Ricordo del Prof. Gherardo Gnoli

Commemorazione del Prof. Gnoli, pubblicata da Fabio Scialpi sulla rivista del Dipartimento di Storia, Culture, Religioni, Studi e Materiali di Storia delle Religioni, fondata nel 1925 da Raffaele Pettazzoni, Giuseppe Tucci , Carlo Formichi:
IN MEMORIAM

Il Presidente della Società Italiana di Storia delle Religioni, Prof. Gherardo Gnoli, è mancato all’affetto dei suoi Cari e dei suoi numerosi amici, colleghi, allievi, studenti ed estimatori il 7 marzo 2012. Era nato a Roma, il 6 dicembre 1937, in una famiglia nobile di studiosi di varie discipline
umanistiche, letterati e personalità di altissimo prestigio culturale. Seguìto l’insegnamento di alcuni tra i più autorevoli Maestri del suo tempo – Giorgio Levi Della Vida e Sabatino Moscati per gli studi semitici, Antonino Pagliaro e Alessandro Bausani per gli studi iranistici –, si era quindi avvicinato al Prof. Giuseppe Tucci, e con lui si era laureato con lode in Religioni  e fi losofi a dell’India e dell’Estremo Oriente, discutendo, il 16 marzo 1962, una tesi su “Aspetti della religiosità iranica e indiana rifl essi nel pantheon monetario dei Kushana. Ricerche religiose e iconografi che”.

Gherardo Gnoli non dimenticò mai alcuno dei suoi Maestri. Ricordo, per fare un solo esempio di cui fui personalmente testimone, il suo desiderio di entrare in possesso di un libro del Prof. Mario Bussagli, Profili dell’India antica e moderna (Eri - Edizioni Rai, Torino 1959) ormai introvabile sul mercato librario. Incuriosito da questo interesse per un volume pubblicato molti anni prima e relativamente lontano ormai dai suoi più diretti interessi scientifi ci, gliene chiesi la ragione. Mi rispose che, avendo lavorato con quello studioso, sarebbe stato lieto di avere le sue opere nella propria biblioteca; e quale non fu la sua gioia quando gliene portai una copia, a lungo da me ricercata e fi nalmente scovata in una piccola libreria antiquaria in via Merulana, non lontana dalla sede dell’IsMEO.

Ma certo, tra tutti i suoi Maestri, fu Giuseppe Tucci quello che ebbe

maggiore infl uenza su di lui. L’incontro con Tucci, infatti, ebbe conseguenze feconde che lo accompagnarono e ispirarono per tutta la vita; esso valse a costituire un modello ideale per ogni sua attività di studio e d’insegnamento, non già per una sorta di pedissequa imitazione di colui che fu il più grande studioso delle civiltà orientali del secolo scorso, ma per una
misteriosa, e, a mio giudizio, evidente consonanza umana e spirituale, nutrita dall’ammirazione e da un amore profondo. A breve distanza dalla sua scomparsa egli scrisse: «Giuseppe Tucci fu tanto lontano dall’accademica vanità quanto preso, invece, dal desiderio di fare concretamente delle cose, di promuovere e organizzare gli studi, di fare delle ricerche e guidarle, lui personalmente, sui sentieri dell’Asia che gli erano rimasti sempre nel cuore, di utilizzare lo strumento che aveva creato nel 1933, questo Istituto, l’IsMEO, come il mezzo più adatto a portare a compimento progetti scientifi ci di vasta portata, che richiedevano il concorso di
competenze molteplici e disparate»1.

Riprenderemo più avanti il fi lo di continuità che ha legato queste due personalità di straordinario rilievo, ma adesso seguiamo gli anni della formazione e dell’affermazione del giovane Gherardo Gnoli.

Rapidissima era stata la sua carriera di Docente nell’Università italiana,
nella quale aveva percorso in breve tempo tutti gli ordini e gradi.

