15 dicembre 2008 MARIA LENTI

LUIGI BARTOLINI A SESSANT’ANNI DA “LADRI DI BICICLETTE”Nato nel 1892 a Cupramontana, dove "il sole tramonta presso la montagna della Rossa" , e morto a Roma nel 1963, Luigi Bartolini, insegnante in scuole di vario ordine e grado e in diverse località italiane dal 1912 alla seconda guerra mondiale, è incisore e acquafortista tra i massimi del secolo scorso.


Luigi Bartolini, autoritratto


Pittore, poeta, narratore, scrittore, polemista dalla vena acre e ribelle, ora sarcastica (verso la società e l’esterno) ora lirica (nell’incontro con il paesaggio, l’infanzia, la memoria, l’amore).
Ha scritto Carlo Bo: il paesaggio marchigiano trova in Bartolini il suo cantore supremo. Se dovesse scomparire, per la furia edificatoria non rara in Italia, vivrebbe in ogni caso, questo bellissimo paesaggio, proprio per le incisioni di Bartolini, in cui sono fissati anche i nudi, le lavandaie, le odalische, i pescatori, le donne, ecc.
I mille personaggi, insomma, che popolano anche i suoi libri, dalla scrittura impulsiva, irruenta spesso, impetuosa, risentita.
Come in Ladri di biciclette. Pubblicato nel 1946 il libro ha avuto fama e fortuna dopo la trasposizione in film (1948) per la regia di Vittorio De Sica. (Le trame narrative divergono, mantenendo tuttavia la sostanza di fondo. Ma Bartolini, che pure aveva dato a De Sica una sorta di “carta bianca”, se ne lamenterà: questo per dire del suo carattere non facile).
Il film porterà nel mondo il romanzo: verrà tradotto in lingue diverse (e in varie edizioni fino a oggi): francese, spagnolo, portoghese, greco, ebraico, russo, lingue slave, ecc.
Il protagonista-autore va alla ricerca, nella Roma derelitta del dopoguerra, della bicicletta rubatagli (è il terzo furto!). La cerca tra persone differenti per mestiere e occupazioni giornaliere: ricettatori, rigattieri, meccanici, morti di fame, prostitute, ecc.
E’ il quadro di una città sofferente per le ferite recenti e di secoli, sarcastica per non morire di disperazione, abitata da persone che “tirano” la loro giornata come il pittore. Il quale, però, ha due cose importanti e che lo salvano: la sua arte e la sua bicicletta. (Almeno fino a che non gli verrà rubata di nuovo: una possibilità più vera della fame; una probabilità…appostata ad ogni sosta del suo proprietario).







Scheda bio-bibliografica di Maria Lenti
È nata a Urbino e qui vive. Docente di lettere fino al 1994, anno in cui è stata eletta deputata al parlamento per rifondazione comunista, impegno continuato fino al 2001. Per questo partito oggi segue cultura e università-ricerca.
Studiosa di letteratura ed arte. Saggi, recensioni e interventi critici (su scrittori e pittori italiani contemporanei) e di politica si trovano in volumi collettanei, in riviste e su alcuni quotidiani (dal 1976 a tutt’oggi). Ha una lunga esperienza di insegnamento - lezioni e seminari di lingua, letteratura, cultura italiana - con studenti stranieri, in Italia e all’estero.
Ha pubblicato: raccolte poetiche [Un altro tempo, Albero e foglia, Sinopia per appunti, Versi alfabetici]; poesie in edizioni d’arte; un poemetto - Il gatto nell’armadio, poesie nell’ Almanacco Odradek; racconti: Passi variati, Due ritmi una voce e, su rivista, in antologie, su quotidiani, Giustina, Nostromo sull’81, Anni sessanta, Neve, Le ragazze di ieri, Alluminio e rosa fucsia, La Scrittrice, Nomen omen Andrea, Le ore di Jonella, L’estate del Gallo, Parole dolci, Un giro di sale un giro di sarde, Ago e filo. Mettici un punto. All’inizio del prossimo anno uscirà Cambio di luci (poesie).
Ha curato, con Gualtiero De Santi e Roberto Rossini, il volume Perché Pasolini (1978).
Sulla sua poesia il regista Lucilio Santoni ha realizzato nel 2002 il film-video A lungo ragionarne insieme. Un viaggio con Maria Lenti.



11 dicembre 2008 VALENTINO AMBROSINI

GIOVANNI BELLINI
ALLE SCUDERIE DEL QUIRINALE


Sessanta opere alle Scuderie del Quirinale per riscoprire Giovanni Bellini, e proporre una nuova chiave di lettura che individua nell’artista veneto il personaggio cardine di un rinnovamento stilistico che renderà celebre e inconfondibile l’arte lagunare.



