28 novembre 2013 La Flagellazione: il romanzo, i codici, il mistero.

Questa è la presentazione di una affascinante tesi riguardante i significati, i personaggi raffigurati, il committente e l’originale collocazione del famosissimo dipinto di Piero della Francesca che Andrea Aromatico attraverso una serie di documenti, riferimenti iconografici, ricostruzioni storico-urbanistiche e scoperte storiografiche ha più dettagliatamente descritto nel suo ultimo libro pubblicato alla fine del 2012.
Una interpretazione, questa, che arriva dopo che si era giunti a ben 42 diverse versioni del significato della Flagellazione di Piero della Francesca. Il nuovo volume però non è semplicemente «uno dei tanti» riguardanti la celebre tavola custodita nel Palazzo Ducale di Urbino.  Aromatico contestualizza l’opera in modo del tutto nuovo, e incasella ogni dettaglio nel complesso mosaico del Rinascimento alla Corte dei Montefeltro. Partendo dal dipinto, l’autore intreccia vicende umane, personaggi straordinari, potere politico, congiure  e unicità proprie della cultura urbinate.
Andrea Aromatico
"La Flagellazione. Il romanzo, i codici, il mistero"
Petrozzi Editore 2012

Guarda i video:



                      I N T R O D U Z I O N E

http://youtu.be/8747A3HfEE4



               



                        I^  P A R T E

http://youtu.be/CLTDQXoKubM                              




                      II^   P A R T E

22 novembre 2013 Percorsi visivi della memoria


Presentazione di 800 lastre fotografiche del secondo ventennio del Novecento.

con Alberto Mazzacchera

Il video della conferenza contiene la presentazione del progetto della Fototeca comunale promosso dal Polo Culturale del Comune di Cagli in collaborazione con UNILIT.
Sono state digitalizzate 800 lastre fotografiche degli anni Venti/Quaranta del Novecento, qui presentate solo in minima parte.
L'idea è quella di dare insieme a UNILIT e alle Scuole di Cagli una identità alle centinaia di volti di personaggi che popolano tali preziose immagini.
Al termine di tale operazione della memoria visiva si procederà con la stampa del materiale che sarà a disposizione presso la Fototeca del Polo Culturale per una più attenta e dettagliata consultazione.


 

18.11.2013 Presentazione del libro: Effetto giorno. Scritti diversi (1993 - 2012). Ediland 2012

"... I pensieri, le osservazioni, l'esplicitazione di passaggi oltre l'oggi toccheranno condivisioni? La risposta può essere dentro ciò che ci intriga, ci allontana-avvicina, o ci coinvolge: magari in una prospettiva da "effetto giorno". Il titolo richiama il titolo italiano de La nuit américaine di Francois Truffaut. Un omaggio al regista, al cinema in sé, a quel cinema che, da buio, emoziona la chiarezza."

di Maria Lenti


Il libro ripercorre quasi venti anni di storia italiana e personale attraverso esperienze, riflessioni e proposte sui temi in cui sono da sempre stata impegnata.
Pubblicati, ma anche inediti, gli scritti di “Effetto giorno” mi sono sembrati ancora stimolanti. Forse non ho visto male: scuola, università, etica in politica, cultura (cinema, teatro, musica) ecc. sono argomenti alla ribalta anche in questo periodo. I diversi scritti sono fra loro accomunati dallo sguardo su temi e problemi che mi e ci coinvolgono come persone che vivono in un tempo: naturalmente uno sguardo con il mio punto di vista, il quale chiede, a chi leggerà, se e come condividere i punti di vista, se e come, in tutta libertà, rifiutarli. Se e come, insomma, nel vivere si possano trovare strade non chiuse. E discuterle, parlando in una relazione limpida.
Ho raccolto pagine apparse in sedi diverse. Alcune sono ancorate alla poesia, alla letteratura come presenza culturale, al vissuto e ai suoi risvolti quotidiani. Altre hanno diretta attinenza a questioni sociali e politiche. Il titolo richiama il titolo italiano de “La nuit américaine’’ di Francois Truffaut. Un omaggio al regista, al cinema in sé, a quel cinema che, dal buio, emoziona la chiarezza.
Fra i vari saggi c’è anche un omaggio a Giacomo Leopardi dal titolo: Leopardi, prossimo nostro.
In questo caso per prossimità intendo affermare oltre, ovviamente, la geografia, Recanati e le Marche. Prossimità: che ciò sia nella cultura e nel suo rapporto con la società civile; che la voce di Leopardi sia viva nell’oggi per i suoi stimoli, le pungenze, le ilarità, i sarcasmi, le profondità, le dolcezze piene di dignità e di contenimenti.
E a questo proposito vengo alle riflessioni sul valore della poesia nella cultura contemporanea con il saggio: Sopra la poesia.
Come dire, in poesia, questo mondo? Come può la poesia dire, ancora attingendo alla metafora bella e perfino reinventando immagini dentro le figure retoriche e di pensiero, e schierarsi civilmente nella storia e nella società, nella cultura? La parola del poeta è tale perché vede e sente e sa e di questo suo sapere restituisce essenza.



