La lezione di oggi è forse la più complessa tra quelle che ho tenuto sino ad ora presso la sede di “Unilit” di Cagli. Trattasi infatti di un argomento molto ampio la cui trattazione investe problematiche giuridiche, economiche, politiche, sociali e culturali.
Il titolo “Immigrazione: integrazione – interazione, Europa” è, nel senso detto, molto significativo.
In primo luogo affronterò l’immigrazione come fatto storico, oggettivamente irrefrenabile.
In secondo luogo come il fenomeno è disciplinato dalla legge Italiana con cenni alla normativa europea.
In terzo luogo evidenzierò il modo come a mio avviso questo fenomeno dovrebbe essere regolato.
L’immigrazione è un fatto storico che nessuno è in grado di fermare. Gli immigrati infatti provengono dalle aree del mondo più povere, infestate dalle guerre, dalla miseria e dalla fame.
I migranti provengono per lo più dalla zone più povere dell’Africa e dai paesi dell’ex blocco sovietico. In questi ultimi anni il fenomeno si è molto ampliato. l’Italia, a causa della sua posizione geografica, quasi ogni giorno fa i conti con gli sbarchi di clandestini che chiedono asilo politico, rifugio ovvero soltanto di poter vivere dignitosamente.
Negli organi di stampa quotidianamente leggiamo articoli e commenti su questo fenomeno. La televisione ci offre spesso dibattiti che quasi sempre trascendono in insulti e invettive.
L’immigrazione esiste e come tutte le cose che esistono bisogna prenderne atto approntando politiche e legislazioni serie e realistiche che puntino ad una effettiva integrazione-interazione degli stranieri provenienti da paesi socialmente e culturalmente diversi da noi, mediante in primo luogo la lotta alla irregolarità (clandestinità) che non significa solo repressione ma anche, forse soprattutto, una legislazione che favorisca, in presenza di certe premesse, la legalizzazione di cittadini extraeuropei che si trovano in Italia, che lavorano ma che non hanno diritti vivendo nel più assoluto anominato.
Mi spiego meglio. Chi si trova nella irregolarità è più facile che possa essere reclutato dalla criminalità. Chi invece è regolare ha concrete possibilità di integrarsi, di rispettare le regole, di esercitare i diritti costituzionali a tutti riconosciuti.
La legge Italiana, a mio avviso, non va in tal senso.
A titolo esemplificativo evidenzio un fatto.
La regolarizzazione delle badanti. Dopo l’approvazione della legge 94/2009 (cosiddetto pacchetto sicurezza) , che prevede il reato di ingresso e permanenza illegale in Italia (art 10 bis del nuovo Testo unico sulla immigrazione) il governo si è subito reso conto che dal giorno successivo alla approvazione della legge avrebbe dovuto mandare la Polizia casa per casa a cercare le badanti clandestine (qualche centinaia di migliaia per lo più donne) per processarle ed espellerle. La qual cosa avrebbe provocato uno “sconquasso” pazzesco nelle famiglie italiane ed un rilevante danno allo “Stato sociale” in gran parte retto da queste persone. Se ne è accorto il sottosegretario Giovanardi che subito ha proposto che si arrivasse ad una sanatoria limitata a badanti e a colf di ambo i sessi.
L’occasione era buona per andare oltre estendendo la sanatoria (come aveva proposto con forza la radicale Emma Bonino) a tutti i cittadini extracomunitari senza permesso di soggiorno che però già sono in Italia e lavorano in nero alle dipendenze di datori di lavoro italiani e/o stranieri.
A questa nuova proposta il governo è rimasto “sordo”.
Ora, se ragioniamo senza pregiudizi, non possiamo non ritenere economicamente utile, oltrechè costituzionalmente doveroso (due dei valori primari della nostra Costituzione repubblicana sono il lavoro - art 1 - e la solidarietà - art 2- ) un provvedimento di questo genere.
Ecco, ci volevano un po’ di coraggio e di intelligenza in più, mettendo al bando la propaganda, soprattutto leghista che a ben vedere non contribuisce positivamente al governo di questo complesso fenomeno.
Che interesse può avere lo Stato, tutti noi, a mantenere nella illegalità centinaia di migliaia di lavoratori che invece potrebbero, con la regolarizzazione, integrarsi nel nostro tessuto sociale e contribuire, col pagamento delle imposte e dei contributi sociali, a migliorare la situazione economica complessiva del paese?
Questa è una domanda alla quale bisogna dare una risposta.
