14 gennaio 2010 ROBERTO FIORANI

AI TEMPI DI CARLO MAGNO ( 742-814 ) PADRE DELL' EUROP A MODERNA.


1- Note biografiche.

Eginardo è stato uno storico al servizio di Carlo Magno.
Conosciuto per essere stato il
biografo di Carlo Magno, ricoprì un ruolo di spicco nella rinascita carolingia: dapprima fu nominato segretario particolare e poi consigliere di Lotario I, figlio primogenito di Ludovico il Pio. Rimase vedovo in età avanzata ed entrò a far parte di un ordine religioso e divenne abate di Seligenstadt.
Abbiamo due sue opere complete:
Vita Karoli, stampato a Colonia nel 1521, gli Annales Regni Francorum e 62 lettere.

Ritratto di Carlo Magno fatto da Eginardo.
". ..Era di taglia grossa e robusta, di statura alta ma non eccezionale, giacchè misurava sette piedi d'altezza (192 cm). Aveva la testa rotonda, gli occhi molto grandi e vivaci, il naso appena più grosso del normale, i capelli bianchi ma ancora belli, l'espressione allegra e ridente; il collo corto e grasso e il ventre un po' sporgente; la voce chiara, ma un po , troppo sottile per la sua stazza. Stava bene di salute, tranne per le febbri che lo prendevano negli ultimi anni di vita; alla fme, poi, zoppicava da un piede. Anche allora comunque faceva di testa sua e non stava a sentire i medici, anzi li detestava, perche volevano convincerlo a rinunciare agli arrosti, cui era abituato, per accontentarsi dei bolliti".

Il carattere.
Secondo Eginardo era al tempo stesso bonario e violento, sensuale e capace di godersi i piaceri della vita. Secondo uno storico austriaco ( Heinrich von Fichtenau ) era un ciclotimico, senza tuttavia i tratti propriamente patologici di tale stato. A veva spiccato senso pratico, capacità d'azione e amore per il piacere fisico. Una sicurezza di se perfino eccessiva, un scarsa capacità d'imporsi del limiti, tendenza a deprimersi nella solitudine e nel silenzio, occasionali sbocchi di brutalità. Era molto loquace, non voleva mai stare solo, cercava sempre la presenza dei compagni d'armi, dei consiglieri, delle figlie e delle guardie del corpo. Tanto che i visitatori della sua corte ad Aquisgrana erano colpiti soprattutto dal frastuono, in cui Carlo invece si trovava perfettamente a suo agio. Di solito affabile con tutti, era però incline alle spacconate e si lasciava prendere talvolta da funesti scoppi d'ira con punte di brutalità sanguinaria.

La famiglia d' origine.
Carlo era figlio del re Pipino e di Bertrada. Ma quando nacque sua madre, Bertrada, non era legata al re Pipino da un matrimonio "pubblico", ma soltanto da un contratto “privato" (Friedelehe) e solo qualche anno dopo ne diventò la moglie a pieno titolo (matrimonio franco ). Secondo alcuni ecclesiastici del tempo Carlo Magno era dunque nato fuori dal matrimonio e quindi poteva considerarsi "illegittimo". Il suo stesso diritto di successione avrebbe potuto essere messo in dubbio a favore del secondogenito, Carlomanno, nato dopo che i genitori avevano regolarizzato la loro posizione. Il padre, Pipino, morì quando egli aveva 26 anni. La madre invece morì nel 783, ma solo negli anni 768-770 ebbe un ruolo pubblico determinante, quando influenzò da vicino le relazioni di Carlo Magno con il fratello Carlomanno e con il regno longobardo. Aveva un'unica sorella, Gisla, che sarà poi nominata badessa dell'importante monastero di Chelles e ispiratrice o autrice, forse, degli Annali di Metz.