13 maggio 2013 Marco Leopoldo UBALDELLI


LA GLITTICA ANTICA:
INTAGLI, CAMMEI E VASI IN PIETRA DURA
Cosa vuol dire glittica e che cos’è.
Il termine deriva dal greco, in particolare dal verbo glæfv che significa “scolpisco”, “intaglio”, “incido”, “cesello”.
Un po’ di terminologia.
Il termine gemma è un po’ generico e indica una pietra dura, preziosa o semipreziosa, di solito piccola, che può recare una figura in incavo o a bassorilievo. Può anche indicare una pietra priva di figura.
Per intaglio si intende una figura incavata,, incisa in negativo, in una pietra dura, semipreziosa o preziosa (agata, corniola, sardonice, onice, calcedonio, diaspro, quarzo, granato, ametista, acquamarina, steatite, malachite, ematite, conchiglia etc.) oppure potevano essere realizzti direttamete sul castone di metallo dell’anello. Gli intagli, chiamati anche genericamente incisioni, erano montati in anello d’oro o di altro materiale meno prezioso per essere usati come sigilli di chi li possedeva, perché quando venivano premuti su argilla o cera, lasciavano la loro impronta in positivo, in modo da autenticare il contenuto di ciò che veniva sigillato (un’anfora, una cassetta, una lettera, un decreto pubblico etc.).
Con il termine cammeo invece si designa una figura in rilievo, realizzata con gli stessi materiali usati per gli intagli, ma preferibilmente con una pietra a più strati, in modo da conferire al soggetto rappresentato una corposità simile a quella dei bassorilievi.
I cammei avevano un carattere più voluttuario, decoratico, ed erano destinati ad abbellire oggetti vari (orecchini, collane, fibbie, piccoli scrigni, cassette, mobili o anche – forse – troni), oppure - isolati come gioielli - potevano dimostrare il potere e le convinzioni di chi li possedeva. La lavorazione dei cammei si sviluppò ad Alessandria nel III sec. a.C.; le officine erano sotto le dirette dipendenze dei dinasti, che ne condizionavano e ne suggerivano le iconografie da rappresentare. Da Alessandria la consuetudine si diffuse in altre corti ellenistiche, e di qui poi a Roma.
Invece con il termine gemme vitree si designano le gemme in materiale vitreo realizzate in età antica, mentre con paste vitree si indicano gli analoghi prodotti in età moderna.















La glittica è un’arte minore ?
Alcuni esempi eclatanti.
- la testa di Dexamenos di Chios.
- L’Artemide in ametista firmata
- La tazza Farnese
La cultura artistica dell’antichità può essere giudicata nei suoi elementi formali attraverso le gemme che molto spesso esprimono motivi iconografici e stilistici validi quanto quelli di altre classi di monumenti.
Il numero prodigioso delle gemme testimonia l’enorme circolazione che esse ebbero nell’antichità.
In particolare in età ellenistico-romana vi fu una grandissima diffusione di intagli.
Da dove provengono le gemme ?
Molte gemme, soprattutto i c.d. “cammei di Stato”, non sono andati mai sotto terra e provengono di collezione in collezione, dall’impero romano, a quello bizantino, dai tesori barbarici ai tesori delle abbazie e delle chiese, dalle collezioni dei sovrani e da quelle di privati collezionisti del Quattro, Cinque, Sei e Settecento, dal mercato antiquario ai musei di tutto il mondo, e quindi sono prive di dati di scavo.
Tuttavia diversi intagli, sigilli e cammei sono stati ritrovati in tombe (quindi facevano parte del corredo funerario del defunto) o in santuari (in quanto doni votivi).
Brevissima storia della glittica.
Ci sono varie tipologie di gemme e quindi di intagli e cammei:
i cilindretti Sumeri, mesopotamici, gli scarabei egiziani, gli intagli micenei, geometrici, arcaici, classici, i cammei ellenistici, gli scarabei e gli scaraboidi etruschi, le gemme vitree romane, i sigilli medievali, i cammei rinascimentali …. fino alle realizzazioni in conchiglia dall’Ottocento ai nostri giorni.
L’uso dei sigilli era già caratteristico in età minoica e micenea, ma si conoscono esemplari ancora più antichi
- cilindro minoico-cipriota








Ma restringiamo la nostra indagine al mondo greco.
In età geometrica si diffondono sigilli su materiali diversi: avorio, pietra (steatite, marmo), bronzo.

- Eracle che saetta il centauro Nesso (fine VIII – inizi del VII sec. a.C.)
- due uomini




In età orientalizzante si afferma una produzione di sigilli nelle isole Cicladi (Melos). I temi prediltti sono animali reali o fantastici, esseri mostruosi o personaggi del mito (Aiace, Prometeo, Eracle).
- …
In età arcaica (575/550-450 ca a.C.) aumenta notevolmente la produzione di gemme incise e la loro diffusone è vastissima in tutta la Grecia continentale e insulare.
Le fonti ricordano in particolare una produzione nell’isola di Samos: Mnesarchos (padre del filosofo Pitagora: Diogene Laerzio VIII, 1) e Theodoros (autore dell’incisione su smeraldo per il famoso anello di Policrate: Erodoto III, 41; secondo Clemente Alessandrino Pedagogo III, 59, 2 l’incisione sarebbe stata una lira).
Le pietre recano spesso iscrizioni e si tratta generalmente del nome del proprietario, qualche volta quello dell’incisore (Epimenes, Syries, Onesimos, Semon). Appaiono molte figure di divinità, di mostri, di giovani, di guerrieri, di animali. Le figure sono isolate, ma sono presenti anche scene narrative o scene di genere. Le cornici sono generalmente filettate.
- intaglio firmato da Epimenes (giovane che cerca di domare un cavallo focoso)








