Cristina di Belgioioso,
pallida "passionaria" del Risorgimento Italiano.
In questo 150° anniversario dell'Unità d'Italia Ivana Baldassarri ha scelto, fra le figure femminili evidenziate poco e male dalla storiografia ufficiale del Risorgimento, Cristina Trivulzio Principessa di Belgioioso.
Francesco Hayez - 1832
Ritratto di Cristina Trivulzio Belgioioso
Bella, intelligente, ricchissima, intraprendente, generosa, lungimirante fu politicamente innovativa e insieme inguaribilmente civetta, mondana, egocentrica, vanitosa, ambiziosa e avventurosa.
Proprio perché così variamente dotata, gli storici difficilmente la ricordano e quando lo fanno tendono all'accondiscendenza ironica, all'umbratile sarcasmo riservato a certe figure femminili senz'altro meritevoli, senz'altro fuori del comune ma capricciose, discontinue, elitarie, con pruriti trasgressivi, mai all'altezza comunque di essere celebrate alla pari dei grandi uomini.
Cristina Trivulzio merita invece un posto di prim'ordine: è doveroso, indagando su di lei, liberarla dai pregiudizi della sua contemporaneità per i quali già l'intelligenza, le curiosità culturali e l'autonomia dei pensieri erano, nelle donne, insopportabili e imperdonabili "vizi".
Siamo in un'epoca, la prima metà dell'800, in cui, pur nella ricca Lombardia, pur nelle prospere terre della Belgioioso, era considerata un'inutile e pericolosa follia mandare a scuola i figli maschi: figurarsi le femmine.
Cristina nasce a Milano il 28 Giugno 1808, figlia del ricchissimo Marchese Gerolamo Trivulzio: cresce fragile e malaticcia in una famiglia scombinata. Suo padre muore quando lei ha solo 4 anni lasciandola unica erede di un patrimonio stellare. Sua madre, Vittoria Ghirardini, donna di buon carattere e incline a godersi la vita, si risposa subito con Alessandro Visconti d'Aragona, dal quale avrà tre figlie femmine e un maschio, per i quali Cristina nutrirà sempre grande affetto e considerazione. Da Alessandro suo patrigno, Cristina impara l'insofferenza asburgica, frequentando tutti gli amici di lui, in odore di Carboneria.
All'età di 16 anni la Cristinetta Trivulzio è già una splendida creatura ricercata e corteggiata da molti giovani dell'alta aristocrazia lombarda. Viene attratta da Emilio Barbiano Principe di Belgioioso, un giovane bellissimo e seducente, dalla perfetta voce tenorile adorato da Rossini, un inguaribile dongiovanni e lo sposa, nonostante il parere contrario di tutti i suoi parenti, il 15 Settembre 1824.
Tutti i biografi di Cristina parlano di un misterioso e irragionevole colpo di testa, ma il Conte D'Alton-Shée scrive, avvicinandosi più degli altri alla verità: "La bella ereditiera, respingendo una quantità di corteggiatori, mise il suo cuore sull'unico che la ignorava. Vide lo splendido "monstre" e impegnò il suo orgoglio per domarlo!"
Una masochistica sfida dunque, un'avventura, una tenzone che configura già la personalità di Cristina che, appena sedicenne intraprende la difficile programmazione di una vita "contro".
Determinatissima, libera da tutte le regole familiari e con un marito che poteva solo eccedere in sfrenatezze e originalità, si immerge gioiosa nella mondanità come in una lucida icona ludica: è assidua alla Scala, frequenta ricevimenti e feste mascherate, civetta senza parsimonia, con la vaghezza estrosa e pericolosa di rari sorrisi.
Diventando padrona assoluta del proprio ingentissimo patrimonio, ne dispone con larghezza e generosità, perche insieme alla sfrenata mondanità, Cristina ha un'altra grande e rara inclinazione che la onora, quella di aiutare sempre i bisognosi sovvenzionando amici e parenti in difficoltà e anche chiunque le fosse raccomandato.
Molti scrittori celebri e molti intellettuali scrissero di lei: Arsene Houssaye nelle sue "Confessioni"
dice: "Fra i volti che mi hanno lasciato un'impressione fortissima c'è quello della Principessa Belgioioso.
Nessuno può non essere colpito dal pallore bizantino della sua carnagione, dalla chioma nera come un'ala di corvo, dai suoi grand'occhi luminosi! Prima di tutto, al suo apparire, toglie il respiro, ma ben presto affascina! Possiede quella femminilità penetrante caratteristica delle milanesi! Alta, aggraziata, ha il viso modellato in modo ideale emergente da esile collo, naso arcuato, leggermente aquilino, narici palpitanti ed appassionate, bocca carnosa, come a racchiudere grandi promesse.
Bella quando sorride, ma solitamente impenetrabile: il suo pallore marmoreo, il corpo fragile e sottile sono degli angeli di Angelico da Fiesole, ma i suoi terribili occhi sono della Sfinge. In quegli occhi così grandi mi ci sono perduto e più non mi ritrovo!"
I primissimi anni di matrimonio sono per Cristina belli e spensierati ma nel 1828, la principessa scopre una relazione amorosa di Emilio più importante delle altre e rompe definitivamente con lui.
In una lettera a Ernesta Bisi, sua maestra di disegno, con la quale intratterrà una corrispondenza per tutta la vita con sentimenti di amicizia aerata di stima e priva di ogni sbavatura di sciroccosa complicità femminile, Cristina scrive: "lo credetti dovere al mio decoro e al mio titolo di moglie di non acconsentire formalmente alla continuazione delle sue relazioni amorose extraconiugali." Cristina accetta la richiesta interessata di suo marito: non si separa legalmente da lui, paga tutti i suoi debiti e rifiuta ogni compromesso che possa salvare le così dette "apparenze": coerente e disincantata com'è, è sempre disposta a pagare di persona per ogni sua decisione.
Se era stata anche la condivisa passione politica a muoverla verso Emilio, ora, a separazione avvenuta, è proprio solo la passione politica che informa ogni suo progetto, diventando motivazione a intraprendere viaggi a Lugano, a Genova a Roma che le permetteranno di entrare in relazione con le principali cellule rivoluzionarie del suo tempo.
Questo, naturalmente, la rende soggetto preferito per i controlli pressanti della "occhiuta" polizia asburgica, allenatissima alla sorveglianza degli aristocratici lombardi. E sarà proprio una questione di passaporto scaduto che renderà Cristina fuggitiva e potenzialmente pericolosa per il governo austriaco.
Metternick stesso dispone un piano per farla catturare e per farla rinchiudere in un convento, ma Cristina riesce rocambolescamente a fuggire prima a Genova, poi a Nizza in una villa messale a disposizione dal Dott. D'Espin che aiuta i rifugiati politici.
Le è di grande conforto in questo momento di pericolo e di incertezza, la corrispondenza fitta e venata da sfumature sentimentali, con Augustine Tierry un giovane carbonaro cieco, al quale sarà legata per tutta la vita da un'amicizia senz'ombre, sincera e generosa.
Dopo aver donato al marito e ai suoi 4 fratellastri il suo patrimonio - escamotage legale per evitarne il sequestro austriaco - Cristina entra in contatto con gli esuli italiani residenti in Francia, impegnandosi a finanziare il piano d'insurrezione di Ciro Menotti. Si reca a Marsiglia con la sua governante e con il suo amministratore Pietro Bolognini, un profugo enigmatico e ingombrante di nobile famiglia che il gossip delle spie definirà erroneamente nei rapporti politici come suo "drudo", l'amante da strapazzo, il "ganzo di turno".
Cristina di Belgioioso invece non è donna da "ganzo di turno".
È una gran signora "notevole per bellezza, per un sottile fascino dello spirito e per evidenti qualità del cuore" come scrisse qualche anno dopo Jules Cloquet, medico di Lafayette.
