La lezione si articola in 2 parti,
La PRIMA parte:(visto che vi piace sentire il violino e Klodiana ne è felice) due brani per violino solo, da caratteristiche espressive e formali differenti e curiose (brevi). Ad esempio nel primo brano un violino solo suona 2 voci che danno l'illusione di due violini, e l' altro si può considerare come un racconto "senza parole"...
La PRIMA parte:(visto che vi piace sentire il violino e Klodiana ne è felice) due brani per violino solo, da caratteristiche espressive e formali differenti e curiose (brevi). Ad esempio nel primo brano un violino solo suona 2 voci che danno l'illusione di due violini, e l' altro si può considerare come un racconto "senza parole"...
Johann Sebastian Bach, (Eisenach, 31 marzo 1685 secondo il calendario gregoriano, 21 marzo 1685 secondo quello giuliano – Lipsia, 28 luglio 1750), è stato un compositore, organista, clavicembalista e maestro di coro tedesco del periodo barocco, di fede luterana, universalmente considerato uno dei più grandi geni nella storia della musica.
Le sue opere sono notevoli per profondità intellettuale, padronanza dei mezzi tecnici ed espressivi e bellezza artistica.
Bach operò una sintesi mirabile fra lo stile tedesco (di cui erano stati esponenti, fra gli altri, Pachelbel e Buxtehude) e le opere dei compositori italiani (particolarmente Vivaldi), dei quali trascrisse numerosi brani, assimilandone soprattutto lo stile concertante. La sua opera costituì la summa e lo sviluppo delle svariate tendenze compositive della sua epoca. Il grado di complessità strutturale, la difficoltà tecnica e l'esclusione del genere melodrammatico, tuttavia, resero la sua opera appannaggio solo dei musicisti più dotati e all'epoca ne limitarono la diffusione fra il grande pubblico, in paragone alla popolarità raggiunta da altri musicisti contemporanei come Telemann oHändel.
Nel 1829 l'esecuzione della Passione secondo Matteo, diretta a Berlino da Felix Mendelssohn, riportò alla conoscenza degli appassionati la qualità elevatissima dell'opera compositiva di Bach, che è da allora considerata il compendio della musica contrappuntistica del periodo barocco.
A lui è dedicato l'asteroide 1814 Bach.
Le sue opere sono notevoli per profondità intellettuale, padronanza dei mezzi tecnici ed espressivi e bellezza artistica.
Bach operò una sintesi mirabile fra lo stile tedesco (di cui erano stati esponenti, fra gli altri, Pachelbel e Buxtehude) e le opere dei compositori italiani (particolarmente Vivaldi), dei quali trascrisse numerosi brani, assimilandone soprattutto lo stile concertante. La sua opera costituì la summa e lo sviluppo delle svariate tendenze compositive della sua epoca. Il grado di complessità strutturale, la difficoltà tecnica e l'esclusione del genere melodrammatico, tuttavia, resero la sua opera appannaggio solo dei musicisti più dotati e all'epoca ne limitarono la diffusione fra il grande pubblico, in paragone alla popolarità raggiunta da altri musicisti contemporanei come Telemann oHändel.
Nel 1829 l'esecuzione della Passione secondo Matteo, diretta a Berlino da Felix Mendelssohn, riportò alla conoscenza degli appassionati la qualità elevatissima dell'opera compositiva di Bach, che è da allora considerata il compendio della musica contrappuntistica del periodo barocco.
A lui è dedicato l'asteroide 1814 Bach.
Georg Philipp Telemann (Magdeburgo, 14 marzo 1681 – Amburgo, 25 giugno 1767) è stato un compositore e organista tedesco. Autodidatta, espresse già nell'infanzia una spiccata facilità compositiva e una precoce padronanza di strumenti musicali quali violino, flauto e clavicembalo. Contemporaneo di Bach e Handel, cui lo legava una profonda amicizia, all'epoca della sua vita era molto famoso e considerato uno dei maggiori musicisti tedeschi.
2) G P Telemann - Fantasia per violino solo nr.7 - Dolce
La SECONDA parte: Sarà la parte importante della lezione . Verrà portato un esempio delle prime opere (melodramma) del primo Seicento. Precede l' inizio, da dove comincia la storia della vera opera, intesa come spettacolo per pubblico pagante. L’ Opera in questione è l' ORFEO - Favola in musica di Claudio Monteverdi (musiche), Alessandro Striggio (testo) - prima esecuzione, 24 Febbraio 1607, Mantova palazzo Ducale...
La SECONDA parte: Sarà la parte importante della lezione . Verrà portato un esempio delle prime opere (melodramma) del primo Seicento. Precede l' inizio, da dove comincia la storia della vera opera, intesa come spettacolo per pubblico pagante. L’ Opera in questione è l' ORFEO - Favola in musica di Claudio Monteverdi (musiche), Alessandro Striggio (testo) - prima esecuzione, 24 Febbraio 1607, Mantova palazzo Ducale...
L'Orfeo è un’opera lirica, più precisamente una «favola in musica», di Claudio Monteverdi su libretto di Alessandro Striggio.
Tratta dalla Fabula di Orfeo di Poliziano, l'opera si compone di un prologo («Prosopopea della musica») e cinque atti. Fu rappresentata per la prima volta il 24 febbraio 1607 nel Palazzo Ducale di Mantova.