- intaglio di proprietà di Hermotimos (pecora)






In questo caso l’iscrizione indica il proprietario e non colui che ha fatto l’incisione.
In età classica (cioè a partire dal 450 ca a.C. fino a tutto il IV sec. a.C.) si accentua la produzione di gemme e si diffonde enormemente l’uso di portare anelli con sigillo.
Una personalità spicca tra le tante: Dexamenos di Chios, di cui conosciamo la firma in 4 incisioni, ma al quale possono esserne attibuite altre, a lui direttamente o alla sua scuola.

- testa maschile barbata, con calvizie incipiente, naso appuntito, bocca dischiusa














- figura femminile (Mikes) seduta su uno sgabello che riceve da una ancella una corona e uno specchio [FOTO];










- airone in volo, proveniente da Kertch (Russia meridionale) [FOTO]











- airone stante che guarda all’indietro, avanti è una cavalletta









Un soggetto molto diffuso nella glittica greca, a partire dall’età arcaica fino a tutto il periodo classico è il leone, animale aggressivo che poteva essere ben impiegato – una volta montato in anello – per qualificare l’aggressività di colui che lo portava.






- intaglio con leone accovacciato (Roma, Musei Capitolini, collezione Santarelli)





Nell’epoca ellenistica la glittica raggiunse un livello formale elevatissimo. Con Alessandro e poi con le dinastie successive, le gemme incise divennero una necessità di Stato: il sigillo o i sigilli dei sovrani rappresentavano il ritratto del signore o figure e scene che documentavano le sue convinzioni e il suo potere. Secondo Plinio (e altri autori) Alessandro Magno avrebbe permesso solo a Pyrgoteles la rappresentazione del proprio ritratto su pietre e sigilli (come solo ad Apelle permise di ritrarlo in pittura e solo a Lisippo solo in scultura).
- … (qualche ritratto di Alessandro in intaglio ?)
Nonostante l’eccezionalità del soggetto e dell’artista, purtroppo la personalità di Pyrgoteles per noi è difficile da definire.
Ad Alessandria si sviluppò a partire dal III sec. a.C. anche la lavorazione dei cammei. I cammei potevano raffigurare le effigi dei dinasti, come simbolo del potere, oppure complesse allegorie spesso per noi oggi di non facile interpretazione, ma comprensibili solo a chi apparteneva alla corte o era in rapporto con essa.
Anche la clientela privata ben presto volle imitare le consuetudini della ufficialità.
- il cammeo Gonzaga
I ritratti dei due sovrani presenti sul cammeo sono ornati da attributi divini e da simboli del potere che, prima di ogni altro significato, evocano e raccontano le imprese di Alessandro, fondatore del domino dei Tolomei in Egitto nonché della stessa Alessandria. L’egida di Zeus, il serpente (al contempo ureo e agathodaimon) posto sull’elmo di Tolomeo e l’anastolè (il ciuffo di capelli ribelle che caratterizza la ritrattistica di Alessandro il Grande) rappresentano punti chiave di quel processo di imitatio Alexandri che tanto ha caratterizzato la produzione delle effigi ufficiali dei sovrani ellenistici. L’intenzionale sovrapposizione iconografica delle fattezze dei successori di Alessandro con quelle del Macedone ha fatto sì che per molto tempo i ritratti presenti sul cammeo siano stati considerati non quelli di Tolomeo e Arsinoe, ma dello stesso Alessandro e della madre Olimpiade.
Interessante la vicenda collezionistica del cammeo.
Menzionata per la prima volta tra le antichità della marchesa Isabella d’Este, moglie di Francesco Gonzaga di Mantova; in seguito al sacco di Mantova del 1630 delle truppe austriache il cammeo passerebbe a Praga (Rodolfo II). Poi nel 1648 la gemma fu portata via in Svezia dalle truppe della regina Cristina di Svezia. Come è noto la regina si convertì al cattolicesimo, abdicò e venne a vivere a Roma (1655). Alla sua morte (nel 1689) la emma passò al cardinale Decio Azzolino, che le sopravvisse di pochi mesi. Nel 1696 la collezione di glittica e il cammeo andarono a finire nelle mani di don Livio Odescalchi, che nel 1794 li vendettero al Vaticano. Nel 1798 le truppe francesi depredarono i tesori del Vaticano. All’inizio dell’800 il cammeo si trova a disposizione della moglie di Napoleone Buonaparte, Josephine Beauharnais, che la tiene nella sua residenza della Malmaison. Nel 1814 quando le truppe dell’imperatore russo Alessandro I occuparono Parigi il cammeo. L’imperatore russo nello stesso anno portò il cameo a San Pietroburgo dove si trova attualmente.
- la tazza Farnese
Si tratta di una scena evidentemente alegorica. A sinistra c’è personaggio maschile, barbato, seduto su un albero, con una cornucopia (forse personificazione del Nilo); sotto di lui una figura femminile (forse Isis come personificazione delle inondazioni del fiume) seduta su una sfinge (simbolo dell’Egitto); sopra è un giovane stante, che tiene un aratro e una bisaccia per le sementi (si tratta di Triptolemos-Horus che simboleggia la richezza dei raccolti); a destra due fanciulle (forse le Horai, ovvero le stagioni), mentre in alto appaiono le personificazione dei Venti Etesii che favoriscono l’inondazione.
- la coppa dei Tolemei
Si tratta di una coppa in sardonica con preparativi per una festa in onore di Dioniso e Demetra, in un bosco; vari oggetti di culto: vasi, candelabri, stoffe, fiaccole, maschere, statuette di culto.
Febbrile dovette essere ad Alessandria l’attività di incisori in pietra dura al servizio di Antonio e Cleopatra (negli anni 40-31 a.C.). I due amanti - si ricorderà – conducevano una vita lussuosa e tra i piaceri e amavano in particolar modo corrispondere scrivendo in onici e cristalli !! Inoltre, come testimonia Plutarco (nella Vita di Antonio) nella loro vita amavano identificarsi con Dioniso e Arianna/Afrodite-Iside. Già Alessandro Magno aveva avuto particolarmente caro Dioniso e a lui si era assimilato volentieri, poiché come il dio Dioniso ritorna trionfante dall’Oriente con il suo seguito, così anche Alessandro aveva fatto, dopo averlo in gran parte sottomesso. Così anche Antonio, rifacendosi al grande dinasta, si assimilerà a Dioniso e Cleopatra a Methe, l’ubriachezza.
Ecco che quindi agli incisori di pietre dure furono richiesti molti temi e motivi dionisiaci. In paricolare ci fu un artista che lavorò alacremente a queste committenze speciali: Sostratos. Accanto a temi dionisiaci vennero prodotti cammei con Afrodite, Eros, Adone, Eracle schiavo di Amore e di Onfale, ma anche Ermafroditi e gorgoni.