Allora il problema deve essere a mio avviso affrontato elementarmente così: bisogna espellere, effettivamente, chi non rispetta le leggi delinquendo; bisogna fare accordi internazionali che prevedano l’espiazione della pena degli stranieri nei loro paesi; bisogna mettere in regola chi è già qui e lavora in nero e chi viene qui per lavorare, per rispettare le leggi e per integrarsi.
Integrazione – interazione. I due termini non hanno lo stesso significato.
L’integrazione è importante. Lo straniero che viene da noi deve rispettare la nostra Costituzione, le nostre leggi ed anche la nostra cultura. Interazione, anche i cittadini italiani facciano uno sforzo per comprendere e rispettare la cultura di chi viene da noi contribuendo così all’abbattimento delle barriere che si frappongono tra culture e modi di vivere diversi.
Per questo è necessario un salto culturale da parte di tutti. Ritengo che le generazioni future questo “salto” compiutamente lo faranno, dobbiamo però cominciare noi.
Nei paesi dove si concentrò l’emigrazione italiana del dopoguerra, i giovani, figli dei cittadini italiani emigrati nei paesi europei ed extraeuropei, divenuti cittadini, ora insegnano nelle scuole, lavorano nella pubblica amministrazione e in molti casi ricoprono anche importanti cariche politiche, mentre i loro padri si integrarono con grandi difficoltà.
La storia non si ferma, tanto più questa storia. Il mondo è cambiato e sempre più andrà verso cambiamenti ulteriori.
Una politica ragionevole, in ogni caso, implica nuove relazioni internazionali che consentano a tutti i cittadini del mondo di poter vivere dignitosamente e in democrazia nella loro patria.
Ma questo è un altro discorso.
Il titolo “Immigrazione: integrazione – interazione, Europa” è, nel senso detto, molto significativo.
In primo luogo affronterò l’immigrazione come fatto storico, oggettivamente irrefrenabile.
In secondo luogo come il fenomeno è disciplinato dalla legge Italiana con cenni alla normativa europea.
In terzo luogo evidenzierò il modo come a mio avviso questo fenomeno dovrebbe essere regolato.
L’immigrazione è un fatto storico che nessuno è in grado di fermare. Gli immigrati infatti provengono dalle aree del mondo più povere, infestate dalle guerre, dalla miseria e dalla fame.
I migranti provengono per lo più dalla zone più povere dell’Africa e dai paesi dell’ex blocco sovietico. In questi ultimi anni il fenomeno si è molto ampliato. l’Italia, a causa della sua posizione geografica, quasi ogni giorno fa i conti con gli sbarchi di clandestini che chiedono asilo politico, rifugio ovvero soltanto di poter vivere dignitosamente.
Negli organi di stampa quotidianamente leggiamo articoli e commenti su questo fenomeno. La televisione ci offre spesso dibattiti che quasi sempre trascendono in insulti e invettive.
L’immigrazione esiste e come tutte le cose che esistono bisogna prenderne atto approntando politiche e legislazioni serie e realistiche che puntino ad una effettiva integrazione-interazione degli stranieri provenienti da paesi socialmente e culturalmente diversi da noi, mediante in primo luogo la lotta alla irregolarità (clandestinità) che non significa solo repressione ma anche, forse soprattutto, una legislazione che favorisca, in presenza di certe premesse, la legalizzazione di cittadini extraeuropei che si trovano in Italia, che lavorano ma che non hanno diritti vivendo nel più assoluto anominato.
Mi spiego meglio. Chi si trova nella irregolarità è più facile che possa essere reclutato dalla criminalità. Chi invece è regolare ha concrete possibilità di integrarsi, di rispettare le regole, di esercitare i diritti costituzionali a tutti riconosciuti.
La legge Italiana, a mio avviso, non va in tal senso.
A titolo esemplificativo evidenzio un fatto.
La regolarizzazione delle badanti. Dopo l’approvazione della legge 94/2009 (cosiddetto pacchetto sicurezza) , che prevede il reato di ingresso e permanenza illegale in Italia (art 10 bis del nuovo Testo unico sulla immigrazione) il governo si è subito reso conto che dal giorno successivo alla approvazione della legge avrebbe dovuto mandare la Polizia casa per casa a cercare le badanti clandestine (qualche centinaia di migliaia per lo più donne) per processarle ed espellerle. La qual cosa avrebbe provocato uno “sconquasso” pazzesco nelle famiglie italiane ed un rilevante danno allo “Stato sociale” in gran parte retto da queste persone. Se ne è accorto il sottosegretario Giovanardi che subito ha proposto che si arrivasse ad una sanatoria limitata a badanti e a colf di ambo i sessi.