Assistente volontario presso la Cattedra di Storia dell’arte dell’India
e dell’Asia centrale, con il Prof. Mario Bussagli, nell’anno accademico 1962-63; Assistente volontario presso la Cattedra di Lingua e letteratura persiana, con il Prof. Alessandro Bausani, negli a.a. 1963-64 e 1964-65; Lettore incaricato presso la stessa Cattedra nel 1965; Libero Docente in Storia religiosa dell’Iran e dell’Asia centrale il 16 aprile 1965; Professore
incaricato di Iranistica nell’Istituto Universitario Orientale di Napoli dal
1° novembre 1965 al 31 ottobre 1968; Professore straordinario di Iranistica dal 1968 al 1971 e poi Professore ordinario di Filologia iranica dal 1971 al 1993, e  temporaneamente Professore incaricato di Religioni dell’Iran e dell’Asia centrale dal 1972 al 1983; Professore ordinario di Storia religiosa dell’Iran e dell’Asia centrale nella Facoltà di Lettere e
Filosofia dell’Università di Roma “La Sapienza” dal 1° novembre 1993
fi no al 31 ottobre 2008. Professore a contratto per i tre anni accademici successivi al suo collocamento a riposo, aveva concluso le lezioni nel maggio del 2011. Invitato per chiara fama, aveva anche insegnato al Collège de France nel 1983, all’École Pratique des Hautes Études di Parigi
nell’a.a. 1986-87 e all’Università di California a Los Angeles nel 1997.


Oltre all’attività d’insegnamento, come si è visto, intensa e instancabile, numerosi furono i suoi incarichi accademici. Tra i quali basterà qui ricordare i seguenti: Direttore, e quindi, secondo il nuovo Statuto, Rettore dell’Istituto Universitario Orientale di Napoli, per la durata di quattro mandati, dal 1970 al 1978; componente il Consiglio di Presidenza della Conferenza permanente dei Rettori delle Università Italiane; componente
 il Comitato Nazionale di consulenza per le discipline storiche, fi lologiche e filosofiche (08) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, nonché rappresentante dello stesso Consiglio nella Commissione consultiva per le ricerche archeologiche e etnologiche del Ministero degli Affari Esteri;

Presidente dell’Istituto per la Civiltà fenicia e punica “Sabatino Moscati” del Consiglio Nazionale delle Ricerche dal 1998 al 2002; Presidente dell’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente (IsMEO) dal 1979, e quindi, in seguito alla fusione di questo con l’Istituto Italo-Africano, Presidente dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente (IsIAO) dal 1995, anno della sua costituzione, fi no al 2011, anno che segna la fi ne ingloriosa di un ente dalla lunga e gloriosa storia, celebrata da tutti più all’estero che non da noi. Nemo propheta in patria: a ricordarcelo, se ce ne fosse
bisogno, è il Vangelo, che preannunzia questa verità in forma ancora più amara:« Non è senza onore un profeta, altro che nella sua patria e in casa propria» (Mt 13,57).

Sia detto qui, per inciso, che il provvedimento di chiusura dell’IsIAO, decretato dal Ministero degli Affari Esteri appunto nel 2011, non solo ha privato l’Italia di una istituzione, per unanime riconoscimento, di altissimo
rilievo internazionale per gli studi e le ricerche archeologiche sulle
civiltà dei Paesi africani e asiatici; ma, riguardo alla dichiarata necessità del contenimento della spesa pubblica, invocata a gran voce come motivazione essenziale della delibera, la liquidazione dell’Ente non ha
avuto praticamente concreti risultati fi nanziari. Infatti: il Personale, cui va applicato il trattamento previsto dal diritto pubblico, sarà assunto dallo stesso Ministero, senza alcun risparmio di spesa; i locali di affi tto, per generosa concessione del Comune di Roma, proprietario dell’immobile, erano conferiti in uso ad un canone simbolico di 59 Euro l’anno, quindi non rappresentavano un costo signifi cativo; le attività di missioni e di ricerca erano prevalentemente fi nanziate ad hoc attraverso accordi e contributi
specifi ci; l’ingente patrimonio artistico, librario, documentario e
fotografi co dell’Istituto è inalienabile a norma di legge.