Nel 1831, dopo il fallimento delle imprese della Carboneria, Cristina fugge a Parigi, senza denaro,
senza bagagli, senza progetti, così, all'avventura! Sarà un esilio lungo, brillante e movimentato!
Qui diventa subito il centro delle attenzioni mondane di un ambiente variegato e influente, condizione questa che Cristina ama e promuove con attenta regia; si trasferisce nel Palazzo del Duca di Plaisance dove può aprire il suo salotto che presto diventerà celebre e frequentatissimo. Non solo belle dame, cavalieri, intellettuali e snob, ma anche grandi uomini, aristocratici, artisti, rifugiati politici, scrittori, musicisti e scienziati.
Ci sono il mitico Generale Lafayette, gli storici Auguste Thierry e FranQois Mignet - che diventeranno i suoi amici più fedeli - e Adolphe Thiers, Honoré de Balzac, Alfred De Musset - col quale la principessa avrà una lunga e febbrile storia d'amore -Frederic Chopin, Franz Liszt, il poeta Heinrich Heine, Vincenzo Bellini e Niccolò Tommaseo.
Tutti trovano Cristina Trivulzio Principessa di Belgioioso irresistibile: bella, giovane, colta -quando si stabilisce a Parigi ha appena 23 anni -, squilla in presenza e fascino; di conversazione modulatissima, malinconica, rivoluzionaria, generosa, Cristina è anche molto malata. Suo marito, nel breve periodo del loro matrimonio, le ha trasmesso la sifilide per la quale è costretta a sottoporsi a cure continue, invasive e condizionanti.
Ma la sua personalità, la sua intelligenza e la sua passione politica sono più forti evitali e della malattia e dello stato di rifugiata politica.
Il vecchio Lafayette la protegge amabilmente e continua a preoccuparsi per lei: per guadagnare denaro -tutte le sue cosmiche ricchezze sono congelate in Lombardia gestite dai suoi fratelli -Cristina sfrutta le sue capacità di pittrice e di scrittrice: scrive saggi e articoli sul più diffuso giornale di Parigi il "Costitutionel", cuce bandiere e coccarde, dipinge paesaggi e organizza incontri politici.
La sua celebrità si diffonde: intelligente, lungimirante, ostinata, politicamente innovativa, è anche inguaribilmente civetta, argomentatrice vivace e sottile, bizzarra, egocentrica e autoritaria: si impone all'attenzione generale fino ad essere invitata ad una cerimonia a Palazzo Reale dove la regina Maria Amelia Teresa di Borbone, moglie di Luigi Filippo d'Orleans, incuriosita da questa stravagante italiana, la introduce fra le dame di Corte.
È l'ingresso ufficiale nell'alta società parigina -segno questo sì, inconfutabile di vera celebrità –per la quale la Principessa Belgioioso diventa argomento di un gossip fitto e variegato oltre a riferimento e ispirazione per eroine femminili dei "feuilleton" più in voga.
Theophile Gautier, esponente di grido della letteratura romanzesca, scrive con maligna e spietata ironia: "Vi sarà capitato di incontrare quella famosa intellettuale nota come la "Marquise romantique"! È bella !?!?! E se lo dicono i poeti, non si sbagliano, perche è bella, ma alla maniera dei quadri antichi! Sebbene giovane, sembra ricoperta da una vernice giallastra e cammina come se fosse dentro una cornice! Ha guance ceree e occhi spropositati e bistrati, mani splendide sovraccariche di anelli bizzarri; porta calze candide con scarpine piccolissime e morbide! Ella è perfino di buona compagnia! Ebbi la sfortuna di affascinarla! Mi arrivò uno sbuffo di letteratura nascosta! Era peggio di una letterata di professione! La Signora è esperta di romanzi didattici, poesia sociale, trattati umanitari e i suoi tavoli e le sue sedie sono ricolmi di tomi solenni con le orecchie nei punti più noiosi. ..!"
Il maschilismo ottocentesco dà la stura a tutti i suoi più velenosi preconcetti, che nascondono però una gran verità: Cristina Belgioioso è una donna coltissima e seducente.
Finalmente Cristina nel 1831 riceve, per interessamento di sua madre laute somme del suo denaro fermo nelle banche lombarde e la notizia che La Fayette è riuscito a far liberare molti rivoluzionari arrestati, ma contemporaneamente rincontra suo marito Emilio di Belgioioso che si è stabilito anche lui a Parigi, andando ad abitare proprio nel suo stesso palazzo. Pur avviandosi verso la quarantina il bel principe, non ha modificato la sua sfrenata attività di libertino e di gaudente: diventa, anche a Parigi, una star degli ambienti più spregiudicati: tutti lo chiamano il "Bayroniano" perché con quel termine pseudo-culturale si giustificano tutte le sregolatezze. Diventerà amico di De Musset che corteggia assiduamente sua moglie, diventandone il confidente.
L'inserimento di Franz Liszt, di due anni più giovane della "Princesse romantique", nella affollata cerchia dei suoi adoratori, fu certamente per Cristina un gran successo mondano. Liszt si esibisce spesso nel salotto di Cristina e quando lui, ispirato suona, " lei lo onora sedendosi ai piedi del pianoforte" commenta acido, l'invidioso Balzac.
Sembra di essere in un set cinematografico!
Pensiamola per un attimo questa bizzarra ed esibizionista principessa italiana a Parigi, col suo pallore spettrale, col suo spirito disincantato e acre, ornata da turbanti di stile orientale che le dilatano ancora di più gli occhi nerissimi, pensiamo alle sue movenze nobili e aggraziate sottolineate da abiti candidi e morbidi, mentre assiste silenziosa, ma animata da sommesse vibrazioni emotive, alle esibizioni del più gran seduttore musicale di tutti i tempi, che, capelli lunghi e lisci, ampia camicia di velluto nero e senza cravatta domina, con travolgente spirito interpretativo e tecnica pianistica stellare le emozioni di tutti i presenti!
Mi pare un flash di travolgente fascino romantico!
Molti sono gli appellativi che si coniano per la raffinata padrona di casa: "la commediante", "la princesse ruinee", "la vampiressa", "la rivoluzionaria", "la belle italienne" e "la femme allumeuse". È certo che la sua fama le valse la facoltà di fare del suo salotto in Rue d'Anjou, un luogo dove schermare l'impellente questione politica che riguardava l'ltalia, con una leggera atmosfera di Accademia Musicale: con il suo charme e la sua intelligenza, col suo fare misterioso misto a sottile diplomazia, serpeggiante anarchia ed eccitante vampirismo, seppe dare ai rivoluzionari italiani, oltre agli aiuti economici di cui fu sempre larghissima, l'appoggio e la visibilità in un ambiente intellettuale alto e variegato, ottima cassa di risonanza ai loro intenti libertari rivolti al destino dell'azione rivoluzionaria italiana.
Conobbe e ospitò i grandi e i grandissimi del Risorgimento dal subdolo e geniale Camillo Benso Conte di Cavour, all’introverso e utopico Giuseppe Mazzini, dal pesarese Mamiani, all'audace Confalonieri e al Gioberti che le si rivolterà contro pubblicamente a Giuseppe Garibaldi che le sarà sempre e in ogni occasione amico sincero. Non così Mazzini e Mamiani che, quando Cristina li invitò a scrivere per il suo giornale, convennero concordemente che "sarebbe stata un'ignominia scrivere su un giornale diretto da una donna!!!".
l due celebri protagonisti dell'800 non avevano capito che Cristina Belgioioso viveva in prima persona, oltre le esibizioni salottiere, la giustizia e la carità sociale e che il senso della sua fratellanza elaborava lucidi e avanguardistici piani politici in anticipo di cent'anni.
Cristina, nel 1835 conosce un giovane abate chiamato "Coeur" con il quale condivide e perfeziona le strategie per i suoi intenti sociali e spirituali: questa collaborazione rende più serena la principessa a cui è sempre mancata, fin da piccola, una rassicurante intimità familiare, assieme alla possibilità di affidarsi senza paura a qualcuno che non la tradirà.
