Antonio da Montefeltro e la Questione di Cantiano.
Premessa:
Il tratto della Flaminia tra Scheggia ed il Furlo affronta un aspro trattomantano, reso più docile dall'ampiezza di interventi romani, tanto che la stradaconsolare rappresentò la via per le Gallie ed i Balcani. Probabilmente il raccordo Foligno-Fossombrone fu realizzato un secolo più tardi rispetto alla primitiva consolare ma da subito di primaria importanza militare e commerciale. Dopo lacaduta dell'Impero fu la strada che univa Roma a Ravenna, è quindi comprensibile la necessità di tenere o interrompere la via per mantenere o spezzare i flussi di soldati che dall'Impero d'Oriente affluivano ai porti di Napoli, poi ad Ancona, gli unici in grado di accogliere le grandi navi di trasporto, dopo l'interramento del porto di Ravenna. Intatto l'interesse alla Flaminia fino alla realizzazione della strada Franchigena nella parte tirrenica d'ltalia alla caduta del Regno longobardo. Più tardi rappresentò l'asse del Patrimonium Beati Petri, quindi fu contesa dalle fazioni guelfe e ghibelline, che si alternarono a Urbino e Cagli mentre Iesi e Gubbio furono sostanzialmente filo imperiali, per Gubbio si è sospettato il particolare legame tra il Barbarossa ed il vescovo Ubaldo, poi proclamato protettore della città e che in tal modo ha influenzato tale scelta politica. Cantiano, per la posizione di controllo dei valichi, fu appetita e pertanto difesa ed assediata. Il sito si forma dopo la distruzione di Luceoli su due colli che a lungo appartennero a Curie e pievanie diverse, sebbene a pochi metri di distanza tra loro. Nell'area del tempio di Giove Gabrovio (Apennino), Luceoli (da luku= bosco sacro), fu città e diocesi umbra dalla tarda latinità a circa nel XII sec.. Sospettiamo la sua formazione dall'area sacra del tempio, quando con Onorio (402) tali beni furono censiti e accatastati tra la res privata o pubblica della nuova diocesi, che per la sua estensione non poteva essere compresa nel catasto egubino, senza alterarne i confini. A lungo Scheggia e Pontericcioli di Cantiano si sono contesi questo insediamento ma senza nessuna prova, più solide sono quelle dell'area di Chieserna: L'antichissima pieve di S. Anastasia; b) l'atto di donazione e vendita tra Leto, Guido e Adamo, figli di Uberto, Britta, loro-madre e il priore di Fonte Avellana, stipulato a Luceoli nel 1080. Tra i confini è il torrente Bevano, presente a Chieserna; toponomastica significativa; l'identificazione dell'eremo luceolano con I'eremo di S.Angelo, sovrastante Chieserna (Ara di S. Maffeo).
1166
Federico I di Svevia (Barbarossa) definì da Lodi i confini del comitato di Gubbio, escludendo: Pergola, Frontone, Cantiano, Colmatrano, Serra S.Abbondio, tenuti direttamente dall'imperatore. Alla fedelissima Gubbio non fu concesso varcare gran parte del fiume Sentino, Scheggia (1) infatti era un vicus lungo la Flaminia, di cui ignoriamo il nome, al dilà del fiume, attorno alla Pieve di S. Paterniano sul colle del Calvario). Gubbio però acquisiva il castello del Monte S. Maria, che sovrasta la Flaminia sopra il predio Buotan0 (2) di Scheggia. A parte questa regalia militare, di cuisi intravvede la convenienza del Barbarossa di tenere l'importante postazione della Flaminia attraverso la città alleata, il diploma del Barbarossa era lo specchio fedele del territorio di Gubbio nell'impero romano, un importante municipium e diocesi. Il principio di ripristinare gli antichi confini amministrativi romani da parte dell'Imperatore emerge nei coevi diplomi a favore di altri comuni umbri, vedi Terni dove c'è coincidenza tra la cancelleria imperiale e quella pontificia, quando nel 1216 Onorio III ne ricostituisce la diocesi, sottraendo il territorio a quello di Spoleto.
1 l'attuale toponimo nel medioevo Skizza, deriva dal greco-bizantino skizo, cioè divido, da Schizza>Skesa> Scheggia. E' un toponimo limitaneo piuttosto comune, delimitante il territorio bizantino di Luceoli, dopo la tregua tra Aginulfo e Gregorio Magno del 595.