Le vicissitudini degli ultimi anni dell’IsIAO – dalla sua ignominiosa e assurda inclusione tra i cosiddetti «Enti inutili», alla progressiva, insostenibile riduzione delle risorse fi nanziarie, che non trovò riscontro nelle delibere riguardanti enti pubblici non economici con caratteristiche simili, fi no alla sua fi ne – hanno costituito uno dei più grandi dolori degli ultimi anni di vita del Prof. Gnoli. Egli combatté con tutte le sue forze contro questo ingiustifi cato stato di cose; ricorse al benevolo interessamento
del Capo dello Stato; investì il suo prestigio e ogni sua energia per
salvare l’IsIAO e impedirne la chiusura, ma tutto fu inutile. Possiamo ora chiederci perché egli tenesse tanto a questo Istituto: e qui riprendiamo
quell’accostamento di “vite parallele”, la sua e quella di Giuseppe Tucci, che avevamo iniziato a delineare.

L’attività multiforme di Tucci era stata ispirata da un’idea di fondo,
che fu il motivo costante della sua opera scientifi ca e culturale: l’Eurasia, e cioè l’unità storica del continente euro-asiatico, che ha dato luogo, nel corso dei secoli, ad una creazione culturale di larghissimo respiro e dalle conseguenze importantissime per lo sviluppo della civiltà e dei va-  lori crea ti dall’uomo. Questa idea era al centro del progetto dell’IsMEO, come sottolineò Gherardo Gnoli nel ricordare il signifi cato dell’opera del suo Maestro, «perché ha una portata immensa che si può rifl ettere sui rapporti internazionali – non tanto, forse, quelli tra i governi, ma quelli tra i popoli e tra le generazioni più giovani – dando sostanza e supporto a un ideale di umana solidarietà, fondato sulla consapevolezza di comuni eredità culturali e spirituali, che legano l’Asia all’Europa come due parti di un unico inscindibile continente»2.
Dieci anni dopo egli avrebbe ulteriormente ribadito con forza questo concetto:
«Riscrivere la nostra storia come storia dell’Eurasia signifi ca scoprire le ragioni profonde di una solidarietà culturale e morale che è la base vera su cui edifi care un’autentica comprensione internazionale. È un compito, dunque, che ha un valore non solo scientifi co, ma anche culturale nel senso più lato, morale, sociale
e politico»3.
Sottolineiamo qui, solo di passaggio, che tale intuizione era stata condivisa da uno storico delle religioni autorevole e di vaste conoscenze quale fu Mircea Eliade4.

Questo ideale della riscoperta di un umanesimo dai valori universali, conformemente all’insegnamento di Tucci, fu anche al centro del programma al quale prima l’IsMEO, e poi l’IsIAO, sotto la guida di Gherardo Gnoli, rimasero sempre fedeli. Così egli ancora scriveva:
«La funzione di un ente quale l’IsMEO è proprio questa di dimostrare coi fatti

che la cultura può unire anche quando la politica sembra dividere; e, in tal modo, il nostro Istituto – ente pubblico nazionale culturale e di ricerca posto sotto la vigilanza del Ministero degli Affari Esteri – può essere di grande aiuto alla politica

di un paese come il nostro che non vuole lo scontro ma il dialogo»5.

Le stesse motivazioni, ulteriormente rafforzate dall’esperienza nel
frattempo acquisita, venivano quindi confermate, a distanza di dieci anni,
anche se forse già egli intravedeva il profi larsi di un’ombra cupa sulla possibilità di realizzare compiutamente questo progetto civile, ereditato dal suo Maestro, che doveva costituire il programma ideale e la stessa ragion d’essere dell’IsMEO e poi, in naturale continuità, allargato anche alle civiltà dell’Africa, dell’IsIAO.
 