Poi, siamo fra il 1837 -38, Emilio subdolamente e con cinica signorilità (la verità è che ha bisogno urgente di denaro) le è tornato vicino e spesso, nel corso dei ricevimenti svolge, con consumato charme, il ruolo di padrone di casa.
Fino a che è proprio Cristina a rivelare una sorprendente notizia: il 23 dicembre 1838, come per un programmato miracoloso "natale", è venuta al mondo Maria Gerolama.
Indicibile è la sorpresa in tutto I'entourage delle due famiglie italiane e degli amici parigini. Sarebbe naturale attribuire la paternità della piccola al Principe Emilio, in quel momento presente nella vita di Cristina, ma gli amici più intimi che ben conoscono la vera natura dei rapporti fra i due, smentiscono questa eventualità. l più perfidi e fantasiosi pettegolezzi affiorano e dilagano da un salotto all'altro: l'unico legame stabile e conosciuto di Cristina è quello con Franyois Mignet, un uomo considerato impotente e omosessuale.
Come poteva essere lui il padre della piccola Maria? Si parla perfino che la bimba possa essere figlia di una parente povera!
Fra silenzi, gelosie, maldicenze, segreti, auguri, sdegni furiosi e spregevoli calcoli ereditari da parte dei Belgioioso, congetture e sorprese, Cristina è immensamente felice, senza mai rivelare però la vera paternità di Maria!
"Che ti dirò di Maria? -scrive Cristina alla Bisi dopo la nascita della bimba -Niente, cara Ernesta, perche non ti saprei dire mai abbastanza! Ti dico solamente che sta bene e che la sola cosa che domando al buon Dio è di conservarmela così!"
Cristina di Belgioioso è sempre al centro o di una passione o di una follia!!
Nel 1840 lascia Parigi con la figlia e la governante: torna a Milano, ritirandosi nelle sue immense proprietà di Locate Trivulzi, delle quali è tornata proprietaria a tutti gli effetti. Si dedica alla lettura e ad attività di tipo sociale e assistenziale aprendo nel suo feudo scuole e asili per maschi e femmine; istituisce inoltre corsi professionali -da lei stessa tenuti -per giovani donne e mamme sulla puericultura e per i ragazzi sull'agricoltura e sull'economia gestionale. Consapevole che pur nella ricca e prospera Lombardia i braccianti vivono in condizioni spaventose, Cristina concede e promuove benefici e migliorie salariali e fa costruire nuove case per i suoi contadini.
Si diffonde così, e in pochissimo tempo, un evidente e riconosciuto benessere! l bambini e le bambine chiedono di andare a scuola -ma dove è andato a finire il "dogma" "sesso femminile e genio maschile?" -fra le critiche velenose dell'aristocrazia lombarda che rifiuta ogni novità sociale per timore che esse costituiscano una grave minaccia per la proprietà privata.
Soddisfatta degli esiti delle trasformazioni da lei realizzate, Cristina rivoltosa e benefattrice, si abbandona ad una nuova avventura sentimentale: si chiama Gaetano Stelzi, ha 13 anni meno di lei, biondo, bellissimo, colto, ammalato di tubercolosi e ricco di quella vitalità febbrile propria, delle persone che sentono la vita sfuggire in fretta: Gaetano è figlio di un suo fedele amministratore. Lo assume subito al suo servizio e il ragazzo, già sedotto, non esita a seguirla ovunque.
È un amore vorace e feroce, una passione intensa e dolcissima infoschita dalla paura che la malattia abbia, come purtroppo avrà, il sopravvento sulla gioia del possesso e della reciproca donazione di se.
È la prima volta che Cristina, s'innamora così perdutamente! E sarà anche l'ultima!
La "femme allumeuse" dal cuore di ghiaccio, si trasforma in una innamorata che si dedica alla salute del suo uomo con cure attente e sapienti. Sentimentalmente appagata si dedica anche alla stesura di un'opera ambiziosa e complessa -incoraggiata anche dal successo ottenuto con la precedente "Storia della Lombardia" -: questa ultima opera ha titolo francese "L'essai sur la formation du Dogme Catholique".
Per lanciare e promuovere questa sua ultima opera storico-letteraria decide di tornare a Parigi: le serve un ambiente colto, alto e relativamente ben disposto nei suoi confronti. Parigi risponderà e gregiamente e il suo "Essai" sarà accolto con interesse e successo pur in una marea di commenti, polemiche e malignità di molti intellettuali critici sul fatto che una donna avesse la sfrontatezza di approfondire argomenti così seri e importanti. Nessuno però metterà in dubbio, mai, che l'Essai, non sia farina del suo sacco!
Ma a Parigi in questo 1843, Cristina vive l'ultimo seppur doloroso capitolo della contraddittoria relazione col marito Emilio di Belgioioso: il "Principe Charmant" attratto dalla giovanissima duchessa di Plaisance, se ne andrà con lei definitivamente e per sempre.
L'impegno intellettuale, non gravato da inibizioni, come sempre riscatta e vivifica Cristina: pubblica la traduzione francese della "Scienza Nuova" di G.B. Vico dimostrando così la validità e l'importanza di una cultura d'avanguardia.
Nel 1844 torna a Locate e con immenso piacere venato d'orgoglio, trova nel suo paese e nel suo feudo una diffusa forza e una impositiva speranza nell'affrontare quegli eventi che già diffusamente si preannunciano. Capisce che la comunicazione è fondamentale per la formazione e la consapevolezza di ogni individuo: diventa editrice della "Gazzetta Italiana" stampata all'estero, ma diffusissima in Italia. Il giornale di lì a poco cambierà nome in "Ausonio" e nell'articolo di fondo del primo numero Cristina scriverà: "L'Ausonio è destinato a far conoscere sia agli Italiani, sia agli stranieri le condizioni vere di queste nostre contrade, onde esaminarne le piaghe e cercare di rintracciarne rimedio e ristoro; sembrami che giovi l'esporre un quadro esatto dello stato attuale dell'ltalia, nella sua condizione morale, politica, civile, amministrativa e finanziaria."
Questo allarma, naturalmente, il governo austriaco che ricomincia a tallonare con controlli e visite a sorpresa, ogni attività della principessa. Nel 1847, più pallida, più magra, più ammalata, ma più volitiva e audace che mai, Cristina riallaccia i suoi contatti con Cavour, va a Torino per parlare con Carlo Alberto, perorando la diffusione in Piemonte del suo giornale che dà voce alle idee risorgimentali che da sempre guardano ai Savoia come destinatari dell'unità d'Italia. Poi parte per Napoli, passando per Firenze e Roma, accolta sempre con molto entusiasmo. È ancora a Napoli a promuovere il suo "Ausonio", quando le arriva la notizia che gli austriaci sono stati cacciati da Milano!
Con quelle decisione fulminee e improcrastinabili frutto dell'entusiasmo rapinoso del suo carattere, Cristina affitta una nave e con un gruppo di 200 volontari napoletani, parte verso il Nord per portare aiuto ai suoi rivoltosi milanesi.
Arriva a Milano con i suoi patrioti, dopo aver superato mille difficoltà. il 6 Aprile 1848: con cappello a larghe falde alla calabrese, una coccarda tricolore appuntata con una spilla di brillanti al petto, Cristina incita il suo "Battaglione Belgioioso" fino alle prime linee.
La febbrile e ardimentosa partecipazione alla battaglia e gli episodi valorosi dei suoi soldati non furono mai però messi in giusta evidenza dalla opinione pubblica, preferendo attribuirli ai volontari toscani più settentrionali e più accetti ai piemontesi.
Ma le fatiche, le emozioni e la partecipazione fattiva e generosa che la situazione avventurosa richiedeva, stroncano la fragile vita dell'amatissimo Gaetano Stelzi che l'aveva fedelmente seguita in ogni folle impresa. A soli 27 anni il giovane Stelzi muore il 16 Giugno 1848.