Le mogli: Imiltrude, "Ermengarda", Ildegarda, Fastrada e Liutgarda.
Le prime esperienze matrimoniali e familiari di Carlo ricalcano esattamente quelle di suo padre Pipino. Anche la sua prima moglie, Imiltrude, era tale con un semplice contratto "privato". Quando gli diede un figlio, verso il 770, Carlo lo chiamò Pipino (il Gobbo, che cospirò contro il padre nel 791 e fu relegato in un monastero, dove morì nell' 811). Ma il neonato aveva già un cuginetto di nome Pipino: era il figlio di Carlomanno. Subito dopo, sotto la pressione della mamma Bertrada, accettò di sposare "pubblicamente" la figlia del re dei Longobardi, Desiderio: la manzoniana "Ermengarda", ben presto ripudiata (771). Persa lmiltrude, non si sa bene per quale ragione, ripudiata in tutta fretta Ermengarda, Carlo scelse la nuova regina nella persona della tredicenne Ildegarda. Da lei, in 12 anni di matrimonio, ebbe 9 figli: 4 maschi e 5 femmine. Ildegarda morì nel 783, all'età di appena 25 anni. I figli maschi: Carlo (morto nell'811), Carlomanno (chiamato Pipino dal 781 e morto nell'810), Ludovico (detto il Pio) e Lotario ( che morì nei primi mesi di vita). Ludovico e Lotario erano gemelli, nati nel 778. Le femmine: Ildegarda (come la madre) e Adelaide (morte giovani); Rotruda, Bertrada e Gisla. Pochi mesi dopo la morte di Ildegarda, ne1783, Carlo, appena quarantenne, sposò la giovanissima Fastrada, dalla quale ebbe 2 figlie: Teodrada e Iltrude.
Cattiva fama di Fastrada. Morta Fastrada nel 794, Carlo si risposò per la quinta volta con l' alamanna Liutgarda, dalla quale non ebbe nessun figlio sopravissuto ai primi mesi di vita.
Liutgarda morì nell'800, pochi mesi prima dell'incoronazione imperiale, amaramente rimpianta anche dagli intellettuali di corte, che avevano invece detestato Fastrada.

Concubine: Madelgarda, Gersvinda, Regina e Adalinda.
Dopo Liutgarda l'imperatore non ebbe più mogli legittime ma soltanto concubine. E' sempre Eginardo che ci fornisce i dettagli. La prima, Madelgarda, gli diede una figlia, Rotilde. Gersvinda gli partorì un ' altra figlia, Adeltrude. Da Regina ebbe 2 maschi, Drogone e U go. Da Adalinda ancora un altro maschio, Teodorico (morto giovane). Altre donne e altri figli, rimasti per sempre nell' ombra, li possiamo soltanto immaginare. Carlo rimase sempre molto legato alle figlie; a nessuna permise di sposarsi, ma i costumi della corte franca, consentirono loro anche relazioni quasi ufficiali e di lunga durata .
Una giornata da re (quando non impegnato in campagne militari).
Sveglia all'alba per l'ufficio mattutino, con zelo quasi pari a quello di un monaco. In mutande e camicia di lino, avvolto in un mantello, preferibilmente blu, lungo fino ai piedi. Ritorno in camera e vestizione a seconda delle circostanze. Tunica lunga fmo al ginocchio, rossa o viola, stretta in vita da una cintura; brache (pantaloni); calze con suola di cuoio ( calzini); pellicciotto di lontra, di ratto o d'agnello; spada alla cintura; mazza nodosa di legno, col pomo d'oro o d'argento. Durante la vestizione poteva ricevere ministri, dare disposizioni o pronunciare sentenze. Partecipazione quotidiana alla messa, un po' più presto in estate, un po' più tardi d'inverno. Prima colazione: zuppa, pane, latte, vino, frutta. Dopo la messa: equitazione, caccia o bagni termali. Il pasto principale ( coena) nel primo pomeriggio. Il re, seduto a tavola, mangiava da solo o in compagnia dei figli e delle figlie. Disponeva di coltello, cucchiaio e coppe per bere. (no forchetta). Arrosti e cacciagione allo spiedo i suoi piatti preferiti. Durante il pasto lettura di antiche storie degli antenati, libri classici, ma anche storielle un po' più grossolane. Lunga siesta d'estate e infine partecipazione al vespro. I letti del tempo: bassi, di legno, a quattro,otto o dieci piedi, muniti di materasso, cuscini, lenzuola (coperte).