 
«L’Istituto non chiede, passivamente, di essere compreso, ma intende farsi comprendere: non aspetterà che altri venga in suo soccorso per superare difficoltà possibili e in parte reali (spererà solo, semmai, di non essere ostacolato), ma si adopererà in ogni modo a fare da sé, con le proprie forze. La vita di Tucci è un chiaro modello per chi si chieda che cosa si possa fare contando solo sul proprio ingegno, sulla propria passione, sul proprio generoso slancio»6.
Purtroppo, come si è visto, le cose non sono andate nel modo che il Presidente di quella istituzione aveva auspicato e così, nel 2011, si è concluso, dopo anni di grandi diffi coltà, tutte superate con grandissimo impegno e dedizione assoluta, un progetto culturale e, in senso lato, politico, – nell’accezione migliore del termine (che deriva da polis, cioè “città”, nel signifi cato più ampio di “patria”) –, un progetto, dico, che avrebbe avuto, tra l’altro, il merito di essere specifi camente italiano. Scriveva, infatti, Gnoli:
«Chiunque abbia dimestichezza con la realtà di molti paesi asiatici sa che l’Italia, sol che vi si impegnasse coerentemente, si troverebbe in una posizione privilegiata, perché non suscita in molti di essi né sospetti, né rancori [...]. Una istituzione italiana può esser dunque particolarmente adatta al compimento di un’opera che abbia per suo fi ne il rafforzamento delle radici culturali della comprensione internazionale»7.

Va, infi ne, ricordato, accanto al suo eccezionale contributo di carattere progettuale e organizzativo, ampliato e articolato sempre di più dopo la fusione con l’Istituto Italo-Africano, il rilievo che egli seppe conferire alle iniziative propriamente scientifi che degli Enti che ebbe a dirigere per un periodo ultratrentennale. Come Presidente di IsMEO e IsIAO, Gherardo Gnoli è stato Chairman dell’Editorial Board della Rivista in lingua inglese East and West, fondata nel 1950 da Giuseppe Tucci, e Direttore delle Collane di opere scientifi che “Reports and Memoirs” e “Serie Orientale Roma”. Oltre a ciò, fu anche Presidente, tra il 1981 e il 1983, dello Steering Committee degli studi iranistici in Europa e socio fondatore della Societas Iranologica Europaea, avvenuta a Roma nel 1983. Il 24 febbraio 2001 era stato eletto “Associé étranger” alla Académie des Inscriptions et Belles-Lettres di Parigi.
Ma veniamo ora al suo rapporto con la Società Italiana di Storia delle Religioni, di cui divenne Presidente, dopo la scomparsa di Ugo Bianchi,
avvenuta nel 1995. Gherardo Gnoli, munito di salde conoscenze di
molte lingue orientali, e cimentatosi con questioni di carattere storico,
epigrafi co, fi lologico, fi losofi co attinenti a civiltà diverse, che rivelavano curiosità intellettuali e interessi culturali riservati solo a persone di genio, aveva per tempo cominciato a dedicare le sue migliori energie creative a problemi di carattere religioso. Già nel 1965, infatti, gli venne conferito dall’Accademia Nazionale dei Lincei il “Premio Raffaele Pettazzoni” per la Storia delle religioni. Anche sotto questo aspetto, egli seguiva il fascino della persona del suo Maestro, che aveva manifestato una grande
passione per il mondo religioso, e aveva sempre considerato l’uomo il soggetto dell’esperienza religiosa. Citando le parole di Giuseppe Tucci egli scrisse:  

«“sotto ogni cielo l’uomo ha avuto gli stessi sogni, è la medesima creatura dogliosamente sospesa fra il cielo e la terra, paurosamente sola dinanzi al mistero

