2 dicembre 2010 ALESSANDRO MARCHI

L'architettura nella pittura rinascimentale urbinate.
Tutto comincia quando la rappresentazione dello spazio non è più una mera esigenza accessoria alla costruzione di una storia figurata. Ma lo spazio diviene l’elemento determinante per rendere plausibile e vero un racconto in pittura.
E’ la storia dell’applicazione della prospettiva, la più grande ‘invenzione’ degli uomini del Rinascimento. Brunelleschi (*), Donatello e Masaccio – ognuno nella propria specialità e precisamente: architettura, scultura e pittura - meditando sull’antico, inventano un nuovo linguaggio dell’arte che, dalla Firenze umanistica, si propagherà in tutt’Italia e oltre.

DonatelloBanchetto di ErodeFormella in bronzo dorato – Battistero del Duomo - Siena


MasaccioLa TrinitàAffresco - Santa Maria Novella - Firenze

Questi sono i presupposti al nostro incontro, che verterà sulla rappresentazione dell’architettura nell’arte rinascimentale. Il suo culmine e insieme il suo più affascinante enigma è rappresentato dalla tavola con la Città Ideale della Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, icona del rinascimento matematico, che andremo ad investigare insieme nel nostro incontro.

Alessandro Marchi





(*) Filippo Brunelleschi è considerato dalla critica moderna il padre del Rinascimento italiano e, in quanto tale, il creatore di quella rivoluzionaria concezione artistica che pone l’uomo al centro del mondo.Tutti gli studi del maestro fiorentino in materia di prospettiva sono volti a creare un metodo prospettico che avalli la centralità umana nell’universo. E’ nei primi anni d’attività, quando egli è molto giovane e non ha ancora creato la celebre Cupola del Duomo, che Brunelleschi dipinge due tavolette in cui illustra questo metodo. All’epoca, egli compie molti esperimenti ottici atti a delineare la prospettiva lineare con un punto di fuga unificato, che sarà alla base di tutte le sue opere e di gran parte dell’architettura rinascimentale. Le due tavolette, oggi perdute ma menzionate da più fonti biografe, rappresentano una veduta di Piazza della Signoria con Palazzo Vecchio e la Loggia, ed una veduta del Battistero attraverso la porta centrale del Duomo. Le fonti dicono che l’architetto avesse praticato un foro nella seconda tavoletta, di dimensioni ridotte sul davanti rispetto al dietro. Lo scopo di quest’apertura sta nel poter porre l’occhio dietro alla tavoletta e vedere, mediante uno specchio posto di fronte, la riflessione dell’immagine in essa rappresentata.In questo modo, Brunelleschi mette in pratica la visione della sua prospettiva unica e monoculare. L’uso dello specchio gli serve per dimostrare la precisione e la matematicità della sua scoperta prospettica. L’impostazione geometrica e perfetta della sua prospettiva monoculare si discosta molto dalla binocularità medievale, nella quale si poteva scorgere “a colpo d’occhio” un ambiente semicircolare, ma con una veduta d’insieme che desse l’idea della veduta fuggevole e momentanea. La visione prospettica del Brunelleschi è perfetta ed equilibrata, armonica ed immutabile, e si basa sul senso del compiuto e della perfezione.

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