Le pagine più belle della letteratura artistica dedicata a Giovanni Bellini le scrisse lo storico dell’arte Roberto Longhi mentre risale al 1949 l’ultima sostanziosa monografica di prestigio dedicata al Maestro. “Prima bizantino e gotico, poi mantegnesco e padovano, poi sulle tracce di Piero e di Antonello, in ultimo fin giorgionesco”, così lo definiva il Longhi nel suo Viatico. L’esordio di Giovanni Bellini, detto il Giambellino, era avvenuto, secondo le più accreditate interpretazioni critiche, dapprima in chiave tardo gotica per poi risentire degli influssi del cognato Mantegna inequivocabilmente presenti, secondo la storiografia artistica, nell’Orazione nell’orto della londinese National Gallery. Un cambiamento di stile lo avrebbe avvicinato, da ultimo, a quella sintesi di luce, forma e colore che risentirebbe, secondo molti critici, delle contaminazioni pierfrancescane e che si sarebbe palesata nella Pala Pesaro, opera della maturità.


Di Mantegna riprese il plasticismo, da Piero Della Francesca avrebbe assorbito la concezione dello spazio e da Antonello da Messina assimilò il volume e il naturalismo delle forme. Questo è quanto la storia dell’arte ci ha trasmesso fino ad oggi.
Con questa mostra queste valutazioni vengono riviste. L’esposizione, frutto finale di indagini scientifiche, intende mettere in luce la vera peculiarità del maestro veneziano rispetto agli illustri colleghi, soprattutto nel rapporto tra Bellini e Piero della Francesca, proponendo inoltre anche una revisione dell’intera cronologia e delle opere, dal momento che i curatori tendono a posticipare la data di nascita dal 1425 al 1440. Giovanni Bellini è considerato, a giusto titolo, una stella polare della storia dell’arte italiana poiché attraverso il suo stile inconfondibile fatto di naturalismo, luce forma e colore è riuscito a compiere una sintesi dello stile pittorico dell’arte del Quattrocento italiano. Ma queste preziose contaminazioni le elaborò a modo suo, reinterpretandole, sganciandosi e aprendo la strada a quel tonalismo tipico della pittura veneta. Giovanni Bellini è dunque il personaggio di spicco di quell’originale rinnovamento che ha investito la Venezia del suo tempo e che lo ha reso, senza ombra di dubbio, il più importante esponente della pittura veneta.

RAFFAELLO SANZIO
IL RESTAURO DELLA MADONNA DEL CARDELLINO
La Madonna del cardellino fu dipinta a Firenze dal giovane Raffaello per le nozze di Lorenzo Nasi intorno al 1506. Si tratta di uno straordinario capolavoro della storia dell’arte italiana particolarmente “sfortunato”, perché appena quarant’anni dopo la sua creazione venne coinvolto, come testimoniato dal racconto di Giorgio Vasari, nel crollo del palazzo in cui era conservato (1548). L’incidente portò l’opera a spaccarsi in più parti, che furono poi rimontate in un antico restauro, mentre due inserti nuovi vennero messi a colmare due mancanze. La sua storia conservativa da allora è stata caratterizzata costantemente da una sovrammissione di materiali, tesa per lo più a nascondere gli antichi guasti. Per accordare infatti alla pittura raffaellesca le integrazioni frutto dell’antico restauro (attribuite da Carlo Gamba a Ridolfo del Ghirlandaio), la tavola è stata via via patinata e verniciata, con l’aggiunta di materiali sempre nuovi, senza che mai fosse eseguita una pulitura.


prima del recente restauro


Il delicato e difficile intervento di restauro sulla Madonna del Cardellino di Raffaello, compiuto oggi dall’Opificio delle Pietre Dure, è stato supportato da una lunga fase iniziale di studio e da continue indagini scientifiche volte a chiarire quali fossero i materiali pittorici usati da Raffaello, quali da Ridolfo del Ghirlandaio, che verosimilmente ha restaurato l’opera gravemente danneggiata nel 1547, e le stratificazioni degli interventi successivi. La consistente massa di questi materiali nel tempo si è alterata al punto da nascondere completamente la policromia raffaellesca.
durante il restauro
La lunga e delicata fase di pulitura ha consentito il recupero della policromia raffaellesca ancora protetta dalla verniciatura stesa dall’artista. Anche il supporto ligneo è stato oggetto di un intervento di risanamento volto al consolidamento delle fratture che nel tempo si erano riaperte e al parziale miglioramento dell’andamento della superficie, segnata da una serie di deformazioni. La stuccatura delle lacune, il trattamento della superficie e la reintegrazione pittorica, hanno permesso di coniugare il miglioramento strutturale a quello di una corretta fruizione dei valori espressivi del dipinto.
dopo il restauro


La domanda sorge spontanea - si chiede Roberta Scatena su TuttoFlaminia n° 234 del 13 Giugno 2008 - è il ponte medievale di Apecchio quello che appare nel paesaggio della Madonna del Cardellino?