della vita e della morte [...], che muore come individuo ma resta nella spersonificata immortalità che gli è concessa; intendo [...] la lenta costruzione della sua identità e della sua cultura, sempre rinnovantesi e come tale imperitura [...]”»8.
Credo di averlo conosciuto per la prima volta nel 1969, grazie all’incoraggiamento ricevuto dal Prof. Corrado Pensa, con il quale avevo l’onore di collaborare, che ricopriva allora, per Incarico, la Cattedra di Religioni e filosofia dell’India e dell’Estremo Oriente della Sapienza, già tenuta da Giuseppe Tucci. Erano trascorsi dieci anni dalla morte di Raffaele Pettazzoni, e la Società Italiana di Storia delle Religioni – nella quale Gherardo Gnoli si era presto contraddistinto come socio particolarmente attivo – volle onorarne la memoria con un Convegno internazionale d’ispirazione metodologica (“Problems and Methods of the History of Religions”), che si tenne all’IsMEO. Ricordo di quell’Incontro personalità di grande rilievo scientifi co, che purtroppo non sono più con noi, come Alessandro Bausani, Ugo Bianchi, Geo Widengren, C. Jouco Bleeker, così come studiosi di una generazione più giovane, quali appunto Gherardo Gnoli, Corrado Pensa, Franco Michelini Tocci, Giulia Sfameni Gasparro. Egli
tenne allora una relazione, Problems and Prospects of the Studies on Persian Religion, che venne poi pubblicata nel volume di Atti Problems and Methods of the History of Religions (Studies in the History of Religions, Supplements to Numen, XIX), Brill, Leiden 1972, pp. 67-93.
Molte furono le occasioni di collaborazione di Gherardo Gnoli con la Società e, in particolare, con Ugo Bianchi, che ne fu sempre l’animatore appassionato, e che tanto si adoperò perché il Congresso della International Association for the History of Religions (IAHR) del 1990 si tenesse alla Sapienza, a Roma, ove già aveva avuto luogo nel 1960, sotto la guida di Raffaele Pettazzoni. Tra i suoi vari contributi, in occasione di iniziative della Società promosse dal Prof. Bianchi, ricordo qui: La gnosi iranica.
Per una impostazione nuova del problema, relazione tenuta al Colloquio di Messina del 1966 su “Le origini dello Gnosticismo”, pubblicata per cura di U. Bianchi nel volume Le origini dello Gnosticismo (Studies in the History of Religions, Supplements to Numen, XII), Brill, Leiden 1967, pp. 281-290; e ancora Sol Persice Mithra, in U. Bianchi (ed.), Mysteria Mithrae. Atti del Seminario Internazionale su “La specifi cità storico-religiosa
dei Misteri di Mithra, con particolare riferimento alle fonti documentarie
di Roma e Ostia” (Roma e Ostia 28-31 Marzo 1978), Brill, Leiden / Edizioni dell’Ateneo & Bizzarri, Roma 1979, pp. 725-740.

Ma molte altre furono le opportunità di confronto e discussione, anche
vivace, tra Bianchi e Gherardo Gnoli a proposito di questioni di religione iranica, come quella sul vero o presunto carattere monoteistico di Ahura Mazda, ad esempio nel 1983, quando, per celebrare il Cinquantenario
dell’IsMEO si tenne all’Istituto un Congresso internazionale, “Eurasia, un continente”, del quale, purtroppo, non vennero mai pubblicati gli Atti.