L'opera
L'Orfeo è la prima opera di Monteverdi, considerata il primo capolavoro della storia del melodramma.
Il libretto segue la trama del testo di Poliziano, con poche varianti. La musica, invece, differisce dal libretto nei cori e soprattutto nel finale che nel Libretto vede Orfeo in preda alla furia delle baccanti, mentre nella partitura è un lieto fine, con l’ascesa in cielo di Orfeo, accompagnato da Apollo, nella partitura.
La partitura d'orchestra include pezzi per cinque, sette o otto parti, nelle quali gli strumenti sono a volte citati (per esempio: «Questo ritornello fu suonato di dentro da un clavicembalo, duoi chitarroni e duoi violini piccoli alla francese») e monodie a una, due o tre voci con basso non cifrato, nonché cori a cinque voci con basso non cifrato.
Lo stile di canto utilizzato può essere distinto in recitativo, arioso e, nel caso delle arie, strofico.
Tratta dalla Fabula di Orfeo di Poliziano, l'opera si compone di un prologo («Prosopopea della musica») e cinque atti. Fu rappresentata per la prima volta il 24 febbraio 1607 nel Palazzo Ducale di Mantova.
L'opera
L'Orfeo è la prima opera di Monteverdi, considerata il primo capolavoro della storia del melodramma.
Il libretto segue la trama del testo di Poliziano, con poche varianti. La musica, invece, differisce dal libretto nei cori e soprattutto nel finale che nel Libretto vede Orfeo in preda alla furia delle baccanti, mentre nella partitura è un lieto fine, con l’ascesa in cielo di Orfeo, accompagnato da Apollo, nella partitura.
La partitura d'orchestra include pezzi per cinque, sette o otto parti, nelle quali gli strumenti sono a volte citati (per esempio: «Questo ritornello fu suonato di dentro da un clavicembalo, duoi chitarroni e duoi violini piccoli alla francese») e monodie a una, due o tre voci con basso non cifrato, nonché cori a cinque voci con basso non cifrato.
Lo stile di canto utilizzato può essere distinto in recitativo, arioso e, nel caso delle arie, strofico.
Claudio (Giovanni Antonio) Monteverdi (Cremona, 15 maggio 1567 – Venezia, 29 novembre 1643) è stato un compositore italiano.
Il suo lavoro di compositore segnò il passaggio dalla musica rinascimentale alla musica barocca. Fu uno dei principali innovatori che accompagnarono l'evoluzione del linguaggio musicale (su questo processo stilistico vedi anche Retorica musicale), insieme al "principe dei musici", Carlo Gesualdo. Monteverdi scrisse una delle prime opere teatrali in cui fosse sviluppabile una trama drammatica, ovvero un melodramma, L'Orfeo, e fu fortunato da godere del suo successo mentre era ancora in vita
Il suo lavoro di compositore segnò il passaggio dalla musica rinascimentale alla musica barocca. Fu uno dei principali innovatori che accompagnarono l'evoluzione del linguaggio musicale (su questo processo stilistico vedi anche Retorica musicale), insieme al "principe dei musici", Carlo Gesualdo. Monteverdi scrisse una delle prime opere teatrali in cui fosse sviluppabile una trama drammatica, ovvero un melodramma, L'Orfeo, e fu fortunato da godere del suo successo mentre era ancora in vita
Alessandro Striggio (Mantova, 1573 circa – Venezia, 8 giugno 1630) è stato un librettista italiano.
Biografia
Figlio di Alessandro Striggio il vecchio, è noto per aver scritto il libretto dell'Orfeo di Claudio Monteverdi.
L'opera Orfeo è importante perché è la prima vera produzione scritta anticipatrice della moderna opera lirica per cui Alessandro Striggio può essere considerato tra i primi librettisti d'opera. Nel prologo vi è la personificazione della musica a voler testimoniare l'importanza di questo elemento all'interno dell'opera.
Biografia
Figlio di Alessandro Striggio il vecchio, è noto per aver scritto il libretto dell'Orfeo di Claudio Monteverdi.
L'opera Orfeo è importante perché è la prima vera produzione scritta anticipatrice della moderna opera lirica per cui Alessandro Striggio può essere considerato tra i primi librettisti d'opera. Nel prologo vi è la personificazione della musica a voler testimoniare l'importanza di questo elemento all'interno dell'opera.
L’ascolto della registrazione (file video su CD) fatta dal vivo nel 1978 in Svizzera (una delle migliori registrazioni esistenti), sarà solo parziale e verrà commentato. Sarà un riassunto, altrimenti servirebbe troppo tempo per guardarlo e spiegarlo tutto. Rimarranno però disponibili il file video e il libretto, così chi vorrà approfondire potrà farlo in un altro momento o prenderlo a casa e poi restituirlo dopo la visione...).
Per alcune letture sarà presente il nostro Giannicola De Sanctis.
Per alcune letture sarà presente il nostro Giannicola De Sanctis.
Orfeo (greco: Ὀρφεύς, latino: Orpheus) è una figura della mitologia greca.
Si tratta dell'artista per eccellenza, che dell'arte incarna i valori eterni. I molteplici temi chiamati in causa dal suo mito - l'amore, l'arte, l'elemento misterico - sono alla base di una fortuna senza pari nella tradizione letteraria, filosofica, musicale, pittorica e scultorea dei secoli successivi.
Su di lui si basa la religione orfica.