2 Toponimo limitaneo longobardo dall'antico tedesco bute = divido, da cui bottino di guerra, ciò che deve essere diviso, il toponimo è comune nelle forme: butano, botano, botina, buda. Attorno a Scheggia la porzione longobarda luceolana aveva per confini: Valia (Ponte Calcare) dal latino vigilia = sentinella (ricordiamo anche LeVaje, Valie, Vai), Scheggia, S. Donato della Pezza, Campo Longo, L'Orneti (Iorna=sentinella di bestiame long.), S. Angelo del Petria per scendere a Buotano.
1225
Da Urbino i conti montefeltreschi ghibellini tentano di espandersi sulle terreguelfe dei Brancaleoni di Castel delle Ripe (presso Urbania) (3). Il castello fu distrutto dagli urbinati e ricostruito con l'aiuto di Città di Castello. I municipio romano di Urbino era separato dal Metauro da Pitinum mergens (Pole di Acqualagna).Confinava inoltre con Tifernum Mataurense (S. Angelo in Vado) e Pitinum Pisaurense (Macerata Feltria). Distrutta Pitinum Mergens dai contingenti Longobardi, impiegati da Narsete nella battaglia di Tagina, e da questi rispediti alle loro terre perche indisciplinati, la Diocesi di Urbino pose il confine lungo il torrente Candigliano (attualmente separa ancora la diocesi di Urbino da quella di Cagli).
Successivamente durante l'assedio di Pavia, Alboino inviò dalla Tuscia un'orda alla conquista dei passi appenninici in modo da separare Ravenna dai porti di Ancona e Napoli, gli unici che permettevano I'attracco delle grandi navi bizantine atte al trasporto di soldati, furono distrutti il forte del Furlo, Fossombrone, Tifernum mataurense, Pitinum Pisaurense, le ultime due diocesi furono annesse a quella di Urbino. Questa responsabilità religiosa del vescovo di Urbino, contemporaneamente vescovo dei due Pitinum e di Tifernum, costituì la premessa per le rivendicazioni territoriali dei conti montefeltreschi.
3 Castel delle Ripe è stato supposto sul monte Castellano per assonanza, piùprobabilmente sta per appartenente a Città di Castello, che aveva sulla sommità(voc. citt~della) una torre di difesa. Il castello era posto presso Ripa vecchia.
1244
La stella di Federico II, stupor mundi, imperatore, figlio e nipote di imperatori svevi, volgeva al declino. Il conflitto con il papa gli aveva corroso potere e ridotto alleati. La ghibellina Gubbio gli era rimasta fedele, condividendone ideali forse, certamente per l'antica rivalità con la guelfa Perugia, città nemica. Per ricompensare tanta devozione alla causa imperiale, da Spoleto Federico Il, nel maggio 1244, donò i suoi castelli di Cantiano e Colmatrano a Gubbio, poco prima anche Serra s. A. e Pergola, castello la cui recente fondazione aveva tolto pace alle nostre terre e aperto un contenzioso tra Cagli e Gubbio spesso affidato alle armi. Il territorio donato è corrispondente agli attuali comuni di Cantiano, Pergola, Serra S.A. e Frontone, cioè il nucleo della diocesi di Luceoli, che per mancanza di vescovi fu attorno al mille affidata alle cure religiose del presule di Gubbio, una reggenza religiosa catalizzante le ambizioni territoriali della vicina, potente città di S. Ubaldo. Ambizioni che sembriamo leggere nello stemma comunale iguvìno: di rosso conmonte a cinque punte d'argento, uno stemma parlato in cui solo il Catria, monte a cinque vette dell'intero territorio (Catria, Acuto, Alto, Tenetra, Morcia), dovevarappresentare le mire espansionistiche ed insieme la rivendicazione del suo territorio sacro (tempio di Giove Gabrovio), che le fu strappato nella tarda latinità (Vsec. d.C.) con l'istituzione della diocesi di Luceoli.
Sotto le mura di Parma Federico Il subì un grave irrimediabile rovescio e il13 dicembre 1250 moriva. Gubbio e Città di Castello furono riconquistate dal cardinale legato Giorgio di Pietro in Velo d'Oro, Cantiano e Colmatrano furono toltea Gubbio ed elevate a liberi comuni ecclesiastici, retti dal Duca di Spoleto in nome diAlessandro IV papa.