Succeduto alla Presidenza della Società dopo la scomparsa di Bianchi,
Gnoli ha seguìto con attenzione e grande interesse le sue attività, tanto spesso promosse da Giulia Gasparro e Giovanni Casadio, per citare solo le due persone che, insieme con i rispettivi validi allievi e collaboratori, vi si sono più fattivamente impegnate. Vari problemi organizzativi, nonché questioni legate alla partecipazione alla IAHR, sono stati affrontati e risolti nelle periodiche adunanze del Consiglio direttivo della Società
e nelle Assemblee dei soci, sempre tenute presso l’IsIAO, fi no alla suachiusura nel 2011.
Tra le iniziative più signifi cative realizzate dalla Società sotto la presidenza Gnoli è da ricordare almeno un Incontro di studio di grande rilievo, tenuto a Roma nel 2004, i cui Atti furono pubblicati, per cura dello stesso Gnoli e di Giulia Sfameni Gasparro, nel volume Potere e religione nel mondo mediterraneo tra ellenismo e tarda-antichità (“Il Nuovo Ramusio”,9), IsIAO, Roma 2009, 429 pp.
Infine, vorrei in questa sede sottolineare come quello che fu probabilmente uno degli ultimi scritti di Gnoli venne elaborato, faticosamente, dato il suo precario stato di salute, ma con la consueta accuratezza, in occasione della Conferenza di studi tenuta a Messina dal 14 al 17 settembre 2009, dedicata a “La religione nella storia della cultura europea”, organizzata dalla Società Italiana di Storia delle Religioni in associazione con la European Association for the History of Religions e con la IAHR. Quel testo era stato incluso tra i contributi del Panel 13, intitolato “La storiografia storico-religiosa italiana tra la fi ne dell’800 e la seconda guerra mondiale”, ed era stato da lui dedicato, non casualmente, alla fi gura e all’opera di Giuseppe Tucci. In esso l’Autore rievocava, con la puntualità che gli era congeniale, i rapporti di Tucci con Pettazzoni, Gentile e soprattutto con Eliade: ne risultava un quadro storicamente preciso e coinvolgente di una stagione straordinaria della cultura italiana e dell’importanza che in essa vi aveva avuto il dibattito sul problema religioso, essendo la religione e la fi losofi a, secondo l’idea gentiliana, «due forme irriducibili dello spirito umano». Più volte, negli ultimi mesi della sua vita, Gherardo mi chiese se e quando quel suo lavoro, a cui aveva atteso con tanto sforzo per un evento così importante, avrebbe visto la luce della pubblicazione.
Purtroppo, con suo disappunto, non potei fornirgli alcuna certezza in proposito; mi auguro, tuttavia, che, se questo adempimento non si è ancora nel frattempo realizzato, esso trovi ora rapida attuazione. Le onorifi cenze di cui fu insignito, e i premi e i riconoscimenti accademici ricevuti in Italia e all’estero, sono anch’essi troppo numerosi per venire tutti elencati. Basterà, dunque, qui citare solo i seguenti, molto signifi cativi: Medaglia d’oro dei Benemeriti della Scuola Cultura e Arte della Repubblica Italiana nel 1974; Grande Uffi ciale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel 1975; Sitara-i-Imtiaz (“Star of Distinction”)della Repubblica Islamica del Pakistan; Socio dell’Accademia Nazionale dei Lincei nel 1994.

Autore di centinaia di pubblicazioni, tra volumi, articoli, recensioni e scritti vari9, il suo contributo scientifi co, di alta risonanza internazionale si è particolarmente espresso negli studi iranistici e storico-religiosi, tra i quali, cominciando da quelli pubblicati su «Studi e Materiali di Storia delle Religioni», ci si limita a ricordare i seguenti: Note su Yasht VIII, 23-25, vol. XXXIV (1963), pp. 91-101; La stella Sirio e l’infl uenza dell’astrologia caldea nell’Iran antico, ibi, pp. 237-245; Considerazioni sulla religione degli Achemenidi alla luce di una recente teoria, vol. XXXV (1964), pp.
239-250; L’Iran e l’ideologia tripartita, vol. XXXVI (1965), pp. 193-21010; Zoroaster’s Time and Homeland. A Study on the Origins of Mazdeism and Related Problems (Seminario di Studi Asiatici, Series Minor, VII), Istituto Universitario Orientale, Naples 1980); Orientalia Romana. Essays and Lectures, 5. Iranian Studies (Serie Orientale Roma, LII), ed. Gherardo Gnoli, Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente, Roma 1983; De Zoroastre à Mani. Quatre leçons au Collège de France (Travaux de l’Institut d’Études Iraniennes de l’Institut de la Sorbonne Nouvelle), Paris
1985; The Idea of Iran. An Essay on its Origin (Serie Orientale Roma, LXII), Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente, Roma 1989; L’Iran antico e lo Zoroastrismo, in Julien Ries (ed.), Trattato di Antropologia del Sacro, 2. L’uomo indoeuropeo e il sacro, Jaca Book - Massimo, Milano 1991, pp. 105-147; Le religioni dell’Iran antico e Zoroastro, in G. Filoramo (ed.), Storia delle religioni, 1. Le religioni antiche, Laterza, Roma - Bari 1994, pp. 455-498; La religione zoroastriana, ibi, pp. 499-565; Zoroaster in History (Biennial Yarshater Lecture Series, 2, University of California, Los Angeles, April 21-25, 1997), Bibliotheca Persica Press, New York 2000; Il Manicheismo, ed. Gherardo Gnoli, voll. I-III, Fondazione Lorenzo Valla, Arnoldo Mondadori, Milano 2003-2008, IV volume in preparazione; infi ne, non vanno dimenticate tutte le Voci relative allo Zoroastrismo e al Manicheismo da lui scritte e pubblicate in M. Eliade (ed.),
The Encyclopedia of Religion, 16 voll., Macmillan Publishing Company, New York / Collier Macmillan Publishers, London 198711.

