Cicerello
(Gymnommadites cicerellus L. )
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E' una specie che vive sia in prossimità delle coste, con fondali sabbiosi, che allargo fino a 120 metri di profondità. E' specie gregaria e i banchi sono costituiti da numerosi pesci che diventano facile preda di uccelli acquatici e di pesci carnivori. Si nutrono di plancton che catturano in grande quantità grazie alla notevole capacità di spalancare la bocca attraverso la protrusione della mascella superiore. Si riproduce da novembre a gennaio e sono anche i mesi in cui i pesci si avvicinano alla costa. Viene pescato solo in alcune regioni che vantano una lunga tradizione: Calabria, Sicilia, e Liguria, con sciabiche da terra e da natante.
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Questi pesci sono molto richiesti per la bontà delle loro carni, ottime non solo in cucina ma anche per essere trasfonnare in conserve. Oggi la loro pesca è proibita in Calabria e Sicilia e una speciale deroga è stata concessa alla Liguria, dove i pesci vengono, prima fritti e poi marinati in scabecio. Nel testo sulla cucina marinara siciliana di Alba Allotta i cicereddi, oltre alla frittura vengono anche lessati per un solo minuto in acqua bollente, poi estratti e sgocciolati immersi in un liquido precedentemente preparato portando ad ebollizione l'acqua salata, aromatizzata con due spicchi d'aglio e un ciuffo di prezzemolo, dove i pesci verranno cotti per altri 5 minuti e servire il pesce ben scolato condito con un filo d'olio e succo di limone. In Campania, prima dell'arrivo dei pomodori dal nuovo mondo, la pizza era bianca: all'olio, al lardo, alla sugna, al formaggio, ai pesciolini[1]. Tra questi i più usati erano i cicenelli (cicerelli). A livello familiare i cicerelli vengono molto usati anche per i primi piatti a base di pasta.
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Costardella
(Scomberesox saurus L. )
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E' una specie cosmopolita che ama i mari caldi e temperati; diffusa nel mediterraneo in Italia è segnalata ovunque, ma è rara nell' Alto Adriatico comunissima nello stretto di Messina; specie pelagica si avvicina alla costa nel periodo della riproduzione da ottobre a dicembre; vive in acque superficiali a notevole distanza dalla costa in branchi costituiti da migliaia di individui. E' un predatore e si nutre di zooplancton e di piccoli pascetti, sardine e acciughe soprattutto. I giovani esemplari si riconoscono perche privi di becco e dal colore azzurro assai vistoso della livrea. E' a sua volta preda di tonni, pesce spada, palamite, leccia e dei cetacei; nello stretto di Messina è pescata con reti da circuizione~e al contrario dell'aguglia non abbocca alle lenze:
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La costardella è un pesce che ama le acque calde e nelle acque della Sicilia si trova a suo agio. Più piccola di uno sgombro più grande di una sardina (20/22 cm è la sua misura commerciale), si consuma di preferenza scottata al vapore, condita con olio crudo, sale e pepe, senza escludere la griglia e la cottura in salse aromatizzate con erbe mediterranee.
Nei ristoranti sulla costa messinese il piatto tipico di pesce è proprio la costardella fritta con la cipolla. Non avendo la colorazione della spina color verderame come l'aguglia, non suscita avversioni particolari.
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Galera
(CepoJa macriphthalma L.) (110)
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Segnalata in tutti i mari italiani è spesso catturato allargo, almeno 20 miglia dalla costa, dalle reti a strascico, nei fondali del mare, fangosi e sabbiosi, o vicino ad essi, dove la cepola vive in piccoli gruppi; si nutre di zooplancton, larve, piccoli crostacei che cattura sporgendosi dalla sua tana, che scava da sola. Ha un corpo nastriforme, coperto di piccole squame, che gradualmente si restringe verso la coda; ha testa corta ed occhi grandi, con bocca obliqua dotata di denti appuntiti e ricurvi all'indietro; il colore è rossiccio sul dorso ma rosa sui fianchi e può raggiungere una lunghezza di 35/70 cm; sul mercato è oggi raramente presente e la gente non la richiede più. Un tempo, quando le barche erano meno efficienti di quelle odierne, l'impatto sullo stock di pesce catturato era minore. I motori meno potenti trainavano reti più piccole a velocità minori, quindi catturavano meno pesce e qualche esemplare sfuggiva alla cattura e poteva riprodursi in tutta tranquillità. Oggi, in una data zona del mare, quando passano tre o quattro barche, o vongoliere turbosoffianti, con una efficienza maggiore tirano su tutto e nessuno pesce sfugge alla cattura.