1255
Alberto di Firenze, potestà di Cantiano elevò una torre accanto alla chiesa di S. Niccolò. L'edificazione di questa torre a protezione della porta ci dice che erano state progettate e forse completate le mura che univano le due rocche di Colmatrano e Cantiano, prima di allora appartenenti a due curie e a due pievi distinte (S.Anastasia di Chieserna e S.Crescentino). Risale probabilmente a questo periodo lo stemma comunale: di rosso al palo e banda d'argento, colori guelfi. Successivamente fu imposto lo stemma di Gubbio e insignito del capo d' Angiò. Non è stata data giusta rilevanza al libero comune di Cantiano, infatti sul piano strettamente giuridico viene ribadita la diretta discendenza di Cantiano da Luceoli, diocesi romana, il cui territorio non era distinto da Gubbio, anche se la diocesi fu affidata alle cure religiose del presule icuvino, che era pertanto vescovo di Gubbio e di Luceoli. Le rivendicazioni di Gubbio, che da tempo esercitava il controllo politico e militare sul territorio furono interrotte dal pontefice, come in precedenza erano state deluse dal Barbarossa. Questa identità politica sia imperiale che papale muoveva dalla necessità di controllo della Flaminia. Per le caratteristiche aspre del luogo, chi domina a Cantiano, domina la Flaminia. Gli imperatori tennero le due rocche attraverso comites, loro funzionari, che spesso si relazionarono con Gubbio, quando Gubbio fu fedele esecutrice della politica imperiale ma da essa indipendenti.
trasgredendo l'opposizione di Alessandro IV, Giovanni di Anagni, rettore di Spoleto, applicava le donazioni di Federico Il a favore di Gubbio. La decisione era incontrasto con le norme vigenti, infatti tale donazione del rettore, come quella precedente di Federico, sul piano strettamente giuridico era illegittima in quanto sovvertiva la conservazione dei confini diocesani, che le Costituitiones di Diocleziano sancivano come immutabili. Da questo momento Gubbio si estese fino al Cesano, inglobando nel suo contado gran parte della diocesi di Luceoli, scomparsa ormai anche sul piano giuridico. Eppure dovremmo credere che il possesso di Gubbio non fosse reale.
1257
Appena un anno dopo Gualtieruzio Bonaccorsi, conte di Colmatrano, rientrò inpossesso della rocca e del feudo. Gualtieruzio donò i suoi averi al Comune di Cantiano, tuttavia l'atto fu subito smarrito. Sempre nello stesso anno l'antica rivalità tra Gubbio e Perugia sfociò in un lungo conflitto. Gubbio chiese ai feudatari del contado di rendere disponibili i castelli, Perugia brigò a Roma per farsi regalarel'intero contado di Gubbio.
1259
Perugia ottiene dal pontefice la donazione del contado iguvino, che però non si realizzò mai.
1266
Clemente IV restituiva a Gubbio i castelli di Pergola, Montesecco, Serra S.Abbondio, che nel 1267 fu sottratta dal rettorato di Spoleto ma di nuovo ricondotta nel 1276 (spogliata però di Pergola e Serra S. Abbondio).
1277
Il conte di Urbino distrugge definitivamente Castel delle Ripe, eppure queste continue rappresaglie non ebbero il successo voluto, infatti immediatamente, attorno all'abbazia di S. Cristoforo al ponte, fu costruita ex novo Casteldurante per volontà papale dal rettore monsignor Durante, affidata ai Brancaleoni insigniti del titolo di comes. La Signoria della casata costituì un baluardo guelfo sulla Massa Trabaria. Un secolo più tardi i Brancaleoni vendettero la contea ai Montefeltro, che avevano però cambiato casacca e militavano nel partito guelfo.
1287
settembre Il capo ghibellino delle Marche Trasmondo Brancaleoni della Rocca tentò di fare signoria in Cagli, trovando opposizione nella fazione guelfa, capeggiata dai Siccardi, nello scontro fu bruciato il palazzo comunale. L'incendio fu provocato probabilmente da un monaco di S. Geronzio. La sera stessa fu deciso di trasferire Cagli nel sottostante Piano di S. Angelo e pochi mesi dopo l'antico monastero benedettino fu chiuso e le sue proprietà trasferite al vescovo callense. La nuova città si chiamò S. Angelo Papale e fu appetita dai Gabrielli di Gubbio, guelfi che tentarono di formarvi signoria.