L’occasione era buona per andare oltre estendendo la sanatoria (come aveva proposto con forza la radicale Emma Bonino) a tutti i cittadini extracomunitari senza permesso di soggiorno che però già sono in Italia e lavorano in nero alle dipendenze di datori di lavoro italiani e/o stranieri.
A questa nuova proposta il governo è rimasto “sordo”.
Ora, se ragioniamo senza pregiudizi, non possiamo non ritenere economicamente utile, oltrechè costituzionalmente doveroso (due dei valori primari della nostra Costituzione repubblicana sono il lavoro - art 1 - e la solidarietà - art 2- ) un provvedimento di questo genere.
Ecco, ci volevano un po’ di coraggio e di intelligenza in più, mettendo al bando la propaganda, soprattutto leghista che a ben vedere non contribuisce positivamente al governo di questo complesso fenomeno.
Che interesse può avere lo Stato, tutti noi, a mantenere nella illegalità centinaia di migliaia di lavoratori che invece potrebbero, con la regolarizzazione, integrarsi nel nostro tessuto sociale e contribuire, col pagamento delle imposte e dei contributi sociali, a migliorare la situazione economica complessiva del paese?
Questa è una domanda alla quale bisogna dare una risposta.
Allora il problema deve essere a mio avviso affrontato elementarmente così: bisogna espellere, effettivamente, chi non rispetta le leggi delinquendo; bisogna fare accordi internazionali che prevedano l’espiazione della pena degli stranieri nei loro paesi; bisogna mettere in regola chi è già qui e lavora in nero e chi viene qui per lavorare, per rispettare le leggi e per integrarsi.
Integrazione – interazione. I due termini non hanno lo stesso significato.
L’integrazione è importante. Lo straniero che viene da noi deve rispettare la nostra Costituzione, le nostre leggi ed anche la nostra cultura. Interazione, anche i cittadini italiani facciano uno sforzo per comprendere e rispettare la cultura di chi viene da noi contribuendo così all’abbattimento delle barriere che si frappongono tra culture e modi di vivere diversi.
Per questo è necessario un salto culturale da parte di tutti. Ritengo che le generazioni future questo “salto” compiutamente lo faranno, dobbiamo però cominciare noi.
Nei paesi dove si concentrò l’emigrazione italiana del dopoguerra, i giovani, figli dei cittadini italiani emigrati nei paesi europei ed extraeuropei, divenuti cittadini, ora insegnano nelle scuole, lavorano nella pubblica amministrazione e in molti casi ricoprono anche importanti cariche politiche, mentre i loro padri si integrarono con grandi difficoltà.
La storia non si ferma, tanto più questa storia. Il mondo è cambiato e sempre più andrà verso cambiamenti ulteriori.
Una politica ragionevole, in ogni caso, implica nuove relazioni internazionali che consentano a tutti i cittadini del mondo di poter vivere dignitosamente e in democrazia nella loro patria.
Ma questo è un altro discorso.
Marcello Fagioli
L’Avv. Marcello Fagioli è nato a Cantiano il 01 settembre 1955. Si è laureato in giurisprudenza il 26 giugno 1978 con una tesi in filosofia del diritto dal titolo “Il diritto e la politica nel pensiero di Antonio Labriola” relatore il Prof. Italo Mancini. Dopo la laurea ha svolto la pratica legale nello studio dell’avv. Luigi Bacchiocchi diventando procuratore legale nel 1984.
Lo stesso anno ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche. Ha insegnato queste materie a Cagli, presso L’ITC Celli da lui stesso frequentato come allievo in gioventù, a Fabriano, indi a Urbania dove ancora insegna.
Svolge anche la professione di avvocato, con il fratello Domenico, occupandosi prevalentemente di diritto penale e diritto dell’immigrazione.
Vive a Urbania con la moglie Silvia e la figlia Marta, studentessa del secondo anno di matematica nella università degli studi di Bologna.
Lo stesso anno ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche. Ha insegnato queste materie a Cagli, presso L’ITC Celli da lui stesso frequentato come allievo in gioventù, a Fabriano, indi a Urbania dove ancora insegna.
Svolge anche la professione di avvocato, con il fratello Domenico, occupandosi prevalentemente di diritto penale e diritto dell’immigrazione.
Vive a Urbania con la moglie Silvia e la figlia Marta, studentessa del secondo anno di matematica nella università degli studi di Bologna.
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