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I modi di consumare i nastri o ftùc (fettucce in dialetto marchigiano), è presto detto: fritti, dopo infarinatura, nell'olio bollente o bollite con varie erbe e ortaggi aromatici per un brodo in cui cuocere ogni tipo di pasta ma, sulla costa romagnola/ marchigiana, soprattutto passatelli e cappelletti, senza escludere i quadrucci all'uovo e i capelli d'angelo, altrettanto idonei per gustare un brodo delicato e saporito allo stesso tempo.
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Spratto
(Sprattus sprattus L. ) (30)
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Ha un piccolo corpo azzurro, allungato e compresso lateralmente; simile alla sardina il dorso è di colore blu e i fianchi e il ventre argentei; la mascella inferiore un po' più lunga della superiore la distingue dall'acciuga; è specie pelagica e vive e vive in acque ad una profondità di circa 150 metri, ma si trova a suo agio anche negli estuari con acqua salmastre; si riproduce da dicembre ad aprile e si nutre di crostacei planctonici, cioè specie con limitate capacità di movimento che si lasciano trasportare dalla corrente. E' presente in tutti i mari italiani ed è comune nelle acque libere sia allargo che sottocosta.
E' presente nelle barche dotate di reti pelagiche da traino, con reti da circuizione, e sciabiche da spiaggia. In Abruzzo si pesca ancora con i trabucchi.
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La papalina o saraghina, così denominate in Adriatico, altro non è che lo stadio giovanile della sardina e. ..porto che vai nome che trovi, e sono ottime se cucinate entro le 24 ore dalla pesca. Questo era il pesce più consumato dalle classi meno abbienti nel dopoguerra, che vivevano nell'entro terra delle regioni costiere adriatiche. Era cucinato in capaci tegami condito con pangrattato, aglio, prezzemolo tritati, sale e pepe e qualche fogliolina di rosmarino, cotto al forno o sulla brace, posizionando la padella sul treppiedi sotto il quale si metteva il fuoco, coprendo poi il tegame con un coperchio sul quale le donne mettevano della brace. Pochi minuti di attesa ed era pronto.
La frittata di bianchetti è segnalati in molti testi di cucina marinara, sia adriatica che tirrenica, si preparano sbattendo in una ciotola delle uova insieme a un po' di parmigiano grattugiato, facoltativo, un pizzico di origano, sale e pepe. Nella padella far soffriggere nell'olio una cipolla, aggiungere i pesci muovendo la padella e unirvi le uova trattando il tutto come una normale frittata. Quando è cotta da un lato rigirare e completare la cottura. Servire molto calda. Ancora più rapida da preparare l'insalata di bianchetti che si prepara lavandoli bene, scolandoli, asciugandoli e sistemandoli in un piatto e condire con olio, succo di limone, sale e pepe. Dopo 15/20 minuti sono pronti per il consumo. Nel golfo ligure e nella costa azzurra lo spratto viene prima fritto poi messo sotto aceto, consumato con gli aperitivi, mentre in Abruzzo, dopo averlo pescato con i trabucchi ed essiccato perfettamente all'aria su graticci di canne, si ripongono in sacchetti di tela da conservare in luogo fresco e asciutto, tirandoli fuori in inverno man mano che si consumano tal quali o facendoli rinvenire in acqua e cucinandoli secondo gli usi locali.
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Mindula
(Spicara maena L.) (103)
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Il corpo è ovale e compresso ai lati, con fronte leggermente concava; ha una bocca protrattile, con denti piccoli e appuntiti con numerosi denti vomerini e ben sviluppati; il colore va dal giallastro al grigiastro e bruno azzurrastra o verdastra, fianchi e ventre argentei; è una specie pelagica e gregaria, vive in acque con fondali rocciosi, sabbioso- fangosi e a Posidonia da 30 a 150 metri di profondità; è ermafrodita e si nutre di vari invertebrati e piccoli crostacei; è presente in tutti i mari italiani ma sulla costa marchigiana se ne trovano poche e quando si trovano vengono pescate con reti a strascico e reti da posta nei mesi di maggio e ottobre.