"Mi morì fra le braccia -scrive la principessa disperata al suo fedele Thierry -senza un dolore, senza una parola, senza un sussulto!"
Nonostante la sincera disperazione per la morte di Stelzi e la cocente delusione per la sconfitta degli insorti lombardi a Milano, Cristina si accinge a vivere il suo vero capolavoro storico-politico-risorgimentale che sarà la sua partecipazione alla gloriosa e fulgida avventura della Repubblica Romana.
Ed è in questa occasione che Cristina, forse per l'unica volta, si sente completamente realizzata.
Rivelando una rimarchevole perspicacia nonostante il suo anti femminismo, Giuseppe Mazzini, che fa parte del celebre triunvirato, affida a Cristina, accorsa a Roma, l'incarico di direttrice degli ospedali e di tutte le ambulanze di Roma.
È la prima volta che una donna viene chiamata ad un così importante ruolo pubblico, reso più precario e drammatico per l'emergenza e la prowisorietà delle istituzioni.
Cristina assolve con indicibile bravura quella funzione socio-sanitaria, rivelando appieno il suo genio organizzativo, la passione sociale e il rigore ideale. Lunghi e penetranti gli sguardi, esigenti e generosi i pensieri!
Si preoccupa di trovare locali dove concentrare e curare i feriti, fa sopraluoghi a chiese e conventi, cerca di ottenere da istituzioni e privati aiuti in biancheria, materassi, letti, carri e cavalli, stoffe, medicinali e viveri, emanando regole severissime, imponendo ovunque ordine, disciplina e regole d'igiene del tutto sconosciute.
All'approssimarsi dell'attacco francese, in sole 48 ore, rende efficienti 12 ospedali e con una iniziativa considerata rivoluzionaria e scandalosa, chiama a raccolta tutte le donne di Roma: rispondono aristocratiche, straniere, borghesi, popolane e prostitute. Tutte insieme costituiranno il primo validissimo servizio infermieristico femminile volontario, sotto la guida appassionata della "cittadina principessa" che, pur non dimenticando il suo rango e mantenendo un piglio imperioso, lavora giorno e notte, mescolandosi spesso al popolo, scoprendo con la gioia di una "vera passionaria", un vivo amor patrio e una umanità insospettata che la commuovono profondamente.
Padre Ventura, un cappellano rivoluzionario sostiene in un suo scritto che "in altri tempi quella signora sarebbe stata chiamata santa!"
Durante il terribile assalto del Generale Oudinot la lotta è lunga e sanguinosa; gli ospedali romani sono un formicaio di disperazione; Cristina non ha un attimo di tregua; quando non cura personalmente i feriti, litiga con i chirurghi e con i fornitori.
Quando tre giorni dopo l'amputazione della gamba, fu scoperto un turacciolo nella ferita di Mameli, gli urli della Belgioioso si sono sentiti in tutte le strade adiacenti all'ospedale.
Ma la Repubblica Romana cade, il Triunvirato si scioglie e anche Cristina deve fuggire ancora una volta. Ottenuto un passaporto inglese Cristina e il suo seguito si rifugia a Civitavecchia in attesa di un imbarco per la Malta, mentre le gazzette descrivono con parole e con vignette derisorie e offensive, Cristina che, come un vampiro si aggira per le corsie in cerca di vittime!
Dal 1849 al 1853 la principessa ancora profuga, ancora esule, ancora ricercata dirige i suoi progetti, la sua vita e quella di sua figlia verso l'Oriente!
Dopo Malta e la Grecia acquista in Anatolia, per pochi soldi, un "Ciflik", una specie di villaggio con latifondo, grande quanto un feudo italiano, vicino all'antica città di Cesarea in Cappadocia.
Pioniera entusiasta si mette subito al lavoro con l'energia degli sradicati attivi, e, con l'aiuto di contadini locali e di alcuni esuli italiani che l'avevano seguita, trasforma il "Ciflik" in una azienda agricola sul modello di locate. le autorità turche hanno simpatia per quella stravagante italiana che li
coinvolge in progetti nuovi e impensabili, ammirati che sappia curare con generosità e sapienza persino i lebbrosi.
Da Ciaq-Mag-Oglon, così si chiama il luogo dove si è fatta costruire una bella casa e che dista da Smirne, la città più vicina, 4 giorni di cavallo, scrive lettere entusiaste e perfino un po' esaltate, a tutti i suoi vecchi amici, Garibaldi compreso. Perfino i dolori che l'hanno sempre afflitta, sembra che siano scomparsi, merito forse del narghilè e delle foglie di "tombeky", un tabacco con forte potere analgesico.
Se Ciaq-Mag-Oglon dista 1000 kilometri di deserto da Gerusalemme, non è, per la folle avventuriera lombarda, una buona ragione perche lei non vada e non faccia fare alla sua adorata Maria, che ormai da 13 anni, la Prima Comunione proprio a Gerusalemme.
Il viaggio è lungo e difficile, ma il giorno di Pasqua del 1853 Maria riceverà l'Eucarestia in un convento di suore cristiane proprio a Gerusalemme. Per il viaggio di ritorno, Cristina cambierà strada per poter visitare Tarso, Damasco e Aleppo.
Quando ritorna nel suo gran feudo orientale trasforma subito quel suo straordinario bagaglio di notizie e di emozioni vissute, in articoli e saggi che pubblicherà nei più grandi giornali del mondo ottenendo un indescrivibile successo.
Ma la pace non si addice a Cristina di Belgioioso!
Nel luglio del 1853 un servo, il bergamasco Lorenzoni uomo taciturno ed introverso, la aggredisce ferendola gravemente; si salva per miracolo, curandosi e operandosi da sola, ma da quel momento rimarrà invalida: sarà obbligata a tenere per sempre la testa piegata verso il basso e da un lato e questo le farà assumere un aspetto di vecchia signora. Eppure Cristina ha soli 45 anni; malattie gravissime, emozioni, fatiche, disagi, delusioni l'hanno terribilmente provata, ma quando alza i grandi occhi, sollevando la testa con due mani, lo sguardo lampeggia ancora e brilla e incanta.
Decide di tornare in Italia e, dato che le vengono restituiti definitivamente tutti i suoi beni confiscati per la seconda volta, si stabilisce nella sua splendida tenuta del cuore, a Locate Trivulzi.
Si dedica agli studi, alla storia e alla letteratura insistendo su argomenti sociali: scrive "Della presente condizione delle donne e del loro avvenire" e "Sulla moderna politica internazionale" con l'intento di educare gli italiani alla fratellanza e di promuovere il riscatto della donna ancora troppo emarginata e oppressa.
le sue opere si diffondono con successo per quella sua infallibile punta penetrativa che spesso ha accenti dolenti nella tonica indignazione che muove la sua penna. lo scontrarsi con la guerra e con la morte le aveva rivelato che la vita di ognuno non può scindersi dalla vita degli altri: così il privilegio, la divisione della classi, I'emarginazione delle donne suscitano in lei il desiderio di stimolare l'istinto di umana parità che è la più nobile delle aspirazioni femminili.
Ma ormai è sola: sua figlia Maria così misteriosamente concepita che dopo mille battaglie legali sarà riconosciuta come figlia legittima di Emilio Belgioioso, si è sposata: Cristina, ha scoperto la vera realtà della solitudine sulla quale, per attrito continuo come fa il vento sulle rocce, affina e raffina il suo essere scrittrice; vive questi suoi ultimi anni in gioco col tempo, senza mai allentare la vigilanza ragionativa e senza rinunciare ad un languore robusto di progetti e di memorie, come in un dolce autunno prolungato.
Ma le animosità e i preconcetti delle autorità Sabaude e dell'aristocrazia lombarda l'hanno totalmente esclusa da ogni riconoscimento.
Infatti nel 1860, durante la 1° visita ufficiale di Vittorio Emanuele Il di Savoia Re d'Italia a Milano, tutti i nobili milanesi vengono invitati al gran ricevimento a Palazzo reale, tranne lei, la Principessa Cristina Trivulzio di Belgioioso, pallida passionaria del Risorgimento italiano!
