La trama (da un riassunto sul web di Alfio Squillaci)
“1840. Federico Moreau, uno studente liceale di 18 anni, scorge, sul battello che lo riconduce alla sua città natale di Nogent sur Marne, la signora Arnoux, moglie di Jacques Arnoux, uno speculatore dilettante. Scambia con lei alcune parole ed uno sguardo: è il colpo di fulmine. Questo momento lo segnerà per sempre. La passione per questa donna, amore vero ma di testa, non troverà mai il suo esito naturale. Sia le circostanze come anche le singolari disposizioni mentali dei due amanti non consentiranno il passaggio del sentimento alla fase carnale. ( In occasione del loro ultimo straziante e patetico incontro, 27 anni dopo, lei sembrerebbe avere un ripensamento e gli confesserà, troppo tardi, che ha corrisposto al suo amore, pur non cedendogli mai).
Per intanto Federico dovrà tornare a vivere in provincia a causa della precarietà della sua situazione economica, prima che una inaspettata eredità gli consenta di vivere nuovamente a Parigi. Frequenterà in seguito Rosanette, una donna facile, incontrata durante un ballo mascherato, e che era stata l’amante di M. Arnoux. Avranno un bambino che morirà. Federico avrà anche una relazione con la signora Dambreuse, vedova di un banchiere dagli affari poco chiari. Deslauriers, il suo migliore amico, sposerà Louise Roque, amica d’infanzia che invece avrebbe voluto sposare Federico. Il romanzo descrive in una suite di scene totalmente prive di carattere “romanzesco” (e risiede qui il suo difficile fascino) la vita ordinaria di Federico a Parigi, lo segue nelle giornate rivoluzionarie del 1848, immerso in piccoli e minuti affari, spesso fallimentari, e nei suoi incontri quotidiani con amici e conoscenti: Deslauriers, Pellerin, Dussardier, Sénécal, Martinon, Vatnaz, oltre che con M. e M.me Arnoux.
E’ tuttavia con Deslauriers, amico d’infanzia, anch’egli carico di disillusioni, che Federico trarrà, nel ricordare gli episodi giovanili di frequentazione dei bordelli “L’ultima lezione della loro educazione sentimentale”: nulla vale i ricordi e le illusioni dell’adolescenza. Su questa scena si chiude “L’Educazione sentimentale”.
Letture dal romanzo:
Il primo incontro di Frédéric con Madame Arnoux
Fu come un’apparizione.
Lei sedeva, in mezzo alla panchina, sola; o così gli parve, abbacinato com’era dalla forte luminosità dello sguardo di lei. Nel mentre passava lei alzò la testa, lui inclinò involontariamente le spalle, e, quando si fu messo più lontano, dallo stesso lato, la guardò.
Aveva un ampio cappello di paglia con nastri rosa che palpitavano al vento dietro di lei. I suoi capelli neri, divisi a metà, contornavano da una parte e dall’altra le sue ampie sopracciglia e scendevano in giù a pressare vezzosamente l’ovale del suo viso. Il suo abito chiaro di mussola, a petits pois, le cadeva addosso in mille minuscole e morbide pieghe. Stava ricamando qualcosa; ed il suo naso diritto, il suo mento, tutta la sua persona si stagliavano sullo sfondo dell'aria blu.
Poiché lei manteneva la stessa postura Frédéric fu costretto a fare molti movimenti di capo a destra e a manca per dissimulare la sua manovra; quindi si pose vicino all’ombrello, posto contro la panca, e affettò di osservare una scialuppa sul fiume.
Mai egli aveva visto tale splendore di pelle bruna, la seduzione della sua figura, né questa scorrevolezza delle dita solcate dalla luce. Guardava il suo cesto da lavoro con stupore, come ad una cosa straordinaria. Qual era il suo nome, la sua dimora, la sua vita, il suo passato? Desiderava conoscere i mobili della sua camera, vedere gli abiti che aveva portato con sé, sapere della gente che frequentava; ed il desiderio del possesso fisico perfino spariva sotto un desiderio più profondo, in una curiosità penosa che non aveva limiti.
Una negra, con un foulard annodato a turbante, avanzò, tenendo per mano una ragazzina. Costei, gli occhi colmi di lacrime, si era appena svegliata. La prese sulle sue ginocchia. «La signorina non fa la brava, sebbene abbia ormai sette anni. Mamma non le vorrà più bene. Le ha fatto passare troppi capricci!» E Frédéric gioiva nel sentire queste cose, come davanti ad una scoperta o un’acquisizione.
La pensava d'origine andalusa, creola forse; dalle isole aveva portato con sé questa negra?