Analizzando attentamente l´opera di eccezionale raffinatezza, sul lato sinistro del paesaggio si puo´ notare un ponte nel quale si riscontrano analogie con quello medievale di Apecchio, dove tuttora scorre il fiume Biscubio. L´arcata del ponte, confrontandola con la foto scattata da un´altra angolazione, e´ leggermente diversa, inoltre dobbiamo ricordare che l´opera e´ stata restaurata in seguito al crollo di casa Nasi, quindi potrebbe aver subito dei piccoli cambiamenti rispetto all´originale. Con i mezzi di cui disponiamo oggi basterebbe sottoporla ad uno scrupoloso e approfondito esame radiologico. Che Raffaello si sia ispirato a luoghi poco lontani da Urbino non e´ da escludere.

A tutti gli studiosi delle opere d´arte lancio un appello affinche´ si possa far luce su questa mia ipotesi che non trovo del tutto infondata.
Nell´opera appaiono altri due indizi. Quali secondo voi?
Attendo una risposta.

4 dicembre 2008 ALESSANDRO CIOPPI

ARCHITETTURA MODERNA
DALL'ART NOUVEAU AL FUTURISMO ITALIANO


La prima vera rivoluzione in architettura si attua con il fenomeno Art Nouveau, che si caratterizza sin dall'inizio come una reazione all'accademismo dell'Ottocento e con un rifiuto degli stili storici. Si fa avanti in architettura il concetto di unità progettuale, come coerenza stilistica tra l'interno e l'esterno.
L'Art Nouveau, che vede inizialmente come protagonisti Horta e Van de Velde in Belgio, si diffonde con diverse varianti linguistiche in tutta Europa pur presentando una comune matrice, caratterizzata da un esuberante decorativismo fatto di linee sinuose, eleganza e trasformazioni economiche, sociali e di pensiero, insieme alla citata alla possibilità di utilizzo dei materiali prodotti dall'industria, come il ferro e il cemento armato (nel 1847 si attestano già le prime produzione di travi profilate, mentre il cemento armato fu scoperto nel 1849), si posero alla base di un nuovo evolversi dell'agire in architettura.
L'Art nouveau si chiamerà:
Liberty in Italia
Modernismo in Spagna
Modern Style in Inghilterra
Jugendstil in Germania
e avrà in alcune singole personalità dei referenti precisi:
a Londra, vedremo emergere la figura di Mackintosh
a Parigi di Hector Guimard
a Bruxelles si distingueranno gli architetti Horta e Van De Velde
in Catalogna Gaudì, genio isolato, che produsse opere dal carattere definibile proto-espressionista
in Italia spiccherà la personalità di E. Basile, architetto di Palermo che aderì al movimento realizzando opere come Villa Igea, villino Basile, e lo scomparso villino Deliella, per citare solo parte della sua produzione.
Un esempio del Liberty italiano e il noto villino di Pesaro dell’arch. Oreste Ruggeri.

In Italia, tra il primo decennio del 1900 ed il secondo, un linguaggio fortemente innovativo sarà espresso dalla corrente del Futurismo, che si contraddistinguerà sin da subito, per il desiderio di rottura con il passato ed un frenetico slancio verso il futuro. L'esaltazione della macchina e del senso del movimento, la programmaticità degli intenti e la fusione con alcuni ideali politici del tempo costituiranno per il futurismo delle linee dominanti. Il Futurismo, venne divulgato attraverso la pubblicazione dei cosiddetti "manifesti"; le riviste mostreranno le attività e le produzioni degli artisti e si utilizzeranno strumenti divulgativi anche inediti come i proclami e i convegni. Nel 1914 venne diffuso su Le Figaro a Parigi il primo manifesto Futurista nel campo letterario da parte di Marinetti e nello stesso anno, nel 1914, Antonio Sant'Elia curò il manifesto futuristico inerente l'architettura predisponendo i disegni della città futurista, in cui si manifesterà come una volontà, il creare una nuova città diretta espressione delle esigenze più attuali. In tutti i suoi progetti, che per altro furono destinati a restare tali, si ripete l'archetipo della centrale elettrica, simbolo della produzione dell'energia della nuova società moderna. Una idea non statica dell'architettura sta la base della concezione architettonica ed urbanistica futurista. L'architettura del futurismo si dichiarava contraria ad ogni forma di decorativismo per cui “soltanto dall'uso e dalla disposizione originale del materiale greggio o nudo o violentemente colorato, dipende il valore decorativo dell'architettura futurista”.
La personalità di Sant'Elia lo condusse ad una quasi totale coerenza tra la concezione "futurista" e l'agire da "futurista". Come Boccioni, esponente futurista di rilievo del movimento artistico corrispondente, Sant'Elia parteciperà alla I Guerra mondiale. Se la sua vita fosse stata meno breve, probabilmente avremmo avuto modo di osservare delle sue opere non solo dei disegni....