Si tratta dell'artista per eccellenza, che dell'arte incarna i valori eterni. I molteplici temi chiamati in causa dal suo mito - l'amore, l'arte, l'elemento misterico - sono alla base di una fortuna senza pari nella tradizione letteraria, filosofica, musicale, pittorica e scultorea dei secoli successivi.
Su di lui si basa la religione orfica.
La storiaOrfeo e gli animali. Mosaico romano di età imperiale. Palermo, Museo archeologico.
Secondo le più antiche fonti Orfeo è nativo della Pieria, terra lontana e misteriosa, nella quale fino ai tempi di Erodoto era testimoniata l'esistenza di sciamani che fungevano da tramite fra il mondo dei vivi e dei morti, dotati di poteri magici operanti sul mondo della natura, capaci di provocare uno stato di trance tramite la musica.
Figlio della Musa Calliope e del sovrano tracio Eagro (o, secondo altre versioni meno accreditate, del dio Apollo), appartiene alla generazione precedente l'epoca della religione greca classica. Egli, con la potenza incantatrice della sua lira e del suo canto, placava le bestie feroci e animava le rocce e gli elementi della natura.
Gli è spesso associato, come figlio o allievo, Museo.
Orfeo fonde in sé gli elementi apollineo e dionisiaco: come figura apollinea è il figlio o il pupillo del dio Apollo, che ne protegge le spoglie, è un eroe culturale, benefattore del genere umano, promotore delle arti umane e maestro religioso; in quanto figura dionisiaca, egli gode di un rapporto simpatetico con il mondo naturale, di intima comprensione del ciclo di decadimento e rigenerazione della natura, è dotato di una conoscenza intuitiva e nella vicenda stessa vi sono evidenti analogie con la figura di Dioniso per il riscatto dagli inferi della Kore.
La letteratura, d'altra parte, mostra la figura di Orfeo anche in contrasto con le due divinità: la perdita dell'amata Euridice sarebbe da rintracciarsi nella colpa di Orfeo di aver assunto prerogative del dio Apollo di controllo della natura attraverso il canto; tornato dagli inferi, Orfeo abbandona il culto del dio Dioniso rinunciando all'amore eterosessuale. In tale contesto si innamora profondamente di Calais, figlio di Borea, e insegna l'amore omosessuale ai Traci. Per questo motivo, le Baccanti della Tracia, seguaci del dio, furenti per non essere più considerate dai loro mariti, lo assalgono e lo fanno a pezzi (vedi: Fanocle). Nella versione del mito contenuta nelle Georgiche di Virgilio la causa della sua morte è invece da ricercarsi nell'ira delle Baccanti per la sua decisione di non amare più nessuno dopo la morte di Euridice.Le imprese di Orfeo e la sua morteLe ninfe ritrovano la testa di Orfeo (1900) diJohn William Waterhouse
Secondo la mitologia classica, Orfeo prese parte alla spedizione degli Argonauti: durante la spedizione Orfeo diede innumerevoli prove della forza invincibile della sua arte, salvando la truppa in molte occasioni; con la lira e con il canto fece salpare la nave rimasta inchiodata nel porto di Jolco, diede coraggio ai naviganti esausti a Lemno, placò a Cizico l'ira di Rea, fermò le rocce semoventi alle Simplegadi, si fece amica Ecate, addormentò il drago e superò la potenza ammaliante delle Sirene.
La sua fama è legata però soprattutto alla tragica vicenda d'amore che lo vide unito alla Driade Euridice, che era sua moglie: Aristeo, uno dei tanti figli di Apollo, amava perdutamente Euridice e, sebbene il suo amore non fosse corrisposto, continuava a rivolgerle le sue attenzioni fino a che un giorno ella, per sfuggirgli, mise il piede su un serpente, che la uccise col suo morso. Orfeo, lacerato dal dolore, scese allora negli inferi con la sua inseparabile lira per riportarla in vita. Raggiunto lo Stige, fu dapprima fermato da Caronte: Orfeo, per oltrepassare il fiume, incantò il traghettatore con la sua musica. Sempre con la musica placò anche Cerbero, il guardiano dell'Ade. Raggiunse poi la prigione di Issione, che, per aver desiderato Era, era stato condannato da Zeus a essere legato ad una ruota che avrebbe girato all'infinito: Orfeo, cedendo alle suppliche dell'uomo, decise di usare la lira per fermare momentaneamente la ruota, che, una volta che il musico smetteva di suonare, cominciava di nuovo a girare. L'ultimo ostacolo che si presentò fu la prigione del crudele semidio Tantalo, che aveva ucciso il figlio per dare la sua carne agli dei e aveva rubato l'Ambrosia per darla agli uomini. Qui, Tantalo è condannato a un terribile supplizio: è legato ad un albero ed è immerso fino al mento nell'acqua mentre dei frutti crescono proprio su un albero che gli è sopra. Purtroppo per il semidio, ogni volta che prova a bere, l'acqua si abbassa, mentre ogni volta che cerca di prendere i frutti con la bocca, i rami si alzano. Tantalo chiede quindi ad Orfeo di suonare la lira per far fermare l'acqua e i frutti. Suonando però, anche il suppliziato rimane immobilizzato e quindi, non potendo sfamarsi, continua il suo tormento. A questo punto l'eroe scese una scalinata di 1000 gradini: si trovò così al centro del mondo oscuro, e i demoni si sorpresero nel vederlo. Una volta raggiunta la sala del trono degli Inferi, Orfeo incontrò Ade e Persefone: il primo dormiva profondamente, la seconda lo guardava con occhi fissi.