Un lungo scialle a nastri viola era appoggiato dietro lei sul passamani di rame. Certamente, molte volte, lei durante le traversate, nelle sere umide, se n’era drappeggiato il corpo, coperto i piedi, forse ci si era avvoltolata nel sonno! Ma, trascinato dal peso delle frange scivolava lentamente e stava per cadere nell'acqua. Frédéric fece un salto e lo recuperò.
Lei: «Molte grazie, signore.»
I loro occhi si incontrarono.
«Mogliettina, sei pronta?» gridò Monsieur Arnoux, che apparve nella capot della scala."
...
L'ultimo incontro di Fredéric con Madame Arnoux
Viaggiò.
Conobbe la malinconia dei piroscafi, i freddi risvegli sotto le tende, lo smarrimento dei paesaggi e delle rovine, l'amarezza delle amicizie interrotte.
Ritornò.
Partecipò alla vita di mondo ed ebbe altri amori. Ma il ricordo incessante del primo glieli rendeva insipidi; e poi anche la veemenza del desiderio e la freschezza delle sensazioni erano svanite. La sua stessa forza d’animo s’era affievolita. Erano trascorsi anni bigi a puntellare l’ozio dell’ intelligenza e l'inerzia del cuore.
Verso la fine del marzo 1867, ad un’ora inoltrata della sera, mentre si trovava da solo nel suo salotto, entrò una donna.
- Madame Arnoux!
- Frédéric!
Lei gli prese le mani, lo trasse dolcemente verso la finestra, e lo esaminò lungamente ripetendosi:
- Siete voi... Siete dunque voi!
Tra la penombra del crepuscolo egli scorgeva soltanto i suoi occhi sotto la veletta di pizzo nero che le copriva il corpo.
Dopo aver deposto sul bordo del camino un piccolo portafoglio di velluto granata, lei si sedette. Tutti e due restarono interdetti senza parlare, sorridendosi l’un l’altro.
Infine, lui la investì di domande su di lei e il marito.
Abitavano in fondo alla Bretagna, adesso, per vivere economicamente e pagare i loro debiti. Arnoux quasi sempre malato, sembrava un vecchio ora. Sua figlia s’era sposata a Bordeaux, e il maschio era di guarnigione a Mostaganem. Quindi sollevò la testa:
- Ma vi rivedo! Sono felice!
Lui non trascurò di dirle che alla notizia del loro rovescio economico, era accorso da loro.
- Lo seppi!
- Come?
Lo aveva scorto in cortile e si era nascosta.
- Perché?
Allora, con una voce tremante e con lunghi intervalli tra le parole:
- Avevo paura! Sì... paura di voi... di me!
Questa rivelazione diede a Frédéric come un brivido di piacere. Il suo cuore batté al galoppo. Lei riprese:
- Scusatemi se non sono venuta prima (e indicò il piccolo portafoglio granata decorato di palme d'oro:) l’ho ricamato non facendo che pensare a voi. Contiene una somma, del valore dei terreni di Belleville .
Frédéric la ringraziò, rimproverandola di essersi disturbata.
- No. Non è per questo che sono venuta! Ci tenevo a questa visita... poi me ne tornerò laggiù.
E gli parlò del posto in cui abitava.
Era una casa bassa, a un solo piano, con un giardino con siepi altissime ed un doppio viale di castagni che salgono fino alla sommità della collina, da cui si scorge il mare.
- Mi vado a sedere là, su una panchina, che ho chiamato col vostro nome la ‘panchina Frédéric’.
Quindi si mise ad osservare i mobili, i soprammobili, i quadri, avidamente, per portarli con se nel ricordo . Il ritratto della Marescialla era seminascosto da una tenda. Ma gli ori e i lucori che emergevano dall’oscurità, attirarono la sua attenzione.
- Conosco questa donna, nevvero?
- Impossibile! disse Frédéric. È un vecchio dipinto italiano.
Lei gli sussurrò che desiderava fare una passeggiata al suo braccio, per le vie.
Uscirono.
La luce dei negozi illuminava, a tratti, il suo profilo pallido; ma l'ombra lo ricopriva nuovamente; e, in mezzo alle carrozze, tra la folla e il tramestio, i due camminavano concentrati in se stessi, a tutto estranei, come coloro che passeggiano insieme in campagna, su un letto di foglie morte.
Riparlarono dei giorni andati, dei ricevimenti ai tempi dell’ Art Industriel , delle manie di Arnoux, del suo modo di tirarsi le punte del colletto, di impiastricciarsi di pomata i baffi, di altre cose più intime e profonde. Quale estasi egli aveva provato la prima volta che l’aveva sentita cantare! Quant’era bella, il giorno del suo compleanno, a Saint-Cloud! Le ricordò il piccolo giardino di Auteuil, le sere al teatro, un incontro al boulevard, i vecchi domestici, la cameriera negra.