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E' un pesce le cui carni non sono molto apprezzate sulla costa adriatica, anche se vengono consigliate per zuppe e frittura. Eppure alcune ricette sono intriganti e invogliano a provarle, se non altro perche sono ricette elaborate da uno chef[2] che conosceva bene la cucina dei pescatori-ortolani della costa adriatica, fatta con pesci poveri: il pan bagnato in brodo di mindole, la frittura di bordo, le mindole in fretta e furia e quelle al finocchio e aglio. Per la prima questi gli ingredienti: 700 gr.di mindole, 2 pomodori, i cipolla di medio-piccola, 1 costa di sedano e 1 carota, otto fette di pane casereccio abbrustolito, un cucchiaio di pepe in grani, 4 cucchiai di olio extravergine d'oliva, 50 gr di pamrigiano grattugiato.
Far bollire i pesci sviscerati, puliti e lavati in un litro e mezzo di acqua insieme a tutte le verdure, il pepe in grani e un poco di sale lasciando bollire per un'ora abbondante e filtrare. Bagnare le fette di pane abbrustolite con il brodo ottenuto, cospargendo con olio extravergine di oliva e il parmigiano reggiano e servire caldo. Un tempo (G. Centenni, R. Ramoscelli, 2004, op. cit,), nelle famiglie dei pescatori ortolani e in quelle dei ceti popolari e operai, bagnare il pane nei brodi di piccoli pesci e granchi era la norma e il piatto era di preferenza destinato all'a1imentazione di anziani e bambini piccoli, entrambi
senza denti. Dalle barche dei pescatori la ricetta delle mindole in fretta e furia, realizzata con 1,5 kg di mindole, 300 9 pangrattato, 2 spicchi d'aglio un rametto i rosmarino, un bicchiere di olio, sale e pepe. In una terrina mescolavano al pangrattato l'olio, l'aglio, il sale il pepe e il rosmarino e ci condivano le mindole appena pescate senza nemmeno pulirle poi sui carboni ardenti e mangiarle subito a scottadito. In alternativa questo spinoso pesce così poco amato dagli italiani ma adorato sulle coste croate, può essere fritto insieme alle galere, alle aguglie, ai ghiozzi, proprio come accadeva un tempo durante le fiere e i mercati paesani. E per chiudere le mindole con finocchio selvatico e aglio: in una casseruola far soffriggere nell'olio l'aglio tritato e il finocchio selvatico, unire le mindole squamate, eviscerate, decapitate, lavate e scolate; aggiustare di sale e pepe e cuocere a fuoco medio bagnando con il vino bianco. Terminata la cottura disporre i pesci su un piatto di portata, filtrare il fondo di cottura e versalo sui pesci. Servire caldo
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Sarago sparaglione (DipJodus annularis L. ) (90) "
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E' il pesce di scoglio più diffuso del tirreno, si riconosce dal corpo ovale, compresso ai lati, col dorso e i fianchi di colore grigio-giallastro o grigio-verdastro, mentre gli esemplari giovani, che amano sostare spesso nelle praterie di posidonia, hanno la livrea di colore giallo-vivo con fascette verticali scure non ben definite sui fianchi. Gli esemplari maturi raggiungono una lunghezza oscillante tra i 30/40 cm, ma mediamente la misura commerciale è fra i 18 e i 24 cm. Può vivere, gregario, sia sul fondo marino sabbioso e roccioso, ricco di vegetazione, quando la profondità non è eccessiva, o vicino ad esso, oppure o a livello medio dell'acqua. Si nutre di molluschi, crostacei ed alghe e si riproduce nei mesi di settembre e novembre. La specie è presente in tutte le acque marine costiere italiane, specie sui fondali rocciosi. Viene catturato dalle barche che praticano la piccola pesca o la pesca con la sciabica, sulla costa adriatica, ma anche con
reti a strascico, a circuizione (cianciolo), reti da posta, nasse, palangari di profondità.
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Il sarago di scoglio è molto ricercato e viene pescato soprattutto nel Tirreno, in Sardegna e in Sicilia, dove è facilmente reperibile sui mercati, fresco e congelato. Può essere gustato in vari modi di cui suggeriamo i più semplici: alla griglia, al sale, al forno.
Nel primo caso pulire il sarago senza togliere le squame, lavarlo e salarlo lasciando insaporire per qualche minuto; tritare prezzemolo e aglio, sistemateli in una salsiera, aggiungete l'olio, il succo di limone, pepe e sale sbattendo bene per amalgamare la salsa.