Morirà, a 63 anni, a Milano il 5 Luglio 1871.
Troppo bella, troppo autonoma, troppo eccentrica, troppo appassionata: le donne non le hanno perdonato il fascino, gli uomini l'intelligenza.
Proprio perché così variamente dotata, gli storici difficilmente la ricordano e quando lo fanno tendono all'accondiscendenza ironica, all'umbratile sarcasmo riservato a certe figure femminili senz'altro meritevoli, senz'altro fuori del comune ma capricciose, discontinue, elitarie, con pruriti trasgressivi, mai all'altezza comunque di essere celebrate alla pari dei grandi uomini.
Cristina Trivulzio merita invece un posto di prim'ordine: è doveroso, indagando su di lei, liberarla dai pregiudizi della sua contemporaneità per i quali già l'intelligenza, le curiosità culturali e l'autonomia dei pensieri erano, nelle donne, insopportabili e imperdonabili "vizi".
Siamo in un'epoca, la prima metà dell'800, in cui, pur nella ricca Lombardia, pur nelle prospere terre della Belgioioso, era considerata un'inutile e pericolosa follia mandare a scuola i figli maschi: figurarsi le femmine.
Cristina nasce a Milano il 28 Giugno 1808, figlia del ricchissimo Marchese Gerolamo Trivulzio: cresce fragile e malaticcia in una famiglia scombinata. Suo padre muore quando lei ha solo 4 anni lasciandola unica erede di un patrimonio stellare. Sua madre, Vittoria Ghirardini, donna di buon carattere e incline a godersi la vita, si risposa subito con Alessandro Visconti d'Aragona, dal quale avrà tre figlie femmine e un maschio, per i quali Cristina nutrirà sempre grande affetto e considerazione. Da Alessandro suo patrigno, Cristina impara l'insofferenza asburgica, frequentando tutti gli amici di lui, in odore di Carboneria.
All'età di 16 anni la Cristinetta Trivulzio è già una splendida creatura ricercata e corteggiata da molti giovani dell'alta aristocrazia lombarda. Viene attratta da Emilio Barbiano Principe di Belgioioso, un giovane bellissimo e seducente, dalla perfetta voce tenorile adorato da Rossini, un inguaribile dongiovanni e lo sposa, nonostante il parere contrario di tutti i suoi parenti, il 15 Settembre 1824.
Tutti i biografi di Cristina parlano di un misterioso e irragionevole colpo di testa, ma il Conte D'Alton-Shée scrive, avvicinandosi più degli altri alla verità: "La bella ereditiera, respingendo una quantità di corteggiatori, mise il suo cuore sull'unico che la ignorava. Vide lo splendido "monstre" e impegnò il suo orgoglio per domarlo!"
Una masochistica sfida dunque, un'avventura, una tenzone che configura già la personalità di Cristina che, appena sedicenne intraprende la difficile programmazione di una vita "contro".
Determinatissima, libera da tutte le regole familiari e con un marito che poteva solo eccedere in sfrenatezze e originalità, si immerge gioiosa nella mondanità come in una lucida icona ludica: è assidua alla Scala, frequenta ricevimenti e feste mascherate, civetta senza parsimonia, con la vaghezza estrosa e pericolosa di rari sorrisi.
Diventando padrona assoluta del proprio ingentissimo patrimonio, ne dispone con larghezza e generosità, perche insieme alla sfrenata mondanità, Cristina ha un'altra grande e rara inclinazione che la onora, quella di aiutare sempre i bisognosi sovvenzionando amici e parenti in difficoltà e anche chiunque le fosse raccomandato.
Molti scrittori celebri e molti intellettuali scrissero di lei: Arsene Houssaye nelle sue "Confessioni"
dice: "Fra i volti che mi hanno lasciato un'impressione fortissima c'è quello della Principessa Belgioioso.
Nessuno può non essere colpito dal pallore bizantino della sua carnagione, dalla chioma nera come un'ala di corvo, dai suoi grand'occhi luminosi! Prima di tutto, al suo apparire, toglie il respiro, ma ben presto affascina! Possiede quella femminilità penetrante caratteristica delle milanesi! Alta, aggraziata, ha il viso modellato in modo ideale emergente da esile collo, naso arcuato, leggermente aquilino, narici palpitanti ed appassionate, bocca carnosa, come a racchiudere grandi promesse.
Bella quando sorride, ma solitamente impenetrabile: il suo pallore marmoreo, il corpo fragile e sottile sono degli angeli di Angelico da Fiesole, ma i suoi terribili occhi sono della Sfinge. In quegli occhi così grandi mi ci sono perduto e più non mi ritrovo!"
I primissimi anni di matrimonio sono per Cristina belli e spensierati ma nel 1828, la principessa scopre una relazione amorosa di Emilio più importante delle altre e rompe definitivamente con lui.
In una lettera a Ernesta Bisi, sua maestra di disegno, con la quale intratterrà una corrispondenza per tutta la vita con sentimenti di amicizia aerata di stima e priva di ogni sbavatura di sciroccosa complicità femminile, Cristina scrive: "lo credetti dovere al mio decoro e al mio titolo di moglie di non acconsentire formalmente alla continuazione delle sue relazioni amorose extraconiugali." Cristina accetta la richiesta interessata di suo marito: non si separa legalmente da lui, paga tutti i suoi debiti e rifiuta ogni compromesso che possa salvare le così dette "apparenze": coerente e disincantata com'è, è sempre disposta a pagare di persona per ogni sua decisione.
Se era stata anche la condivisa passione politica a muoverla verso Emilio, ora, a separazione avvenuta, è proprio solo la passione politica che informa ogni suo progetto, diventando motivazione a intraprendere viaggi a Lugano, a Genova a Roma che le permetteranno di entrare in relazione con le principali cellule rivoluzionarie del suo tempo.
Questo, naturalmente, la rende soggetto preferito per i controlli pressanti della "occhiuta" polizia asburgica, allenatissima alla sorveglianza degli aristocratici lombardi. E sarà proprio una questione di passaporto scaduto che renderà Cristina fuggitiva e potenzialmente pericolosa per il governo austriaco.
Metternick stesso dispone un piano per farla catturare e per farla rinchiudere in un convento, ma Cristina riesce rocambolescamente a fuggire prima a Genova, poi a Nizza in una villa messale a disposizione dal Dott. D'Espin che aiuta i rifugiati politici.
Le è di grande conforto in questo momento di pericolo e di incertezza, la corrispondenza fitta e venata da sfumature sentimentali, con Augustine Tierry un giovane carbonaro cieco, al quale sarà legata per tutta la vita da un'amicizia senz'ombre, sincera e generosa.
Dopo aver donato al marito e ai suoi 4 fratellastri il suo patrimonio - escamotage legale per evitarne il sequestro austriaco - Cristina entra in contatto con gli esuli italiani residenti in Francia, impegnandosi a finanziare il piano d'insurrezione di Ciro Menotti. Si reca a Marsiglia con la sua governante e con il suo amministratore Pietro Bolognini, un profugo enigmatico e ingombrante di nobile famiglia che il gossip delle spie definirà erroneamente nei rapporti politici come suo "drudo", l'amante da strapazzo, il "ganzo di turno".
Cristina di Belgioioso invece non è donna da "ganzo di turno".
È una gran signora "notevole per bellezza, per un sottile fascino dello spirito e per evidenti qualità del cuore" come scrisse qualche anno dopo Jules Cloquet, medico di Lafayette.
Nel 1831, dopo il fallimento delle imprese della Carboneria, Cristina fugge a Parigi, senza denaro,
senza bagagli, senza progetti, così, all'avventura! Sarà un esilio lungo, brillante e movimentato!
