23 aprile 2009 ALBERTO FERRETTI

Cagli dal cielo: dalla geografia alla geologia.

Gli insediamenti umani.Italia centrale, Marche settentrionali, verso il confine con l'Umbria: da Cagli a Pietralunga viaggiate lungo la valle del F. Bosso. È la via più breve per raggiungere la valle del Tevere provenendo dalle regioni dell'Adriatico settentrionale. Non solo. È anche una via facilmente percorribile nel periodo invernale perché i valichi sono sempre a bassa quota e frane e piene non hanno mai rappresentato un grosso ostacolo.
Una via che scoprirono molto presto i nostri antenati che hanno lasciato le tracce della loro esistenza lungo tutto il percorso: dalle selci lavorate trovate nei pressi di Secchiano, alle sepolture d'età appenninica, ai cimeli dell'età del bronzo di Pieia. E poi gli Umbri, i Romani, i monaci avellaniti, che controllarono il traffico della valle costruendovi un eremo, e così via fino a noi.
La montagna umbro-marchigiana è poco popolata (anche meno di 30 abitanti per km2). I centri abitati non salgono oltre i 700 m e raramente superano i 1000. Essi sono per lo più ubicati sulla sommità delle colline o sui fondi delle valli maggiori che sono anche utilizzate dalle principali vie di comunicazione.
Fin dai tempi preistorici, dunque, l'uomo utilizzò le valli fluviali per i suoi spostamenti.
La storia dei primi abitanti del territorio è interessante, ma le conoscenze sono ancora incomplete. Dapprima l'uomo s'insediò probabilmente lungo la fascia costiera delle Marche e solo più tardi nella montagna appenninica sia perché il territorio costiero era più che sufficiente per le sue esigenze, sia perché la montagna in certi periodi era resa inospitale dai ghiacciai.
Nella montagna l'uomo trovò rifugio nelle numerose grotte, selce per costruire i suoi strumenti e le sue armi, abbondanza di animali e di frutti. La montagna, tuttavia, divenne sede di un importante popolamento solo con i pastori della civiltà appenninica che erano costretti a spostarsi con i loro greggi dalla costa ai pascoli montani con migrazioni stagionali. Queste genti, vissute circa 4000 anni fa, lasciarono numerose testimonianze della loro esistenza. Per le esigenze silvopastorali e per gli scambi commerciali utilizzarono le vie naturali rappresentate dalle valli fluviali.
Le gole fluviali, infatti, permettevano di attraversare facilmente la catena e raggiungere la valle del Tevere. Anche oggi esse sono sede di importanti vie di comunicazione: la strada statale Flaminia che va da Roma a Fano; la superstrada Fano-Grosseto (ancora in via di completamento) ed altre strade d'importanza regionale o provinciale che corrono nelle stesse gole percorse dall'uomo preistorico.
Oggi, però, le necessità di un traffico rapido e sicuro provocano troppo spesso la distruzione delle nostre belle gole fluviali che hanno conservato per moltissimo tempo i loro tesori naturali.
Nella valle del F. Bosso, in base alle caratteristiche geografiche del sito, i centri abitati si possono distinguere come:
- centri di fondo valle,
- centri su pendio,
- centri di sommità.
Sono centri di valle:
Cagli, situato su un terrazzo fluviale alla confluenza dei fiumi Bosso e Burano;
Pianello, ubicato allo sbocco della valle del T. Giordano in quella del F. Bosso;
Secchiano, situato in un fondovalle d'erosione.
Sono centri su pendio:
Cerreto, posto sul versante del M. Cimaio,
Moria, Polea e Massa, situati su tratti pianeggianti di altri versanti montuosi.
Fra i centri di sommità c’è Pieia che occupa però una posizione di sella.
I centri abitati si possono classificare anche rispetto alle vie di comunicazione.
La rete stradale delle Marche segue il corso dei fiumi principali nella zona montana o nella bassa pianura; segue invece la sommità delle dorsali nella parte collinare della regione. La rete stradale, pertanto, è di tipo idrografico nella bassa pianura e nella zona montana, mentre nella zona collinare è di tipo orografico.
Con tali criteri possiamo distinguere i centri abitati della valle del F. Bosso in centri stradali, ossia centri allineati lungo una strada, e in centri di crocicchio posti all'incrocio di due o più vie.