Cuocere i pesci alla griglia precedentemente riscaldata, cocendo prima da un lato poi dall'altro. Servire caldi con la salsa. Il prezzemolo può essere sostituito con il timo, l'origano maggiorana ed altre essenze aromatiche. Il sarago al sale esige dimensioni più grosse di quelle standard. Eviscerare il pesce lasciando le squame, in una teglia preparare un letto di sale sul quale adagiare il pesce ricoprendolo con altro sale grosso, poi al forno a 200° per un 20/30 minuti. Servire appena sfornato togliendo la crosta che si è formata durante la cottura, togliere i filetti del sarago da condire a piacere con solo olio o altre salse di erbe aromatiche. Al forno: dopo averli puliti, sistemarli in una teglia, salarli, mettere aglio, erbe aromatiche ed olio, un bicchiere di vino bianco poi al forno per circa mezz'ora, dipende dalla grossezza del pesce.
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Aguglie (BeJone beJoneL.) (46)
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Ha un corpo molto allungato, quasi cilindrico, di colore verde-azzurrognolo e il muso a punta simile ad un ago - o ad un becco - da cui il nome; le squame sono piccole e caduche; il dorso è solcato da una linea mediana più scura; la lunghezza può oscillare tra i 60 e i 90 cm; è una specie pelagica, gregaria, vive allargo in acque profonde, e si avvicina alla costa nel periodo della riproduzione; si nutre di piccoli pesci e si pesca tutto l'anno con reti da traino pelagiche, ma le sue carni sono più buone dall'autunno a metà inverno.
Ha la caratteristica di avere la spina verde vetriolo, un colore percepito come repellente nell'immaginario della gente, che richiama il paiolo di rame ossidato della polenta, quindi i tempi di vacche magre. Oggi le aguglie in certe zone delle Marche (pesaro-Ancona) non si pescano più in mare aperto, ma solo con gli ami, da terra lungo la costa, e a Porto Recanati c'è ancora gente che per diletto pesca con la canna. Un tempo c'era un attrt;zzo, l' agugliera, oggi in disuso.
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Sull' Adriatico le aguglie, dette anche agore, vengono cucinate in diversi modi, di cui riportiamo quelli più classici: in brodetto bianco, cioè senza pomodoro, tipico del sud delle Marche; marinate con succo di limone, aglio, olio, prezzemolo tritato, e poi cotte alla griglia o sistemate in una teglia al forno; fritte, dopo averle marinate nel succo di limone o di aceto o vino bianco che toglie il sapore un po' troppo marcato di questa specie. Ancora meglio per eliminare il sapore forte è un erba aromatica che si sposa bene con il pesce: il finocchio selvatico, come suggerisce Rolando Ramoscelli, di cui consigliamo questa ricetta: un chilo di aguglie, 1 cipolla tagliata a fettine, tre cucchiai di foglie di finocchio selvatico, 4 pomodori maturi, 4 cucchiai di olio d'oliva, 2 cucchiai di aceto, un cucchiaino di prezzemolo tritato; sale e pepe. Far cuocere nell'olio la cipolla a fettine, aggiungere i pomodori spezzettati, far cuocere per qualche minuto poi aggiungere le aguglie decapitate, lavate e tagliate a pezzi di 5/6 cm; cuocere per qualchè minuto bagnando con acqua e aceto, aggiungere il finocchio selvatico, il sale il pepe, coprire la pentola e cuocere per altri 15 minuti a fuoco lento; poi alzare la fiamma, far restringere il sugo di cottura e aggiungere il prezzemolo tritato e servire ben caldo.
Sostituite il finocchio selvatico con un rametto di rosmarino e otterrete un piatto simile nella sostanza ma diverso nella consistenza, nel profumo, e con qualche ingrediente in più, la mollica di pane: Le agore profumate, una ricetta del maceratese[3] che si prepara così: pulire le ago re emetterle a marinare con vino, un cucchiaio di aceto, un rametto di rosmarino e qualche grano di pepe. Tritare il prezzemolo, l'aglio, e qualche foglia di rosmarino e il sale; eliminare da una fetta di pane la crosta e utilizzare la mollica sbriciolata in una ciotolina nella quale avrete messo qualche cucchiaio di aceto. Unite al pane il battuto aromatico, mescolate e farcite così le aguglie cocendole su una griglia ben calda; ultimata la cottura cospargerle con un filo d'olio delle colline maceratesi. Questa ricetta del maceratese è altrettanto efficace di quella del pesarese per rendere più appetibile il sapore delle aguglie.