- cammeo con Nike (Vittoria) su una biga, firmato da Sostratos (Napoli, Mus. Arch.)
- cammeo con Dioniso su carro, attribuito a Sostratos (Napoli, Mus. Arch.)
Si tratta del capolavoro di Sostratos: Dioniso sdraiato sul carro, appoggia il braccio ad un satiro, la veste si apre come un nimbo, un platano sembra volergli fare ombra. Due psychai trascinano la biga, incitate da un erote che agita una fiaccola; un altro erote cerca di bloccare l’avanzamento del carro trattenendo una ruota con le braccia. L’incisore ha forse voluto rappresentare nel volto di Dioniso proprio quello di Antonio che celebrò in trionfo ad Alessandria nel 34 a.C. di ritorno dall’Armenia, proprio con gli attributi di Dioniso.
La gemma ebbe una interessante vicenda collezionistica: fece parte della collezione del cardinale Pietro Barbo (inventario del 1457), il futuro Paolo II; poi fu acquistato da Lorenzo il Magnifico nel 1471; passò alla giovane moglie Margherita d’Austria dopo l’uccisione del marito Alessandro de’ Medici, e poi ai Farnese in seguito alle sue seconde nozze con Ottavio Farnese; qui rimasero fino a che nel 1731 con l’estinzione della famiglia Farnese, tutte le collezioni passarono a Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta Farnese, e andarono a finire a Napoli.
- cammeo con Ermafrodito e Cupidi, attribuito a Sostratos (San Pietroburgo, Ermitage)











- cammeo con Herakles sottomesso da Eros, attribuito a Sostratos (Napoli, Mus. Arch.)
Sostrato qui rappresenta Antonio come Eracle, dal quale egli credeva di discendere; egli è disposto ad essere sottomesso da Amore. Ovvio il richiamo al ruolo di Cleopatra.
Sempre per Antonio forse dovette lavorare anche un altro grande incisore, di origini ateniesi: Aspasios. Si sa infatti dalle fonti che si trasferirono ad Alessandria molti artisti attici e probabilmente ache microasiatici, che lavorarono tutti alle dipendenze della corte di Antonio e Cleopatra.
Aspasios, forse in ricordo della saprovenienza, realizza e firma un bell’intaglio in diaspro rosso che reca il busto della famosa Athena parthenos, la statua crisoelefantina realizzata da Fidia per il Partenone.






- intaglio in diaspro rosso con la testa e il busto dell’Atena Parthenos, firmato da Aspasios (I sec. a.C., Roma, Museo Naz.)
Forse della stessa mano anche il bel cammeo, ora a Napoli, con la affigurazione di Poeidone e Athena in gara per il possesso dell’Attica.


- cammeo in agata sardonica con Poseidone e Atena in gara per il possesso dell’Attica (Napoli, Museo Arch.)
E’ rappresentato il mito fondamentale dell’Attica: Poseidone ha fatto scaturire una sorgente di acqua salata, che simboleggia il mare, rappresentato da un delfino; Atena ha fatto nascere un olivo, ai piedi del quale è Erittonio in forma di serpente. Nell’esergo sono rappresentati fiori, conchiglie, rami di corallo, e una sigla in greco: P e all’interno un U (da alcuni interpretata come le lettere iniziali di Pyrgoteles, il famoso incisore in pietre dure che aveva l’esclusiva del ritratto di Alessandro Magno, ma non tutti gli studiosi sono d’accordo).



