La transumanza nell'Appennino centrale

di Sante FINI

8 gennaio 2015


Parlare della transumanza presuppone la conoscenza dello sviluppo della pastorizia, che è stata una delle professioni più antiche esistenti, con le sue prime attestazioni nell'Anatolia, risalenti a quasi 4000 anni a.C. Inizialmente vennero allevate principalmente le pecore perché davano carne, latte e lana. I primi pastori, gente nomade, si spostavano da un luogo all'altro per potere mantenere sé stessi ed il loro gregge, andando a trovare sempre nuovi pascoli.

In seguito l'uomo divenne anche agricoltore, cioè iniziò a produrre dal terreno alcuni beni di consumo, ed allora iniziò a rimanere nello stesso luogo per lungo tempo ed anche il suo gregge era alimentato con i mangimi da lui prodotti. Diminuita la necessità di spostamenti, iniziò ad addomesticare e ad allevare altri animali, come maiali, galline, ecc.

Nei sec. X e IX a.C. i poemi Omerici ci danno un'immagine viva del grande posto che la pastorizia tenne in Grecia nelle età più remote; il bestiame appare infatti essere stato una delle principali risorse economiche di tutti e principalmente di più ricchi e dei più potenti. I sovrani, gli eroi, si occupavano direttamente o indirettamente di pastorizia e delle opere ad essa inerenti. Spesso presso lo stesso palazzo reale si trovavano le stalle per le grandi mandrie e greggi.

Alcuni documenti dell'età tolemaica di poco posteriori al III sec. a.C. illustrano la pastorizia nell'Egitto ellenistico, che è la continuità della pastorizia dell'Egitto dei Faraoni, dove sono segnalati greggi di parecchie migliaia di capi.

Dell'origine pastorale degli antichissimi abitanti d'Italia è rimasta l'eco nelle leggende e nei culti più antichi della penisola, come i culti e il rituale di Fauno e dei Luperci e delle feste Lupercalia, il culto di Silvano come dio dei boschie tutore delle greggi. 


Nell'estate si celebra la festa della dea Pale, protettrice delle greggi al pascolo. Anche la leggenda di Roma ci racconta dei pastori primitivi dei colli laziali e del pastore Faustolo che avrebbe accolto Romolo e Remo nella sua capanna.

Trattati importanti sulla pastorizia ci hanno lasciato Marco Terenzio Varrone (116 - 27 a.C.), De re rustica, in cui si legge che gli uomini sono passati per tre stadi di civiltà: quella della vita primitiva, in cui vissero di ciò che la terra offriva spontaneamente, quindi lo stadio pastorale infine quello agricolo. Lucio Giunio Columella (4 - 70 d.C.), De re rustica in 12 libri riportati alla luce da Poggio Bracciolini, dove nei libri VI e VII si tratta dell'allevamento del bestiame. E non possiamo dimenticare le Bucoliche e le Georgiche di Virgilio, dove il poeta s'indugia a consigliare il lettore circa l'allevamento dei bovini, dei cavalli e delle pecore, sia sugli alti pascoli sia sulle pianure.
Certamente, dopo i primordi, il nomadismo non è mai stato una caratteristica essenziale dell'economia pastorale, tanto che in molte zone è scomparso abbastanza presto. Perdura invece nell'Europa occidentale in misura considerevole quello che fu detto il "seminomadismo" o, più esattamente, il "pascolo transumante".  Di regola la transumanza perdura nel medioevo in quelle stesse regioni dove essa era praticata nell'antichità, e dove continueremo a trovarla fino ai nostri giorni, mantenendosi pressoché inalterate le condizioni naturali, di clima e di terreno che l'avevano determinata. Così continua nelle terre d'Abruzzo, in Toscana, in Sicilia e nelle regioni alpine, con caratteristiche diverse nelle varie zone.







































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