La fondazione del Deutscher Werkbund in Germania, che accetta il concetto di standardizzazione edilizia come elemento di possibile espressione artistica, sarà determinante per la formazione di una nuova concezione della architettura in senso moderno. Determinante la figura di P. Behrens, che proviene da una formazione all'interno della Secessione viennese. All'interno del Werkbund si riscontravano due opinioni: una che tendeva alla tipizzazione delle forme, l'uso di tipi standardizzati e riproducibili; un'altra, che sosteneva che l'originalità del manufatto artistico e la libertà di progettazione. Nello studio di Behrens si formeranno alcune tra le maggiori personalità del panorama architettonico moderno come Mies Van Der Rohe, Le Corbusier e Gropius. Il Bauhaus fondato da Gropius nel 1919 riassume le potenzialità di innovazione insite nel Movimento Moderno grazie all'ordinamento dei principi costruttivi generalizzabili che saranno il fondamento progettuale di molte successive costruzioni.
In questa scuola si definirà anche la figura del designer come oggi la concepiamo, e si elaborerà una metodologia di progettazione comune a tutte le arti.

Organo di diffusione del Neoplasticismo. fu la rivista “de Stijl”, Il programma neo-plastico prevedeva fosse estetico il puro atto costruttivo, cioè introduceva il concetto che nessuna forma esiste a priori, ma si produce con l'atto del costruire. Rietveld aveva ideato una casa le cui superfici delle pareti sembravano essere piani in movimento, così come i balconi e i parapetti. L'architettura non deve cadere, a detta di Oud, in un arido razionalismo, ma deve mostrare la seduzione del materiale di qualità, la chiarezza del vetro, lo scintillio e la levigatezza della superficie, lo splendore e la luce del colore... solo così l'architettura potrà superare, quella purezza classica, eliminando ogni elemento di poca importanza.

Con "Movimento Moderno" si vuole generalmente indicare un complesso svilupparsi di fenomeni architettonici ed evoluzioni teoriche che ebbero luogo tra le due guerre mondiali. La personalità di Le Corbusier sarà determinante per il Movimento Moderno anche se, pur concorrendo allo sviluppo di tale movimento, il personale percorso di questo architetto assumerà via via connotazioni anche diverse.