Proviamo a descrivere alcuni centri sulla base di queste classificazioni, tenendo conto che oggi essi hanno perduto gran parte delle loro antiche funzioni.
Cagli, ad esempio, aveva una posizione strategica perché posto su un terrazzo fluviale alla confluenza di due fiumi e allo sbocco delle lunghe e profonde gole del F. Burano e del F. Bosso. Centri di questo tipo furono preferiti dall'insediamento umano sia in epoca romana, per la sorveglianza della Flaminia e della Via per la Toscana, sia soprattutto in epoca medioevale quando le ragioni difensive ebbero la prevalenza su tutte le altre e quando perciò la popolazione si raccolse nella parte montana delle valli del F. Metauro e del F. Candigliano. Con i suoi due ponti, uno sul F. Burano ed uno sul F. Bosso, Cagli è al centro di un quadrivio formato dalle vie per Cantiano, Acqualagna, Piobbico (tramite Secchiano) e Pergola; rappresenta, dunque, un notevole centro di crocicchio nella valle del F. Candigliano e quindi del F. Metauro.
Anche Secchiano può essere classificato come un centro determinato dall'intersezione dì strade importanti, specialmente nel passato.
Pianello è un centro posto allo sbocco di un corso d'acqua nella valle principale, ma esso è anche all'estremità di una gola fluviale in posizione tale da dominare gli incroci delle vie di comunicazione o comunque le strade che percorrono la valle. In passato la posizione di tali centri era, in un certo senso, privilegiata perché essi spesso si trovavano nella zona di contatto tra regioni a diversa economia. Le aree lungo l'alveo fluviale, tuttavia, dovevano essere evitate per le scarse condizioni igieniche dovute anche alla lavorazione delle fibre tessili o delle concerie.
Pieia, invece, ha caratteri del tutto differenti essendo un centro di sella. Occupa una selletta fra due poggi calcarei, isolati dall'erosione, nella parte più alta del versante meridionale della Montagnola e cioè in un punto di più facile transito.
Altri elementi aiutano a comprendere ancor meglio la scelta del sito dei centri abitati, in particolare certi loro allineamenti in senso NO-SE. Dal centro principale che caratterizza questi allineamenti possiamo chiamarli: 1) allineamento di Cantiano; 2) allineamento di Piobbico; 3) allineamento di Cagli.
1) L'allineamento di Cantiano comprende: S. Andrea , S. Lorenzo di Carda, Colombara, S. Cristoforo di Carda, Serravalle di Carda, Valdara, Massa, Pianello, Moria, Palcano, Pontedazzo, Cantiano.
2) L'allineamento di Piobbico comprende: Piobbico, Acquanera, Bacciardi, Cardella, Cuppio, Fosto, Secchiano.
3) L'allineamento di Cagli comprende: Orsaiola, Naro, S. Vitale, Cagli, Acquaviva, Paravento.
Tale disposizione perfettamente allineata dei centri abitati deve avere una spiegazione.
Possiamo constatare che S. Cristoforo di Carda, Serravalle, Valdara, Massa, Pianello, Moria, Palcano sono allineate fra loro e stanno tutte sulla Scaglia Cinerea o sulla contigua formazione rocciosa del Bisciaro e più precisamente su ripiani a debole inclinazione.
La stessa cosa succede per Pieve d'Acinelli, Piobbico, Acquanera, Rocca Leonella, Fosto, Secchiano, ed inoltre per Abbadia di Naro, S. Vitale, Cagli, Acquaviva.
I fattori da prendere in considerazione per spiegare l'ubicazione dei centri abitati nella catena del Catria possono allora essere: fattori geologici, geomorfologici, idrografici, pedologici e geografici, questi ultimi in relazione con l'altitudine e con l'esposizione dei versanti.
La struttura geologica delle dorsali montuose è determinante sulla localizzazione dei centri abitati. La catena del Catria, per la sua struttura ad anticlinale, possiede una certa simmetria delle formazioni rocciose che la costituiscono.
I centri abitati stanno per la maggior parte su una striscia rocciosa di Scaglia Cinerea e Bisciaro, quasi sempre a quote basse, ai piedi del M. Nerone, del M. Petrano o del M. Catria.
Non è dunque solo l'altitudine che condiziona l'insediamento, ma un importante fattore è la natura litologica delle montagne. Nel territorio ad occidente d'Apecchio, ad esempio, i centri abitati raggiungono quote molto più alte che nella montagna del Nerone o del Catria perché essi sono ubicati su formazioni di natura diversa.