1300
23 maggio l ghibellini di Gubbio con l'aiuto di Uguccione della Faggiola e dei conti Federico e Galasso di Montefeltro si impadronirono di Gubblo ma subito dopo Cante Gabrielli, Pietro della Branca con l'esercito del cardinale Orsini la riprendevano, esiliando le famiglie ghibelline e confiscandone i beni.
1303
"dominus Canti" è proprietario di terreni a Frontone, (Roma,Coll. Germ., reg.n.11, ff.154v , 155v 156 r), che fosse un Gabrielli lo afferma 10 stesso regesto (n.13,f.199 va. 1338), lo stesso Cante che nel 1302 esiliò Dante da Firenze. Cantuccio di Bino dei Gabrielli di Frontone nel 1305 appoggiò Cante nel tentativo di fare signoria su Cagli. Nel 1345 Giovanni, figlio di Cantuccio di Bino sostiene a Perugia (controCagli) che i Gabrielli avevano il possesso di Frontone da 53 anni, cioè dal 1291, tre anni dopo l'incendio di Cagli. La sentenza di tale controversia fu l'implicito riconoscimento dei diritti dei Gabrielli su Frontone, che Cagli rivendica a se.
1303
gli Egubini, insieme a Cantiano, Serra, Pergola presentarono istanza presso il rettore di Spoleto contro le molestie di Bernardo da Imola conte di Nocera. La sentenza del marzo 1304 fu favorevole solo per Gubbio perche fu dichiarato il possesso di Gubbio sui castelli di Cantiano, Serra e Pergola.
1306
I Gabrielli tentarono di estendere la loro signoria sul Gubbio, Cantiano, Cagli, che tennero dalla rocca delle Avenande sino alla venuta in quell'anno di Enrico VII, che permise alla fazione ghibellina di cacciarlo. Alla morte di Enrico VII la lotta traguelfi e ghibellini riprese e anche tra Cagli e Gubbio.
-agiografia bizantina (Assunta) in territorio fortemente longobardizzato;
-l'anomalia di trovare il vescovo accanto all'abate;
-la necessità di Cagli di commissionare al Ceccarelli un falso diploma per dimostrare la continuià di Cagli attorno al monastero. Il falso viene immesso nelle costitutiones cagliesi. Per quanto riguarda il significato di Cale, noi crediamo la sua derivazione da una stipe a Cale, dea del calendario Cale-dies, calendae. Alla dea era sacra l'oca, allora animale teopompo, portatore dianime, oggi sostituita dalla cicogna. Nel museo nazionale di Parigi è esposta una statua uguale alla piccola 'Minerva' di Coltona, con l'indicazione 'dea celtica del III sec. a.C. E' la dea del tempo, in sanscrito Kala è il tempo della preghiera. In epoca romana Giunone la sostituì, assumendone gli attributi, come dea del calendario e le oche del Campidoglio salvano Roma dall'ultimo assalto.Perche fossero sacre le oche a Giunone, Livio dice di ignorarlo.
1315
A Cantiano le controversie tra Cagli e Gubbio furono pacificate per l'azione di Monaldo Brancaleoni di Casteldurante. La pace fu firmata nella chiesa di s. Niccolò di Cantiano. Cante, Bino e Filippo Gabrielli cedevano ai loro beni a Cagli per 1000 fiorini, liberi tutti i prigionieri tenuti dai cagliesi, furono rettificati i confini tra Cagli e Cantiano e restituiti i beni dell'abbazia di S.Pietro di Massa.
1325
Gubbio si ribella alla chiesa, Cantianò con l'aiuto di Urbino a Gubbio.
1327
Cantiano di nuovo presta promessa di fedeltà a Gubbio, che le impone il completamento delle mura mancanti. l Gabrielli si erano divisi in due rami e militavano in opposte fazioni: ghibellini i Gabrielli di Cantuccio di Frontone, guelfi quelli di Necciolo di Cantiano, che seguivano Giacomo figlio di Cante.