Canonizzazione.
Carlo Magno fu canonizzato dall'antipapa Pasquale III nel 1165, su richiesta di Federico
Barbarossa, per rinforzare il prestigio imperiale. La decisione non fu poi ne ratificata ne smentita e il culto di Carlo Magno è tollerato (28 gennaio ).

2 - Le guerre dei Franchi



Nonostante qualche scacco occasionale (Roncisvalle, ribellioni dei Sassoni) i Franchi nel complesso erano sempre vittoriosi sui loro nemici. Il merito di questa serie quasi ininterrotta di trionfi non era soltanto delle preghiere che in tutte le chiese di Francia e di Germania si levavano, tra fumi d'incenso, per il successo delle armi di Carlo; era anche e, soprattutto, della superiorità numerica e organizzativa dei suoi eserciti.

Cavalieri ( caballarii)
Cavallo, lancia e scudo (in legno ), spada lunga e spada corta, arco e faretra con frecce, elmo di metallo. La brunia: una specie di giaccone di cuoio ricoperto di scaglie metalliche, in dotazione ai più abbienti. Cavalleria "corazzata" e cavalleria "leggera". Alcune migliaia di unità.

Fanti
Lancia e scudo, arco e frecce. "Nessuno dovrà presentarsi all'esercito armato soltanto di un bastone". In numero prevalente rispetto ai cavalieri.

Reclutamento.
Il servizio militare riguardava tutti gli uomini "liberi", secondo necessità, con severe punizioni per i renitenti e i vassalli: marchesi, conti, abbati e vescovi con i loro gruppi armati. Natura religiosa del potere (Sacro Romano Impero ).

Missiva dell'imperatore all'abbate Fulrado di Saint Quentain, 806.
"...Sappi che per quest'anno abbiamo convocato il nostro placito generale nella Sassonia orientale, sul fiume Bote, nel luogo chiamato Stassfurt. Per cui ti ordiniamo di trovarti la il 17 giugno al completo con i tuoi uomini bene armati ed equipaggiati, con le armi e gli attrezzi e tutto ciò che serve per la guerra, in vitto e vestiario. In modo che ogni cavaliere abbia scudo e lancia e spada e spada corta, arco e faretra con frecce; e nei vostri carri attrezzi di ogni genere, cioè scuri e pialle, trapani, asce, vanghe, pale di ferro e gli altri attrezzi necessari all'esercito; e quanto ai bagagli, razioni per tre mesi a partire da quel giorno, armi e vestiti per sei mesi".

Logistica.
Armata media di circa diecimila unità: tremila cavalieri e settemila fanti. Quantità impressionante di cariaggi per le provviste: farina, cereali, vino, foraggi, vestiti, armi, attrezzi vari. Carri a due ruote, trainati da una coppia di buoi (birocci), con capacità di trasporto di circa cinque-sei quintali. Circa seimila carri e dodicimila buoi con una velocità massima di spostamento di 15 chilometri al giorno.

Strategia.
Non battaglie campali come nell'antichità, bensì invasioni militari di un territorio, programmate d'inverno e condotte in estate con superiorità numerica rispetto al nemico. Fortificazioni in terrapieni e legno, città protette da mura, assedi (Pavia, Verona).

3- Istruzione e cultura.

Gli studi del re.
Grande è la curiosità intellettuale di Carlo Magno che lo porta a impegnarsi attivamente in tutti i campi del sapere. Oltre alla lingua materna, dialetto francofone, parla bene e con facilità il latino, conosce qualcosa di greco ma non si azzarda troppo a parlarlo. Sa leggere ma non sa scrivere!
Si limita alla sua firma. A quei tempi leggere e scrivere non erano attività automaticamente connesse e imparate nello stesso tempo. L' apprendimento scolastico non era basato sulla scrittura ma sulla recitazione ad alta voce e sull ' esercizio della memoria. Dell 'infanzia di Carlo non sappiamo nulla di certo. Il primo maestro noto è Pietro da Pisa, quando Carlo è già re, ha già sconfitto i Longobardi e passato la trentina. Il secondo è l'inglese Alcuino. Retorica, dialettica, aritmetica e astronomia le materie fondamentali di allora.