Lei si mostrò meravigliata per la sua memoria. E gli disse:
- A volte, le vostre parole mi ritornano come un’ eco lontana, come il suono di una campana portato dal vento; e mi sembra che siate vicino a me quando leggo storie d'amore nei libri.
- Tutto ciò che si biasima come esagerato in amore voi me lo avete fatto provare, disse Frédéric. Ho capito infine la scena di Werther che non disdegna le tartine di Charlotte.
- Povero caro amico!
Lei sospirò. E dopo un lungo silenzio:
- Non importa, ci siamo molto amati.
- Senza averci, tuttavia!
- Forse è stato meglio così, lei riprese.
- No, no. Chissà quale felicità avremmo provato!
- Oh sicuro, con un amore come il vostro!
E doveva essere un amore così forte se aveva resistito anche ad una separazione così lunga!
Frédéric le chiese come lo avesse scoperto.
- Fu quella sera che mi baciaste il polso tra il guanto ed la manica. Mi sono detta: «Dunque mi ama»...« Mi ama! » Ma avevo paura a sincerarmene. Il vostro riserbo era così seducente che ne gioivo come di un uno omaggio involontario e continuo.
Ma egli non rimpiangeva più nulla. Le sofferenze di un tempo erano state ripagate.
Quando rientrarono, Madame Arnoux si tolse il cappello. La lampada, posta su una console, le illuminò i capelli bianchi. Fu come un pugno in pieno petto.
Per nasconderle la delusione, egli si pose a terra in ginocchio, e, prendendole le mani, si mise a dirle cose dolci.
- La vostra persona, i vostri più insignificanti movimenti, mi sembravano avere in questa terra un significato sovraumano. Il mio cuore, come polvere, si sollevava al vostro passaggio. Mi facevate l'effetto del chiaro di luna in una notte d'estate, quando tutto è profumo, ombre sfumate, chiarori infiniti; e le delizie della carne e del cuore erano contenute per me nel solo vostro nome che mi ripetevo, provando a baciarlo tra le labbra. Non desideravo più nulla. Era Madame Arnoux: nient’altro ciò che voi eravate, con i suoi due figli, tenera, seria, e bella da morire, e così buona! Quest'immagine cancellava tutte le altre. E ad essa sola pensavo, ed avevo sempre in fondo al mio cuore la musica della vostra voce e lo splendore dei vostri occhi!
Lei riceveva in estasi quest'adorazione per quella donna che lei non era più. Frédéric, che si ubriacava con le sue parole, arrivava a credere a ciò che diceva. Madame Arnoux, di spalle alla luce, si chinò verso lui. Sentiva sulla sua fronte la carezza del suo alito, attraverso gli abiti il contatto esitante di tutto il suo corpo. Le loro mani si strinsero; la punta del suo stivaletto spuntava appena da sotto il vestito di lei, e lui le disse, con voce cedevole:
- La vista del vostro piede... mi turba.
Un moto di pudore la indusse ad alzarsi. Quindi, immobile, e con la voce strana dei sonnambuli:
- Alla mia età! Oh Frédéric! ... Nessuna è stata mai amata come me! No, no, a che serve essere giovane? Quando ci penso me la rido, e disprezzo tutte quelle che vengono qui!
- Oh, ma non viene nessuno, riprese lui amabilmente.
Il suo viso s’illuminò, e volle sapere se si sarebbe sposato. Egli giurò di no.
- Veramente? Perché?
- A causa vostra, disse Frédéric, stringendola nelle sue braccia.
Lei non si ritraeva, il corpo all’indietro, la bocca socchiusa, gli occhi girati verso l’alto.
Improvvisamente, lo respinse con un'aria di disperazione; e, poiché lui la supplicava di rispondergli, disse abbassando la testa:
- Volevo rendervi felice.
Frédéric sospettò che Madame Arnoux fosse venuta ad offrirsi; e venne preso da un desiderio intenso, furioso, rabbioso. Tuttavia, sentiva qualcosa di inesprimibile, una repulsione, come la paura di un incesto. Un altro timore lo fermò, quello di provarne disgusto più tardi. E del resto quale cosa imbarazzante! E quindi per prudenza e per non sciupare il proprio ideale, girò sui talloni e si mise ad arrotolare una sigaretta.
Lei lo guardava stupefatta:
- Che essere delicato! Non ci siete che voi, voi!
Suonarono le undici
- Di già! disse lei. Al quarto andrò via.
Lei si ripose a sedere senza staccare gli occhi dalla pendola, e lui continuava a muoversi fumando.
Tutti e due non trovavano più nulla da dirsi. C’è un momento, nelle separazioni, in cui la persona amata non è già più con noi.
Infine, la lancetta aveva superato i venticinque minuti, lei prese il suo cappello per le tese, lentamente.