1350
i Gabrielli di Frontone (ghibellini) con l'aiuto degli Ubaldini si impadronirono di Gubbio, immediata la ribellione di Cantiano e Pergola a Gubbio. Il prode Bastardo della Pergola rafforzò Cantiano e quando Giovanni Gabrielli di Frontone lo assalì fu respinto ma l'anno successivo l'assediò insieme a Nolfo da Montefeltro (conservatore in Cagli) ed agli Ubaldini, che l'intervento di Perugia rese vano, infatti Canti, figlio di Giacomo tornò a Cantiano e tolse agli egubini il castello del Monte Santa Maria, che scioccamente affidò a Vanni di Briche da Cantiano, infatti questi passò dalla parte di Giovanni e lo infastidì.
1353
il pontefice Innocenzo IV inviò da Avignone il cardinale Egidio d'Albornoz per recuperare le terre in mano ai signorotti locali. Giovanni Gabrielli si trovò a mal partito e per evitare le ire del legato restituì Gubbio, dove ritornarono tutti i guelfi esiliati eccetto Giacomo Gabrielli da Cantiano perche fu motivato egli era grande e si sospettava che si volesse fare tiranno. Così Giacomo stette a Cantiano dove ampliò la rocca di Cantiano che divenne il suo palazzo, confortevole e decorato da dipinti pregevoli, tale fortificazione fu detta "II Girone" . Richiesto nella guerra contro i Malatesta, deluse L'Arbonoz, essendo il signore di Cantiano loro amico, per questo fu preso con il figlio Canti e rinchiuso a Montefalco, dove fu associato Giovanni Gabrielli, catturato anch'esso. Si venne ad un diktat. Giovanni consegnò al Cardinale il Forte di S. Maria (che fu raso al suolo) e lasciar liberi i Gabrielli guelfi catturati; Giacomo fu costretto a cedere all'albornoz il Giorone e ritirarsi nel cassero di Colmatrano, il Cardinale incaricò poi Giacomo a governatore di Firenze, forse per ingraziarselo o impadronirsi del cassero in sua assenza.
1358
Albornoz, che era stato richiamato ad Avignone, tornò in Italia con il nipote Blasco Fernando, nominato rettore della Marca, poi duca di 5poleto e Signore di Gubbio, con l'incarico di distruggere i Gabrielli di Cantiano, presi l'anno successivo (Giacomo e Canti) ed esiliati ad Ancona. Il castello di Cantiano, separato da Gubbio,e governato dai vicari di Blasco, poco dopo sostituito per il cattivo governo. I Gabrielli, riconciliatosi tra loro ritornarono a Gubbio.
1377
settembre. Gabriello G. del Necciolo intervenne nel vescovado per calmare il popolo di Gubbio, pronto a cacciare i rettori della Chiesa. Cantiano fu recuperata a Gubbio, Cagli ai Montefeltro, nonostante la resistenza di Canti Gabrielli. Mentre era a Roma, Gabriello fu eletto vescovo di Gubbio, tornò a Cantiano e quindi a Gubbio.Canti fu capitano della Balia di Firenze, Francesco podestà di Siena.
1378
il vescovo Gabriello fu signore di Gubbio.
1380
Gabriello a Rimini, sollevazione di Gubbio, ripresa con l'aiuto dei Malatesta.
1383
approvazione dell'accordo tra il vescovo con la città, i termini del compromesso erano i seguenti: Cantiano e Serra S. Abbondio passavano con ogni diritto erendita ai Gabrielli fino alla loro estinzione, i capitani dei due castelli erano scelti tra i cittadini di Gubbio, i delitti che prevedevano la pena di morte sarebbero stati discussi a Gubbio. Gli iguvini aggiungevano inoltre il pagamento di 5000 fiorini d'oro.
Il vescovo Gabriello moriva a Cantiano in quell'anno e fu sepolto nella chiesa di S.Niccolò. Francesco Gabrielli pretese da Gubbio la somma pattuita mai pagata e allora radunato un esercito, sostenuto dai Malatesta e da Firenze, cinse d'assedio Gubbio, che dopo gli stenti del blocco, scese a patti. Francesco d' Angelo dei Carnevali, scelto quale plenipotenziario, partì da Gubbio alla volta di Cantiano ma l'oltrepassò e a Cagli, atteso da Antonio da Montefeltro, offrì la signoria della città.