Desidero concludere questo breve intervento con un ricordo personale di Gherardo Gnoli, nella sua veste di Docente all’Università e nella sua umana attitudine, che è innata e difficilmente si può apprendere dal di fuori, a meno di essere già molto progrediti al di dentro.

Quanto al primo aspetto, poche volte, in oltre quarant’anni d’insegnamento
universitario, ho incontrato persona tanto scrupolosa, attenta alle necessità degli studenti, sollecita dell’avvenire dei suoi allievi, generosa nell’aiuto in vista della pubblicazioni di lavori che riteneva meritevoli, sempre pronta a costituirsi, come egli scrisse con riferimento al suo Maestro Giuseppe Tucci quale <<stimolo incalzante per i più giovani che incoraggiava a scelte libere ed autonome, pur col rischio di qualche errore, prezzo inevitabile da pagare nel cammino verso la conoscenza»12.
Come si è detto, dopo il collocamento a riposo, dal 2008 al 2011 egli tenne un Insegnamento alla Sapienza. Non dimenticherò mai la cura straordinaria con cui preparava le sue lezioni, scritte di proprio pugno, con quella sua calligrafi a minuta e ordinata da amanuense buon tempo antico; sempre puntuale, assiduo, lieto di poter ancora insegnare, anche se in un ambiente ben poco ispirante, quale quello della minuscola e oscura aula che gli era stata assegnata il martedì pomeriggio e, diciamolo pure con franchezza, non certo all’altezza di una personalità della sua fama e del prestigio di una istituzione come la Sapienza. «Sabar upar manush tahar upar nahi “sopra tutte le cose è l’uomo: niente è al di sopra di lui”»13.
Questa citazione ricorre più volte negli scritti di Giuseppe Tucci. Una volta Gherardo mi chiese a chi si dovesse riferire. Non seppi allora rispondere.

Oggi posso dire che le parole sono attribuite da Tucci stesso a
Cadidās, mistico bengalese del XIV-XV secolo, che egli amava molto; e posso dire che ho trovato per la prima volta la citazione, seppure solo in traduzione, in un suo libro del 194014.

Tutto quanto ho cercato fi n qui di dire, in maniera certo manchevole, sull’opera di Gherardo Gnoli trova fondamento e intelligenza nella sua
fi gura di uomo, che fu giusto, nobile, leale, disinteressato, pronto a dimenticare i torti ricevuti e aperto sempre a una nuova comprensione di fatti e persone. Avendo avuto il privilegio di essergli vicino negli ultimi anni della sua vita terrena, ho avuto modo di ammirarne l’abnegazione, il coraggio nell’affrontare una sofferenza spesso indicibile, l’ironia con cui sapeva esorcizzare il male che ne consumava progressivamente il fisico, ma non riusciva a piegarne lo spirito, essendo egli in questa lotta – si
direbbe “ahrimanica”15 – grandemente sostenuto dall’amore straordinario della moglie Erminia, dei fi gli Tommaso e Andrea, del fratello Raniero e di tutti i familiari, oltre che di alcuni amici fedeli.
Quanti hanno avuto la fortuna e il benefi cio di stargli accanto fi no
agli ultimi suoi giorni non dimenticheranno il signifi cato dell’ alto magistero e il valore della grande lezione umana che egli ha saputo offrire costantemente, con pacata dignità e singolare magnanimità, a tutti quelli che lo hanno conosciuto. Caro Gherardo, noi siamo certi che la tua fravasi16 continuerà a manifestarsi perennemente nel profondo dei nostri pensieri e nell’intimo dei nostri cuori.


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1 Giuseppe Tucci. Commemorazione tenuta dal Presidente dell’Istituto Gherardo Gnoli il
7 maggio 1984 a Palazzo Brancaccio, Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente, Roma
1984, p. 15.