Ovidio racconta nel decimo libro delle Metamorfosi[1] come Orfeo, per addolcirli, diede voce alla lira e al canto, facendo riaffiorare in Persefone i ricordi della vita prima che Ade la rapisse e la costringesse a sposarla. Il discorso di Orfeo fece leva sulla commozione; in questo senso funzionarono perfettamente il richiamo alla gioventù perduta di Euridice e l'enfasi sulla forza di un amore impossibile da dimenticare e sullo straziante dolore che la morte dell'amata ha provocato. Orfeo fece ricorso anche a considerazioni più razionali, nel timore che svanendo l'effetto del canto la sua richiesta non dovesse più essere esaudita; disse così che la chiedeva solo in prestito, che quando fosse venuta la sua ora anche Euridice sarebbe tornata nell'Ade. A questo punto Orfeo rimase immobile, pronto a non muoversi finché non fosse stato accontentato.
La regina degli inferi, ormai commossa, approfittò del fatto che Ade stesse dormendo per lasciare che Euridice tornasse sulla terra. Fu posta però una condizione: Orfeo avrebbe dovuto precedere Euridice per tutto il cammino fino alla porta dell'Ade senza voltarsi mai all'indietro. Esattamente sulla soglia degli Inferi, e credendo di esser già uscito dal Regno dei Morti, Orfeo non riuscì più a resistere al dubbio e ruppe la promessa del noli respicere, vedendo Euridice scomparire all'istante e tornare tra le Tenebre per l'eternità.
Orfeo, tornato sulla terra, espresse il dolore fino ai limiti delle possibilità artistiche, incantando nuovamente le fiere e animando gli alberi. Pianse per sette mesi ininterrottamente, secondo Virgilio,[2] mentre Ovidio, da sempre meno sentimentale del Mantovano, riduce il numero a sette giorni.[3]
Sa che non potrà amare più nessun'altra, e malgrado ciò molte ambiscono ad unirsi a lui. Secondo la versione virgiliana le donne dei Ciconi videro che la fedeltà del Trace nei confronti della moglie morta non si piegava; allora, in preda all'ira e ai culti bacchici cui erano devote, lo fecero a pezzi (il famoso sparagmòs) e ne sparsero i resti per la campagna.[4]
Un po' diversa è la rivisitazione del poeta sulmonese, che aggiunge un tassello alla reazione anti-femminile di Orfeo, coinvolgendo il cantore nella fondazione dell'amore omoerotico(questo elemento non è di invenzione ovidiana visto che ne abbiamo attestazione già nel poeta alessandrino Fanocle). Orfeo avrebbe quindi ripiegato sull'amore per i fanciulli, traviando anche i mariti delle donne di Tracia, che venivano così trascurate. Le Menadi si infuriarono dilaniando il poeta, nutrendosi anche di parte del suo corpo, in una scena ben più cruda di quella virgiliana.[5]
In entrambi i nostri poeti si narra che la testa di Orfeo finì nel fiume Ebro, dove continuò prodigiosamente a cantare, simbolo dell'immortalità dell'arte, scendendo (qui solo Ovidio) fino al mare e da qui alle rive di Metimna, presso l'isola di Lesbo, dove Febo Apollo la protesse da un serpente che le si era avventato contro.
Secondo altre versioni, i resti del cantore sarebbero stati seppelliti dalle impietosite Muse nella città di Libetra.
Tornando ad Ovidio, eccoci al punto culminante dell'avventura, forse inaspettato; Orfeo ritrova Euridice fra le anime pie, e qui potrà guardarla senza più temere.[6]
Un'altra versione, più drammatica e commovente, parte dalle stesse premesse: Euridice muore uccisa da un serpente mentre fugge da Aristeo. Orfeo decide allora di andare a riprenderla. Trova a Cuma la discesa per gli Inferi, e lì giunto incanta Caronte, Cerbero e Persefone. Ade acconsente a patto che egli non si volti fino a che entrambi non siano usciti dal regno dei morti. Insieme ad Hermes (che deve controllare che Orfeo non si volti), si incamminano ed iniziano la salita. Euridice, non sapendo del patto, continua a chiamare in modo malinconico Orfeo, pensa che lui non la guardi perché è brutta, ma lui, con grande dolore, deve continuare imperterrito senza voltarsi. Appena vede un po' di luce, Orfeo, capisce di essere uscito dagli Inferi e si volta. Purtroppo, però, Euridice ha accusato un dolore alla caviglia morsa dal serpente e, dunque, si è attardata... Quindi, Orfeo ha trasgredito la condizione posta da Ade. Solo ora Euridice capisce e, all'amato, sussurra parole drammatiche e struggenti: «Grazie, amore mio, hai fatto tutto ciò che potevi per salvarmi». Si danno poi la mano, consapevoli che quella sarà l'ultima volta. Drammatica anche la presenza di Hermes che, con volto triste ed espressione compassionevole, trattiene Euridice per una mano, perché ha promesso ad Ade di controllare ed è ciò che deve fare. Orfeo vede ora scomparire Euridice e si dispera, perché sa che non la vedrà più. Decide allora di non desiderare più nessuna donna dopo la sua Euridice. Un gruppo di Baccanti ubriache, poi, lo invita a partecipare ad un'orgia dionisiaca. Per tener fede a ciò che ha detto, rinuncia, ed è proprio questo che porta anche lui alla morte: le Baccanti, infuriate, lo uccidono, lo fanno a pezzi e gettano la sua testa nel fiume Evros, insieme alla sua lira. La testa cade proprio sulla lira e galleggia, continuando a cantare soavemente. Zeus, toccato da questo evento commovente, prende la lira e la mette in cielo formando una costellazione.