Cenni sulle collezioni di Lorenzo de’ Medici, Alessandro Farnese e Fulvio Orsini.
Anche in Asia, e precisamente presso la corte del re del Ponto, Mitridate VI, vi fu una grande produzione di gemme e cammei. Conosciamo diverse immagini su gemme che raffigurano il monarca ellenistico. Tra gli incisori al suo servizio dovette esservi anche Protharchos, che in seguito forse si trasferì a Roma.
Sembra caratteristico degli incisori microasiatici elaborare in cammeo spunti tragici.
- cammeo con Ippolito e Fedra (Napoli, Museo Archeologico)
Ippolito seduto su una roccia, sotto un albero, gioca con un cane; un suo compagno è appoggiato ad una lancia. Fedra parla con la nutrice che stringe la lettera.
Quando Roma divenne la città più importante del Mediterraneo e uno dopo l’altro caddero in suo potere tutti regni ellenistici, molti artisti si trasferirono nel nuovo centro del potere, della cultura e dell’arte.
Si conoscono molti nomi di incisori di pietre che operarono a Roma tra la fine dell’Ellenismo e la prima età imperiale (I sec. a.C. – I sec. d.C.). Si tratta in genere di greci o romani grecizzati; infatti gli artisti romani vengono educati dai loro colleghi greci o orientali a tal punto che anche quando si firmano con il loro nome latino lo scrivono in lettere greche.
Ma l’enorme passione per le gemme nella società romana della fine della Repubblica non rispondeva solo ad una esigenza di ricchezza e di lusso; il repertorio di immagini dell’arte ellenistica serviva soprattuto a fini politici e propagandistici. Ad esempio chi adottava un repertorio marino, con ippocampi, pesci, mostri marini, ninfe, Anfitrite, Poseidone … intendeva aderire alla fazione di Pompeo, colui che aveva sgominato i pirati nel Mediterraneo.
- Intaglio in ametista con Nereide e Ippocampo (Napoli, Mus. Arch.)
Una nereide, seduta su ippocampo, regge e guida il mostro con la destra; è preceduta da un erote e da un altro ippocampo accompagnato da un delfino. Il colore della pietra sembra voler accentuare la natura marina dell’incisione.





- Cammeo con Afrodite su capro che solca le onde (Napoli, Mus. Arch.)
Afrodite è seduta su un capro che solca impetuoso le onde, seguita da un erote. La dea indica la via con una fiaccola (?), mentre con la destra sostiene la veste che si apre come nimbo sul fondo. Si noti il contrasto tra il corpo levigato della dea, le vesti mosse dal vento, il vello del capro, le onde burrascose del mare.
D’altra parte abbiamo visto come Antonio amasse invece identificarsi con Dioniso e con tutto ciò che riguardava il mondo dionisiaco.
Altri incisori si volgono invece ad un repertorio più erotico ed epigrammatico, proiettato all’interno di un mondo infantile. Ne è un esempio il bel cammeo di Tryphon con le nozze di Amore e Psiche.
- cammeo in onice con nozze di Amore e Psiche (Boston, Museum of Fine Arts)
Delicatissimo cammeo con le nozze di Eros e Psyche e con corteggio di eroti, oppure un rito di iniziazione.
Alcuni incisori inoltre realizzano gemme (intagli o cammei) che denunciano un interesse più erudito, volte al recupero di un passato più o meno recente, con allusioni al ruolo intellettuale di poeti e letterati.
- Cammeo con ritratto idealizzato di poeta (Roma, Musei Capitolini – coll. Santarelli)
La testa maschile barbata mostra una capigliatura stretta da una doppia fascia. Si tratta probabilmente dell’imagine idealizzata di un poeta (forse dello stesso Omero, secondo alcuni studiosi).
Una simile gemma era contenuta nella collezione di Fulvio Orsini, che identificava l’immagine come “Platone”.
Con l’avvento al potere di Ottaviano Augusto, che amava presentarsi invece con protetto di Apollo, il dio della misura e della razionalità, anche l’arte si raggela un po’; e anche gli incisori di gemme risentono del nuovo classicismo amato e promosso dal principe.
Fanno parte di questo orizzonte Aulos, Gnaios, Apollonios.