Il nucleo calcareo della catena appenninica, difficilmente erodibile, è circondato da rocce marnose o arenacee che sono invece facilmente erodibili. Ciò ha determinato la formazione di ripiani orografici che hanno favorito l'insediamento umano.
Le sorgenti hanno avuto una parte determinante sull'ubicazione dei centri abitati.
Nel nostro territorio gli orizzonti acquiferi, ossia le rocce che determinano l'emergenza delle acque e, dunque, le sorgenti, coincidono con le rocce marnosoargillose.
Ebbene gran parte dei nostri centri abitati sorgono su tali rocce e quasi sempre in vicinanza di sorgenti d'acqua. Per di più l'orizzonte sorgentifero principale è situato a quote generalmente basse, intorno ai 500 m, ed è un altro fattore correlabile con la bassa altitudine degli insediamenti.
Bisogna poi osservare che la maggior parte dei centri abitati ha un'esposizione a sud, ossia sono stati preferiti i versanti più caldi, le posizioni a solatio, che favoriscono un più rapido scioglimento delle nevi e migliori condizioni di luce.
Il versante a bacìo è in generale più umido. La quantità di calore solare, infatti, ricevuta dai versanti di una valle può essere molto differente. Il versante esposto a solatio riceve spesso una quantità di calore superiore al doppio rispetto al versante a bacìo.
La conseguenza è che nel versante a solatio il grado d'evaporazione è maggiore e pertanto è minore l'acqua contenuta nel suolo per cui la copertura vegetale è più rada e più povera rispetto a quella dell'altro versante. Tuttavia l'attività agricola si è sviluppata di più sul versante soleggiato rispetto a quello a bacìo dove prevale il bosco.
La presenza di rocce calcaree ostacola lo sviluppo dell'agricoltura perché il terreno calcareo non favorisce la formazione di suoli profondi. Ciò, invece, non avviene con le rocce marnoso-arenacee sulle quali troviamo case sparse, ossia poderi e perciò agricoltura, anche a quote abbastanza elevate.
E' importante rilevare che passando dai terreni più “teneri” di tipo marnoso-arenaceo ai terreni calcarei si doveva cambiare il mezzo di trasporto: sulle rocce tenere era infatti possibile utilizzare il carro con ruote e le strade erano anche abbastanza larghe; sulle rocce calcaree, invece, si doveva utilizzare il trasporto su muli lungo vie strette dette, appunto, mulattiere.
Nel passaggio dalle strade aperte su rocce tenere a quelle aperte su rocce dure dovevano esserci zone di sosta per il cambio del mezzo di trasporto e pertanto in quei punti potevano facilmente sorgere degli edifici, delle abitazioni.
La natura delle rocce, le forme del paesaggio, le sorgenti e i corsi d'acqua, le differenze climatiche dei versanti sono, dunque, fattori che dobbiamo tener presenti se vogliamo comprendere la scelta del posto in cui i nostri antenati costruirono le loro dimore.






Orogenesi appenninicaIl sollevamento della catena appenninica si è realizzato in più tempi procedendo dal M. Tirreno verso l'Adriatico, ossia da ovest verso est. Questa affermazione è confermata dalla successione dei depositi sedimentari che sono sempre più giovani procedendo in questo senso.
Dallo studio dei fenomeni sismici è anche possibile comprendere che le deformazioni che avvengono oggi nella catena appenninica hanno origine da processi di tipo distensivo (ossia che allungano il territorio), mentre nell'avanfossa adriatica sono di tipo compressivo (accorciano il territorio).
Possiamo distinguere tre grandi domini strutturali:
il dominio tosco-tirrenico, che sta estendendosi a causa di un assottigliamento della crosta terrestre (in quest'area i flussi di calore che provengono dall'interno sono elevati);
il dominio della catena appenninica, sollevata durante il Miocene-Pliocene;
il dominio dell'avanfossa adriatica, deformata da strutture compressive di età Pliocene-Pleistocene ed ancora attive.
Al contrario di quanto avviene nel primo dominio, in quello della catena e dell'avanfossa il flusso di calore ha bassi valori.