Secondo quanto afferma Virgilio nel sesto libro dell'Eneide, l'anima di Orfeo venne accolta nei Campi Elisi.Mito di PersefonePersefone, Kore, Kora, o Core, è una figura della mitologia greca, fondamentale nei Misteri Eleusini, entrata in quella romana come Proserpina
Persefone era figlia di Zeus e di Demetra, secondo un'altra leggenda di Zeus e della dea omonima del fiume infernale Stige. Il suo nome significa fanciulla. Venne rapita dallo zio Ade, dio dell'oltretomba, che la portò negli inferi per sposarla ancora fanciulla contro la sua volontà. Una volta negli inferi le venne offerta della frutta, ed ella mangiò senza appetito solo sei semi di melograno. Persefone ignorava però il trucco di Ade: chi mangia i frutti degli inferi è costretto a rimanervi per l'eternità. Secondo altre interpretazioni, il frutto che nel mito stabilisce il contatto con il regno dell'oltretomba non è il melograno ma, a causa delle sue virtù narcotiche e psicotrope, l'oppio, la cui capsula è peraltro straordinariamente simile (eccetto che per le dimensioni, più ridotte) al frutto del melograno.
La madre Demetra, dea dell'agricoltura, che prima di questo episodio procurava agli uomini interi anni di bel tempo e fertilità delle terre, reagì adirata al rapimento impedendo la crescita delle messi, scatenando un inverno duro che sembrava non avere mai fine. Con l'intervento di Zeus si giunse ad un accordo, per cui, visto che Persefone non aveva mangiato un frutto intero, sarebbe rimasta nell'oltretomba solo per un numero di mesi equivalente al numero di semi da lei mangiati, potendo così trascorrere con la madre il resto dell'anno. Così Persefone avrebbe trascorso sei mesi con il marito negli inferi e sei mesi con la madre sulla terra.
Demetra allora accoglieva con gioia il periodico ritorno di Persefone sulla Terra, facendo rifiorire la natura in primavera ed in estate. La rappresentazione del suo ritorno in terra era locata presso i prati di Vibo Valentia, celebri per i fiori dai colori sgargianti e per la loro bellezza, ciò è testimoniato anche dalle numerosissime statuette greche ritrovate nel territorio Vibonese.
Questo era un mito che esaltava insieme il valore del matrimonio (sei mesi a fianco dello sposo), la fertilità della Natura (risveglio primaverile), la rinascita e il rinnovare la vita dopo la morte, motivi questi che rendevano la dea Persefone particolarmente popolare e venerata.
Persefone contese ad Afrodite il bell'Adone, riuscendo a trascinare la questione fin davanti a Zeus che preferì, per non scontentare nessuno, affidarlo separatamente ad entrambe.
Una tradizione diversa faceva di Persefone una figlia di Zeus e di Stige. Fu generata dal dio dopo la sconfitta dei Titani, avvenuta durante la Titanomachia. Nella mitologia romana a Persefone corrispondeva Proserpina e a sua madre Demetra la dea Cerere, al cui culto era preposto un flamine minore.
Alcuni studiosi sostengono che Persefone rapita da Ade, quando ebbe la possibilità di scappare, a sorpresa decise di rimanere nell'oltretomba col suo sposo.------------------------------------------------------------------------------------------------
Secondo le più antiche fonti Orfeo è nativo della Pieria, terra lontana e misteriosa, nella quale fino ai tempi di Erodoto era testimoniata l'esistenza di sciamani che fungevano da tramite fra il mondo dei vivi e dei morti, dotati di poteri magici operanti sul mondo della natura, capaci di provocare uno stato di trance tramite la musica.
Figlio della Musa Calliope e del sovrano tracio Eagro (o, secondo altre versioni meno accreditate, del dio Apollo), appartiene alla generazione precedente l'epoca della religione greca classica. Egli, con la potenza incantatrice della sua lira e del suo canto, placava le bestie feroci e animava le rocce e gli elementi della natura.
Gli è spesso associato, come figlio o allievo, Museo.
Orfeo fonde in sé gli elementi apollineo e dionisiaco: come figura apollinea è il figlio o il pupillo del dio Apollo, che ne protegge le spoglie, è un eroe culturale, benefattore del genere umano, promotore delle arti umane e maestro religioso; in quanto figura dionisiaca, egli gode di un rapporto simpatetico con il mondo naturale, di intima comprensione del ciclo di decadimento e rigenerazione della natura, è dotato di una conoscenza intuitiva e nella vicenda stessa vi sono evidenti analogie con la figura di Dioniso per il riscatto dagli inferi della Kore.