Accademia palatina.
Fu Alcuino a coniarne l' espressione per defInire l' ampia cerchia di dotti, per lo più stranieri, che si trovavano a corte. Pietro da Pisa, già alla corte di Desiderio; Paolo Diacono, autore della Storia dei Longobardi e poi rientrato a Cassino; il poeta Paolino, poi patriarca d' Aquileia; Teodulfo, teologo e poeta, poi vescovo d'Orleans; Agobardo, teologo e letterato, poi arcivescovo di Lione.
I servigi di Alcuino, già direttore della scuola cattedrale di York, vennero ricompensati regalmente: non meno di 5 abbazie gli vennero assegnate in godimento, senza che dovesse disturbarsi a pronunciare i voti monastici. Fra queste la più antica e la più ricca del regno franco, San Martino a Tours, dove risiedette a partire dal 796. Successivamente si ricordano: Angilberto, Modoino e soprattutto Eginardo, che diverrà poi il biografo di Carlo Magno (Vita Karoli). Tale biografia fu scritta dopo la morte di Carlo Magno, quando Eginardo si godeva tranquillamente la vecchiaia nella sua abbazia di Seligenstadt.

4- La conversione dei pagani, Sassoni e A vari ("esportazione" della fede cristiana)
Sassoni.
AI tempo di Carlo Magno il problema della conversione dei pagani fu affrontato, a volte, in maniera drastica: battesimo forzato in massa, sotto la minaccia della spada. In realtà quel risultato richiese un poderoso sforzo di predicazione missionaria e di organizzazione ecclesiastica, che procedette di pari passo con la sottomissione militare del territorio ( contee, marche ). Le zone conquistate furono organizzate fm dall'inizio in ambiti missionari, affidati per 10 più a preti e monaci provenienti dai monasteri franchi. La sola abbazia di Fulda mandò in Sassonia, tra il 775 e il 777, non meno di 70-80 missionari. Gli avamposti della fede nei territori conquistati rimasero a lungo precari ed esposti in prima linea alle insurrezioni. Solo più tardi, con un maggior controllo del territorio, fu possibile trasformare in vescovadi le sedi missionarie più importanti. Il primo obiettivo dei missionari era di battezzare i pagani. Gli annali testimoniano che, a più riprese, si ebbero in effetti battesimi di massa, ma non si trattò sempre di conversioni imposte con la forza. Del resto una parte dei germani era incline ad abbandonare i propri dei, visto che in guerra il dio dei Franchi si stava dimostrando chiaramente il più forte. Ma, trattandosi anche e soprattutto di occupazione militare del territorio, erano frequenti pure le ribellioni. E, ad ogni insurrezione, i primi a farne le spese erano chiese e monaci. Fu proprio la grande insurrezione dei Sassoni del 782 che indusse il re ad emanare disposizioni severissime: Capitolare de partibus Saxoniae. Quasi un regime di terrore per cui non solo assassini e incendiari, ma chiunque rifiutasse il battesimo o continuasse a praticare di nascosto riti pagani o infrangesse il digiuno quaresimale, rischiava la condanna a morte. Non tutti, anche nella cerchia più intima di Carlo, approvavano questa politica del terrore. Alcuino, ad esempio, scrisse al re: " la fede nasce dalla volontà, non dalla costrizione. Si può persuadere un uomo a.
credere, non si può obbligarlo; si potrà anche obbligarlo al battesimo, ma non servirà a dargli la fede". E ancora "la Sassonia ha bisogno di predicatori, non di predatori!"