- Addio, caro, caro amico. Non vi rivedrò mai più! Era il mio ultimo atto di donna. Il mio cuore non vi lascerà mai. Che tutte le benedizioni del cielo scendano su di voi!
E lo baciò come una madre.
Ma parve ancora che stesse cercando qualcosa, e gli chiese delle forbici.
Disfece il tupé; tutti i suoi capelli bianchi caddero.
Se ne tagliò, brutalmente, alla radice, una lunga ciocca.
- Conservatela, addio!
Lei uscita, Frédéric aprì la finestra. Madame Arnoux, sul marciapiede, fece un cenno ad un fiacre d’accostare. Vi salì. La carrozza scomparve.
E fu tutto.
Bibliografia essenziale
Raccolte di opere in traduzione italiana::
Tutte le opere narrative e di teatro – Mursia (Milano) 1967 – 2 volumi
I capolavori di G. Flaubert, a cura di Carlo Bo – Mursia (Milano) 1997-2000, 2 voll.
Monografie e saggi su Flaubert:
B. Croce, Flaubert in “Poesia e non poesia” – Bari, Laterza 1923
M Bonfantini, Flaubert e il realismo romantico – Torino, De Silva 1950
V. Lugli, Lo stile indiretto libero in Flaubert, Verga, Dante e Balzac – Napoli 1952
A. Cento, La dottrina di Flaubert – Napoli, Liguori 1964
S. Cigada, G. Flaubert: Dagli scritti giovanili a M.me Bovary – Milano 1971
“1840. Federico Moreau, uno studente liceale di 18 anni, scorge, sul battello che lo riconduce alla sua città natale di Nogent sur Marne, la signora Arnoux, moglie di Jacques Arnoux, uno speculatore dilettante. Scambia con lei alcune parole ed uno sguardo: è il colpo di fulmine. Questo momento lo segnerà per sempre. La passione per questa donna, amore vero ma di testa, non troverà mai il suo esito naturale. Sia le circostanze come anche le singolari disposizioni mentali dei due amanti non consentiranno il passaggio del sentimento alla fase carnale. ( In occasione del loro ultimo straziante e patetico incontro, 27 anni dopo, lei sembrerebbe avere un ripensamento e gli confesserà, troppo tardi, che ha corrisposto al suo amore, pur non cedendogli mai).
Per intanto Federico dovrà tornare a vivere in provincia a causa della precarietà della sua situazione economica, prima che una inaspettata eredità gli consenta di vivere nuovamente a Parigi. Frequenterà in seguito Rosanette, una donna facile, incontrata durante un ballo mascherato, e che era stata l’amante di M. Arnoux. Avranno un bambino che morirà. Federico avrà anche una relazione con la signora Dambreuse, vedova di un banchiere dagli affari poco chiari. Deslauriers, il suo migliore amico, sposerà Louise Roque, amica d’infanzia che invece avrebbe voluto sposare Federico. Il romanzo descrive in una suite di scene totalmente prive di carattere “romanzesco” (e risiede qui il suo difficile fascino) la vita ordinaria di Federico a Parigi, lo segue nelle giornate rivoluzionarie del 1848, immerso in piccoli e minuti affari, spesso fallimentari, e nei suoi incontri quotidiani con amici e conoscenti: Deslauriers, Pellerin, Dussardier, Sénécal, Martinon, Vatnaz, oltre che con M. e M.me Arnoux.
E’ tuttavia con Deslauriers, amico d’infanzia, anch’egli carico di disillusioni, che Federico trarrà, nel ricordare gli episodi giovanili di frequentazione dei bordelli “L’ultima lezione della loro educazione sentimentale”: nulla vale i ricordi e le illusioni dell’adolescenza. Su questa scena si chiude “L’Educazione sentimentale”.
Letture dal romanzo:
Il primo incontro di Frédéric con Madame Arnoux
Fu come un’apparizione.
Lei sedeva, in mezzo alla panchina, sola; o così gli parve, abbacinato com’era dalla forte luminosità dello sguardo di lei. Nel mentre passava lei alzò la testa, lui inclinò involontariamente le spalle, e, quando si fu messo più lontano, dallo stesso lato, la guardò.
Aveva un ampio cappello di paglia con nastri rosa che palpitavano al vento dietro di lei. I suoi capelli neri, divisi a metà, contornavano da una parte e dall’altra le sue ampie sopracciglia e scendevano in giù a pressare vezzosamente l’ovale del suo viso. Il suo abito chiaro di mussola, a petits pois, le cadeva addosso in mille minuscole e morbide pieghe. Stava ricamando qualcosa; ed il suo naso diritto, il suo mento, tutta la sua persona si stagliavano sullo sfondo dell'aria blu.