La letteratura, d'altra parte, mostra la figura di Orfeo anche in contrasto con le due divinità: la perdita dell'amata Euridice sarebbe da rintracciarsi nella colpa di Orfeo di aver assunto prerogative del dio Apollo di controllo della natura attraverso il canto; tornato dagli inferi, Orfeo abbandona il culto del dio Dioniso rinunciando all'amore eterosessuale. In tale contesto si innamora profondamente di Calais, figlio di Borea, e insegna l'amore omosessuale ai Traci. Per questo motivo, le Baccanti della Tracia, seguaci del dio, furenti per non essere più considerate dai loro mariti, lo assalgono e lo fanno a pezzi (vedi: Fanocle). Nella versione del mito contenuta nelle Georgiche di Virgilio la causa della sua morte è invece da ricercarsi nell'ira delle Baccanti per la sua decisione di non amare più nessuno dopo la morte di Euridice.Le imprese di Orfeo e la sua morteLe ninfe ritrovano la testa di Orfeo (1900) diJohn William Waterhouse
Secondo la mitologia classica, Orfeo prese parte alla spedizione degli Argonauti: durante la spedizione Orfeo diede innumerevoli prove della forza invincibile della sua arte, salvando la truppa in molte occasioni; con la lira e con il canto fece salpare la nave rimasta inchiodata nel porto di Jolco, diede coraggio ai naviganti esausti a Lemno, placò a Cizico l'ira di Rea, fermò le rocce semoventi alle Simplegadi, si fece amica Ecate, addormentò il drago e superò la potenza ammaliante delle Sirene.
La sua fama è legata però soprattutto alla tragica vicenda d'amore che lo vide unito alla Driade Euridice, che era sua moglie: Aristeo, uno dei tanti figli di Apollo, amava perdutamente Euridice e, sebbene il suo amore non fosse corrisposto, continuava a rivolgerle le sue attenzioni fino a che un giorno ella, per sfuggirgli, mise il piede su un serpente, che la uccise col suo morso. Orfeo, lacerato dal dolore, scese allora negli inferi con la sua inseparabile lira per riportarla in vita. Raggiunto lo Stige, fu dapprima fermato da Caronte: Orfeo, per oltrepassare il fiume, incantò il traghettatore con la sua musica. Sempre con la musica placò anche Cerbero, il guardiano dell'Ade. Raggiunse poi la prigione di Issione, che, per aver desiderato Era, era stato condannato da Zeus a essere legato ad una ruota che avrebbe girato all'infinito: Orfeo, cedendo alle suppliche dell'uomo, decise di usare la lira per fermare momentaneamente la ruota, che, una volta che il musico smetteva di suonare, cominciava di nuovo a girare. L'ultimo ostacolo che si presentò fu la prigione del crudele semidio Tantalo, che aveva ucciso il figlio per dare la sua carne agli dei e aveva rubato l'Ambrosia per darla agli uomini. Qui, Tantalo è condannato a un terribile supplizio: è legato ad un albero ed è immerso fino al mento nell'acqua mentre dei frutti crescono proprio su un albero che gli è sopra. Purtroppo per il semidio, ogni volta che prova a bere, l'acqua si abbassa, mentre ogni volta che cerca di prendere i frutti con la bocca, i rami si alzano. Tantalo chiede quindi ad Orfeo di suonare la lira per far fermare l'acqua e i frutti. Suonando però, anche il suppliziato rimane immobilizzato e quindi, non potendo sfamarsi, continua il suo tormento. A questo punto l'eroe scese una scalinata di 1000 gradini: si trovò così al centro del mondo oscuro, e i demoni si sorpresero nel vederlo. Una volta raggiunta la sala del trono degli Inferi, Orfeo incontrò Ade e Persefone: il primo dormiva profondamente, la seconda lo guardava con occhi fissi.
Ovidio racconta nel decimo libro delle Metamorfosi[1] come Orfeo, per addolcirli, diede voce alla lira e al canto, facendo riaffiorare in Persefone i ricordi della vita prima che Ade la rapisse e la costringesse a sposarla. Il discorso di Orfeo fece leva sulla commozione; in questo senso funzionarono perfettamente il richiamo alla gioventù perduta di Euridice e l'enfasi sulla forza di un amore impossibile da dimenticare e sullo straziante dolore che la morte dell'amata ha provocato. Orfeo fece ricorso anche a considerazioni più razionali, nel timore che svanendo l'effetto del canto la sua richiesta non dovesse più essere esaudita; disse così che la chiedeva solo in prestito, che quando fosse venuta la sua ora anche Euridice sarebbe tornata nell'Ade. A questo punto Orfeo rimase immobile, pronto a non muoversi finché non fosse stato accontentato.
La regina degli inferi, ormai commossa, approfittò del fatto che Ade stesse dormendo per lasciare che Euridice tornasse sulla terra. Fu posta però una condizione: Orfeo avrebbe dovuto precedere Euridice per tutto il cammino fino alla porta dell'Ade senza voltarsi mai all'indietro. Esattamente sulla soglia degli Inferi, e credendo di esser già uscito dal Regno dei Morti, Orfeo non riuscì più a resistere al dubbio e ruppe la promessa del noli respicere, vedendo Euridice scomparire all'istante e tornare tra le Tenebre per l'eternità.