Avari
L' appello di Alcuino e altri intellettuali che 10 servivano, verrà poi recepito dal re quando si trattò di organizzare la conversione di un altro popolo sconfitto, gli A vari. In tale occasione, nel 796, si radunò una conferenza episcopale dai cui lavori emerse una chiara condanna dei metodi seguiti in Sassonia. Paolino, patriarca di Aquileia, e Amo, vescovo di Salisburgo, che presiedevano la conferenza, conclusero i lavori affermando che gli Avari erano sì " un popolo bruto e irrazionale, comunque ignorante e analfabeta, che solo contro voglia e con fatica può penetrare i sacri misteri", ma che, tuttavia, non bisognava battezzarli senza averli prima istruiti e persuasi. La predicazione andava impostata sull'amore e non sul terrore. Si doveva parlare dei supplizi dell'inferno, ma anche delle gioie del paradiso. E comunque non bisognava imporre il sacramento con la spada, ma , battezzare soltanto chi 10 richiedeva volontariamente.
L 'influenza di tale conferenza fu grande non solo in Pannonia (attuale Ungheria), ma anche in Sassonia ( attuale Germania). E l'anno successivo Carlo Magno promulgò il nuovo "Capitolare Saxonicum" che revocava il precedente e attenuava drasticamente quel regime di terrore.

5- Un villaggio al tempo di Carlo Magno.


L 'insediamento di Villiers-le-Sec.
Com'era la vita quotidiana o il lavoro nei campi dei contadini del popolo franco? Poco ci dicono le fonti scritte, molto più interessanti i rilievi archeologici. A Villiers-le-Sec, nell'l1e-de-France, gli archeologi hanno ritrovato i resti di 3 case contadine, ognuna delle quali costituiva, insieme con gli edifici minori che la affiancavano, l'unità abitativa di un "manso", dipendente dall' Abbazia di Saint Denis. Sorgevano lungo una strada importante, Parigi-Amiens, a una distanza di parecchie decine di metri l'una dall'altra: abitato rurale, semisparso. Erano case alte e spaziose, a pianta rettangolare, lunghe 12 m e larghe 6, con struttura portante in travi di legno, muri di graticcio riempiti d'argilla a
modo di intonaco e i tetti di paglia. Metà abitazione e metà stalla, comunicanti tra loro. Nel pavimento di terra battuta era scavato un focolare, rivestito di pietre, cui corrispondeva un buco nel tetto di paglia, per fare uscire il fumo. Tra gli edifici minori sono stati rinvenuti: una forgia da fabbro, granai o fienili, granai interrati, un forno scavato nel terreno, un telaio per tessuti di lana e lino. Disponevano di almeno una porta e più finestre, chiuse da serramenti in legno (no vetri). Tra gli elementi in ferro: cardini, serramenti, chiodi e graffe. L 'illuminazione era garantita da lampade a olio in terracotta o dalle più economiche candele di sego. I cereali venivano macinati nel mulino ad acqua, uno dei principali progressi tecnologici del primo Medioevo, rispetto all'antichità. Cottura del pane, settimanale, nel forno esterno; cottura della zuppa nel focolare domestico in recipienti di terracotta.

Gli uomini e il lavoro dei campi.
Le sepolture hanno restituito scheletri con una statura media di m 1,65 per gli uomini e m 1,56 per le donne: Solo il 60% della popolazione superava i 20 anni, più del 20% dei bambini moriva entro i 5 anni. Frequenti le malattie ossee e l'artrosi, la dentatura spesso in cattivo stato. Al tempo di Carlo Magno la famiglia era formata abitualmente da 5-6 persone: padre, madre e 3-4 figli. Con i figli adulti vi era la necessità di costituire altri "focolari". Dall'analisi dei pollini si può ricostruire l'ambiente vegetale circostante il villaggio: foreste di quercia e faggio, alberi da frutta come ciliegio, melo, pero, noce e nocciolo, lamponi e more. Negli orti si coltivavano carote, fave e piselli (no patate, fagioli e pomodori, importati dall' America). I campi erano riservati ai cereali: segale,
frumento, avena, orzo ( con una resa di 1 al 0). Piccoli appezzamenti erano riservati anche a canapa e lino per i tessuti. Le attrezzature: Zappa, vanga e aratro in legno; falcetti per la mietitura, falci per la fienagione e scuri in metallo.