L'interpretazione di dati geofisici (sismici, magnetici e gravimetrici) ha permesso di riconoscere delle superfici immergenti verso ovest, che interessano la copertura sedimentaria e il suo basamento, lungo le quali si ritiene che avvenga un accavallamento della crosta tosco-tirrenica su quella adriatica.
Per spiegare l'evoluzione della catena appenninica, la maggior parte dei geologi, che si dedicano agli studi di geodinamica, hanno adottato l’ipotesi della collisione di grandi masse terrestri, dette placche o zolle continentali, e della loro subduzione. Si ha subduzione, ad esempio, quando della crosta oceanica è costretta a scorrere al di sotto di una placca continentale.
Nel caso della nostra regione al di sotto della copertura sedimentaria è stato individuato un basamento di rocce prevalentemente metamorfiche, in cui si distingue una parte superiore che deriverebbe dalla crosta tosco-marchigiana ed una inferiore dalla crosta adriatica.
Lo studio delle formazioni rocciose e l'interpretazione dei dati raccolti mediante varie metodologie d'indagine geofisica hanno permesso, inoltre, di evidenziare l'esistenza di diversi scollamenti tra le formazioni rocciose ed il basamento.
Lo scollamento più marcato corrisponde alle Anidriti di Burano.
Questi scollamenti, che con termini più rigorosi possiamo chiamare faglie inverse, sovrascorrimenti, ma anche retroscorrimenti, hanno determinato la sovrapposizione, più o meno accentuata, delle anticlinali sulle sinclinali.
Gli assi delle grandi pieghe anticlinali sono subparalleli ai sovrascorrimenti. La sommità di tali pieghe è piuttosto appiattita; il loro fianco orientale, al contrario di quello occidentale, è subverticale, ma può anche essere rovesciato al di sopra delle formazioni rocciose che lo precedono e che costituiscono delle sinclinali. Tali sinclinali appaiono molto strizzate, fenomeno di cui i geologi si erano accorti da tempo.
Nel 1954, grazie alle perforazioni per le ricerche del petrolio condotte nella gola del F. Burano, era stato possibile scoprire che, al di sotto del Calcare Massiccio, esiste un'altra formazione rocciosa denominata Anidriti di Burano. Questa è costituita da dolomie, anidriti e gessi che probabilmente furono deposti in un ambiente di lagune e piane costiere.
Il ritrovamento delle Anidriti del F. Burano è stato molto importante per la comprensione dei vari fenomeni relativi alla struttura tettonica dell'Appennino marchigiano.
La storia dell'Appennino umbro-marchigiano inizia nel Triassico medio quando esisteva un unico grande continente chiamato Pangea. Ruscelli, torrenti, ghiacciai e venti modellavano la sua superficie; ciottoli, sabbia e fango prodotti dalla loro azione erosiva, erano poi trasportati dai fiumi fino alla loro foce e quindi al mare.
Successivamente il mare cominciò ad avanzare sulla terraferma e in questa trasgressione gli accumuli detritici furono rimaneggiati e rielaborati cosicché ebbe origine una nuova formazione rocciosa alla quale i geologici danno oggi il nome di Verrucano.
Gessi e calcari si accumularono al di sopra del Verrucano per oltre 1000 m di spessore ed essi sono la testimonianza di un clima caldo per cui evaporavano facilmente le acque da bacini più o meno chiusi lasciando depositare invece i sali che avevano disciolto.
Le Anidriti di Burano, che non affiorano nelle Marche,sono a loro volta ricoperte dai Calcari e Marne a Rhaetavicula contorta, che più o meno segnano il passaggio dal Triassico al Giurassico, o meglio al Lias.
Le coste di Pangea erano orlate da grandi barriere coralline; il loro insieme costituiva un'estesa piattaforma marina composta prevalentemente da sostanze minerali carbonatiche. Da queste ebbe poi origine il Calcare Massiccio.
Nel Lias inferiore questa piattaforma fu spezzata in parecchi blocchi cosicché il rilievo sottomarino presentava profondi bacini dove i blocchi erano sprofondati e dorsali montuose dove invece l'annegamento risultò attenuato. Alcuni blocchi probabilmente emersero.
Che cosa stava avvenendo? Secondo una ipotesi geologica, attualmente dominante, esisteva un unico, grande continente, denominato Pangea, circondato da un grandissimo oceano chiamato Pantalassa. Sul bordo orientale di Pangea esisteva un grandissimo golfo marino che i geologi chiamano Tetide.