1 dicembre 2008 MARCELLO FAGIOLI

LA COSTITUZIONE ITALIANA
I SUOI VALORI E LA SUA ATTUALITÀ


La nostra costituzione è un vero e proprio gioiello. Un esempio di modernità e di attaccamento ai valori più profondi della nostra Nazione. La Costituzione è la norma principale del nostro ordinamento giuridico. Tutte le altre norme, del parlamento e delle regioni, devono rispettarne i contenuti e i principi.
La Costituzione italiana è stata approvata il 27 gennaio 1947 ed è entrata in vigore il 01 gennaio 1948. E’ stata elaborata e scritta da una assemblea costituente eletta a suffragio universale (maschile e femminile) il 2 giugno 1946. In quella data il popolo italiano scelse peraltro, con referendum, la forma di governo repubblicana sancendo la fine della monarchia sabauda.
Prima della entrata in vigore della Costituzione, la norma più importante dell’ordinamento del Regno era lo Statuto Albertino (concesso dal Re Carlo Alberto il 3 marzo 1848).
Lo Statuto era “flessibile” in quanto poteva essere modificato da una semplice legge ordinaria.
I costituenti optarono invece per una Costituzione rigida.
Costituzione rigida significa due cose: a) non può essere modificata (meglio revisionata) da una legge ordinaria del parlamento ma solo da una legge costituzionale di revisione soggetta ad una procedura più complessa e difficile ai sensi dell’art 138 (doppia deliberazione da parte di ciascuna camera ad intervallo non superiore di tre mesi e approvazione con la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna camera in seconda votazione; se poi in seconda votazione la legge di revisione non ottenga la maggioranza dei 2/3 può essere sottoposta a referendum); b) le leggi ordinarie devono rispettarne i contenuti, in mancanza possono essere annullate dalla Corte costituzionale.
La Costituzione di divide in due parti tra loro strettamente collegate.
Nella prima parte (artt da 1 a 54) sono contenuti i principi generali; nella seconda parte (artt da 55 a 139) sono contenuti i principi ordinamentali, cioè le norme che regolano il funzionamento delle Istituzioni e i loro collegamenti.
Nei primi dodici articoli troviamo i principi fondamentali (democrazia, solidarietà, uguaglianza, unità della repubblica nel decentramento politico e amministrativo, diritto al lavoro, diritto alla pace). Questi principi sono stati definiti dalla Corte Costituzionale “supercostituzionali” cioè non assoggettabili alla revisione costituzionali in quanto costituiscono l’”ossatura” della nostra repubblica. Ma anche altre norme della prima parte della costituzione contengono principi fondamentali. A titolo di esempio ricordo gli artt 13 (libertà come diritto inviolabile) 14, (inviolabilità del domicilio), 15 (segretezza della corrispondenza), 18 (libertà di associazione e di riunione), 25 (irretroattività della norma penale), 36 (giusta retribuzione), 37 (uguaglianza dell’uomo e della donna nel lavoro), 41 (funzione sociale della produzione).
Nella seconda parte vi sono le norme che regolano la procedura di formazione della legge, il funzionamento e la composizione del Parlamento, la formazione e le competenze del governo, i rapporti tra parlamento e governo, il referendum, abrogativo, il ruolo e le competenze del Presidente della Repubblica, la composizione e le competenze della Corte costituzionale, le competenze delle regioni a statuto ordinario e a statuto speciale, i rapporti tra le regioni e lo Stato. Infine l’art 139 prevede che “La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale; è questo un limite esplicito alla revisione.
Dicevo all’inizio che la Costituzione è un “gioiello”, soprattutto perché non si limita ad affermare i diritti e i doveri dei cittadini in astratto, ma li rende effettivi assegnando alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla vita sociale, economica e politica della nazione. Ciò prevede la seconda parte dell’art 3 che contiene il principio di uguaglianza sostanziale.
Sono passati sessanta anni dalla approvazione della Costituzione e il mondo è cambiato, è cambiata la politica e son cambiati i rapporti sociali. Allora una domanda è d’obbligo: la nostra Costituzione è ancora attuale? Io rispondo di sì, categoricamente, anche se, ovviamente, degli aggiustamenti (revisioni) sono auspicabili, ma dentro il quadro generale disegnato dai costituenti.
La costituzione incarna il patto nazionale che contribuì a sconfiggere la dittatura fascista. Fu il frutto di un grande compromesso civile tra le grandi componenti della cultura italiana, la cattolica la liberale e la marxista. Le costituzioni non durano “una legislatura” ma secoli. La nostra contiene quei principi della convivenza civile dai quali non si può prescindere per un equilibrato e giusto progresso civile. Teniamocela stretta.

Brevi note biografiche.

Marcello Fagioli è nato a Cantiano il 01 settembre 1955. Laureatosi in giurisprudenza il 26 giugno 1978 con una tesi in filosofia del diritto dal titolo “Il diritto e la politica nel pensiero di Antonio Labriola” - relatore prof. Italo Mancini. Ha iniziato a fare pratica legale a Cagli nello studio del compianto avvocato Luigi Bacchiocchi. Nel 1984 ha superato l’esame di abilitazione per l’esercizio della professione di avvocato. Nello stesso anno ha vinto la cattedra per l’insegnamento del diritto ed economia politica negli istituti superiori. Ha insegnato nel 1985 a Cagli diritto ed economia presso l’ITC A. Celli (da lui stesso frequentato in gioventù) e socio-economia presso l’istituto statale d’arte. Successivamente ha insegnato a Fabriano le stesse discipline presso l’ITC “Morea” e, dal 1987, presso l’Istituto commerciale “Della Rovere” di Urbania.
Esercita la professione di avvocato insieme al fratello Domenico a Cagli e Urbania, città nella quale vive dal 1987 insieme alla famiglia composta dalla moglie Silvia e dalla figlia Marta, studentessa del primo anno di matematica presso l’università degli studi di Bologna.