Poiché lei manteneva la stessa postura Frédéric fu costretto a fare molti movimenti di capo a destra e a manca per dissimulare la sua manovra; quindi si pose vicino all’ombrello, posto contro la panca, e affettò di osservare una scialuppa sul fiume.
Mai egli aveva visto tale splendore di pelle bruna, la seduzione della sua figura, né questa scorrevolezza delle dita solcate dalla luce. Guardava il suo cesto da lavoro con stupore, come ad una cosa straordinaria. Qual era il suo nome, la sua dimora, la sua vita, il suo passato? Desiderava conoscere i mobili della sua camera, vedere gli abiti che aveva portato con sé, sapere della gente che frequentava; ed il desiderio del possesso fisico perfino spariva sotto un desiderio più profondo, in una curiosità penosa che non aveva limiti.
Una negra, con un foulard annodato a turbante, avanzò, tenendo per mano una ragazzina. Costei, gli occhi colmi di lacrime, si era appena svegliata. La prese sulle sue ginocchia. «La signorina non fa la brava, sebbene abbia ormai sette anni. Mamma non le vorrà più bene. Le ha fatto passare troppi capricci!» E Frédéric gioiva nel sentire queste cose, come davanti ad una scoperta o un’acquisizione.
La pensava d'origine andalusa, creola forse; dalle isole aveva portato con sé questa negra?
Un lungo scialle a nastri viola era appoggiato dietro lei sul passamani di rame. Certamente, molte volte, lei durante le traversate, nelle sere umide, se n’era drappeggiato il corpo, coperto i piedi, forse ci si era avvoltolata nel sonno! Ma, trascinato dal peso delle frange scivolava lentamente e stava per cadere nell'acqua. Frédéric fece un salto e lo recuperò.
Lei: «Molte grazie, signore.»
I loro occhi si incontrarono.
«Mogliettina, sei pronta?» gridò Monsieur Arnoux, che apparve nella capot della scala."
...
L'ultimo incontro di Fredéric con Madame Arnoux
Viaggiò.
Conobbe la malinconia dei piroscafi, i freddi risvegli sotto le tende, lo smarrimento dei paesaggi e delle rovine, l'amarezza delle amicizie interrotte.
Ritornò.
Partecipò alla vita di mondo ed ebbe altri amori. Ma il ricordo incessante del primo glieli rendeva insipidi; e poi anche la veemenza del desiderio e la freschezza delle sensazioni erano svanite. La sua stessa forza d’animo s’era affievolita. Erano trascorsi anni bigi a puntellare l’ozio dell’ intelligenza e l'inerzia del cuore.
Verso la fine del marzo 1867, ad un’ora inoltrata della sera, mentre si trovava da solo nel suo salotto, entrò una donna.
- Madame Arnoux!
- Frédéric!
Lei gli prese le mani, lo trasse dolcemente verso la finestra, e lo esaminò lungamente ripetendosi:
- Siete voi... Siete dunque voi!
Tra la penombra del crepuscolo egli scorgeva soltanto i suoi occhi sotto la veletta di pizzo nero che le copriva il corpo.
Dopo aver deposto sul bordo del camino un piccolo portafoglio di velluto granata, lei si sedette. Tutti e due restarono interdetti senza parlare, sorridendosi l’un l’altro.
Infine, lui la investì di domande su di lei e il marito.
Abitavano in fondo alla Bretagna, adesso, per vivere economicamente e pagare i loro debiti. Arnoux quasi sempre malato, sembrava un vecchio ora. Sua figlia s’era sposata a Bordeaux, e il maschio era di guarnigione a Mostaganem. Quindi sollevò la testa:
- Ma vi rivedo! Sono felice!
Lui non trascurò di dirle che alla notizia del loro rovescio economico, era accorso da loro.
- Lo seppi!
- Come?
Lo aveva scorto in cortile e si era nascosta.
- Perché?
Allora, con una voce tremante e con lunghi intervalli tra le parole:
- Avevo paura! Sì... paura di voi... di me!
Questa rivelazione diede a Frédéric come un brivido di piacere. Il suo cuore batté al galoppo. Lei riprese:
- Scusatemi se non sono venuta prima (e indicò il piccolo portafoglio granata decorato di palme d'oro:) l’ho ricamato non facendo che pensare a voi. Contiene una somma, del valore dei terreni di Belleville .
Frédéric la ringraziò, rimproverandola di essersi disturbata.
- No. Non è per questo che sono venuta! Ci tenevo a questa visita... poi me ne tornerò laggiù.
E gli parlò del posto in cui abitava.
Era una casa bassa, a un solo piano, con un giardino con siepi altissime ed un doppio viale di castagni che salgono fino alla sommità della collina, da cui si scorge il mare.