Orfeo, tornato sulla terra, espresse il dolore fino ai limiti delle possibilità artistiche, incantando nuovamente le fiere e animando gli alberi. Pianse per sette mesi ininterrottamente, secondo Virgilio,[2] mentre Ovidio, da sempre meno sentimentale del Mantovano, riduce il numero a sette giorni.[3]
Sa che non potrà amare più nessun'altra, e malgrado ciò molte ambiscono ad unirsi a lui. Secondo la versione virgiliana le donne dei Ciconi videro che la fedeltà del Trace nei confronti della moglie morta non si piegava; allora, in preda all'ira e ai culti bacchici cui erano devote, lo fecero a pezzi (il famoso sparagmòs) e ne sparsero i resti per la campagna.[4]
Un po' diversa è la rivisitazione del poeta sulmonese, che aggiunge un tassello alla reazione anti-femminile di Orfeo, coinvolgendo il cantore nella fondazione dell'amore omoerotico(questo elemento non è di invenzione ovidiana visto che ne abbiamo attestazione già nel poeta alessandrino Fanocle). Orfeo avrebbe quindi ripiegato sull'amore per i fanciulli, traviando anche i mariti delle donne di Tracia, che venivano così trascurate. Le Menadi si infuriarono dilaniando il poeta, nutrendosi anche di parte del suo corpo, in una scena ben più cruda di quella virgiliana.[5]
In entrambi i nostri poeti si narra che la testa di Orfeo finì nel fiume Ebro, dove continuò prodigiosamente a cantare, simbolo dell'immortalità dell'arte, scendendo (qui solo Ovidio) fino al mare e da qui alle rive di Metimna, presso l'isola di Lesbo, dove Febo Apollo la protesse da un serpente che le si era avventato contro.
Secondo altre versioni, i resti del cantore sarebbero stati seppelliti dalle impietosite Muse nella città di Libetra.
Tornando ad Ovidio, eccoci al punto culminante dell'avventura, forse inaspettato; Orfeo ritrova Euridice fra le anime pie, e qui potrà guardarla senza più temere.[6]
Un'altra versione, più drammatica e commovente, parte dalle stesse premesse: Euridice muore uccisa da un serpente mentre fugge da Aristeo. Orfeo decide allora di andare a riprenderla. Trova a Cuma la discesa per gli Inferi, e lì giunto incanta Caronte, Cerbero e Persefone. Ade acconsente a patto che egli non si volti fino a che entrambi non siano usciti dal regno dei morti. Insieme ad Hermes (che deve controllare che Orfeo non si volti), si incamminano ed iniziano la salita. Euridice, non sapendo del patto, continua a chiamare in modo malinconico Orfeo, pensa che lui non la guardi perché è brutta, ma lui, con grande dolore, deve continuare imperterrito senza voltarsi. Appena vede un po' di luce, Orfeo, capisce di essere uscito dagli Inferi e si volta. Purtroppo, però, Euridice ha accusato un dolore alla caviglia morsa dal serpente e, dunque, si è attardata... Quindi, Orfeo ha trasgredito la condizione posta da Ade. Solo ora Euridice capisce e, all'amato, sussurra parole drammatiche e struggenti: «Grazie, amore mio, hai fatto tutto ciò che potevi per salvarmi». Si danno poi la mano, consapevoli che quella sarà l'ultima volta. Drammatica anche la presenza di Hermes che, con volto triste ed espressione compassionevole, trattiene Euridice per una mano, perché ha promesso ad Ade di controllare ed è ciò che deve fare. Orfeo vede ora scomparire Euridice e si dispera, perché sa che non la vedrà più. Decide allora di non desiderare più nessuna donna dopo la sua Euridice. Un gruppo di Baccanti ubriache, poi, lo invita a partecipare ad un'orgia dionisiaca. Per tener fede a ciò che ha detto, rinuncia, ed è proprio questo che porta anche lui alla morte: le Baccanti, infuriate, lo uccidono, lo fanno a pezzi e gettano la sua testa nel fiume Evros, insieme alla sua lira. La testa cade proprio sulla lira e galleggia, continuando a cantare soavemente. Zeus, toccato da questo evento commovente, prende la lira e la mette in cielo formando una costellazione.
Secondo quanto afferma Virgilio nel sesto libro dell'Eneide, l'anima di Orfeo venne accolta nei Campi Elisi.Mito di PersefonePersefone, Kore, Kora, o Core, è una figura della mitologia greca, fondamentale nei Misteri Eleusini, entrata in quella romana come Proserpina
Persefone era figlia di Zeus e di Demetra, secondo un'altra leggenda di Zeus e della dea omonima del fiume infernale Stige. Il suo nome significa fanciulla. Venne rapita dallo zio Ade, dio dell'oltretomba, che la portò negli inferi per sposarla ancora fanciulla contro la sua volontà. Una volta negli inferi le venne offerta della frutta, ed ella mangiò senza appetito solo sei semi di melograno. Persefone ignorava però il trucco di Ade: chi mangia i frutti degli inferi è costretto a rimanervi per l'eternità. Secondo altre interpretazioni, il frutto che nel mito stabilisce il contatto con il regno dell'oltretomba non è il melograno ma, a causa delle sue virtù narcotiche e psicotrope, l'oppio, la cui capsula è peraltro straordinariamente simile (eccetto che per le dimensioni, più ridotte) al frutto del melograno.
La madre Demetra, dea dell'agricoltura, che prima di questo episodio procurava agli uomini interi anni di bel tempo e fertilità delle terre, reagì adirata al rapimento impedendo la crescita delle messi, scatenando un inverno duro che sembrava non avere mai fine. Con l'intervento di Zeus si giunse ad un accordo, per cui, visto che Persefone non aveva mangiato un frutto intero, sarebbe rimasta nell'oltretomba solo per un numero di mesi equivalente al numero di semi da lei mangiati, potendo così trascorrere con la madre il resto dell'anno. Così Persefone avrebbe trascorso sei mesi con il marito negli inferi e sei mesi con la madre sulla terra.
