meno "dense" ma non per questo meno utili a formare un' etica di condivisione.
La mia attenzione si sofferma proprio su questo argomento e su come cogliere l' etica di un nuovo modo di comunicare, modo che ci apre a un rapporto antropologico, e di conseguenza filosofico, assolutamente nuovo di fronte al quale non possiamo puntare il dito accusatore, come spesso, se non sempre, avviene di fronte alle nuove provocazioni della storia.Nuova attenzione dobbiamo prestare soprattutto ai giovani che spesso pretendiamo di educare senza ascoltare. Ora dobbiamo ascoltarli per comprenderli nel loro nuovo linguaggio, per imparare da loro quei valori etici che vanno emergendo esattamente da quella "rete" che proprio in questi giorni sta creando nuovi spazi per progetti di dignità, di libertà, di condivisione. E' quanto mai significativo il fatto che proprio dai giovani stiano partendo, grazie alla comunicazione virtuale, questi movimenti intesi a contestare o addirittura a rovesciare metodi e sistemi di poteri e di culture non più condivisibili.
dom. Salvatore Frigerio *
* monaco camaldolese
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