Dall' Adriatico alla Sicilia, nel catanese per gustarle alla brace, arrotolate a mo' di ciambella, condite con sale, e spennellate durante la cottura con l'origano intinto nell'olio. Le aguglie erano un tempo i pesci quaresimali dei parigini, specie quelle pescate nella Senna, per la delicatezza delle loro carni perche era nel fiume che l'aguglia perdeva la magrezza di quanto viveva nell' oceano e diventava morbida e grassa. I parigini la preferivano alla griglia o arrostita e adagiata su un letto di aceto sella " Letto sul quale si riposa più volentieri: ci sta come una graziosa signora sull'ottomana del suo spogliatoio"[4], Secondo l'autore dell'Almanacco del buongustaio, il periodo penitenziale non è estraneo alla buona cucina ed è anche il periodo dell'anno in cui il pesce è migliore. "E' un caso o un'abile mossa dell'economia politica?" si chiede non senza malizia l'autore dell'almanacco.
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Gallinella (ChelidonichthysgurnardusL.) (67)
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Il nome volgare è capone gorno, mentre quello commerciale è galline/la, cappone, con una grande testa e il corpo che si assottiglia nella metà posteriore; colore grigio-rossastra; vive sui fondali sabbiosi da 50 a 150 m di profondità arrivando fino a 300 metri. Si nutre di crostacei, piccoli pesci e altri animali che vivono nei fondali. Presente in tutti i mari italiani, si pesca con reti a strascico.
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Questa specie della famiglia delle triglie quando è di piccole dimensioni non riscuote molto successo sul mercato ittico, ma quando il suo peso sfiora i due/trecento grammi allora diventa molto più appetibile e il prezzo sale di molto. Cambiano anche le prestazioni gastronomiche: quando è ancora di piccole dimensioni la frittura è d'obbligo, ma anche lessata recuperando la carne per fame polpettine, così gradite ai bambini. Più grande si presta per diverse preparazioni: lessata e condita con olio, limone e erbe aromatiche varie, arrosto al forno o cotta alla griglia, in umido nei vari brodetti sia in bianco sia col pomodoro dove questa specie non deve mai mancare, ma anche da sola con piselli teneri e altri ortaggi, al cartoccio.
Esistono diverse specie di gal1inelle o testegrosse reperibili nell' Alto e Medio Adriatico, circa sette, e tra queste l'agnoletto o piccolo angelo, così chiamata dai pescatori della costa maceratese (Manuela Di Chiara, 2009), perche, secondo l'autrice, ha colori più delicati che tendono al rosa e carni particolarmente pregiate.. "Questo pesce si cattura infatti, al banco, cioè in una fascia di mare dove il fondale è costituito di sabbia, piuttosto che fango, di conseguenza il sapore delle carni dell'agnoletto è molto delicato e raffinato.
[ … ] “Da bambina" racconta l'autrice "mi piaceva molto liberare le testegrosse dalla rete e appoggiarle col ventre a terra in modo da poter allargare completamente le loro pinne, come fossero un ventaglio, per ammirarne i loro colori vivaci con sfumature che vanno dal verde al viola fino al giallo e che diventano brillanti quando sono illuminati dalla luce del sole", Allargando le pinne pettorali del Caviglione (Lepidotrigla cavillone Lacépè), che si aprono a ventaglio, come due ali, la testa grossa, dalle carni particolarmente pregiate, dal sapore delicato e raffinato, merita davvero il nome dialettale di piccolo angelo dato dai pescatori della costa maceratese.
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Leccia (Lichia amia L.) (79)
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Pesce predatore d'acqua della famiglia dei Carangidea, segnalata in tutti i mari italiani, ma pare che è più facile pescarla in Sicilia che in altri mari della penisola, visita volentieri le acque salmastre alla ricerca di cefali di cui è ghiotta, spingendosi fin dentro alle foci dei fiumi e nelle acque portuali. Ha un corpo compresso lateralmente, a forma di losanga, , I con testa piccola, in rapporto al corpo, bocca molto grande. Il colore della livrea è grigio verdastro sul dorso e bianco madreperlaceo sui fianchi; pinne scure, e raggiunge una lunghezza massima di 2 metri con un peso che può superare i 70 kg. E' specie gregaria e i giovani si radunano in branchi molto numerosi. Si riproducono in primavera-estate in acque costiere. Si nutre di pesci e cefalopodi che cattura in corsa. E' catturata con difficoltà con la tecnica della traina, ma essendo una specie dotata di grande furbizia che rifiuta un'esca non perfettamente presentata, reagisce con forza mettendo a dura prova pescatori e attrezzature. E' molto ricercata dai pescatori subacquei. Si pesca in estate, quando il pesce di grosse dimensioni si avvicina alla costa per la riproduzione.