Demetra allora accoglieva con gioia il periodico ritorno di Persefone sulla Terra, facendo rifiorire la natura in primavera ed in estate. La rappresentazione del suo ritorno in terra era locata presso i prati di Vibo Valentia, celebri per i fiori dai colori sgargianti e per la loro bellezza, ciò è testimoniato anche dalle numerosissime statuette greche ritrovate nel territorio Vibonese.
Questo era un mito che esaltava insieme il valore del matrimonio (sei mesi a fianco dello sposo), la fertilità della Natura (risveglio primaverile), la rinascita e il rinnovare la vita dopo la morte, motivi questi che rendevano la dea Persefone particolarmente popolare e venerata.
Persefone contese ad Afrodite il bell'Adone, riuscendo a trascinare la questione fin davanti a Zeus che preferì, per non scontentare nessuno, affidarlo separatamente ad entrambe.
Una tradizione diversa faceva di Persefone una figlia di Zeus e di Stige. Fu generata dal dio dopo la sconfitta dei Titani, avvenuta durante la Titanomachia. Nella mitologia romana a Persefone corrispondeva Proserpina e a sua madre Demetra la dea Cerere, al cui culto era preposto un flamine minore.
Alcuni studiosi sostengono che Persefone rapita da Ade, quando ebbe la possibilità di scappare, a sorpresa decise di rimanere nell'oltretomba col suo sposo.------------------------------------------------------------------------------------------------
Klodiana Babo – violinista. Comincia a studiare violino all´età di 6 anni presso il liceo artistico J. Misja a Tirana. L´attività concertistica comincia sin dai primi anni di scuola con Concorsi per bambini, concerti per gruppi d´archi e registrazioni presso la radio televisione Albanese. Si diploma nell´anno accademico 1989\90 con il massimo dei voti in violino.
Frequenta i primi anni dell´Accademia delle belle Arti di Tirana per poi trasferirsi a proseguire gli studi presso il Conservatorio statale G. Rossini di Pesaro con il maestro V. De Felice. Si diploma presso lo stesso nell´anno accademico 1997\98 in violino con il massimo dei voti e la lode. Le viene riconosciuta una borsa di studio per i migliori allievi dalla fondazione Rossini di Pesaro nello stesso anno.
Frequenta i primi anni dell´Accademia delle belle Arti di Tirana per poi trasferirsi a proseguire gli studi presso il Conservatorio statale G. Rossini di Pesaro con il maestro V. De Felice. Si diploma presso lo stesso nell´anno accademico 1997\98 in violino con il massimo dei voti e la lode. Le viene riconosciuta una borsa di studio per i migliori allievi dalla fondazione Rossini di Pesaro nello stesso anno.
Partecipa nel 1989 al festival per giovani artisti in Preveza (Grecia) insieme a una ventina di giovani violinisti, nel 1993\94 a degli scambi culturali Albania - Italia, con due tour di concerti da camera.
Collabora nel 1995 con l´Orchestra Sinfonica di Pesaro, 1996 stagione lirica con Pro Arte Marche di Fano, 1996\1998 stagioni liriche sinfoniche con l´ Orchestra Filarmonica Marchigiana.
Dopo di che (anni 2003\08) interrompe la collaborazione con le orchestre sinfoniche e si dedica alla musica da camera e a lavorare con i bambini:
- propedeutica musicale nelle scuole statali dell´infanzia e primarie (in provincia di Pesaro Urbino), come esperto di musica;
- corsi musicali e recite teatrali (curando la parte musicale), spettacoli con i bambini etc..
Dal 2001 a tutt’oggi collabora come insegnante di violino con il Liceo Musicale A. Toscanini (sede Urbino) e la scuola di musica Nova Civitas Cale di Cagli, di cui è membro fondatore. Nell´ anno 2008 ha dato vita all´Orchestra d´Archi Sperimentale, per non professionisti, aperta alla cittadinanza e provincia la quale ha già cominciato a tenere concerti apprezzati dal pubblico .
Attualmente frequenta il Biennio di specializzazione in Violino barocco presso il conservatorio B. Maderna di Cesena con il maestro L.Giardini. Ha frequentato Masterclass e corsi tenuti dal musicologo, compositore e violinista barocco A. Ciccolini.
E tutt’ora dedicandosi alla musica da camera, come violinista, collabora con vari gruppi cameristici come l´Ensemble Barocco "La Calandria" ( di cui è membro fondatore), gruppo femminile cameristico "Le Libellule", “L’Orchestra barocca di Bologna” con la quale ha suonato in prestigiosissime scene come la Chiesa della Pietà e Scola San Rocco a Venezia, alla basilica di San Petronio a Bologna etc. sotto la direzione del M° Paolo Faldi e Michele Vanelli. Ha suonato al prestigioso festival Pergolesi di Jesi collaborando con l’importante orchestra de ” I Virtuosi Italiani” sotto la direzione del M° Corrado Rovaris, al progetto Orfeo a Pesaro sotto la direzione del M° Alessandro Ciccolini (anche come violino solista e spalla d’orchestra).