La parte più interna del golfo corrispondeva all'incirca a Gibilterra.
In posizione diametralmente opposta, Pangea si stava spaccando con grandi linee di frattura in senso ovest-est. Era l'inizio dell'Oceano Atlantico centrale che s'incuneava tra due parti di Pangea, ossia Laurasia a nord e Gondwana a sud, i due nuovi continenti che derivarono dalla divisione di Pangea.
Questi eventi, che potrebbero sembrare catastrofi rapidissime, avvenivano in realtà molto lentamente.
La storia della Terra s'estende per un lungo arco di tempo e le "catastrofi" non sono mai state più disastrose di quelle che accadono oggi: eruzioni vulcaniche, terremoti, frane. Piccoli effetti accumulati possono, però, alla fine di un lungo periodo di tempo, produrre un risultato straordinario.
Secondo l’ipotesi della tettonica delle placche, a far spostare le masse continentali sarebbero delle celle di convezione del calore che agiscono sotto la crosta terrestre.
Il calore provocherebbe una dilatazione ed un assottigliamento della crosta terrestre fino a determinarne la rottura.





Nel Lias inferiore, una penisola si prolungava nella Tetide da quella che possiamo considerare l'Africa attuale. Tale penisola è chiamata Adria,
Ad ovest e a nord di Adria era situata Laurasia, comprendente le terre che, oggi, rappresentano le aree mediterranee di Spagna, Francia, Sardegna e Corsica: tutte queste, saldate fra loro, sono indicate dai geologi come Iberia.
Nelle formazioni di origine sedimentaria dell'Appennino settentrionale si trovano delle ofioliti che sono, invece, rocce di origine magmatica. Queste ofioliti, tuttavia, non hanno un collegamento con un apparato magmatico, sembrano senza radici. Più precisamente si ritiene che le ofioliti derivino da un magma che, attraverso delle fratture, fuoriusciva da un fondale oceanico in espansione. Per complessi eventi geodinamici le ofioliti sono finite in mezzo alle rocce sedimentarie.
Se veramente queste rocce sono la testimonianza di un fondo oceanico, ciò significa che doveva esistere un oceano tra Adria ed Iberia. Questo oceano è stato chiamato "oceano ligure-piemontese".
Contemporaneamente, l’evoluzione dell'Atlantico doveva provocare la rotazione dell'Africa che ha avuto, come conseguenza, lo scontro di Adria con il margine del continente euro-asiatico. Tutto ciò produsse, ad un certo punto, anche la separazione di Adria dall'Africa.
Adria è il basamento profondo sul quale poggia il nostro Appennino e le loro storie, dunque, s’identificano.
La frammentazione della piattaforma carbonatica, rappresentata dal Calcare Massiccio, è la conseguenza di questi eventi.
Grandi blocchi sprofondati diedero origine a bacini marini, mentre altri mantennero più o meno la stessa posizione o anche emersero e sono i cosiddetti alti strutturali.
Alcuni geologi ritengono che il dislivello tra gli alti strutturali ed i fondali marini non superasse qualche decina o forse un centinaio di metri, altri invece pensano che il dislivello fosse maggiore. Tralasciando queste considerazioni, noi oggi possiamo riconoscere le formazioni rocciose che si formarono in un ambiente di bacino, oppure su un alto strutturale perché le condizioni biologiche e chimico-fisiche che caratterizzavano questi ambienti erano molto diverse.
Si è già detto di una lacuna di sedimentazione nella Formazione del Bugarone messa in evidenza dalla mancanza di livelli ad Ammoniti. Tale lacuna corrisponde ad un intervallo temporale compresso tra il Bajociano e l'Oxfordiano, ossia da 167 e 145 milioni d’anni fa. Secondo recenti studi questa pausa rappresenta un periodo di stasi della subsidenza che era stata invece intensa dal Lias medio al Bajociano. La subsidenza dei fondali riprenderà ad aumentare dal Giurassico superiore fino alla fine del Cretacico inferiore quando s'incontra un'altra grande lacuna, durata circa 13 milioni di anni, corrispondente all'intervallo Berriasiano-Valanginiano.
Nel Cretacico superiore, nell'arco di tempo corrispondente al deposito delle Marne a Fucoidi e di parte della Scaglia, la subsidenza ritornò ad accentuarsi, particolarmente nelle aree coincidenti con i precedenti bacini del Giurassico.