www. wikipedia.org
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Ha carni eccellenti la leccia, parente di altre eccellenze ittiche come la ricciola che nei laboratori ittici di Lampedusa è oggetto di una breve affumicatura effettuata dopo averla pulita, salata e tagliata a fettine da conservare in barattoli di vetro. La leccia, con le sue ; carni molto delicate del tutto simili a quelle della ricciola, può essere cucinata in molti modi: la sua carne è ottima per la preparazione di ragù di pesce, per essere cotta al cartoccio, al forno con le patate come si fa con il rombo, alla piastra, alla griglia, in umido, bianco o col pomodoro, lessata e poi condita con un filo di olio, succo di limone, prezzemolo e aglio tritati finemente. Si può bollire e conservare in barattoli di vetrò da sterilizzare per almeno 45 minuti, come si fa col tonno, sgombro, con la ricciola, e con .c. gli altri pesci della stessa famiglia: pesce pilota, la leccia stellata, il sugarello maggiore, il !. sugarello pittato ecc. Tra l'altro, essendo il genere relegato nella lista dei pesci poveri, ha I. anche il pregio di costare poco. Si pulisce incidendo il ventre con un coltello ben affilato, f p partendo dalla coda, poi si estraggono le interiora, lavandolo bene; se si vogliono f a utilizzare le carni tagliate a filetto occorre allora togliere anche la lisca e la pelle. "i;l:j~L
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Boga (Boops boopsL.) (87)
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Vive in branchi allargo, su fondi sabbiosi e fangosi, fino a 300 metri di profondità, ma non disdegna di stare vicino alla costa con fondali rocciosi e ricchi di alghe. E' una specie segnalata in tutti i mari italiani, ed è molto comune sulla costa del Medio ed Alto Adriatico, sia in prossimità della costa sia allargo, è specie ermafrodita: nasce femmina e invecchiando si trasforma in maschio. Depone le uova tra febbraio e maggio, catturata sia con i ciancioli (reti idonee per specie pelagiche, cioè i pesci che vivono in mare aperto senza rapporti col fondo), ma anche con la lenza nella pesca sportiva e con reti da posta.
Ha un corpo allungato, di 25/35 cm, occhio grande, bocca piccola, il colore è verdastro o grigio azzurrastra, con pinne longitudinali dorate sui fianchi, poco visibili dopo la morte.
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Nelle Marche, a Seniga11ia, questa specie non è commercializzata, molto probabilmente perche se non viene eviscerata subito appena pescata gli intestini si decompongono dando un sapore non proprio appetibile al pesce. In Sicilia è invece molto apprezzata e ricercata: dalle carni bianche è buona sia lessa che arrosto ed anche il prezzo sul mercato non scoraggia l'acquisto oscillando tra i 3 e 4 al chilo. Ma per apprezzarla occorre consumarla a poche ore dalla cattura. In Liguria sono note le boghe in scabecio, così preparate: i pesci di media grandezza vengono infarinati e fritti e quando si sono raffreddati si mettono a marinare, in una soluzione di aceto misto ad un soffritto di carote, sedano, cipolle, rosmarino, salvia o alloro, grani di pepe, chiodi di garofano, ed altri aromi a gusto. Il barattolo chiuso si conserva in luogo fresco o in frigorifero. Dalla Liguria a Pantelleria per le Boghe al passito di Pantelleria: 1 kg di pesce, un bicchiere di passito, 1 spicchio di aglio, 1 cipolla, 4/5 foglie di alloro, 50 gr di uva passa, un cucchiaio di pinoli, 4 di olio, 30 gr di burro 20 gr di farina. Su una pirofila mettete l'olio, la cipolla, l'aglio e l'alloro sminuzzati. Adagiate le boghe sugli aromi, bagnate con il passito di Pantelleria e unite i pinoli. Coprite il recipiente, portate ad ebollizione il liquido, poi abbassate la fiamma al minimo e fate cuocere il pesce.
Nel frattempo mettete a bagno l'uvetta per farla ammorbidire. Ultimate la cottura, scolate il pesce dal liquido e ponetelo su un piatto da portata caldo.