Qui diventa subito il centro delle attenzioni mondane di un ambiente variegato e influente, condizione questa che Cristina ama e promuove con attenta regia; si trasferisce nel Palazzo del Duca di Plaisance dove può aprire il suo salotto che presto diventerà celebre e frequentatissimo. Non solo belle dame, cavalieri, intellettuali e snob, ma anche grandi uomini, aristocratici, artisti, rifugiati politici, scrittori, musicisti e scienziati.
Ci sono il mitico Generale Lafayette, gli storici Auguste Thierry e FranQois Mignet - che diventeranno i suoi amici più fedeli - e Adolphe Thiers, Honoré de Balzac, Alfred De Musset - col quale la principessa avrà una lunga e febbrile storia d'amore -Frederic Chopin, Franz Liszt, il poeta Heinrich Heine, Vincenzo Bellini e Niccolò Tommaseo.
Tutti trovano Cristina Trivulzio Principessa di Belgioioso irresistibile: bella, giovane, colta -quando si stabilisce a Parigi ha appena 23 anni -, squilla in presenza e fascino; di conversazione modulatissima, malinconica, rivoluzionaria, generosa, Cristina è anche molto malata. Suo marito, nel breve periodo del loro matrimonio, le ha trasmesso la sifilide per la quale è costretta a sottoporsi a cure continue, invasive e condizionanti.
Ma la sua personalità, la sua intelligenza e la sua passione politica sono più forti evitali e della malattia e dello stato di rifugiata politica.
Il vecchio Lafayette la protegge amabilmente e continua a preoccuparsi per lei: per guadagnare denaro -tutte le sue cosmiche ricchezze sono congelate in Lombardia gestite dai suoi fratelli -Cristina sfrutta le sue capacità di pittrice e di scrittrice: scrive saggi e articoli sul più diffuso giornale di Parigi il "Costitutionel", cuce bandiere e coccarde, dipinge paesaggi e organizza incontri politici.
La sua celebrità si diffonde: intelligente, lungimirante, ostinata, politicamente innovativa, è anche inguaribilmente civetta, argomentatrice vivace e sottile, bizzarra, egocentrica e autoritaria: si impone all'attenzione generale fino ad essere invitata ad una cerimonia a Palazzo Reale dove la regina Maria Amelia Teresa di Borbone, moglie di Luigi Filippo d'Orleans, incuriosita da questa stravagante italiana, la introduce fra le dame di Corte.
È l'ingresso ufficiale nell'alta società parigina -segno questo sì, inconfutabile di vera celebrità –per la quale la Principessa Belgioioso diventa argomento di un gossip fitto e variegato oltre a riferimento e ispirazione per eroine femminili dei "feuilleton" più in voga.
Theophile Gautier, esponente di grido della letteratura romanzesca, scrive con maligna e spietata ironia: "Vi sarà capitato di incontrare quella famosa intellettuale nota come la "Marquise romantique"! È bella !?!?! E se lo dicono i poeti, non si sbagliano, perche è bella, ma alla maniera dei quadri antichi! Sebbene giovane, sembra ricoperta da una vernice giallastra e cammina come se fosse dentro una cornice! Ha guance ceree e occhi spropositati e bistrati, mani splendide sovraccariche di anelli bizzarri; porta calze candide con scarpine piccolissime e morbide! Ella è perfino di buona compagnia! Ebbi la sfortuna di affascinarla! Mi arrivò uno sbuffo di letteratura nascosta! Era peggio di una letterata di professione! La Signora è esperta di romanzi didattici, poesia sociale, trattati umanitari e i suoi tavoli e le sue sedie sono ricolmi di tomi solenni con le orecchie nei punti più noiosi. ..!"
Il maschilismo ottocentesco dà la stura a tutti i suoi più velenosi preconcetti, che nascondono però una gran verità: Cristina Belgioioso è una donna coltissima e seducente.
Finalmente Cristina nel 1831 riceve, per interessamento di sua madre laute somme del suo denaro fermo nelle banche lombarde e la notizia che La Fayette è riuscito a far liberare molti rivoluzionari arrestati, ma contemporaneamente rincontra suo marito Emilio di Belgioioso che si è stabilito anche lui a Parigi, andando ad abitare proprio nel suo stesso palazzo. Pur avviandosi verso la quarantina il bel principe, non ha modificato la sua sfrenata attività di libertino e di gaudente: diventa, anche a Parigi, una star degli ambienti più spregiudicati: tutti lo chiamano il "Bayroniano" perché con quel termine pseudo-culturale si giustificano tutte le sregolatezze. Diventerà amico di De Musset che corteggia assiduamente sua moglie, diventandone il confidente.
L'inserimento di Franz Liszt, di due anni più giovane della "Princesse romantique", nella affollata cerchia dei suoi adoratori, fu certamente per Cristina un gran successo mondano. Liszt si esibisce spesso nel salotto di Cristina e quando lui, ispirato suona, " lei lo onora sedendosi ai piedi del pianoforte" commenta acido, l'invidioso Balzac.
Sembra di essere in un set cinematografico!
Pensiamola per un attimo questa bizzarra ed esibizionista principessa italiana a Parigi, col suo pallore spettrale, col suo spirito disincantato e acre, ornata da turbanti di stile orientale che le dilatano ancora di più gli occhi nerissimi, pensiamo alle sue movenze nobili e aggraziate sottolineate da abiti candidi e morbidi, mentre assiste silenziosa, ma animata da sommesse vibrazioni emotive, alle esibizioni del più gran seduttore musicale di tutti i tempi, che, capelli lunghi e lisci, ampia camicia di velluto nero e senza cravatta domina, con travolgente spirito interpretativo e tecnica pianistica stellare le emozioni di tutti i presenti!
Mi pare un flash di travolgente fascino romantico!
Molti sono gli appellativi che si coniano per la raffinata padrona di casa: "la commediante", "la princesse ruinee", "la vampiressa", "la rivoluzionaria", "la belle italienne" e "la femme allumeuse". È certo che la sua fama le valse la facoltà di fare del suo salotto in Rue d'Anjou, un luogo dove schermare l'impellente questione politica che riguardava l'ltalia, con una leggera atmosfera di Accademia Musicale: con il suo charme e la sua intelligenza, col suo fare misterioso misto a sottile diplomazia, serpeggiante anarchia ed eccitante vampirismo, seppe dare ai rivoluzionari italiani, oltre agli aiuti economici di cui fu sempre larghissima, l'appoggio e la visibilità in un ambiente intellettuale alto e variegato, ottima cassa di risonanza ai loro intenti libertari rivolti al destino dell'azione rivoluzionaria italiana.
Conobbe e ospitò i grandi e i grandissimi del Risorgimento dal subdolo e geniale Camillo Benso Conte di Cavour, all’introverso e utopico Giuseppe Mazzini, dal pesarese Mamiani, all'audace Confalonieri e al Gioberti che le si rivolterà contro pubblicamente a Giuseppe Garibaldi che le sarà sempre e in ogni occasione amico sincero. Non così Mazzini e Mamiani che, quando Cristina li invitò a scrivere per il suo giornale, convennero concordemente che "sarebbe stata un'ignominia scrivere su un giornale diretto da una donna!!!".
l due celebri protagonisti dell'800 non avevano capito che Cristina Belgioioso viveva in prima persona, oltre le esibizioni salottiere, la giustizia e la carità sociale e che il senso della sua fratellanza elaborava lucidi e avanguardistici piani politici in anticipo di cent'anni.
Cristina, nel 1835 conosce un giovane abate chiamato "Coeur" con il quale condivide e perfeziona le strategie per i suoi intenti sociali e spirituali: questa collaborazione rende più serena la principessa a cui è sempre mancata, fin da piccola, una rassicurante intimità familiare, assieme alla possibilità di affidarsi senza paura a qualcuno che non la tradirà.
Poi, siamo fra il 1837 -38, Emilio subdolamente e con cinica signorilità (la verità è che ha bisogno urgente di denaro) le è tornato vicino e spesso, nel corso dei ricevimenti svolge, con consumato charme, il ruolo di padrone di casa.