- Mi vado a sedere là, su una panchina, che ho chiamato col vostro nome la ‘panchina Frédéric’.
Quindi si mise ad osservare i mobili, i soprammobili, i quadri, avidamente, per portarli con se nel ricordo . Il ritratto della Marescialla era seminascosto da una tenda. Ma gli ori e i lucori che emergevano dall’oscurità, attirarono la sua attenzione.
- Conosco questa donna, nevvero?
- Impossibile! disse Frédéric. È un vecchio dipinto italiano.
Lei gli sussurrò che desiderava fare una passeggiata al suo braccio, per le vie.
Uscirono.
La luce dei negozi illuminava, a tratti, il suo profilo pallido; ma l'ombra lo ricopriva nuovamente; e, in mezzo alle carrozze, tra la folla e il tramestio, i due camminavano concentrati in se stessi, a tutto estranei, come coloro che passeggiano insieme in campagna, su un letto di foglie morte.
Riparlarono dei giorni andati, dei ricevimenti ai tempi dell’ Art Industriel , delle manie di Arnoux, del suo modo di tirarsi le punte del colletto, di impiastricciarsi di pomata i baffi, di altre cose più intime e profonde. Quale estasi egli aveva provato la prima volta che l’aveva sentita cantare! Quant’era bella, il giorno del suo compleanno, a Saint-Cloud! Le ricordò il piccolo giardino di Auteuil, le sere al teatro, un incontro al boulevard, i vecchi domestici, la cameriera negra.
Lei si mostrò meravigliata per la sua memoria. E gli disse:
- A volte, le vostre parole mi ritornano come un’ eco lontana, come il suono di una campana portato dal vento; e mi sembra che siate vicino a me quando leggo storie d'amore nei libri.
- Tutto ciò che si biasima come esagerato in amore voi me lo avete fatto provare, disse Frédéric. Ho capito infine la scena di Werther che non disdegna le tartine di Charlotte.
- Povero caro amico!
Lei sospirò. E dopo un lungo silenzio:
- Non importa, ci siamo molto amati.
- Senza averci, tuttavia!
- Forse è stato meglio così, lei riprese.
- No, no. Chissà quale felicità avremmo provato!
- Oh sicuro, con un amore come il vostro!
E doveva essere un amore così forte se aveva resistito anche ad una separazione così lunga!
Frédéric le chiese come lo avesse scoperto.
- Fu quella sera che mi baciaste il polso tra il guanto ed la manica. Mi sono detta: «Dunque mi ama»...« Mi ama! » Ma avevo paura a sincerarmene. Il vostro riserbo era così seducente che ne gioivo come di un uno omaggio involontario e continuo.
Ma egli non rimpiangeva più nulla. Le sofferenze di un tempo erano state ripagate.
Quando rientrarono, Madame Arnoux si tolse il cappello. La lampada, posta su una console, le illuminò i capelli bianchi. Fu come un pugno in pieno petto.
Per nasconderle la delusione, egli si pose a terra in ginocchio, e, prendendole le mani, si mise a dirle cose dolci.
- La vostra persona, i vostri più insignificanti movimenti, mi sembravano avere in questa terra un significato sovraumano. Il mio cuore, come polvere, si sollevava al vostro passaggio. Mi facevate l'effetto del chiaro di luna in una notte d'estate, quando tutto è profumo, ombre sfumate, chiarori infiniti; e le delizie della carne e del cuore erano contenute per me nel solo vostro nome che mi ripetevo, provando a baciarlo tra le labbra. Non desideravo più nulla. Era Madame Arnoux: nient’altro ciò che voi eravate, con i suoi due figli, tenera, seria, e bella da morire, e così buona! Quest'immagine cancellava tutte le altre. E ad essa sola pensavo, ed avevo sempre in fondo al mio cuore la musica della vostra voce e lo splendore dei vostri occhi!
Lei riceveva in estasi quest'adorazione per quella donna che lei non era più. Frédéric, che si ubriacava con le sue parole, arrivava a credere a ciò che diceva. Madame Arnoux, di spalle alla luce, si chinò verso lui. Sentiva sulla sua fronte la carezza del suo alito, attraverso gli abiti il contatto esitante di tutto il suo corpo. Le loro mani si strinsero; la punta del suo stivaletto spuntava appena da sotto il vestito di lei, e lui le disse, con voce cedevole:
- La vista del vostro piede... mi turba.
Un moto di pudore la indusse ad alzarsi. Quindi, immobile, e con la voce strana dei sonnambuli:
- Alla mia età! Oh Frédéric! ... Nessuna è stata mai amata come me! No, no, a che serve essere giovane? Quando ci penso me la rido, e disprezzo tutte quelle che vengono qui!
- Oh, ma non viene nessuno, riprese lui amabilmente.