Filtrate il fondo di cottura, mettetelo in una casseruola, unitevi l'uvetta invenuta e metà burro lavorato con la farina; fondere bene il burro, poi, a fuoco vivo, fate restringere il sugo della metà. Aggiungete il burro rimasto, sbattendo con una frusta per rendere la salsa leggermente spumosa; regolate di sale se occorre e versate la salsa sul pesce servendolo subito, ben caldo. www.boghepesce.it Oppure fritte dopo averle passate nella farina, olio bollente e quando sono appena dorate nella carta assorbente. Servire calde con limone.
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Cefalo bosega
(Chelon labrosus, C. dorato, C. calamita, C. verzelata, C. muggine, Oedalechilus labeo, llisso) (111/115)
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Tutte e cinque le specie vengono segnalate in tutte le acque marine costiere italiane, 1 anche se va precisato che il Cefalo labbrone è segnalato solo nel Medio Adriatico, e ha il r , labbro superiore con più file di papille, mentre negli altri cefali il labbro superiore e più sottile e privo di questi organi (sensoriali o gustativi?). Dotato di un corpo fusiforme, ha , un colore grigio brunastro sul dorso, bianco argenteo su fianchi e ventre e può I. " j,'. raggiungere una lunghezza di oltre il mezzo metro; si nutre di sostanza organica presente sul fondo, piccoli invertebrati e microalghe ed è poco presente nelle acque costiere sui fondi mobili. E' una specie che vive sia sul fondo marino o vicino ad esso, sia nel livello medio dell'acqua; si riproduce da agosto a ottobre. Può essere pescata con la sciabica, in prossimità della riva su fondali sabbioso-fangoso, dalle barche che operano con reti da imbrocco, un tempo anche col "saltarello", rete oggi non più in uso.
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Oggi questo pesce in certi tratti di costa è stato relegato nella lista dei pesci poveri, non è un pesce stanziale ma ricerca rifugio nei porti e alle foci dei fiumi solo nel periodo riproduttivo che va da novembre a febbraio. In questo periodo il prezzo al consumo decresce sensibilmente i certi mercati e può essere acquistato anche per pochi euro al chilo, mentre in altri rimane costante, come a Bologna dove non scende mai sotto i 10 euro. Tra le diverse specie di cefali, circa 6/7 nel mare Adriatico, la più ricercata è quella cosiddetta della "bavigia d'oro", con macchie gialle dietro l'occhio, buona per il brodetto.
Farcito con limone ed erbe aromatiche come rosmarino, timo, origano maggiorana, una foglia di alloro e cotto alla griglia o al forno non delude mai; un uso più vicino al modo
di intendere la cucina salutista è l'insalata di farro con cefalo bollito: al farro decorticato e lessato per 15/20 minuti si aggiunge carne di cefalo freschissima, bollita e condita poi con prezzemolo, ed altre erbe aromatiche, qualche cappero, aglio, qualche fettina di pomodorini e foglie di basilico, un filo di olio, sale. Bollito in bianco e condito con prezzemolo, aglio e servito con maionese; al cartoccio, con erbe aromatiche come il finocchio selvatico.
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Tracina ( Trachinus arane us Cuvier) (123)
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Dotata di un corpo cilindrico appiattito sul ventre, è dotata di una testa tondeggiante e una grande bocca rivolta verso l'alto; il colore della livrea varia da specie a specie, quello della tracina ragno ha una fitta macchiettatura nera su fondo bianco-giallastro con una serie di macchie nere tonde disposte regolarmente lungo i fianchi. E' lunga dai 30 ai 50 cm ed è presente nei fondali sabbiosi dove si infossa, lasciando liberi solo gli occhi, in attesa delle prede, crostacei, altri invertebrati e piccoli pesci. Segnalata in tutti i mari italiani e si pesca con la sciabica, reti da posta, con vari tipi di lenza, pesca a traina, cioè senza contatto col fondo marino e la cui apertura orizzontale è assicurata dai divergenti o porte[5].