1384
30 marzo. Gli iguvini, benché frastornati, approvarono la decisione il ed il giorno stesso il Montefeltro entrò a Gubbio con 2000 fanti e 400 cavalli. Tuttavia la nuova conquista di Gubbio era difficile per I'interposizione di Cantiano, tenuta dal Gabrielli, aiutato da esuli egubini e da Firenze. Dopo tre anni di assalti inutili, per le pressioni di Firenze, fu rilasciato dal Montefeltro un salvacondotto per Francesco Gabrielli per recarsi a Gubbio a trattare la pace. Antonio da Montefeltro fece prigionieri Francesco e l'ambasciatore di Firenze, che furono liberati solo dopo la consegna di Cantiano. Il conte Antonio era protetto da Gian Galeazzo Visconti, inutilile proteste dell'offesa Firenze, che tuttavia fece conoscere con una lettera a tutte le cancellerie d'ltalia il tradimento e la volontà di punire il reo. Fu allora che il Visconti impose ad Antonio di restituire Cantiano ma per il reo sarebbe scattata comunque la rappresagli di Firenze e il conte Antonio preferì tenersi Cantiano. Tuttavia quando Gian Galezzo fu impegnato in guerra al nord, Firenze attaccò e saccheggiò i dintornidi Gubbio, d'Urbino, di Cagli. Intervennero anche i Malatesta e Antonio si trovò a mal partito e fu costretto a rintanarsi entro le mura dei suoi presidi. Si venne ad un nuovo accordo con il ritiro di Firenze e la restituzione di Cantiano ai Gabrielli oltre il versamento di un forte indennizzo di guerra da parte di Urbino
1390
Il signore d'Urbino ottiene dal papa Bonifazio IX l'investitura della signoria di Gubbio, quell'ano un suo capitano occupò il castello di Valfrenaia e da qui assalì Cantiano. Francesco andò Potestà a Bologna e Cantiano fu affidato a Carlo e Pandolfo da Rimini, che vi nominarono capitano Ser Rinaldo da Imola.
1391
Si riaccese la guerra. Giacchino da Sassoferrato coccupava per conro di Urbino Sassoferrato e faceva prigioniero Giovanni Gabrielli, figlio di Francesco. Giovanni il Cattivello rioccupò Valfrenaia e portò la guerra sotto le mura di Gubbio, rafforzato nel maggio da Carlo Malatesta, che con 6000 fanti ruppe l'assedio di Cantiano e rifornì il castello, proseguì per Sassoferrato dove si scontrò e prese prigioniero Pietro da Frontino. Antonio riprese Valfrenaia e lo fece demolire. A dicembre ritornò a Cantiano Francesco Gabrielli.
1392
Gennaio. Bonifacio IX impose la tregua e l'apertura di una trattativa di pace.Marzo si riprese a guerreggiare.
1393
Antonio forse per tradimento occupò il cassero di Colmatrano, fino al palazzo del podestà. Filippa, moglie di Francesco difese brava mente la restante parte delcastello. Maggio Carlo Malatesta rifornì gli assediati. Messer Francesco pregò Firenze per una onorevole pace e fu stabilito: Antonio acquisiva il castello di Cantiano per 8000 fiorini ed inoltre comprasse i beni dei Gabrielli in Cantiano e Gubbio. Antonio si ritenne successore dei Gabrielli, acquisendo per se le stesse condizioni fatte da Gubbio ai Gabrielli, pertanto tenne Cantiano in sua signoria, nominandovi un capitano. Antonio non pagò nulla ai Gabrielli, sebbene minacciato da Firenze. Francesco fu condottiero dei Fiorentini e nel 1400 senatore di Roma, suofiglio Giovanni ebbe il comando di cento lance.
1403
Antonio muore, gli succede Guidantonio.