Fino a che è proprio Cristina a rivelare una sorprendente notizia: il 23 dicembre 1838, come per un programmato miracoloso "natale", è venuta al mondo Maria Gerolama.
Indicibile è la sorpresa in tutto I'entourage delle due famiglie italiane e degli amici parigini. Sarebbe naturale attribuire la paternità della piccola al Principe Emilio, in quel momento presente nella vita di Cristina, ma gli amici più intimi che ben conoscono la vera natura dei rapporti fra i due, smentiscono questa eventualità. l più perfidi e fantasiosi pettegolezzi affiorano e dilagano da un salotto all'altro: l'unico legame stabile e conosciuto di Cristina è quello con Franyois Mignet, un uomo considerato impotente e omosessuale.
Come poteva essere lui il padre della piccola Maria? Si parla perfino che la bimba possa essere figlia di una parente povera!
Fra silenzi, gelosie, maldicenze, segreti, auguri, sdegni furiosi e spregevoli calcoli ereditari da parte dei Belgioioso, congetture e sorprese, Cristina è immensamente felice, senza mai rivelare però la vera paternità di Maria!
"Che ti dirò di Maria? -scrive Cristina alla Bisi dopo la nascita della bimba -Niente, cara Ernesta, perche non ti saprei dire mai abbastanza! Ti dico solamente che sta bene e che la sola cosa che domando al buon Dio è di conservarmela così!"
Cristina di Belgioioso è sempre al centro o di una passione o di una follia!!
Nel 1840 lascia Parigi con la figlia e la governante: torna a Milano, ritirandosi nelle sue immense proprietà di Locate Trivulzi, delle quali è tornata proprietaria a tutti gli effetti. Si dedica alla lettura e ad attività di tipo sociale e assistenziale aprendo nel suo feudo scuole e asili per maschi e femmine; istituisce inoltre corsi professionali -da lei stessa tenuti -per giovani donne e mamme sulla puericultura e per i ragazzi sull'agricoltura e sull'economia gestionale. Consapevole che pur nella ricca e prospera Lombardia i braccianti vivono in condizioni spaventose, Cristina concede e promuove benefici e migliorie salariali e fa costruire nuove case per i suoi contadini.
Si diffonde così, e in pochissimo tempo, un evidente e riconosciuto benessere! l bambini e le bambine chiedono di andare a scuola -ma dove è andato a finire il "dogma" "sesso femminile e genio maschile?" -fra le critiche velenose dell'aristocrazia lombarda che rifiuta ogni novità sociale per timore che esse costituiscano una grave minaccia per la proprietà privata.
Soddisfatta degli esiti delle trasformazioni da lei realizzate, Cristina rivoltosa e benefattrice, si abbandona ad una nuova avventura sentimentale: si chiama Gaetano Stelzi, ha 13 anni meno di lei, biondo, bellissimo, colto, ammalato di tubercolosi e ricco di quella vitalità febbrile propria, delle persone che sentono la vita sfuggire in fretta: Gaetano è figlio di un suo fedele amministratore. Lo assume subito al suo servizio e il ragazzo, già sedotto, non esita a seguirla ovunque.
È un amore vorace e feroce, una passione intensa e dolcissima infoschita dalla paura che la malattia abbia, come purtroppo avrà, il sopravvento sulla gioia del possesso e della reciproca donazione di se.
È la prima volta che Cristina, s'innamora così perdutamente! E sarà anche l'ultima!
La "femme allumeuse" dal cuore di ghiaccio, si trasforma in una innamorata che si dedica alla salute del suo uomo con cure attente e sapienti. Sentimentalmente appagata si dedica anche alla stesura di un'opera ambiziosa e complessa -incoraggiata anche dal successo ottenuto con la precedente "Storia della Lombardia" -: questa ultima opera ha titolo francese "L'essai sur la formation du Dogme Catholique".
Per lanciare e promuovere questa sua ultima opera storico-letteraria decide di tornare a Parigi: le serve un ambiente colto, alto e relativamente ben disposto nei suoi confronti. Parigi risponderà e gregiamente e il suo "Essai" sarà accolto con interesse e successo pur in una marea di commenti, polemiche e malignità di molti intellettuali critici sul fatto che una donna avesse la sfrontatezza di approfondire argomenti così seri e importanti. Nessuno però metterà in dubbio, mai, che l'Essai, non sia farina del suo sacco!
Ma a Parigi in questo 1843, Cristina vive l'ultimo seppur doloroso capitolo della contraddittoria relazione col marito Emilio di Belgioioso: il "Principe Charmant" attratto dalla giovanissima duchessa di Plaisance, se ne andrà con lei definitivamente e per sempre.
L'impegno intellettuale, non gravato da inibizioni, come sempre riscatta e vivifica Cristina: pubblica la traduzione francese della "Scienza Nuova" di G.B. Vico dimostrando così la validità e l'importanza di una cultura d'avanguardia.
Nel 1844 torna a Locate e con immenso piacere venato d'orgoglio, trova nel suo paese e nel suo feudo una diffusa forza e una impositiva speranza nell'affrontare quegli eventi che già diffusamente si preannunciano. Capisce che la comunicazione è fondamentale per la formazione e la consapevolezza di ogni individuo: diventa editrice della "Gazzetta Italiana" stampata all'estero, ma diffusissima in Italia. Il giornale di lì a poco cambierà nome in "Ausonio" e nell'articolo di fondo del primo numero Cristina scriverà: "L'Ausonio è destinato a far conoscere sia agli Italiani, sia agli stranieri le condizioni vere di queste nostre contrade, onde esaminarne le piaghe e cercare di rintracciarne rimedio e ristoro; sembrami che giovi l'esporre un quadro esatto dello stato attuale dell'ltalia, nella sua condizione morale, politica, civile, amministrativa e finanziaria."
Questo allarma, naturalmente, il governo austriaco che ricomincia a tallonare con controlli e visite a sorpresa, ogni attività della principessa. Nel 1847, più pallida, più magra, più ammalata, ma più volitiva e audace che mai, Cristina riallaccia i suoi contatti con Cavour, va a Torino per parlare con Carlo Alberto, perorando la diffusione in Piemonte del suo giornale che dà voce alle idee risorgimentali che da sempre guardano ai Savoia come destinatari dell'unità d'Italia. Poi parte per Napoli, passando per Firenze e Roma, accolta sempre con molto entusiasmo. È ancora a Napoli a promuovere il suo "Ausonio", quando le arriva la notizia che gli austriaci sono stati cacciati da Milano!
Con quelle decisione fulminee e improcrastinabili frutto dell'entusiasmo rapinoso del suo carattere, Cristina affitta una nave e con un gruppo di 200 volontari napoletani, parte verso il Nord per portare aiuto ai suoi rivoltosi milanesi.
Arriva a Milano con i suoi patrioti, dopo aver superato mille difficoltà. il 6 Aprile 1848: con cappello a larghe falde alla calabrese, una coccarda tricolore appuntata con una spilla di brillanti al petto, Cristina incita il suo "Battaglione Belgioioso" fino alle prime linee.
La febbrile e ardimentosa partecipazione alla battaglia e gli episodi valorosi dei suoi soldati non furono mai però messi in giusta evidenza dalla opinione pubblica, preferendo attribuirli ai volontari toscani più settentrionali e più accetti ai piemontesi.
Ma le fatiche, le emozioni e la partecipazione fattiva e generosa che la situazione avventurosa richiedeva, stroncano la fragile vita dell'amatissimo Gaetano Stelzi che l'aveva fedelmente seguita in ogni folle impresa. A soli 27 anni il giovane Stelzi muore il 16 Giugno 1848.
"Mi morì fra le braccia -scrive la principessa disperata al suo fedele Thierry -senza un dolore, senza una parola, senza un sussulto!"
Nonostante la sincera disperazione per la morte di Stelzi e la cocente delusione per la sconfitta degli insorti lombardi a Milano, Cristina si accinge a vivere il suo vero capolavoro storico-politico-risorgimentale che sarà la sua partecipazione alla gloriosa e fulgida avventura della Repubblica Romana.