- Intaglio firmato da Gnaios con testa di Antonio (Paul Getty Museum)
Evidentemente l’intaglio, che risente già del classicismo di fine I sec. a.C., deve essere stato realizzato prima della morte del condottiero romano (30 a.C.)
- Intaglio in corniola firmato da Gnaios, con testa di Cleopatra Selene II (New York, Metropolitan Museum)
La gemma è un po’ spezzata sul bordo, proprio in corrispondenza della firma dell’artista che infatti si legge con qualche difficoltà. Si tratta del ritratto idealizzato di Cleopatra Selene II, figlia di Marco Antonio e Cleopatra VII, cresciuta presso Ottavia – sorella di Ottaviano-Augusto e moglie di Antonio – e andata in sposa a Giuba II re di Mauritania nel 19 a.C.
Si tratta di un intaglio rinvenuto a Roma nel 1737 in una vigna di casa Altieri nei pressi del Colosseo. Fu acquistato dal marchese Alessandro Gregorio Capponi, legato in anello d’oro e immesso nella sua collezione. L’anno successivo ne fu fatto un disegno preparatorio per l’incisione in tavola di rame, da un certo Salvatore Ettore. Ma la pubblicazione non venne mai alla luce. Tutta la collezione Capponi, alla morte del marchese, fu lasciata in eredità ai padri Gesuiti per essere sistemata nel Museo Kircheriano del Collegio Romano, dove rimase almeno fino alla fine del XVIII secolo; poi la gemma finì probabilmente nelle mani del principe polacco Stanislao Poniatowski (1754-1833) che risiedeva a Roma e collezionava gemme e altre antichità. Infine riapparve nel 1910 quando fu acquistata dal Metropolitan Museum di New York.
- cammeo con testa di Erakles, attribuito a Gnaios (Napoli, Museo Archeologico)

Erakles giovane (senza barba) si presenta con la leontè.


Con la stessa compostezza un po’ rigida sono le opere di un altro grande incisore di questo periodo: Apollonios.





- Intaglio in ametista con immagine di Artemide, firmata da Apollonios (Napoli, Mus. Arch.)
L’immagine della dea cacciatrice, con corta tunichetta, faretra a tracolla e fiaccola, si appoggia ad un pilastrino sul quale è inciso il nome dell’artista. Sullo sfondo si intravedono delle rocce.
Notevoli sono anche le realizzazioni dell’incisore Solon, attivo a Roma già attorno al 60 a.C., educato forse in Asia Minore, proprio nell’ambiente artistico attorno a Mitridate VI re del Ponto.











- intaglio con testa di Gorgone (la c.d. Medusa Strozzi, Londra British Museum)
Ma interprete sommo del classicismo augusteo e del suo programma ideale, culturale e religioso fu l’incisore Dioskourides. Come Alessandro Magno si servì di un solo incisore, anche Augusto nella maturità, forse a partire dal 30 a.C. (dopo la battaglia di Azio) si servì solo dell’opera di Dioskourides.
Interessante anche l’evoluzione del gusto dell’imperatore romano per quanto riguarda il suo sigillo personale:
- Il primo aveva l’immagine di una sfinge;
- il secondo aveva l’immagine di Alessandro Magno, il sovrano ellenistico di riferimento;
- il terzo con il proprio ritratto.
Dioskourides realizza per Augusto in un primo periodo gemme con immagini di eroi o divinità, con intento scopertamente polemico.
- Intaglio in corniola con Apollo, Olimpo e Marsia, attribuito a Dioskourides (il c.d. “sigillo di Nerone”. Napoli, Museo Arch.)
Apollo, la divinità prediletta da Augusto se ne sta a sinistra con la sua lira e il suo plettro, e volge appena la testa verso il Sileno Marsia (essere semiferino appartenente al corteggio dionisiaco) con le braccia legate dietro alla schiena ad un albero secco e seduto su una roccia sopra una pelle di leone; da un ramo dell’albero pende la custodia del flauto. In basso, in dimensioni ridotte, la figura di Olimpo, mitico flautista, inginocchiato davanti ad Apollo, invoca pietà per il suo maestro Marsia. Sullo sfondo verso destra si vedono i due flauti.
Il MITO.
L’intaglio è uno dei più prodigiosi dell’antichità. Al centro è l’inutile richiesta d pietà da parte di Olimpo, a sinistra la figura teatrale e perentoria di Apollo, a destra la prodigiosa testa di Marsia. Si tratta evidentemente di una allegoria degli avvenimenti seguiti alla battaglia di Azio a cui alluderebbe la vittoria su Marsia, sul mondo dionisiaco prediletto da Antonio.
L’intaglio fu il primo acquisto di gemme di Lorenzo il Magnifico, che oltre a farvi incidere il proprio nome, montò la pietra su un supporto d’oro con una immagine tratta da una moneta di Nerone; da qui il nome di “sigillo di Nerone” con cui la gemma fu conosciuta nel Rinascimento.
Ma l’opera più matira di Dioskourides è probabilmente la Gemma Augustea.
- cammeo in sardonica a due strati, la c.d. “Gemma Augustea” (Vienna Kunsthistorisches Museum)
Augusto seduto su un bisellium accanto a Roma; i due si guardano e si intendono, poggiano i piedi su trofei di armi. In alto appare il capricorno, simbolo astrale di Augusto. L’imperator si identifica con Zeus perché ha un’aquila sotto il seggio, ma è anche Pontifex Maximus per l’attributo del lituus. Egli è incoronato da Oikoumene; vicino sono la personificazione di Okeanos e quella di Tellus. A sinistra Germanico armato, presso la biga dalla quale scende, alla presenza di Vittoria, sta scendendo il figlio adottivo di Augusto, Tiberio, vestito di toga, coronato di alloro, con scettro.
Nel registro inferiore quattro soldati innalzano un trofeo, sotto il quale, seduti su cataste di armi, sono due barbari; a destra una Diana armata e un Mercurius con causia trascinano per i capelli una coppia di vinti.
Il cammeo deve essere datato al 4  d.C., l’anno della adozione di Tiberio, e rappresenta la scena di trionfo dopo le sue imprese germaniche. Si tratta di una allegoria di Stato di enorme rilievo.
Con Dioskourides si deve immaginare una grande officina, che sceglieva accuratamente il materiale prezioso da utilizzare, alle strette dipendenze della corte imperiale, oberata di lavoro, che lavorò in modo sostanzialemente uniforme tra il 27 a.C. e il 54 d.C. (morte di Claudio) per circa tre generazioni. Infati Dioskourides ebbe tre figli che esercitarono lo stesso mestiere: Herophilos, Euthyches, Hyllos, che orgogliosi della loro discendenza, firmarono spesso con il patronimico.
In particolare Hyllos firma numerose opere e altre possono essere ricondotte alla sua mano o ai suoi collaboratori.
- intaglio in corniola con testa dell’Apollo Palatino, firmata da Hyllos (San Pietroburgo, Ermitage)
Testa di Apollo di profilo verso sinnistra, con i capelli trattenuti da una benda, alcune ciocche ricadono sul collo; il mantello è allacciato sulla spalla.
Si tratta della riproduzione della statua dell’Apollo opera di Skopas (del 370 ca a.C.), collocata da Augusto nel tempio della divinità costruito sul Palatino presso la sua dimora. Nell’incisione Hyllos dimostra tutto il suo classicismo, un po’ frigido e asettico, eppure meditatissimo.