Conclusione:
dall'invasione longobarda, tutta la nostra storia ruota sul possesso dei passi dellaFlaminia nel tratto dal Furlo alla Scheggia, compresi tutti i diverticoli della strada consolare, che potevano essere utilizzati da Napoli-Roma a Ravenna. La conquista longobarda del territorio, coeva all'assedio di Pavia, fu interrotta nel 592 dalla conquista dell'esarca Romano, per il tradimento di Maurizione, duca di Perugia. L'anno successivo Aginulfo successo in quei giorni ad Autari, riprende il ducato e giustizia Maurizione, ponendo assedio a Roma. L'intesa del re con papa Gregorio Magno, portò alla formazione del cosiddetto 'Corridoio bizantino', il cui valore fu politico piuttosto che militare. Infatti vengono restituite le città fra Fano e Gubbio, senza il loro territorio, tenuto costantemente dai longobardi. In sostanza l'accordo prevedeva da parte del pontefice il riconoscimento dei regni barbarici, sovrani dall'impero, che li permetteva all'interno della sovranità dell'impero, quasi come unità amministrative. L'azione politica di Gregorio Magno fu tacciata dall'imperatore Maurizio, amico del pontefice, come alto tradimento e denunciata per tutto l'impero da lettere imperiali. Il pontefice fu definito mendace, se catturato sarebbe stato portato a Costantinopoli per essere processato, come avvenne per papa Virgilio al tempo dello scisma dei Tre Capitoli. Compito del re longobardo per conto del re franco fu di assicurare che ciò non avvenisse. La restituzione ai Bizantini delle città del corridoio, senza il loro territorio, sembra essere un'offerta compensativa ed un invito a sottoscrivere la tregua, cosa che Ravenna si rifiutò di fare, ma più probabilmente rappresentò il limite meridionale del Regno longobardo, con l'impegno di Aginulfo di non oltrepassarlo, sebbene tutto il meridione fosse in mano longobarda (ducato di Spoleto e di Benevento). Questo trattato sancì la divisione dell'ltalia a favore dell'integrità del ducato romano, che rappresentò la prima sovranità pontificia. Il tratto della Flaminia tra Cantiano e Cagli fu in mano longobarda per la caduta del Ponte Alto, che lo rendeva impercorribile, e fu dato ai Bizantini la variante: S. Apollinare in Farneto, S. Apollinare di Moria, S. Vitale in Castiglione, S. Apollinare in Cupiolo, S. Andrea in FGrena, Furlo, a ciò si aggiungeva Smirra, S. Severo in Pigno, S. Apollinare di Duglione o Monleone, S. Ercolano di Fenigli, la Ravignana di S. Lorenzo in Campo. Dall'altra parte S. Maria Assunta di Naro, S.Severo del Colle, S. Apollinare d'Urbania, S. Andrea in Proverso, la Ravignana Vecchia. Con l'annessine del regno longobardo ai Franchi, Carlo Magno era re dei Franchi e dei Longobardi, le terre tenute dai bizantini passarono ai Franchi, si ebbe l'affermazione dei conti salici, che tengono in nome dell'imperatore il passo montano. S.Pietro Damiani a Fonte Avellana, attuando una politica a favore di Roma, cercò di acquisire terre attorno alla Flaminia nel tentativo di acquisire un passaggio lungo la strada. Strada che fu rammodernata da Matilde di Canossa, vicaria imperiale tra Cagli e Gubbio. Il Ponte Alto, ricostruito sui piloni romani, fuchiamato ponte della Contessa, come la strada tra Cantiano e Gubbio. Il territorio di Luceoli, compresi i castelli di col Matrano, Cantiano, Serra S. Abbondio sono tenuti direttamente dall'impero, così fino a Federico Il che lo dona a Gubbio ghibellina. Lapolitica del pontefice fu di annullare tale annessione e di costituire a Cantiano un libero comune. Le successive vicende dimostrano che il castello era così importante che era dato quando Gubbio era guelfa e ritolto quando aveva velleità ghibelline. Questa azione politica fu attuata dalla casata dei Gabrielli del Necciolo di Cantiano, fin quando i conti di Urbino, un tempo ghibellini, danno solide garanzie di guelfismo e fu loro concesso di annettersi dapprima Cagli, poi con un autentico colpo di stato Gubbio ed infine comperare la rocca di Cantiano, sottraendola all'influenza di Firenze e dei Malatesta. E' costituito nell'ltalia centrale uno stato guelfo da Urbino a Gubbio pro tempore ai Montefeltro, stato che sarebbe tornato alla diretta dipendenza di Roma in mancanza di eredi. E' in sostanza oltre che una riserva di eserciti pontifici la realizzazione di uno stato guelfo per il controllo del centro Italia.Con il duca Federico Ubaldini naturalizzato in Montefeltro la Chiesa cercò di estendere il suo dominio anche a Firenze, promovendo la congiura dei Pazzi, il cui successo avrebbe portato il duca d'Urbino alla signoria fiorentina, realizzando il sogno politico pochi anni appresso dei Borgia.
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