2 Ibi, p. 18.


3 Centenario della nascita di Giuseppe Tucci. Discorsi pronunciati da Sabatino Moscati
e Gherardo Gnoli il 6 giugno 1994 in Campidoglio, Istituto Italiano per il Medio ed Estremo
Oriente, Roma 1995, p.22. 
4 M. Eliade, L’épreuve du labyrinthe, Belfond, Paris 1978 (ed. it., La prova del labirinto.
Intervista con Claude-Henri Rocquet, Jaca Book, Milano 1980, pp. 55 e 58).

5 Giuseppe Tucci. Commemorazione, cit., p. 19.

6 Centenario della nascita di Giuseppe Tucci., cit., p. 30.

7 Ibi, p. 24.
 
8 Giuseppe Tucci. Commemorazione, cit., pp. 20-21.

9 Per una bibliografi a completa degli scritti dal 1961 al 2007, si rinvia al volume Bibliografi
a di Gherardo Gnoli, pubblicata nella ricorrenza del suo 70° compleanno il 6 dicembre 
2007, Aléxandros, Roma 2007.
10 Si veda, in proposito, F. Scialpi, Le religioni dell’India in SMSR, in «SMSR» 72 (2006),
p. 92. 

11 Ai volumi e ai periodici pubblicati da IsMEO e IsIAO, e in genere agli scritti del Presidente,
ha sempre atteso, con grande competenza professionale e con amore, il Dott. Beniamino
Melasecchi, curatore editoriale dell’Istituto. A lui Gherardo Gnoli era particolarmente grato
 

e affezionato, così come lo sono quanti hanno avuto il piacere di incontrarlo nell’Uffi cio di
redazione dell’Istituto.
 

12 Centenario della nascita di Giuseppe Tucci, cit., p. 28.


13 Giuseppe Tucci. Commemorazione, cit., p. 21. Una diversa lectio e una differente tras
litterazione della citazione in lingua originale è la seguente: shobar upor manush satya, tahar
upore nai. Debbo l’osservazione alla cortesia di Sanjukta Das Gupta, Associate Professor,
Department of History, Calcutta University, e alla sollecita mediazione della Dott.ssa Tiziana
Lorenzetti.
 
 

14 G. Tucci, Forme dello spirito asiatico, Principato, Milano - Messina 1940, p. 65; si veda
anche G. Tucci, Storia della fi losofi a indiana, Laterza, Bari 1957, p. 40; Id., Commemorazione
di Tagore, in Centenario di Tagore, 1861-1961, Istituto Italiano per il Medio ed Estremo
Oriente, Roma 1962, p. 35. In realtà, l’identità di Cadās presenta problemi che non è il
caso di discutere in questa sede. Si veda S.K. Chatterji, Letterature medioevali e moderne del
subcontinente indiano, in G. Tucci (ed.), Le civiltà dell’Oriente, Gherardo Casini, Roma 1957,
vol. II, pp. 662-664.

15 Angra Mainyu, lo “Spirito malvagio” della tradizione zoroastriana compare come
Ahriman nei testi in lingua Pahlavi del IX sec. d.C. (si veda G. Gnoli, Angra Mainyu, in G.
Filoramo [ed.], Dizionario delle religioni, Giulio Einaudi, Torino 1993, pp. 36-37, s.v.).

16 «Le Fravai sono entità che assistono i viventi e li proteggono in situazioni diffi cili e
pericolose. [...] Nello zoroastrismo esse costituiscono una parte immortale dell’individuo, che
non solo gli sopravvive, come l’anima (urvan), cui sono strettamente associate, ma che anche
preesiste alla sua nascita ». (G. Gnoli, Le religioni dell’Iran antico e Zoroastro, in G. Filoramo
[ed.], Storia delle religioni, 1. Le religioni antiche, Laterza, Roma - Bari 1994, p. 466; si veda
anche G. Gnoli, Le «fravai» e l’immortalità, in G. Gnoli - J.-P. Vernant [eds.], La mort, les
morts dans les sociétés anciennes, Cambridge University Press, Cambridge / Éditions de la
Maison des Sciences de l’Homme, Paris 1982, pp. 339-347).