Il suo viso s’illuminò, e volle sapere se si sarebbe sposato. Egli giurò di no.
- Veramente? Perché?
- A causa vostra, disse Frédéric, stringendola nelle sue braccia.
Lei non si ritraeva, il corpo all’indietro, la bocca socchiusa, gli occhi girati verso l’alto.
Improvvisamente, lo respinse con un'aria di disperazione; e, poiché lui la supplicava di rispondergli, disse abbassando la testa:
- Volevo rendervi felice.
Frédéric sospettò che Madame Arnoux fosse venuta ad offrirsi; e venne preso da un desiderio intenso, furioso, rabbioso. Tuttavia, sentiva qualcosa di inesprimibile, una repulsione, come la paura di un incesto. Un altro timore lo fermò, quello di provarne disgusto più tardi. E del resto quale cosa imbarazzante! E quindi per prudenza e per non sciupare il proprio ideale, girò sui talloni e si mise ad arrotolare una sigaretta.
Lei lo guardava stupefatta:
- Che essere delicato! Non ci siete che voi, voi!
Suonarono le undici
- Di già! disse lei. Al quarto andrò via.
Lei si ripose a sedere senza staccare gli occhi dalla pendola, e lui continuava a muoversi fumando.
Tutti e due non trovavano più nulla da dirsi. C’è un momento, nelle separazioni, in cui la persona amata non è già più con noi.
Infine, la lancetta aveva superato i venticinque minuti, lei prese il suo cappello per le tese, lentamente.
- Addio, caro, caro amico. Non vi rivedrò mai più! Era il mio ultimo atto di donna. Il mio cuore non vi lascerà mai. Che tutte le benedizioni del cielo scendano su di voi!
E lo baciò come una madre.
Ma parve ancora che stesse cercando qualcosa, e gli chiese delle forbici.
Disfece il tupé; tutti i suoi capelli bianchi caddero.
Se ne tagliò, brutalmente, alla radice, una lunga ciocca.
- Conservatela, addio!
Lei uscita, Frédéric aprì la finestra. Madame Arnoux, sul marciapiede, fece un cenno ad un fiacre d’accostare. Vi salì. La carrozza scomparve.
E fu tutto.
Bibliografia essenziale
Raccolte di opere in traduzione italiana::
Tutte le opere narrative e di teatro – Mursia (Milano) 1967 – 2 volumi
I capolavori di G. Flaubert, a cura di Carlo Bo – Mursia (Milano) 1997-2000, 2 voll.
Monografie e saggi su Flaubert:
B. Croce, Flaubert in “Poesia e non poesia” – Bari, Laterza 1923
M Bonfantini, Flaubert e il realismo romantico – Torino, De Silva 1950
V. Lugli, Lo stile indiretto libero in Flaubert, Verga, Dante e Balzac – Napoli 1952
A. Cento, La dottrina di Flaubert – Napoli, Liguori 1964
S. Cigada, G. Flaubert: Dagli scritti giovanili a M.me Bovary – Milano 1971
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Profilo del Prof. Urbano Urbinati Nato a Cagli e trasferitosi subito dopo la guerra a Roma, Urbano Urbinati si è laureato in Lettere a pieni voti con lode all’Università degli Studi di Roma (ora “La Sapienza”) discutendo una tesi su François Mauriac con il prof. Giovanni Macchia e avendo come controrelatore il poeta Giuseppe Ungaretti.
Ha prestato servizio in varie scuole, tra cui il Liceo francese “Chateaubriand” in Roma, dove ha insegnato “italien spécial” alle ultime classi superiori. Ha poi insegnato per molti anni all’estero, prima all’Istituto Internazionale Zugerberg in Svizzera e poi al Liceo italiano di Madrid, dove ha svolto anche funzioni di preside.
Superati il concorso a preside e quello per addetto negli istituti italiani di cultura all’estero, ha optato per l’estero ed è stato inviato dal Ministero degli Esteri ad Ankara per 8 anni e poi a Bucarest per 3 anni, dove ha svolto funzioni di addetto e di direttore nei locali istituti di cultura, nonché di Addetto Culturale d’Ambasciata.
E’ autore di numerosi saggi sulla scuola e i giovani, di critica letteraria, di storia, di politica e problemi morali, pubblicati nella rivista “Studium” (Roma) in prevalenza durante gli anni 1964 – 74. Nella rivista “Le lingue straniere” ha pubblicato due saggi su F. Mauriac. E’ autore anche di recensioni, articoli e racconti pubblicati su quotidiani e riviste varie. Ha fondato un periodico di attualità e cultura cagliesi, “Il Torrione”, e lo ha diretto per alcuni anni. E’ stato titolare per circa 4 anni della rubrica “L’Opinione” pubblicata nella rivista mensile marchigiana “I Protagonisti”.