- intaglio in olivina con testa di Apollo, forse della bottega di Solon (Roma, Musei Capitolini – coll. Santarelli) [FOTO]
Testa di Apollo di profilo verso sinistra, con capelli stretti da una benda, alcune ciocche ricadono sul collo; il mantello è allacciato sulla spalla.
La gemma è realizzata in una pietra non comune. L’iconografia è molto simile a quella di San Pietroburgo, firmata da Hyllos. Tuttavia a differenza di quest’ultima l’esecuzione appare meno rigida (si vedano la resa del profilo e della bocca, le piccole ciocche di capelli che scendono sulla guancia) e trova precisi confronti con un intaglio in sarda bruna di Berlino, attribuito a Solon o alla sua bottega (70-20 a.C.). Se l’intaglio è attribuibile a Solon, si può ipotizzare che sia precedente alla corniola firmata da Hyllos e che quest’ultimo lo abbia voluto emulare, come spesso accadeva in quel tempo.
La glittica imperiale continuò a produrre fino all’età di Costantino e oltre.
Le collezioni imperiali non furono mai disperse, ma passarono a Costantinopoli; tuttavia dopo il sacco latino del 1204 (la IV crociata che invece di andare inTerra Santa deviò a Costantinopoli), parte delle gemme riprese la via dell’Occidente. Altre gemme dovettero giungervi al momento del Concilio di Ferrara nel 1438, quando si cercò di unificare la Chiesa d’Oriente con quella di Roma; altre ancora dopo la conquista di Costantinopoli da parte di Maometto II nel 1453.
Molte gemme – soprattutto i cammei di Stato – giunsero in Occidente e furono conservate nei tesori delle chiese o delle abbazie, oppure confluirono nel tesoro imperiale (soprattutto quello dei re di Francia), dove finirono per essere riutilizzate in corone e reliquiari.
- Scrigno dei Re magi a Colonia, realizzato tra il XII e il XIII sec., è tempestato di 226 gemme, quasi tutte antiche.




Durante il Medioevo dunque la passione per il collezionismo di gemme fu intensa e carica di significati simbolici. Alcune gemme furono ritoccate e reinterpretate secondo le esigenze dettate dalla loro nuova sistemazione o dal loro nuovo possessore.
- intaglio in ametista con il ritratto dell’imperatore Caracalla (212 ca d.C.). In epoca bizantina fu interpretato come San Pietro, aggiungendovi una croce e una iscrizione. La pietra, ora nel Cabinet des Médailles di Parigi, proviene dal tesoro della Sainte Chapelle
Solo all’epoca del dominio normanno nell’Italia Meridionale e nella corte di Federico II di Svevia riprese nuovo vigore l’arte di scolpire le pietre dure, grazie al probabile apporto della tecnologia araba e bizantina.
Gli incisori a servizio di Ruggero II e di Federico II finirono per avere una notevole quantità di intagli e cammei e piccole sculture in pietra dura, da studiare, reinterpretare e imitare. Sappiamo che il tesoro imperiale nel 1253, pochi anni dopo la morte di Federico II, doveva sfiorare i 1000 pezzi !!
In occasione dello studio di una parte della collezione di glittica Santarelli, depositata presso i Musei Capitolini, mi sono interessato in particolare di un gruppo di gemme riconducibili all’epoca normanna o federiciana (XII-XIII secolo).
Le maestranze che lavoravano i punzoni per le nuove monete d’oro volute da Federico II probabilmente erano gli stessi che realizzavano le sculture, i vasi in porfido e le opere di glittica. Collocate innazitutto a Brindisi e a Messina, esse tuttavia dovevano essere itineranti e seguire, assieme a gran parte delle collezioni più facilmente trasportabili (appunto le gemme), il sovrano e la corte in occasione dei frequenti spostamenti dovuti alle esigenze di un impero così vasto.
Non è facile delineare lo sviluppo cronologico della glittica normanna e federiciana, forse perché nelle officine di corte erano presenti artisti con formazione e valore diversi, che sembrano a volte operare in una fase di sperimentazione, mentre in altri casi appaiono in possesso di una consapevole e meditata capacità tecnica, compositiva e formale. Oppure la diseguaglianza potrebbe essere spiegata distinguendo una produzione palatina elitaria (comunque non omogenea) da una produzione più modesta debitrice della tradizione locale.
- cammeo con testa giovanile con fascia (Neuss, Clemens Sels Museum)