Ed è in questa occasione che Cristina, forse per l'unica volta, si sente completamente realizzata.
Rivelando una rimarchevole perspicacia nonostante il suo anti femminismo, Giuseppe Mazzini, che fa parte del celebre triunvirato, affida a Cristina, accorsa a Roma, l'incarico di direttrice degli ospedali e di tutte le ambulanze di Roma.
È la prima volta che una donna viene chiamata ad un così importante ruolo pubblico, reso più precario e drammatico per l'emergenza e la prowisorietà delle istituzioni.
Cristina assolve con indicibile bravura quella funzione socio-sanitaria, rivelando appieno il suo genio organizzativo, la passione sociale e il rigore ideale. Lunghi e penetranti gli sguardi, esigenti e generosi i pensieri!
Si preoccupa di trovare locali dove concentrare e curare i feriti, fa sopraluoghi a chiese e conventi, cerca di ottenere da istituzioni e privati aiuti in biancheria, materassi, letti, carri e cavalli, stoffe, medicinali e viveri, emanando regole severissime, imponendo ovunque ordine, disciplina e regole d'igiene del tutto sconosciute.
All'approssimarsi dell'attacco francese, in sole 48 ore, rende efficienti 12 ospedali e con una iniziativa considerata rivoluzionaria e scandalosa, chiama a raccolta tutte le donne di Roma: rispondono aristocratiche, straniere, borghesi, popolane e prostitute. Tutte insieme costituiranno il primo validissimo servizio infermieristico femminile volontario, sotto la guida appassionata della "cittadina principessa" che, pur non dimenticando il suo rango e mantenendo un piglio imperioso, lavora giorno e notte, mescolandosi spesso al popolo, scoprendo con la gioia di una "vera passionaria", un vivo amor patrio e una umanità insospettata che la commuovono profondamente.
Padre Ventura, un cappellano rivoluzionario sostiene in un suo scritto che "in altri tempi quella signora sarebbe stata chiamata santa!"
Durante il terribile assalto del Generale Oudinot la lotta è lunga e sanguinosa; gli ospedali romani sono un formicaio di disperazione; Cristina non ha un attimo di tregua; quando non cura personalmente i feriti, litiga con i chirurghi e con i fornitori.
Quando tre giorni dopo l'amputazione della gamba, fu scoperto un turacciolo nella ferita di Mameli, gli urli della Belgioioso si sono sentiti in tutte le strade adiacenti all'ospedale.
Ma la Repubblica Romana cade, il Triunvirato si scioglie e anche Cristina deve fuggire ancora una volta. Ottenuto un passaporto inglese Cristina e il suo seguito si rifugia a Civitavecchia in attesa di un imbarco per la Malta, mentre le gazzette descrivono con parole e con vignette derisorie e offensive, Cristina che, come un vampiro si aggira per le corsie in cerca di vittime!
Dal 1849 al 1853 la principessa ancora profuga, ancora esule, ancora ricercata dirige i suoi progetti, la sua vita e quella di sua figlia verso l'Oriente!
Dopo Malta e la Grecia acquista in Anatolia, per pochi soldi, un "Ciflik", una specie di villaggio con latifondo, grande quanto un feudo italiano, vicino all'antica città di Cesarea in Cappadocia.
Pioniera entusiasta si mette subito al lavoro con l'energia degli sradicati attivi, e, con l'aiuto di contadini locali e di alcuni esuli italiani che l'avevano seguita, trasforma il "Ciflik" in una azienda agricola sul modello di locate. le autorità turche hanno simpatia per quella stravagante italiana che li
coinvolge in progetti nuovi e impensabili, ammirati che sappia curare con generosità e sapienza persino i lebbrosi.
Da Ciaq-Mag-Oglon, così si chiama il luogo dove si è fatta costruire una bella casa e che dista da Smirne, la città più vicina, 4 giorni di cavallo, scrive lettere entusiaste e perfino un po' esaltate, a tutti i suoi vecchi amici, Garibaldi compreso. Perfino i dolori che l'hanno sempre afflitta, sembra che siano scomparsi, merito forse del narghilè e delle foglie di "tombeky", un tabacco con forte potere analgesico.
Se Ciaq-Mag-Oglon dista 1000 kilometri di deserto da Gerusalemme, non è, per la folle avventuriera lombarda, una buona ragione perche lei non vada e non faccia fare alla sua adorata Maria, che ormai da 13 anni, la Prima Comunione proprio a Gerusalemme.
Il viaggio è lungo e difficile, ma il giorno di Pasqua del 1853 Maria riceverà l'Eucarestia in un convento di suore cristiane proprio a Gerusalemme. Per il viaggio di ritorno, Cristina cambierà strada per poter visitare Tarso, Damasco e Aleppo.
Quando ritorna nel suo gran feudo orientale trasforma subito quel suo straordinario bagaglio di notizie e di emozioni vissute, in articoli e saggi che pubblicherà nei più grandi giornali del mondo ottenendo un indescrivibile successo.
Ma la pace non si addice a Cristina di Belgioioso!
Nel luglio del 1853 un servo, il bergamasco Lorenzoni uomo taciturno ed introverso, la aggredisce ferendola gravemente; si salva per miracolo, curandosi e operandosi da sola, ma da quel momento rimarrà invalida: sarà obbligata a tenere per sempre la testa piegata verso il basso e da un lato e questo le farà assumere un aspetto di vecchia signora. Eppure Cristina ha soli 45 anni; malattie gravissime, emozioni, fatiche, disagi, delusioni l'hanno terribilmente provata, ma quando alza i grandi occhi, sollevando la testa con due mani, lo sguardo lampeggia ancora e brilla e incanta.
Decide di tornare in Italia e, dato che le vengono restituiti definitivamente tutti i suoi beni confiscati per la seconda volta, si stabilisce nella sua splendida tenuta del cuore, a Locate Trivulzi.
Si dedica agli studi, alla storia e alla letteratura insistendo su argomenti sociali: scrive "Della presente condizione delle donne e del loro avvenire" e "Sulla moderna politica internazionale" con l'intento di educare gli italiani alla fratellanza e di promuovere il riscatto della donna ancora troppo emarginata e oppressa.
le sue opere si diffondono con successo per quella sua infallibile punta penetrativa che spesso ha accenti dolenti nella tonica indignazione che muove la sua penna. lo scontrarsi con la guerra e con la morte le aveva rivelato che la vita di ognuno non può scindersi dalla vita degli altri: così il privilegio, la divisione della classi, I'emarginazione delle donne suscitano in lei il desiderio di stimolare l'istinto di umana parità che è la più nobile delle aspirazioni femminili.
Ma ormai è sola: sua figlia Maria così misteriosamente concepita che dopo mille battaglie legali sarà riconosciuta come figlia legittima di Emilio Belgioioso, si è sposata: Cristina, ha scoperto la vera realtà della solitudine sulla quale, per attrito continuo come fa il vento sulle rocce, affina e raffina il suo essere scrittrice; vive questi suoi ultimi anni in gioco col tempo, senza mai allentare la vigilanza ragionativa e senza rinunciare ad un languore robusto di progetti e di memorie, come in un dolce autunno prolungato.
Ma le animosità e i preconcetti delle autorità Sabaude e dell'aristocrazia lombarda l'hanno totalmente esclusa da ogni riconoscimento.
Infatti nel 1860, durante la 1° visita ufficiale di Vittorio Emanuele Il di Savoia Re d'Italia a Milano, tutti i nobili milanesi vengono invitati al gran ricevimento a Palazzo reale, tranne lei, la Principessa Cristina Trivulzio di Belgioioso, pallida passionaria del Risorgimento italiano!
Morirà, a 63 anni, a Milano il 5 Luglio 1871.
Troppo bella, troppo autonoma, troppo eccentrica, troppo appassionata: le donne non le hanno perdonato il fascino, gli uomini l'intelligenza.
Ivana Baldassarri
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