Attività economiche e abitudini alimentari.
Dall' analisi dei resti animali si ricavano anche indicazioni delle attività economiche e delle, abitudini alimentari. La caccia e la pesca erano trascurabili. Prevaleva l' allevamento di buoi, pecore, capre, maiali, cavalli, asini, cani e polli. La dieta abituale prevedeva zuppa di cereali e vegetali, pane, latte,uova, burro, formaggio, frutta, vino e birra. Il consumo di carne, riservato ai giorni di festa, prevedeva bue (bollito ), maiale, montone, cavallo e asino, con ruolo secondario del pollame.

6- Cagli al tempo di Carlo Magno.

L 'antica Cale, già municipio romano e sede vescovile dal IV secolo, entrò a far parte dell'Esarcato di Ravenna dal VI secolo, dopo la guerra gotica, intrapresa dall'imperatore romano d'oriente Giustiniano.
Più in dettaglio Cagli, insieme a Urbino, Fossombrone, Gubbio e lesi, costituiva la "pentacoli mediterranea", mentre Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia e Ancona costituivano la "pentacoli marittima".
Tutti questi territori furono oggetto delle incursioni, a più riprese, dei Longobardi, già stanziati a Pavia. Nel 755 ci fu l'invasione dei Franchi, guidati dal re Pipino, padre di Carlo Magno. Al termine delle operazioni militari, i territori delle pentapoli furono donati dai Franchi al Papa ed entrarono a far parte del nascente Stato Pontificio.
Un antico documento vaticano, in occasione del viaggio di Carlo Magno a Roma nel 774, cita, tra gli accompagnatori del re franco, anche il vescovo di Cale Adelfredo: "Adilfredus hic Callensis Episcopus numeratur".
Sotto l'influenza dei Franchi, potenza dominante del tempo, anche nei nostri territori fu introdotto il regime feudale. Cominciarono a nascere i "castelli" ( se ne conteranno fino a 90) e le prime abbazie: Massa, S. Geronzio, Montelabbate, S. Vincenzo al Furlo. Sorsero le "Curtes", latifondi padronali o aziende agricole del tempo, e i "mansi", piccoli poderi affidati a famiglie contadine.
L' esistenza dei mansi nel territorio cagliese e zone limitrofe è documentato più volte in varie pergamene dell'archivio di Fonte Avellana, fondata intorno all'anno Mille.



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Il DR. ROBERTO FIORANI è nato a Fermignano (PU) il 18.10.1951 e risiede ad Acqualagna (PU).
Dirigente medico di I livello, Unità Operativa Chirurgia Cagli, Zona Territoriale 2 Urbino, A.S.U.R. Marche, è laureato in Medicina e Chirurgia dal 14.12.1977, presso l'Università di Bologna, con punti 110 su 110 e lode.
Specializzato in Chirurgia il 22.10.1983, presso l'Università di Modena, è membro della Società Italiana di Chirurgia dal 1984.
Assistente Chirurgo incaricato presso la Chirurgia di Cagli dal 1979 al 1981.
Assistente Chirurgo in Ruolo, per pubblico concorso, presso la Chirurgia di Cagli, dal 1981 al 1987.
Aiuto Chirurgo in Ruolo, per concorso, presso la Chirurgia di Cagli dal 1987 .
Dal 1994 utilizza anche la tecnica della Chirurgia Videolaparoscopica.
Dal 1995 partecipa con continuità all' attività di Chirurgia Urologia, open ed endoscopica, di Cagli.
Dal 1979 svolge regolarmente turni di servizio ( diurni e notturni, feriali e festivi) al Pronto Soccorso di Cagli ( ora P .P .I. ).
Dal 1995 al 2002, Presidente della Furlo Duemila, Società per la riqualificazione territoriale.
Dal 2004 Membro del Collegio Docenti U .N .I.L.I. T ., collegata all'Università di Urbino, Sezione di Cagli.
Buona conoscenza della lingua francese.
E’ Autore di 15 Pubblicazioni, edite a stampa, di argomenti medico-chirurgici.
E' Autore di 6 Libri di Storia e Ambiente locale.

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