- cammeo in agata sardonice, con testa diademata (Roma, Musei Capitolini – coll. Santarelli) [FOTO]



Si tratta probabilmente del ritratto di un personaggio giovanile di corte. Il composto classicismo sembra derivare direttamente da gemme di età costantiniana.






- cammeo in agata sardonice, con testa diademata (Roma, Musei Capitolini – coll. Santarelli)
Il cammeo è fortemente contornato e il rilievo appare un po’ rigido. Rappresenta forse un giovane della cortte normanna o federiciana. E’ evidente che la ripresa di una iconografia antica (il ritratto del sovrano d profilo con fascia) è realizzato in questo caso con un gusto grafico della superficie di sapore tutto medievale.
Altri due cammei propongono una interessante riflessione.










- cammeo in calcedonio, con testa di funzionario imperiale (Roma, Musei Capitolini – coll. Santarelli) [FOTO]
Il cammeo è fortemente contornato e dal rilievo evidente. Si tratta forse dell’immagine di un funzionario imperiale preposto all’amministrazione della giustizia.





- cammeo in agata sardonice, con testa di Justitia (Roma, Musei Capitolini – coll. Santarelli)
L’immagine dal punto di vista stilistico trova precisi confronti con altre teste femminili presenti in più complessi cammei federiciani. La testa femminile, di chiara derivazione classica, potrebbe essere interpretata come “Justitia”. Sappiamo infatti che Federico II aveva istituito nel territorio italico vari tribunalia per l’amministrazione della giustizia, nei quali erano spesso raffigurati in tondi di marmo (clipei) oltre al ritratto del sovrano anche quello dei funzionari e della personificazione della Giustizia. Questo cammeo, assieme al cammeo con ritratto di funzionario imperiale, potrebbe replicare in piccolo quelle immagini così importanti per la propaganda federiciana.
Eccezionali sono i due cammei molto simili (uno a  Monaco, l’altro al Louvre) in cui compare l’imperatore Federico II incoronato da due angeli.





- cammeo con incoronazione di Federico II (München, Schatzkammer der Residenz) [FOTO]


L’ambito nel quale la glittica federiciana ha offerto gli esempi più eclatanti è certamente quello del ritratto.





- intaglio in diaspro, con testa di Federico II (Roma, Musei Capitolini – coll. Santarelli)




La gemma, un raro caso di intaglio, raffigura probabilmente l’immagine del sovrano, con diadema e tenie che ricadono dietro il collo; l’occhio è dilatato quasi a dimostrare la volontà indagatrice di Federico II.

- cammeo in agata con testa di giovane come Zeus-Ammone (Roma, Musei Capitolini – coll. Santarelli)
L’iconografia riprende quella di Alessandro Magno come Zeus-Ammone, già nota di diversi cammei antichi. Lo stile è confrontabile con quello presente in altre gemme federiciane, e appare acora un poì irrisolto, sperimentale.
Federico II (lo Stupor Mundi) fu paragonato dai contemporanei con Alessandro Magno, perciò si potrebbe vedere in questa immagine un ritratto del giovane sovrano, nel tentativo di assimilarsi con evidente autocompiacimento all’antico condottiero.
Federico II è noto anche come l’autore di un famoso trattato di arte venatoria con i falconi (De arte venandi cum avibus). Proprio per questa passione del sovrano nei confronti della caccia è possibile che gli incisori di corte siano stati stimolati a riprodurre animali uccelli, cani, oche, anatre, folaghe.
- cammeo in diaspro con falcone (Roma, Musei Capitolini – coll. Santarelli)
Ma il sovrano svevo oltre ad essere un bravo cacciatore, aveva anche una propria passione per il mondo naturale e gli animali. Infatti sappiamo che possedeva in Puglia (a Foggia) e a Malta allevamenti di cavalli, cani, colombi, animali da cortile e uccelli di ogni sorta.






- cammeo in agata sardonice con cane (Roma, Musei Capitolini – coll. Santarelli)
Nel suo trattato De arte venandi l’imperatore raccomandava di utilizzare cani di corporatura compatta e di mediocre statura. Ciò sembra corrispondere all’immagine qui raffigurata.
Simbolo del potere imperiale degli antichi romani che Federico utilizzò anche come verso nella coniazione dei suoi augustali (monete d’oro) fu certamente l’aquila.



- cammeo in agata sardonice con aquila (Roma, Musei Capitolini – coll. Santarelli)