Nel Calcare Rupestre e nella Scaglia si trovano infatti ancora degli slumpings che sono la testimonianza dell'esistenza di alti strutturali e di bacini contigui.
Solo nell'Eocene, ossia 50 milioni d’anni fa, queste differenze nel rilievo sottomarino sembrano scomparire completamente.
L'oceano ligure-piemontese terminò di esistere nell’Eocene superiore.
A causa delle spinte prodotte dallo spostamento dell’Africa, la crosta oceanica, che si era formata sul fondo dell’Oceano ligure-piemontese, e una parte dei sedimenti che si erano deposti al di sopra, cominciarono ad essere trascinati per subduzione sotto il continente euro-asiatico, ossia Laurasia.
Un’altra parte, invece, di quei sedimenti, sotto forma di grandi scaglie tettoniche, si sovrapposero fra loro al di sopra della zona di subduzione e costruirono un enorme accumulo, ossia un prisma di accrezione.
I sedimenti di questo prisma sono stati chiamati unità liguri e nel tempo, sempre più frammentate o caotiche, furono traslate verso Est. Una parte di esse formano oggi la struttura principale del M. Carpegna.
Nell’Oligocene superiore, in corrispondenza della zona di collisione tra Iberia ed Adria, si formarono varie fosse tettoniche. Queste indicate come bacino del Macigno, bacino delle Arenarie del M. Cervarola e bacino della Marnoso-Arenacea compaiono successivamente nel tempo procedendo da ovest verso est e, dunque, con un orientamento ben definito.
Dai sedimenti deposti in questi bacini hanno avuto origine le dorsali montuose della Liguria, della Toscana, dell'Emilia e dell'Umbria che nel loro insieme formano l'Appennino settentrionale.
Ciò avvenne non solo con una successione temporale che potremmo dire cadenzata, ma anche con un orientamento ben preciso in senso SW-NE.
In questo lungo periodo di tempo l'area umbro-marchigiana pare che si mantenesse relativamente tranquilla. Arrivò però il suo momento e anche l’Appennino umbromarchigiano cominciò ad emergere sotto l’azione delle forze compressive che deformarono, piegarono e spezzarono le sue formazioni rocciose.
Durante il Miocene, il dominio umbro-marchigiano si trasformò in una fossa tettonica in cui sono stati riconosciuti più bacini: l'umbro-romagnolo, il marchigiano interno e il marchigiano esterno separati rispettivamente dalle dorsali umbro-marchigiana (catena del Catria) e marchigiana (catena dei monti del Furlo).
In questi bacini si deposero le torbiditi che hanno ricoperto la formazione dello Schlier.
Nel bacino umbro-romagnolo si depositò invece la Formazione Marnoso-Arenacea.
Continuò dunque quella caratteristica migrazione dei bacini da occidente ad oriente, ossia verso il Mare Adriatico, che era iniziata in precedenza. Gran parte delle formazioni rocciose che si formarono in tali bacini sono rappresentate da torbiditi.
Nel Bacino Marchigiano interno e in quello Esterno, dal Tortoniano in poi, si ebbero infatti parecchi piccoli bacini caratterizzati da una grande variabilità di litotipi.
Si tratta del bacino di M. Vicino (quello più interno) in cui si depositarono marne e arenarie; del bacino di Pietrarubbia - Peglio - Urbania; del bacino di Montecalvo in Foglia e del bacino di Monteluro; un po’ più a sud ne troviamo altri ancora.
Nel Messiniano tutta l'area mediterranea attraversò un periodo d'aridità, conosciuto come “crisi di salinità”, durante il quale il livello marino subì un forte abbassamento.
In varie parti s’instaurarono ambienti salmastri ove si depositò la Formazione gessoso-solfifera.
Nel successivo Pliocene il mare ritornò ad occupare le aree che aveva abbandonato durante la crisi di salinità.
In questo periodo, tuttavia, gli eventi tettonici furono particolarmente frequenti e potenti tanto da completare il corrugamento di tutto il bacino umbro-marchigiano.
Dopo una breve pausa, nel successivo Pleistocene un'altra intensa fase tettonica, caratterizzata da faglie verticali, portò la catena appenninica al suo assetto definitivo.






I due brani sono trati dal testo "La valle del fiume Bosso" di A. Ferretti - 2007

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