Fondatore, con altri, dell’Accademia del Teatro di Cagli ne è stato presidente per tre anni. In tale veste ha curato la presentazione del catalogo del 1° Festival dell’Accademia (dicembre 2000- gennaio2001) firmandone i testi di presentazione e di commento.
Nel dicembre 2006 gli è stata conferita al Teatro Capranica in Roma la “Medaglia d’oro” dal Centro Internazionale “Foyer des artistes” per “avere illustrato e diffuso la nostra cultura come docente e Preside nelle Scuole Italiane all’Estero e come Addetto e Direttore di importanti Istituti Italiani di Cultura con l’incarico di Addetto Culturale d’Ambasciata”
E’ socio rotariano dal 1977 e in seno all’Associazione ha svolto per due volte il ruolo di presidente (Club di Urbino 1993/94 – Club di Cagli-Terra Catria Nerone 2003/04), è stato rappresentante del Governatore per il Distretto 2090 nell’anno 1994/95, membro per due anni della Commissione distrettuale preposta allo sviluppo della stampa rotariana e per 9 anni presidente della Commissione distrettuale per le Borse di Studio. Generalmente attivo nelle varie commissioni di club, dove ricopre spesso l’incarico di presidente. Ha svolto relazioni nei “Forum” distrettuali su temi inerenti alla Fondazione Rotary e alla cultura. Collabora attivamente alla stampa rotariana. E’ titolare di due “Paul Harris Fellow”. Recentemente gli è stato concesso il “Commitment to service” in considerazione del servizio al Rotary per più di 25 anni.
Attualmente svolge il ruolo di assistente del Governatore per l’anno rotariano 2007-08.
Ha prestato servizio in varie scuole, tra cui il Liceo francese “Chateaubriand” in Roma, dove ha insegnato “italien spécial” alle ultime classi superiori. Ha poi insegnato per molti anni all’estero, prima all’Istituto Internazionale Zugerberg in Svizzera e poi al Liceo italiano di Madrid, dove ha svolto anche funzioni di preside.
Superati il concorso a preside e quello per addetto negli istituti italiani di cultura all’estero, ha optato per l’estero ed è stato inviato dal Ministero degli Esteri ad Ankara per 8 anni e poi a Bucarest per 3 anni, dove ha svolto funzioni di addetto e di direttore nei locali istituti di cultura, nonché di Addetto Culturale d’Ambasciata.
E’ autore di numerosi saggi sulla scuola e i giovani, di critica letteraria, di storia, di politica e problemi morali, pubblicati nella rivista “Studium” (Roma) in prevalenza durante gli anni 1964 – 74. Nella rivista “Le lingue straniere” ha pubblicato due saggi su F. Mauriac. E’ autore anche di recensioni, articoli e racconti pubblicati su quotidiani e riviste varie. Ha fondato un periodico di attualità e cultura cagliesi, “Il Torrione”, e lo ha diretto per alcuni anni. E’ stato titolare per circa 4 anni della rubrica “L’Opinione” pubblicata nella rivista mensile marchigiana “I Protagonisti”.
Fondatore, con altri, dell’Accademia del Teatro di Cagli ne è stato presidente per tre anni. In tale veste ha curato la presentazione del catalogo del 1° Festival dell’Accademia (dicembre 2000- gennaio2001) firmandone i testi di presentazione e di commento.
Nel dicembre 2006 gli è stata conferita al Teatro Capranica in Roma la “Medaglia d’oro” dal Centro Internazionale “Foyer des artistes” per “avere illustrato e diffuso la nostra cultura come docente e Preside nelle Scuole Italiane all’Estero e come Addetto e Direttore di importanti Istituti Italiani di Cultura con l’incarico di Addetto Culturale d’Ambasciata”
E’ socio rotariano dal 1977 e in seno all’Associazione ha svolto per due volte il ruolo di presidente (Club di Urbino 1993/94 – Club di Cagli-Terra Catria Nerone 2003/04), è stato rappresentante del Governatore per il Distretto 2090 nell’anno 1994/95, membro per due anni della Commissione distrettuale preposta allo sviluppo della stampa rotariana e per 9 anni presidente della Commissione distrettuale per le Borse di Studio. Generalmente attivo nelle varie commissioni di club, dove ricopre spesso l’incarico di presidente. Ha svolto relazioni nei “Forum” distrettuali su temi inerenti alla Fondazione Rotary e alla cultura. Collabora attivamente alla stampa rotariana. E’ titolare di due “Paul Harris Fellow”. Recentemente gli è stato concesso il “Commitment to service” in considerazione del servizio al Rotary per più di 25 anni.
Attualmente svolge il ruolo di assistente del Governatore per l’anno rotariano 2007-08.
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