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Sulla costa adriatica se ne consumano di due specie: ragno e dragone. Le carni delicate e i compatte, della tracina non invogliano al consumo e la specie rimane, purtroppo, nel limbo dei pesci poveri. Eppure in Toscana il caciucco alla livornese senza le sue carni non sarebbe la stessa cosa, ma anche sulla costa adriatica la tracina è molto apprezzata, nei vari brodetti della costa, dove non manca mai. La tracina alla marinara è consigliata per la sua semplicità da un grande conoscitore della cucina tradizionale del pesce povero: Rolando Ramoscelli; occorrono 4 tracine da 250/300 g, un bicchiere di olio, 4 spicchi di aglio, un bicchiere di vino bianco, 1 cucchiaio di prezzemolo, sale. Dopo aver verificato che le tracine siano state private delle spine velenose decapitarle, sviscerarle, e sciacquarle in abbondante acqua corrente. In una capace padella soffriggere qualche spicchio di aglio da togliere prima che imbiondisca troppo, sistemare i pesci, facendoli prendere il colore prima da un lato poi dall'altro, aggiungere un bicchiere di vino bianco secco, dell'acqua, sale e cuocere per una ventina di minuti e aggiungere il prezzemolo e l'aglio sminuzzati. Altra ricetta povera è la tracina in teglia con le patate, conditi con un bicchiere di olio, 2 cipolle e un rametto di rosmarino e mettere al forno a cuocere per 30/40 minuti, avendo cura a metà cottura di bagnare con il fondo di cottura, eventualmente da allungare con un mestolo d'acqua. Anche il ragù di pesce fatto con le carni della tracina è molto apprezzato dai buongustai. Tra l'altro oggi non sono poche le pescherie che vendono la tracina già pronta per essere cucinata, evitando così, a mani inesperte, dolorose punture che, senza dubbio scoraggiano l'acquisto. Sfilettato, marinato, e cotto alla griglia o al forno, è di facile preparazione. E' un pesce povero di grassi. Sembra che questo pesce sia particolarmente apprezzato per fare il brodo, che gioverebbe agli stomaci deboli.
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Palamita (Sarda sarda L.)
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Dotato di un corpo allungato e fusiforme ha una grande bocca con denti conici più robusti di quelli degli altri membri della sua famiglia, cioè degli Scombridae, uno dei membri più importanti dei quali è il tonno. Ha il dorso blu scuro tendente all'azzurro e un numero variabile di strisce scure leggermente oblique, che si estendono fino ai fianchi, mentre il ventre è argenteo. E' un pesce pelagico, cioè vive in mare aperto senza rapporti col fondo, oceaonodrama, che compie migrazioni solamente in mare. Pur essendo segnalata in tutti i mari italiani, non si trova frequentemente nelle acque libere allargo del mare Adriatico e, quando c'è viene catturato dalle barche dotate di lenze, palangari e di reti da traino pelagiche, barche, per intenderci, preposte alla pesca dei pesci d'altura. Si nutre di cefalopodi, sarde, sardine e nello stretto di Messina di costardelle, buttandosi nei branchi dei piccoli pesci che si uniscono formando una palla uniforme che simula un pesce grosso nel tentativo di sfuggire alla cattura di pesci grossi come la palamite e la leccia.
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I mesi migliori per avere un giusto rapporto qualità/prezzo sono quelli di aprile, maggio, giugno e luglio. Per fruire dei preziosi grassi mono e polinsaturi si consiglia di consumarlo crudo e suggeriamo questa ricetta[6]: sfilettare la palamita e tagliare a cubetti di circa 1 cm di lato le sue carni; emulsionare il succo (del limone N.d.R.) del lime con l'olio, il sale, il pepe (dei semi di coriandolo macinati N.d.R); condire il pesce tagliato con questa emulsione e lasciare a riposo per almeno 10 minuti (15/20 minuti N.d.R ); prima di servire tagliare una cipolla e dei peperoncini verdi a fettine sottile e cospargerli sul pesce. In primavera, sostituire cipollotti e peperoncini verdi con le prime insalate selvatiche che contengano alcune foglie di pimpinella, ottima con i pesci grassi. Anche questa specie può essere cucinata in svariati modi, alcuni dei quali descritti nella scheda dello sgombro, parente stretto della palamita.
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Bibliografia consultata
Bibliografia generale
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[5] Gli Amici del Molo di Ponente, Pesci, pescetti, pesciolini, pesciacci, Libro di ricette e fantaricette marinare, Edito dalla Fratellanza degli amici del molo, Banchina di ponente, Senigallia (AN) 1986, p. 118
[6] "Linee guida di riferimento per il consumatore sulla stagionalità dei prodotti ittici laziali", con il contributo del Consorzio Mediterraneo, Lega Pesca, Arsial, Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l'Innovazione dell' Agricoltura nel Lazio.